Due trial evidenziano che l’immunità sviluppata dopo l’infezione è robusta. Se rinforzata da una (sola) vaccinazione, sembra diventare anche definitiva
L’immunità naturale contro Sars-CoV 2 è di lunga durata, a differenza di quella contro i 4 coronavirus che causano solo un raffreddore, ed evolve nel tempo adattandosi, almeno in parte, alle varianti. Inoltre, se rinforzata da una (sola) vaccinazione, potrebbe essere virtualmente definitiva.
Due studi sull’immunità post infezione
Sono molto promettenti le notizie che giungono da due studi pubblicati quasi in contemporanea su un tema al centro dell’attenzione da mesi. Ci si chiede infatti da tempo se l’immunizzazione naturale e quella vaccinale siano più simili a quella che si ottiene con il vaccino antinfluenzale, da rinnovare e stimolare ogni anno, oppure a quella data da vaccini come quello contro il morbillo, da fare una volta nella vita. E ora sembrano giungere le prime risposte: quella sviluppata dopo un’infezione da Sars-CoV2 sembra essere un’immunità particolarmente robusta e duratura e, quando amplificata da una sola dose di vaccino, addirittura una superimmunità.
Il ruolo delle cellule B
Che sia così lo si è visto analizzando le cellule B, ovvero le progenitrici degli anticorpi che mantengono la memoria immunitaria anche una volta che questi ultimi sono scomparsi. Queste cellule, infatti, maturano e si trasformano costantemente, restando però sempre pronte a innescare la formazione di nuovi anticorpi, qualora l’organismo entri in contatto con il virus.
Lo studio della Washington University
Nel primo studio, pubblicato su Nature, gli immunologi della Washington University di Saint Louis hanno verificato che cosa era successo agli anticorpi di 77 persone che avevano avuto un Covid 4 mesi prima, e hanno constatato un loro lento declino. Ma hanno anche visto che, dopo 11 mesi, era comunque presente una piccola quantità di questi anticorpi, che rimaneva stabile nel tempo.
Si sono chiesti da dove venissero, gli anticorpi rimasti, e per rispondere hanno analizzato il midollo osseo di alcuni pazienti, ovvero il bioreattore naturale in cui nascono le cellule B. E hanno trovato, in 15 dei 19 campioni studiati, piccole ma stabili quantità di cellule B pronte a diventare anticorpi anti Sars-CoV 2.
Ciò significa che Sars-CoV 2 lascia tracce importanti nel sistema immunitario. Le stesse cellule, del resto, anche se in quantità minori, si vedono anche in chi non ha avuto la malattia, ma è stato vaccinato. I dati hanno poi mostrato anche che una percentuale minoritaria di malati non ha una risposta che possa durare. Sarebbe quindi teoricamente necessario verificare la risposta di ciascuno, per avere certezze sulla durata dell’immunità del singolo, ma sembra evidente che la stragrande maggioranza degli ex malati è protetta.
Lo studio della Rockfeller University
Il secondo studio, condotto dai ricercatori della Rockfeller University di New York, e per ora pubblicato sul sito BioRXiv in attesa di revisione, ha controllato la maturazione, nel tempo, delle stesse cellule B di 63 ex malati, 26 dei quali vaccinati con una dose di vaccino a mRna. In questi ultimi gli anticorpi neutralizzanti sono rimasti stabili per 6-12 mesi, a riprova di una risposta che gli autori hanno definito impressionante, 50 volte più elevata rispetto a quella di chi non è stato vaccinato (ma ha comunque contratto la malattia).
Tutto ciò autorizza a ritenere che, per chi è stato malato, una vaccinazione sia più che sufficiente probabilmente a garantire un’immunità permanente. Chi invece ha solo l’immunità indotta dal vaccino potrebbe aver bisogno di un richiamo sia per stimolare le cellule B ulteriormente, sia contro le varianti, perché le cellule B prodotte in risposta alla vaccinazione reagiscono solo contro la proteina S e non contro molte e diverse proteine, come accade in chi incontra l’intero virus.
Mentre i medici di famiglia protestano contro l’eccessivo carico di lavoro amministrativo, il Governo predispone il Green pass, il certificato che consentirà di spostarsi senza problemi, anche all’estero. E un ruolo importante lo avranno proprio i medici di medicina generale che, insieme ai farmacisti, dovranno consegnare il documento a quanti – soprattutto anziani – non hanno dimestichezza con l’informatica. Il lasciapassare si potrà scaricare su un sito web che l’azienda di Stato Sogei sta approntando oppure sull’app IO. Ma sarà possibile, come detto, anche rivolgersi al medico di base o alle farmacie. Vediamo innanzitutto come funzionerà il sistema e chi potrà avere il green pass: dal primo luglio gli italiani avranno su ‘Io’, la App della Pubblica Amministrazione, il certificato per circolare liberamente in tutta Europa, come ha annunciato il ministro per l’Innovazione Vittorio Colao in vista dell’entrata in vigore il 1° luglio del green pass europeo, il certificato che per un anno consente di viaggiare liberamente in tutta Europa e che viene rilasciato se si è concluso il ciclo vaccinale (ma c’è anche l’ipotesi è di renderlo valido già 15 giorni dopo la prima dose, così come previsto per il green pass italiano), se si ha un certificato di guarigione dal covido se si ha un tampone negativo effettuato nelle 24 ore precedenti.
Fermo restando che la durata del certificato cambierà a seconda del tipo di certificato rilasciato. Il green pass, per ora solo cartaceo, sarà a disposizione degli italiani in versione digitale su ‘Io’, la App della Pubblica Amministrazione già scaricata per poter usufruire del cashback e che nasce proprio per rendere fruibili tutti i servizi pubblici in modo semplice e immediato. Ad oggi sono 11 milioni che l’hanno scaricata, e 20milioni gli Spid attivati.
