INPS

IL COLLOCAMENTO DI UN DISABILE CON FIBROSI CISTICA.

da LIFC LEGA ITALIANA FIBROSI CISTICA

Lavoro Compatibile

Un obbligo del datore di lavoro è quello di assegnare i compiti lavorativi tenendo conto delle capacità e delle condizioni dei lavoratori in rapporto alla loro salute e sicurezza (già previsto dal D. Lgs.626/1994, Art 4, comma 5 lettera c, poi sostituito dal D.Lgs 81/08 art.18 comma 1 lettera C).

La Legge n.68/99 per i lavoratori disabili assunti tramite il collocamento obbligatorio prevede quanto sopra anche per le aziende che non hanno un medico competente aziendale. Nella commissione vi è un medico del lavoro che di fatto emette un giudizio e indica le mansioni compatibili con lo stato di salute.

Il lavoratore può richiedere al datore di lavoro, per tramite del medico competente aziendale (D.Lgs 81/08 art.41 comma 2 lettera C) previa visita medica e giudizio di idoneità dello stesso, di essere adibito a mansioni compatibili con il proprio stato di salute.

È comunque importante verificare quanto previsto dal proprio contratto e dal CCNL di riferimento; infatti, alcuni contratti collettivi prevedono che, superato il periodo di conservazione del posto, il dipendente (riconosciuto idoneo al lavoro ma non allo svolgimento delle mansioni corrispondenti al proprio profilo professionale) possa essere utilizzato in mansioni equivalenti nell’ambito della stessa categoria. Qualora ciò non fosse possibile il lavoratore, con il suo consenso, potrà essere adibito anche a mansioni proprie di profilo professionale corrispondente a categoria inferiore.

Anche le condizioni dell’ambiente di lavoro sono importanti, perché possono influire negativamente sullo stato di salute. In particolare, dai Centri di Cura della fibrosi Cistica viene data l’indicazione di non esporre il lavoratore con fibrosi cistica a:

  • microclima sfavorevole, sbalzi di temperatura, esposizioni ad eccessive variazioni termiche;
  • sostanze irritanti o sensibilizzanti l’apparato respiratorio, esposizioni a polveri, gas e sostanze volatili nocive;
  • permanenza in spazi molto stretti o sovraffollati, sovra riscaldati o troppo secchi;
  • lavoro su turni, servizio notturno;
  • sforzi fisici prolungati, movimentazione di carichi;
  • tutte condizioni che possono peggiorare sensibilmente le condizioni cliniche.

Di solito viene consigliato:

  • un lavoro che consenta prestazioni sedentarie
  • un lavoro che richieda attività fisica lieve o moderata
  • il part-time.

DISABILITA’ E LAVORO.

da osha.europa.eu

Circa la metà dei 42,8 milioni di persone con disabilità in età lavorativa nell’Unione europea (UE) è attualmente impiegata. Le persone che soffrono di una patologia o di una disabilità dovrebbero poter continuare a lavorare nonché avere la possibilità di accedere al mondo del lavoro o reintegrarvisi. Di conseguenza, è essenziale predisporre un modello di lavoro accessibile e inclusivo in grado di accogliere una forza lavoro diversificata e di facilitarne il (re)inserimento e il mantenimento nel mondo del lavoro.Pacchetto sull’occupazione delle persone con disabilitàObblighi giuridici dei datori di lavoroPrevenzione dei rischi e promozione della saluteRitorno al lavoroInvecchiamento della forza lavoroLavorare in condizioni di cattiva salute

Per saperne di più sui lavoratori con disabilità e sulla SSL, nonché sul sostegno efficace nel contesto del pacchetto sull’occupazione delle persone con disabilità, consultare l’articolo Ill health, disability, employment and return to work (Malattia, disabilità, occupazione e ritorno al lavoro) pubblicato sull’OSHwiki di EU-OSHA e contenente un gran numero di risorse preziose.

CONGEDO DI MATERNITÀ: LE REGOLE DOPO LA CIRCOLARE DEL 106/2022

da informazionefiscale it

Congedo di maternità, domanda di flessibilità semplificata: viene meno l’obbligo di invio della documentazione sanitaria all’INPS tramite raccomandata, e la stessa dovrà essere consegnata esclusivamente al datore di lavoro. Le novità nella circolare n. 106 del 29 settembre 2022.

Congedo di maternitàdomanda di flessibilità semplificata: viene meno l’obbligo di invio all’INPS della documentazione sanitaria che consente di lavorare anche dopo il settimo mese di gravidanza.