Ci sarà un sito ad hoc, collegato al sistema Tessera Sanitaria, dove gli utenti potranno inserire le cifre della tessera sanitaria, la scadenza e un codice temporaneo (OTP, one time password) corrispondente al certificato. Potranno quindi scaricare il documento come pdf o inviarlo per posta elettronica o per la stampa. Potranno fare la stessa operazione per i figli minorenni (con i relativi numeri di tessera e la password associata ai loro certificati). La password arriverà al cellulare del genitore una volta che diventa disponibile il certificato dei figli Per averne diritto devono passare 15 giorni dalla prima dose di vaccino, oppure serve essere guariti dal coronavirus o avere fatto un tampone con esito negativo da non oltre 48 ore. Una volta soddisfatta una di queste condizioni, il sistema genera il certificato e manda la relativa password temporanea all’interessato. In alternativa al sito ad hoc, nelle intenzioni del Governo, i cittadini potranno inserire la password usa e getta su app Immuni per scaricare il proprio certificato e quello dei figli.
Si chiama ufficialmente “certificazione verde”. È il pass, introdotto dal decreto anti-Covid del 22 aprile 2021 (modificato dal decreto del 18 maggio), necessario per potersi spostare in entrata e in uscita dalle Regioni in fascia arancione o rossa. Ma anche per partecipare a feste di nozze, maxiconcerti e probabilmente anche per entrare in discoteca. Ma vediamo più da vicino come funziona più nel dettaglio attraverso le risposte ad alcuni quesiti.
Si chiama ufficialmente “certificazione verde”. È il pass, introdotto dal decreto anti-Covid del 22 aprile 2021 (modificato dal decreto del 18 maggio), necessario per potersi spostare in entrata e in uscita dalle Regioni in fascia arancione o rossa. Ma anche per partecipare a feste di nozze, maxiconcerti e probabilmente anche per entrare in discoteca. Ma vediamo più da vicino come funziona più nel dettaglio attraverso le risposte ad alcuni quesiti.
Cosa è il green pass?
Si tratta della “certificazione verde” che dimostra di essere stati vaccinati o di essere guariti dal Covid-19 o di essersi sottoposti a tampone con esito negativo.
Quando serve
Il green pass serve per spostarsi tra le regioni in fascia arancione e rossa (anche se in questa fase l’Italia in realtà è tutta gialla), ma anche per visitare gli anziani nelle case di riposo (Rsa). E servirà dal 15 giugno per partecipare a feste e banchetti di nozze. Possibile il ricorso a questo certificato per presenziare ad altri eventi, come i concerti con capienza maggiore di quella attualmente consentita (fino a un massimo di mille spettatori in impianti all’aperto e fino a 500 al chiuso), ma anche per andare in discoteca.
Quale ruolo ha il green pass per spostarsi tra Paesi Ue?
Nei giorni scorsi il premier Mario Draghi ha annunciato che si potrà tornare a viaggiare in tutta Italia dall’estero con un “pass verde nazionale”, in attesa che entri in vigore il green pass europeo previsto per giugno. Il pass è di fatto identico alle “certificazioni verdi”, vale a dire i documenti che già ora gli italiani devono utilizzare per spostarsi per turismo tra regioni arancioni e rosse. Ma, per evitare fughe in avanti e non adottare decisioni diverse da quelle che l’Europa deve ancora concordare, il governo ha deciso di non accelerare. Indipendentemente dalla vaccinazione fatta o dalla guarigione dal Covid, per ora per entrare in Italia serve perciò sempre un tampone negativo, 48 ore prima della partenza. Con 10 giorni di quarantena all’arrivo se si proviene dai Paesi extra Ue (dal 16 maggio è stata abolita per chi proviene dai paesi Ue e dell’area Schengen, oltre che dalla Gran Bretagna e da Israele). Per chi deve andare all’estero, va precisato che ogni paese ha le proprie regole, diverse anche all’interno dell’Unione europea. In linea di massima, per ora, anche se vaccinati, serve ancora un tampone prima della partenza.
Chi rilascia il green pass?
Per i vaccinati «la certificazione è rilasciata, in formato cartaceo o digitale, dalla struttura sanitaria ovvero dall’esercente la professione sanitaria che effettua la vaccinazione». Per i guariti dal Covid la certificazione verde è rilasciata «in formato cartaceo o digitale, dalla struttura presso la quale è avvenuto il ricovero del paziente affetto da Covid-19, oppure, per i pazienti non ricoverati, dai medici di medicina generale e dai pediatri di libera scelta». Il risultato negativo del tampone viene attestato dalla farmacia o dal laboratorio privato in cui si effettua il test molecolare o antigenico.
Quando entra in vigore il green pass?
È già in vigore. I documenti rilasciati fino ad oggi (di avvenuta vaccinazione, guarigione dal covid ecc.) hanno valore di green pass nazionale. Contestualmente al rilascio, la struttura sanitaria, anche tramite i sistemi informativi regionali, provvede a rendere disponibile la certificazione nel fascicolo sanitario elettronico dell’interessato. Il Lazio è una delle regioni che si sono attivate per prime. Ma tutte le regioni si stanno attrezzando. Il certificato è attualmente cartaceo. Ma il ministro per l’Innovazione Vittorio Colao in vista dell’entrata in vigore il 1 luglio del green pass europeo, ha confermato che, sempre dal 1° luglio, il certificato digitale sarà a disposizione degli italiani su «Io», la App della Pa già scaricata da milioni di persone per poter usufruire del cashback.
Qual è la durata del certificato in generale?
La durata del green pass per i vaccinati è stata portata da 6 mesi a 9 mesi «a far data dal completamento del ciclo vaccinale». Non solo. È stato deciso di rilasciare la certificazione contestualmente alla somministrazione della prima dose di vaccino, «con validità dal «quindicesimo giorno successivo alla somministrazione fino alla data prevista per il completamento del ciclo vaccinale». La durata della certificazione verde in caso di guarigione resta di sei mesi a far data dall’avvenuta guarigione dal Covid. In caso di tampone negativo, il certificato ha una validità di quarantotto ore dall’esecuzione del test.
Qual è la durata in base al tipo di vaccino?
Di fatto per chi fa il vaccino di AstraZeneca (la seconda dose viene somministrata dopo circa tre mesi),il green pass ha una validità di quasi un anno. Per chi invece riceve la somministrazione di quello di Johnson&Johnson (una sola dose) la durata del documento è di 9 mesi. Per chi ricorre ai vaccini a Rna messaggero Pfizer e Moderna (richiamo dopo 42 giorni) va calcolata una durata intermedia.
Quanto costa?
Il certificato è gratuito. A pagamento è solo il tampone. Il tampone molecolare rimane il “gold standard” per la diagnosi del Covid. Il costo varia tra i 60 e i 100 euro a seconda delle strutture e delle regioni. Il prezzo medio per fare un test rapido antigenico (eseguibile anche in farmacia) è di 30-40 euro.
La nuova pubblicazione, elaborata dall’Inail insieme ai Ministeri del Lavoro e della Salute, alla Conferenza delle Regioni e delle Province autonome e alla struttura di supporto alle attività del commissario straordinario per l’emergenza, fornisce criteri di tipo quantitativo e qualitativo per definire le priorità della somministrazione nei luoghi di lavoro.
In riferimento al documento “Indicazioni ad interim per la vaccinazione anti-Sars-Cov- 2/Covid-19 nei luoghi di lavoro”, approvato dalla Conferenza delle Regioni e delle Province autonome nella riunione dell’8 aprile 2021 e trasmesso con nota circolare interministeriale 0015126 del 12 aprile 2021, con il presente documento tecnico si intende fornire elementi utili al riscontro dei quesiti posti dalla Conferenza stessa in merito a:
definire “puntualmente a partire da quale fase della campagna di vaccinazione (fascia dietà) si possa avviare la vaccinazione per le attività economiche e produttive”;
definire “altresì quali siano le priorità cui le Regioni devono attenersi: poiché il documentodi cui trattasi non indica elementi quantitativi e qualitativi di riferimento ed è pertantomolto probabile che numerosissimi soggetti richiedano alle Regioni di poter avviareattività vaccinali in contesti lavorativi, è imprescindibile che vengano definiti elementiquantitativi (es. numerosità lavoratori/lavoratrici) e qualitativi (es. i settori produttivi amaggior rischio) per evitare che le scelte che ogni regione dovrà fare in relazione alladisponibilità di vaccini possano apparire arbitrarie”.
Gli effetti osservati, nel “real world”, risultano simili sia negli uomini che nelle donne e in persone in diverse fasce di età.
il rischio di infezione da SARS-CoV-2, ricovero e decesso diminuisce progressivamente dopo le prime due settimane e fino a circa 35 giorni dopo la somministrazione della prima dose. Dopo i 35 giorni si osserva una stabilizzazione della riduzione che è circa dell’80% per il rischio di diagnosi, del 90% per il rischio di ricovero e del 95% per il rischio di decesso. Sono ragione di entusiasmo i dati che arrivano dal primo Report nazionale dell’Istituto superiore di Sanità (iss) e del Ministero della Salute sull’efficacia dei vaccini, in base all’analisi congiunta dell’anagrafe nazionale vaccini e della sorveglianza integrata Covid-19. Gli effetti osservati, nel “real world”, risultano simili sia negli uomini che nelle donne e in persone in diverse fasce di età. Quindi tranne eccezioni in tutti gli immunizzati.
Brusaferro: raggiungere presto alte coperture
L’analisi è stata fatta dal giorno di avvio della campagna vaccinale al 3 maggio 2021, relativamente a 13,7 milioni di persone immunizzate. La quasi totalità (il 95%) delle persone vaccinate con Pfizer-BioNtech o Moderna ha completato il ciclo ricevendo le due dosi, mentre per il vaccino AstraZeneca nessuna delle persone incluse nello studio aveva ricevuto il ciclo completo. «Questi numeri confermano l’efficacia della campagna vaccinale e la necessità di raggiungere presto alte coperture in tutta la popolazione per uscire dall’emergenza grazie a questo strumento fondamentale», ha commentato il presidente dell’Iss Silvio Brusaferro.
Oltre 2 milioni di over 70 ancora non vaccinati
Stando alle ultime rilevazioni, oltre due milioni di italiani over 70 che non hanno ancora ricevuto la prima dose del vaccino. In base ai numeri aggiornati dal Governo al 14 maggio, 519.666 ultra ottantenni (l’11,49% della popolazione di questa fascia d’età) e 1.495.947 cittadini tra i 70 e i 79 anni (il 24,84%) non sono stati vaccinati. Tra gli over 80 la regione più indietro è la Sicilia, con un 30,99% che non ha avuto neanche la prima dose mentre in Veneto la percentuale scende all’1,56%. Tra i 70-79enni la regione che ha vaccinato meno è la Sicilia, con il 42,57% e quella che è andata meglio è la Puglia, dove resta un 15,70% di non vaccinati.