Le novità sono contenute nella circolare INPS n. 106 del 29 settembre 2022, che cambia le regole per fruire del congedo di maternità dopo l’ottavo mese oppure dopo il parto.

In ambedue i casi resta per la lavoratrice l’onere di dover acquisire la documentazione sanitaria che legittima il rinvio del periodo di fruizione del congedo di maternità.

Non sarà però più necessario inviare la stessa tramite raccomandata alla propria sede INPS, ma basterà consegnarla al proprio datore di lavoro o committente.

Queste le novità che, come specificato dalla nuova circolare dell’Istituto, si applicheranno sia alle lavoratrici dipendenti che alle iscritte alla Gestione Separata, e che semplificano le procedure per la flessibilità nell’utilizzo del congedo di maternità.

Congedo di maternità, novità per la domanda di flessibilità: stop all’invio della documentazione sanitaria

Sia in caso di opzione per l’utilizzo del congedo di maternità dal mese precedente che qualora si intenda avvalersene esclusivamente dopo il parto, l’INPS semplifica la procedura per la presentazione della domanda.

Le novità riguardano la documentazione sanitaria da produrre obbligatoriamente nel corso del settimo mese di gravidanza.

In linea generale il periodo di congedo di maternità inizia nei due mesi precedenti e nei tre successivi al parto, per una durata complessiva di cinque mesi. La lavoratrice può scegliere di posticipare l’astensione dal lavoro fino al mese che precede la data presunta del parto o di utilizzare i cinque mesi esclusivamente dopo il parto.

Fermo restando l’obbligo di acquisire la documentazione sanitaria nel corso del settimo mese di gravidanza, la stessa dovrà essere consegnata al datore di lavoro prima dell’inizio dell’ottavo mese di gravidanza.

La documentazione sanitaria che certifica la possibilità di proseguire con l’attività lavorativa dovrà essere rilasciata

dal medico specialista del Servizio sanitario nazionale, o con esso convenzionato,

certificazione del competente medico dell’azienda.Fino ad oggi la documentazione

Le certificazioni sanitarie dovranno inoltre individuare chiaramente il termine fino a quando è consentito alla lavoratrice proseguire la propria attività, se fino alla data presunta del parto o fino alla data effettiva.

La lavoratrice dovrà quindi continuare ad inviare domanda di congedo di maternità all’INPS, indicando la volontà di volerne fruire esclusivamente dopo il parto e inserendo il termine contenuto nell’attestazione medica.

Sulle domande di flessibilità l’Istituto verificherà quindi:

  • che coincida la data di inizio del congedo comunicata dalla lavoratrice con la data presunta o effettiva del parto, oppure che la stessa ricada all’interno del periodo di ante partum da cui decorrono i cinque mesi di congedo di maternità;
  • l’assenza di un periodo di malattia tra l’inizio dell’ottavo mese di gravidanza e la data di inizio del congedo di maternità dopo il parto;
  • l’assenza di un provvedimento di interdizione anticipata per gravidanza a rischio (articolo 17, comma 2, lettera a), del decreto legislativo n. 151/2001) o, in caso di sussistenza del provvedimento, la cessazione dell’interdizione in data antecedente l’inizio dell’ottavo mese di gravidanza;
  • l’assenza di un provvedimento di interdizione anticipata per mansioni o per condizioni di lavoro e ambientali pregiudizievoli (articolo 17, comma 2, lettere b) e c), del decreto legislativo n. 151/2001);
  • l’effettiva astensione dal lavoro
  • durante i cinque mesi di maternità fruiti esclusivamente dopo l’evento del parto al fine del riconoscimento dell’indennità.

Anche in caso di richiesta del congedo di maternità dopo il parto, in caso di malattia che precede la data dello stesso o la data presunta partirà automaticamente il periodo di astensione obbligatoria dal lavoro.

Resta inoltre la facoltà per la lavoratrice di rinunciare alla volontà di astenersi dal lavoro dopo il parto inviando comunicazione all’INPS. Dalla data della stessa decorre il congedo di maternità.

LA RIFORMA DEI LAVORATORI NELLO SPORT

Il mondo dello sport si prepara ad affrontare importanti novità a partire dal 1° luglio, quando entrerà in vigore il Dlgs 36/2021 e il nuovo decreto correttivo sulla riforma. Questa riforma coinvolge migliaia di lavoratori, associazioni e società dilettantistiche, e prevede una nuova disciplina per enti sportivi dilettantistici e lavoratori sportivi.