Dopo riaperture nessun segnale di allerta
Per Massimo Ciccozzi, epidemiologo all’Università Campus Biomedico di Roma, il fronte su cui agire con rapidità per abbassare i decessi è procedere vaccinando la fascia degli over 70. In generale ai numeri assai positivi forniti dall’Iss sull’efficacia dei vaccini «se ne aggiungono altri ugualmente rassicuranti: nella settimana 5-11 maggio, rispetto a quella precedente, c’è stato un calo dei decessi del 15,4%, un meno 15,1% di occupazione delle terapie intensive, una riduzione del 17,8% dei ricoveri e -19% dei nuovi casi di contagio. Questo vuol dire che la curva sta andando giù su tutti i fronti». Come spiegato dal coordinatore del Cts Franco Locatelli, l’analisi dei dati indica che le aperture decise secondo il criterio del “rischio ragionato” non si sono associate a una ripresa dei contagi.
L’armamentario disponibile
La campagna vaccinale contro il COVID-19 è stata avviata in Italia il 27 dicembre 2020. A oggi, sono quattro i vaccini autorizzati dall’Agenzia Europea del Farmaco (Ema) e Aifa, si tratta di Comirnaty (Pfizer-BioNtech), COVID-19 Vaccine Moderna (Moderna), Vaxzevria AstraZeneca) e COVID-19 Vaccine Janssen (Johnson&Johnson). Tutti questi vaccini, tranne Covid-19 Vaccine Janssen, prevedono un ciclo vaccinale di due dosi a diversi intervalli di tempo (al momento dell’analisi: 21 giorni per Comirnaty, 28 giorni per Covid-19 Vaccine Moderna e 10-12 settimane per Vaxzevria).
Superate quota 500mila le prenotazioni per il vaccino anti covid-19 per la fascia d’età 50-59 anni in Lombardia. Questa mattina hanno già fissato un appuntamento per la vaccinazione 501.732 lombardi, praticamente un terzo della popolazione coinvolta. Lo fa saper l’assessorato al welfare di Regione Lombardia. Le iscrizioni sul portale di Poste Italiane e Regione Lombardia avevano preso il via alla mezzanotte di domenica scorsa .
Vaccini: ipotesi richiami già in autunno per sanitari
L’Italia potrebbe vivere una campagna vaccinale senza soluzione di continuità. Se tra settembre e ottobre prossimi si raggiungerà l’agognata immunità di gregge con almeno il 70% degli italiani vaccinati (42 milioni) già da novembre potrebbero partire i richiami del vaccino per chi si è immunizzato per primo. Tra fine gennaio e fine aprile di quest’anno hanno ricevuto infatti già una doppia dose di vaccino 6 milioni di italiani: innanzitutto gli oltre 2 milioni di sanitari, i primi in assoluto a ricevere il siero contro il Covid e per i quali c’è anche un obbligo a vaccinarsi, e poi circa 4 milioni di over 80 e fragili.
Quanto dura la copertura del vaccino?
Da loro potrebbe ripartire la nuova campagna vaccinale che viene considerata ormai scontata se il virus, come sembra, diventerà endemico. Meno scontato al momento è quando potrebbe scattare questa nuova immunizzazione di massa che potrebbe partire appunto privilegiando le fasce più a rischio: il tema è dibattuto a livello scientifico ed è legato alla durata della copertura del vaccino su cui si aspettano ancora dati definitivi. I più cauti parlano di una copertura di circa 9 mesi che per queste prime categorie scadrebbe appunto in autunno, ma le difese potrebbero durare anche fino a un anno.
Appena messi in sicurezza gli ultra 65enni, la campagna vaccinale si aprirà a tutte le classi di età, ha detto il commissario per l’emergenza CovidFrancesco Figliuolo illustrando i prossimi passi dell’operazione. Ma anche nella nuova fase è prevista una corsia preferenziale per i vulnerabili: si tratta delle persone di età inferiore ai 60 anni con “comorbidità”, vale a dire la categoria prioritaria numero 4 del Piano nazionale vaccinale dopo l’elevata fragilità (categoria 1), le persone di età compresa tra 70 e 79 anni (categoria 2) e persone di età compresa tra i 60 e i 69 anni. Fanno parte di questa platea le «persone affette da patologie o situazioni di compromissione immunologica che possono aumentare il rischio di sviluppare forme severe di Covid-19 seppur senza quella connotazione di gravità riportata per le persone fragili».
Le patologie
L’elenco delle patologie (150) è inserito nella tabella 3 delle Raccomandazioni ad interim sui gruppi target della vaccinazione anti-Covid. Si tratta di undici aree: malattie respiratorie, cardiocircolatorie, neurologiche, diabete/ altre endocrinopatie, Hiv, insufficienza renale, ipertensione arteriosa, malattie autoimmuni, malattie epatiche, cerebrovascolari e malattie oncologiche. Nel piano la platea è formata da persone con meno di 60 anni. Ma annunciando che «a brevissimo» saranno aperte le prenotazioni per chi ha «comorbidità legate ai codici di esenzione» Figliuolo ha fatto riferimento solo alla categoria fino ai 55 anni. Intanto, però, alcune Regioni sono già partite seguendo criteri diversi.