Uno dei principali cambiamenti riguarda l’inquadramento dei lavoratori sportivi, che dal 1° luglio verranno inquadrati nei nuovi schemi di lavoratore subordinato, autonomo o co.co.co. Tuttavia, il correttivo ancora al vaglio propone alcune modifiche di rilievo, come l’esclusione dalla figura di lavoratore sportivo dei professionisti per cui è necessaria l’iscrizione all’albo. Questo significa che per loro, anche se svolgono attività per Asd o Ssd, non si applicano i regimi fiscali e previdenziali previsti dal Dlgs 36/2021.

La riforma interviene anche nel mondo paralimpico, con la possibilità per gli atleti di partecipare ad allenamenti e competizioni con un permesso speciale retribuito e crea un osservatorio nazionale sul lavoro sportivo, presso il dipartimento dello Sport, di concerto con il ministero del Lavoro.

Tuttavia, ci sono ancora dei nodi da sciogliere e i tempi sono stretti. Ad esempio, entro il 31 ottobre 2023 vanno effettuati gli adempimenti e i versamenti dei contributi previdenziali e assistenziali per le co.co.co. sportive, con il rischio di incorrere in sanzioni a causa del poco tempo a disposizione. Inoltre, gli enti sportivi devono adeguare gli statuti alla riforma entro il 31 dicembre, pena la cancellazione d’ufficio dal Registro.

Alberto Miglietta, executive vice president di Ptsclas ed ex Ad di Coni servizi/Sport e salute, commenta positivamente le proposte sull’inquadramento del lavoro sportivo, ma sottolinea la preoccupazione per la risposta delle società sportive, che si trovano in difficoltà nel mantenere la fruizione di servizi a causa degli oneri burocratici ed economici aggiuntivi. Il mondo dello sport di base è spesso gestito in modo non professionale, da volontari, e il rischio è l’abbandono delle attività da parte delle associazioni con la perdita di lavoro.

Inoltre, c’è ancora da chiarire l’obbligo che dal 1° luglio scatta per gli enti sportivi di osservare un limite per lo svolgimento di attività secondarie e strumentali. Il limite non è ancora stato individuato con il decreto, il che preoccupa la proposta di correttivo che prevede la cancellazione dell’ente dal Registro in caso di mancato rispetto del limite per due esercizi consecutivi.

In conclusione, la riforma rappresenta un importante cambiamento per il mondo dello sport, che dovrà fare i conti con nuove regole e adempimenti burocratici. Tuttavia, è fondamentale che queste nuove norme non diventino un aggravio insostenibile per le associazioni sportive e che si tenga conto delle difficoltà economiche che molte di esse stanno già affrontando a causa della pandemia.

CASSA INTEGRAZIONE PER IL CALDO!

da open.online

Se il termometro segna 35 gradi (effettivi o percepiti) si può andare in cassa integrazioneInps e Inail hanno pubblicato le linee guida per prevenire le «patologie da stress termico». E hanno diffuso un decalogo destinato a imprese e lavoratori su come difendersi dai fenomeni climatici estremi. «Le imprese — si legge nella nota dei due enti — potranno chiedere all’Inps il riconoscimento della Cassa Integrazione quando il termometro supera i 35 gradi. Ai fini dell’integrazione salariale, però, possono essere considerate idonee anche le temperature “percepite”». Una decisione che arriva dopo la morte di Luca Cappelli, operaio alla Dana Graziano di Rivoli, proprio a causa del caldo. Tra i mestieri a rischio l’Inps indica: i lavori di stesura del manto stradale, quelli di rifacimento di facciate e tetti di costruzioni, le lavorazioni all’aperto con indumenti di protezione.

Chiusi per caldo

Non solo. Nel computo rientrano anche tutte le fasi lavorative «che, in generale, avvengono in luoghi non proteggibili dal sole o che comportino l’utilizzo di materiali o lo svolgimento di lavorazioni che non sopportano il forte calore». L’Inail spiega che tra le patologie per il caldo ci sono i crampi, la dermatite da sudore, gli squilibri idrominerali. Fino al colpo di calore, che può comportare aritmie cardiache e l’innalzamento della temperatura corporea oltre i 40°. Per quanto riguarda le prestazioni Cigo (ovvero: di Cassa Integrazione Ordinaria) erogate, fanno sapere dalla stessa Inps, nella richiesta va indicata la causale “eventi meteo”. Anche in caso di sospensione o riduzione dell’attività lavorativa a causa delle temperature elevate. In merito alle temperature “percepite”, queste sono più elevate rispetto a quelle reali, tenuto conto della particolare tipologia di lavorazione in atto.