CODICE ESENZIONE
DESCRIZIONE
014.303
SINDROME DA DIPENDENZA DA ALCOOL
014.304
DIPENDENZA DA DROGHE
017.345
EPILESSIE
038.332
MORBO DI PARKINSON
051
SOGGETTI NATI CON CONDIZIONI DI GRAVI DEFICIT FISICI, SENSORIALI E NEUROPSICHICI
005.307.1
ANORESSIA NERVOSA
005.307.51
BULIMIA
011.290.0
DEMENZA SENILE, NON COMPLICATA
011.290.1
DEMENZA PRESENILE
011.290.2
DEMENZA SENILE CON ASPETTI DELIRANTI O DEPRESSIVI
011.290.4
DEMENZA ARTERIOSCLEROTICA
011.291.1
SINDROME AMNESICA DA ALCOOL
011.294.0
SINDROME AMNESICA
029.331.0
MALATTIA DI ALZHEIMER
038.333.0
ALTRE MALATTIE DEGENERATIVE DEI NUCLEI DELLA BASE
038.333.1
TREMORE ESSENZIALE ED ALTRE FORME SPECIFICATE DI TREMORE
038.333.5
ALTRE FORME DI COREA
044.295.0
PSICOSI SCHIZOFRENICHE TIPO SEMPLICE
044.295.1
PSICOSI SCHIZOFRENICHE TIPO DISORGANIZZATO
044.295.2
PSICOSI SCHIZOFRENICHE TIPO CATATONICO
ESENZIONE
DESCRIZIONE
044.295.3
PSICOSI SCHIZOFRENICHE TIPO PARANOIDE
044.295.5
SCHIZOFRENIA LATENTE
044.295.6
SCHIZOFRENIA RESIDUALE
044.295.7
PSICOSI SCHIZOFRENICA TIPO SCHIZOAFFETTIVO
044.295.8
ALTRI TIPI SPECIFICATI DI SCHIZOFRENIA
044.296.0
MANIA, EPISODIO SINGOLO
044.296.1
MANIA, EPISODIO RICORRENTE
044.296.2
DEPRESSIONE MAGGIORE, EPISODIO SINGOLO
044.296.3
DEPRESSIONE MAGGIORE, EPISODIO RICORRENTE
044.296.4
SINDROME AFFETTIVA BIPOLARE, EPISODIO MANIACALE
044.296.5
SINDROME AFFETTIVA BIPOLARE, EPISODIO DEPRESSIVO
044.296.6
SINDROME AFFETTIVA BIPOLARE, EPISODIO MISTO
044.296.7
SINDROME AFFETTIVA BIPOLARE, NON SPECIFICATA
044.296.8
PSICOSI MANIACO-DEPRESSIVA, ALTRA E NON SPECIFICATA
044.297.0
STATO PARANOIDE SEMPLICE
044.297.1
PARANOIA
044.297.2
PARAFRENIA
044.297.3
SINDROME PARANOIDE A DUE
044.297.8
ALTRI STATI PARANOIDI SPECIFICATI
044.298.0
PSICOSI DI TIPO DEPRESSIVO
011.290.4
DEMENZA ARTERIOSCLEROTICA
011.290.1
DEMENZA PRESENILE
011.290.2
DEMENZA SENILE CON ASPETTI DELIRANTI O DEPRESSIVI
011.290.0
DEMENZA SENILE, NON COMPLICATA
044.296.3
DEPRESSIONE MAGGIORE, EPISODIO RICORRENTE
044.296.2
DEPRESSIONE MAGGIORE, EPISODIO SINGOLO
059.694.0
DERMATITE ERPETIFORME
012.253.5
DIABETE INSIPIDO
013.250
DIABETE MELLITO
014.304
DIPENDENZA DA DROGHE
0A02.V45.0
DISPOSITIVO CARDIACO POSTCHIRURGICO
0A02.V45.0
DISPOSITIVO CARDIACO POSTCHIRURGICO IN SITU
0A02.426
DISTURBI DELLA CONDUZIONE
0A02.429.4
DISTURBI FUNZIONALI CONSEGUENTI A CHIRURGIA CARDIACA
044.299.0
DISTURBO AUTISTICO
0C02.444
EMBOLIA E TROMBOSI ARTERIOSE
0C02.453
EMBOLIA E TROMBOSI DI ALTRE VENE
009.555
ENTERITE REGIONALE
016.070.54
EPATITE C CRONICA SENZA MENZIONE DI COMA EPATICO
016.571.4
EPATITE CRONICA
016.070.33
EPATITE VIRALE B CRONICA, SENZA MENZIONE DI COMA EPATICO, CON EPATITE DELTA
016.070.32
EPATITE VIRALE B CRONICA, SENZA MENZIONE DI COMA EPATICO, SENZA MENZIONE DI EPATITE DELTA
016.070.9
EPATITE VIRALE NON SPECIFICATA SENZA MENZIONE DI COMA EPATICO
017.345
EPILESSIE
0C02.447.0
FISTOLA ARTEROVENOSA ACQUISITA
061.582.4
GLOMERULONEFRITE CRONICA CON LESIONI DI GLOMERULONEFRITE RAPIDAMENTE PROGRESSIVA
061.582.2
GLOMERULONEFRITE CRONICA CON LESIONI DI GLOMERULONEFRITE MEMBRANOPROLIFERATIVA
061.582.1
GLOMERULONEFRITE CRONICA CON LESIONI DI GLOMERULONEFRITE MEMBRANOSA (COMPRESA LA GLOMERULOSCLEROSI FOCALE)
035.242.2
GOZZO MULTINODULARE TOSSICO
035.242.3
GOZZO NODULARE TOSSICO NON SPECIFICATO
035.242.0
GOZZO TOSSICO DIFFUSO
035.242.1
GOZZO TOSSICO UNINODULARE
020.042
INFEZIONE DA VIRUS DELLA IMMUNODEFICIENZA UMANA (HIV)
020.079.53
INFEZIONE DA VIRUS DELLA IMMUNODEFICIENZA UMANA, TIPO 2 [HIV2]
023.585
INSUFFICIENZA RENALE CRONICA
024.518.83
INSUFFICIENZA RESPIRATORIA (CRONICA)
0C02.557.1
INSUFFICIENZA VASCOLARE CRONICA DELL’INTESTINO
026.252.0
IPERPARATIROIDISMO
0031.405.0
IPERTENSIONE
0A31.401
IPERTENSIONE ESSENZIALE
031.401
IPERTENSIONE ESSENZIALE
A031.401
IPERTENSIONE ESSENZIALE
0031.405
IPERTENSIONE SECONDARIA
026.252.1
IPOPARATIROIDISMO
027.244
IPOTIROIDISMO ACQUISITO
027.243
IPOTIROIDISMO CONGENITO
028.710.0
LUPUS ERITEMATOSO SISTEMICO
0A02.416
MALATTIA CARDIOPOLMONARE CRONICA
059.579.0
MALATTIA CELIACA
029.331.0
MALATTIA DI ALZHEIMER
030.710.2
MALATTIA DI SJOGREN
0A02.395
MALATTIE DELLA VALVOLA AORTICA
0A02.394
MALATTIE DELLA VALVOLA MITRALE
0A02.396
MALATTIE DELLE VALVOLE MITRALE E AORTICA
0A02.397
MALATTIE DI ALTRE STRUTTURE ENDOCARDICHE
067.710.9
MALATTIE DIFFUSE DEL CONNETTIVO NON SPECIFICATE
044.296.1
MANIA, EPISODIO RICORRENTE
044.296.0
MANIA, EPISODIO SINGOLO
034.358.0
MIASTENIA GRAVE
038.332
MORBO DI PARKINSON
039.253.3
NANISMO IPOFISARIO
0031.403
NEFROPATIA IPERTENSIVA
0B02.434
OCCLUSIONE DELLE ARTERIE CEREBRALI
0B02.433
OCCLUSIONE E STENOSI DELLE ARTERIE PRECEREBRALI
044.297.2
PARAFRENIA
044.297.1
PARANOIA
061.590.0
PIELONEFRITE CRONICA
044.298.0
PSICOSI DI TIPO DEPRESSIVO
044.299.1
PSICOSI DISINTEGRATIVA
044.296.8
PSICOSI MANIACO-DEPRESSIVA, ALTRA E NON SPECIFICATA
044.298.4
PSICOSI PARANOIDE PSICOGENA
044.295.7
PSICOSI SCHIZOFRENICA TIPO SCHIZOAFFETTIVO
044.295.2
PSICOSI SCHIZOFRENICHE TIPO CATATONICO
044.295.1
PSICOSI SCHIZOFRENICHE TIPO DISORGANIZZATO
044.295.3
PSICOSI SCHIZOFRENICHE TIPO PARANOIDE
044.295.0
PSICOSI SCHIZOFRENICHE TIPO SEMPLICE
044.298.1
PSICOSI, TIPO AGITATO
061.587
RENE GRINZO GLOMERULONEFRITICO
062.753.13
RENE POLICISTICO AUTOSOMICO DOMINANTE
0031.362.11
RETINOPATIA IPERTENSIVA
RH0011
SARCOIDOSI
044.295.5
SCHIZOFRENIA LATENTE
044.295.6
SCHIZOFRENIA RESIDUALE
RM0120
SCLEROSI SISTEMICA
047.710.1
SCLEROSI SISTEMICA (PROGRESSIVA)
044.296.5
SINDROME AFFETTIVA BIPOLARE, EPISODIO DEPRESSIVO
044.296.4
SINDROME AFFETTIVA BIPOLARE, EPISODIO MANIACALE
044.296.6
SINDROME AFFETTIVA BIPOLARE, EPISODIO MISTO
044.296.7
SINDROME AFFETTIVA BIPOLARE, NON SPECIFICATA
011.294.0
SINDROME AMNESICA
011.291.1
SINDROME AMNESICA DA ALCOOL
014.303
SINDROME DA DIPENDENZA DA ALCOOL
032.255.0
SINDROME DI CUSHING
006.714.1
SINDROME DI FELTY
061.581.2
SINDROME NEFROSICA CON LESIONI DI GLOMERULONEFRITE MEMBRANOPROLIFERATIVA
061.581.1
SINDROME NEFROSICA CON LESIONI DI GLOMERULONEFRITE MEMBRANOSA
044.297.3
SINDROME PARANOIDE A DUE
0C02.459.1
SINDROME POSTFLEBITICA
048
SOGGETTI AFFETTI DA PATOLOGIE NEOPLASTICHE MALIGNE E DA TUMORI DI COMPORTAMENTO INCERTO
051
SOGGETTI NATI CON CONDIZIONI DI GRAVI DEFICIT FISICI, SENSORIALI E NEUROPSICHICI
054.720.0
SPONDILITE ANCHILOSANTE
044.297.0
STATO PARANOIDE SEMPLICE
0C02.447.1
STENOSI DI ARTERIA
056.245.2
TIROIDITE LINFOCITARIA CRONICA
038.333.1
TREMORE ESSENZIALE ED ALTRE FORME SPECIFICATE DI TREMORE
I trapiantati di organi e coloro che assumono determinati farmaci che attenuano il sistema immunitario, l’efficacia è meno garantita o addirittura assente.
Per Eva Schrezenmeier, nefrologa del Charité University Hospital di Berlino, la notizia fa riflettere: tra i 40 pazienti con reni trapiantati nel suo ospedale che erano stati vaccinati contro COVID-19, solo uno stava sfornando gli anticorpi che probabilmente lo avrebbero protetto. la malattia. Poiché i pazienti trapiantati assumono farmaci potenti per sopprimere il sistema immunitario in modo che non attacchi un organo donato, il suo team si aspettava una riduzione delle risposte a un vaccino. Ma Schrezenmeier, che ha pubblicato un preprint descrivendo il suo studio la scorsa settimana, non aveva previsto quanto il vaccino potesse vacillare nei suoi pazienti.
La sua scoperta è all’estremo sinistro della ricerca su come funzionano i vaccini COVID-19 nei molti milioni di persone il cui sistema immunitario è soppresso da farmaci o malattie. In molti, i vaccini sembrano mantenere la loro potenza. Ma in altri, in particolare i riceventi di trapianto di organi e coloro che assumono determinati farmaci che attenuano il sistema immunitario, l’efficacia è meno garantita o addirittura assente. Per saperne di più, i ricercatori stanno avviando studi più ampi, cercando maggiore chiarezza e modi per aiutare i pazienti il cui sistema immunitario indebolito rende la protezione contro COVID-19 ancora più urgente. “C’è molta confusione e paura tra i pazienti”, dice Alfred Kim, un reumatologo presso la Washington University di St. Louis che si prende cura delle persone con la malattia autoimmune lupus e sollecita fortemente la vaccinazione per loro.
Una fonte di complessità: le dozzine di diversi farmaci assunti da persone con cancro, malattie autoimmuni o altre malattie immunologiche o un trapianto di organi. Ciascuno può innestare diversi ingranaggi nell’intricato meccanismo del sistema immunitario. Anche il disturbo fa la differenza. I tumori solidi come il cancro del colon di solito non interferiscono con il sistema immunitario (sebbene la chemioterapia lo faccia). Ma malattie autoimmuni o tumori del sangue come la leucemia e il linfoma possono a loro volta esaurire o interrompere alcuni tipi di cellule immunitarie.
Ricerche passate già suggerivano che i vaccini possono vacillare in alcuni pazienti immunosoppressi. Kim dice che i vaccini contro l’influenza e lo pneumococco non sempre funzionano altrettanto bene nelle persone che assumono alcuni comuni immunosoppressori, come il metotrexato, che cura il cancro e le malattie autoimmuni. E uno studio del 2012 ha rilevato che solo il 44% dei malati di cancro in trattamento ha prodotto anticorpi contro l’influenza dopo una dose di vaccino antinfluenzale; la maggior parte è stata vaccinata per la prima volta 1 settimana dopo la chemioterapia. I ricercatori hanno raccomandato due dosi dopo aver scoperto che una seconda dose ha aumentato il numero al 73%.
Quando hanno iniziato ad analizzare i campioni di sangue dopo la vaccinazione COVID-19, gli scienziati non erano sicuri di come le persone con soppressione immunitaria avrebbero risposto ai vaccini. Anche la protezione della misurazione è una sfida: i vaccini sono progettati per stimolare la produzione di anticorpi, ma gli scienziati non sanno quali livelli sono necessari per proteggersi dal COVID-19. Gli anticorpi sono più facili da misurare rispetto alle risposte delle cellule T, ma anche questi svolgono un ruolo importante nella protezione dalle malattie.
Tuttavia, in un contesto di ricerca, la caccia agli anticorpi può fornire importanti indizi. Nel dicembre 2020, i chirurghi trapianti Dorry Segev e Jacqueline Garonzik Wang della Johns Hopkins University hanno lanciato un appello sui social media per i riceventi di organi disposti a partecipare a uno studio sul vaccino COVID-19. “Avevamo 1000 iscritti nella prima settimana”, dice Segev. A marzo, il team di ricerca ha pubblicato i dettagli su JAMA delle risposte immunitarie dei partecipanti alla prima dose dei vaccini Pfizer-BioNTech e Moderna. I risultati prefigurano quelli di Schrezenmeier: tra 436 persone che avevano subito trapianti di fegato, cuore, reni e altri organi, solo il 17% aveva anticorpi rilevabili.
Tuttavia, i risultati variavano in base ai farmaci che i volontari stavano assumendo. Solo il 9% di quelli su una classe di farmaci che include il micofenolato immunosoppressore aveva alcuni anticorpi, rispetto a circa il 40% di quelli che non assumevano farmaci in quella categoria. Il micofenolato inibisce la produzione di entrambi i linfociti B, che generano anticorpi, e dei linfociti T, che aiutano i linfociti B a svolgere il loro lavoro.
Segev dice che lui ei suoi colleghi sono vicini alla condivisione dei risultati della seconda dose di vaccino della sua coorte, che mostrano un certo miglioramento. Però, è sorpreso che questi pazienti sottoposti a trapianto di organi sembrano rispondere ancora meno bene ai vaccini COVID-19 rispetto ai vaccini antinfluenzali. Per saperne di più, sta studiando i loro linfociti T, B e altre risposte immunitarie. “Stiamo iniziando a provare a dire: ‘Cosa sta succedendo qui? Perché è così cattivo?'”
Sebbene Segev sia preoccupato per i circa 500.000 pazienti trapiantati negli Stati Uniti, sospetta che il quadro sia molto più luminoso per gli 11 milioni di persone con malattie autoimmuni, che tendono a prendere diverse combinazioni di trattamenti immunitari oa cavarsela con dosi più basse. La scorsa settimana, un articolo su Gastroenterology ha riferito che 48 persone con malattia di Crohn o colite ulcerosa , quasi tutte in terapia con farmaci immunitari, hanno risposto bene alla vaccinazione. Dei 26 che i ricercatori hanno seguito con entrambe le dosi di vaccino, tutti hanno prodotto anticorpi, 22 a livelli elevati.
Ma un altro studio, su 133 persone con varie malattie autoimmuni , ha suggerito che due tipi di farmaci possono agire come un martello contro la risposta al vaccino. Il lavoro, pubblicato questo mese come preprint da Kim, la reumatologa Mary Nakamura dell’Università della California, San Francisco, e dai loro colleghi, ha mostrato che in media i soggetti producevano circa un terzo degli anticorpi rispetto alle persone vaccinate sane: una differenza questo non riguarda molto Kim. Ma le persone in terapia che distruggono le cellule B, come il rituximab, e il potente prednisone steroideo avevano livelli molto più bassi. Sono in corso studi più ampi su questi pazienti, compreso quello annunciato la scorsa settimana dall’Istituto nazionale di allergie e malattie infettive.
Nei malati di cancro, la risposta al vaccino dipende probabilmente almeno in parte dai tempi, perché i cicli di chemioterapia alternano le cellule immunitarie e consentono loro di rimbalzare, afferma Giuseppe Curigliano, oncologo dell’Istituto europeo di oncologia di Milano. L’anno scorso ha riferito che i malati di cancro in chemioterapia hanno prodotto abbondanti anticorpi dopo un attacco di COVID-19, lasciandolo ottimista sul fatto che i vaccini funzioneranno bene per loro. Il suo centro attende un paio di settimane dopo un ciclo di chemioterapia per offrire un’iniezione di COVID-19. Allo stesso modo, uno studio del Regno Unito ha dimostrato che, sebbene molti pazienti in trattamento per tumori solidi abbiano avuto una risposta irrisoria alla prima dose di vaccino rispetto ai volontari sani, sono apparsi ben protetti dopo la seconda. I ricercatori scrivono che i risultati evidenziano i rischi di ritardare le dosi di vaccino nei malati di cancro, contrariamente alla pratica del paese in tutta la sua popolazione.
C’è una preoccupazione fastidiosa, però, quando si tratta di persone con tumori del sangue. Ghady Haidar, specialista in malattie infettive dei trapianti presso il Centro medico dell’Università di Pittsburgh, ha risultati preliminari su pazienti con leucemia, linfoma e mieloma multiplo che suggeriscono che una frazione considerevole non produce anticorpi dopo la vaccinazione, in particolare quelli con una forma di leucemia cronica. Forse, dice, questo accade perché i pazienti “hanno difetti nella circolazione dei globuli bianchi”.
Medici come Haidar affermano che i pazienti spesso chiedono se interrompere l’assunzione di farmaci immunosoppressori prima di essere vaccinati, suggerendo scelte difficili. “Nessuno dovrebbe interrompere furtivamente i farmaci in modo che possano rispondere ai vaccini”, dice. Per alcuni pazienti, saltare il trattamento può essere pericoloso, ma a volte i medici possono ritardare l’infusione di una terapia nota per rendere più difficile il lavoro di un vaccino.
Per i pazienti che non sembrano protetti dalle vaccinazioni standard, possono essere utili dosi extra. Alcuni riceventi di organi ricevono già dosi extra di vaccino contro l’epatite B e questo mese la Francia ha raccomandato di ricevere una terza dose del vaccino Pfizer-BioNTech COVID-19. Christophe Legendre, nefrologo al Necker Hospital di Parigi, sta pianificando test anticorpali per vedere come funziona l’approccio nei pazienti trapiantati. Altri ricercatori affermano che gli anticorpi monoclonali fabbricati in laboratorio potrebbero rafforzare la protezione per i pazienti che ancora non rispondono. (Sebbene gli studi clinici abbiano dimostrato che gli anticorpi monoclonali possono prevenire l’infezione , finora sono autorizzati solo per il trattamento di COVID-19 in stadio iniziale.)
A Berlino, Schrezenmeier intende offrire i vaccini AstraZeneca o Johnson & Johnson ad alcuni pazienti già vaccinati con un altro vaccino COVID-19. La miscelazione dei vaccini migliorerà la loro efficacia? “Non lo so”, ammette. Ma immagina che dare al sistema immunitario due scosse diverse a volte possa fare la differenza. Il volontario solitario del trapianto di rene nel suo studio che ha prodotto anticorpi dopo la vaccinazione era già sopravvissuto al COVID-19, il che potrebbe aver contribuito a dare il via a una risposta immunitaria contro di esso.
L’immunoprotezione dall’infezione puó indebolirsi nel tempo man mano che cala il livello di anticorpi neutralizzanti e quindi un richiamo potrebbe servire entro un anno dalla seconda dose
L’immunità data dal vaccino anti-Covid di Moderna potrebbe durare circa 7-8 mesi, in modo simile a quanto avviene per l’influenza, rendendo necessario un nuovo richiamo entro 12 mesi dalla vaccinazione. Lo spiega la stessa azienda nei dati presentati nel suo Vaccine Day la scorsa settimana e in uno studio dell’Università del Nuovo Galles pubblicato sul sito medrXiv, dove vengono messe le ricerche ancora non validate dalla comunità scientifica. Secondo i suoi modelli, l’immunoprotezione dall’infezione puó indebolirsi nel tempo man mano che cala il livello di anticorpi neutralizzanti e quindi un richiamo potrebbe servire entro un anno dalla seconda dose. Tuttavia, spiega l’azienda, la protezione dalla forma grave dell’infezione potrebbe durare più a lungo. Sulla base dei dati finora disponibili sugli anticorpi neutralizzanti, secondo lo studio, la protezione potrebbe essere simile a quella vista contro le infezioni da influenza e coronavirus stagionali, dove è possibile una re-infezione dopo un anno dalla prima infezione ma in forma più lieve. In modo simile, dopo il vaccino antinflenzale, l’efficacia della sua protezione si stima cali di circa il 7% al mese.