L’Inps spiega anche che l’azienda, nella domanda di Cigo e nella relazione tecnica, deve semplicemente indicare le giornate di sospensione o riduzione dell’attività lavorativa. Poi deve specificare il tipo di lavorazione in atto nelle giornate medesime. Mentre non è tenuta a produrre dichiarazioni che attestino l’entità della temperatura, né a produrre i bollettini meteo. Inoltre, indipendentemente dalle temperature rilevate nei bollettini, l’Inps riconosce la cassa integrazione ordinaria in tutti i casi in cui il responsabile della sicurezza dell’azienda dispone la sospensione delle lavorazioni in quanto ritiene sussistano rischi o pericoli per la sicurezza e la salute dei lavoratori, ivi compresi i casi in cui le sospensioni siano dovute a temperature eccessive.

Il progetto Worklimate

L’Inail ha invece allestito due piattaforme web per contrastare lo stress da calore nell’ambito del progetto Worklimate. Suggerisce di bere un bicchiere d’acqua fresca ogni 15 minuti, vestirsi in maniera adeguata (con capi leggeri) e di evitare di lavorare a pelle nuda. Ai datori di lavoro l’ente chiede invece di riorganizzare i turni e di rendere disponibili ai lavoratori i distributori di acqua fresca e aree in ombra per le pause. Soprattutto, spiega La Stampa, l’Inail consiglia di promuovere forme di reciproco controllo dei lavoratori. Come? Utilizzando il cosiddetto «sistema del compagno» che può prestare i primi soccorsi e chiamare i medici in caso di segnali di stress da calore.

POSITIVI AL COVID: QUANDO È POSSIBILE LO SMART WORKING SENZA MALATTIA.

da il messaggero

Con l’aumento del numero dei contagi, molte aziende rischiano di ritrovarsi senza personale. Eppure, se il tipo di mansione da svolgere si può portare avanti anche da casa e se l’azienda autorizza lo smart working, il lavoratore asintomatico, se vuole, può benissimo continuare a lavorare. Il certificato di malattia, infatti, è rilasciato dal medico di medicina generale solo su richiesta del paziente. «Quella degli asintomatici è una questione astratta – premette Claudio Cricelli, presidente della Società italiana di medicina generale e delle cure primarie (Simg) – Chi non ha sintomi, infatti, normalmente non si accorge di avere il covid. E, a meno che qualcuno per caso non gli faccia il test, non saprà mai di essersi contagiato». Se però la positività viene accertata, l’asintomatico potrebbe a questo punto continuare a lavorare da remoto. «Chi è positivo per covid deve stare a casa, come indica una circolare dell’Inps del 2020 – precisa Cricelli – ma nella questione lavorativa il medico non c’entra. Non è nostro compito accertare se una persona lavora o è disoccupata. Se io faccio il test anticovid sono obbligato dalla legge a registrare la positività. Da quel momento in poi i dati sono caricati sulla piattaforma nazionale. E il paziente positivo non può uscire da casa e quindi non può tornare al lavoro fino a quando il tampone non risulti negativo». Il vero dilemma, per i medici, è piuttosto che i positivi, che per esempio usano i test fai da te, vadano tranquillamente in giro e continuino a infettare altre persone. «Non dimentichiamo che gli asintomatici – mette in guardia Cricelli – trasmettono il covid esattamente come i sintomatici. E proprio per questo motivo stiamo osservando a un disastro dal punto di vista epidemico». 

LE PREOCCUPAZIONI
Il timore che la situazione degeneri è evidente. «Chi è asintomatico non può andare a lavorare, si rischia di contagiare gli altri – avverte Pina Onotri, segretario generale del Sindacato medici italiani (Smi) – La positività dura minimo 7 giorni e in alcuni casi anche 14. Mandare a lavorare un positivo, seppure senza sintomi, significa spargere l’infezione, vista la recrudescenza dei contagi». Però un’alternativa c’è. «Se un asintomatico vuole continuare a lavorare potrebbe evitare di chiedere il certificato di malattia e l’azienda potrebbe direttamente metterlo in smart working». La questione burocratica per i medici di medicina generale è ancora un tasto dolente. «In questo periodo ogni medico sta mettendo in quarantena almeno 30 persone al giorno – precisa Onotri – e con tutta la procedura burocratica che gira intorno ai certificati per malattia, isolamento e fine isolamento, noi facciamo aspettare pazienti che soffrono di altre patologie, per lo più croniche, e che necessitano di cure urgenti. E comunque noi siamo medici, non uffici amministrativi». Dopo due anni e mezzo, sembra di essere tornati al punto di partenza. «Il covid non è un’influenza e anche negli asintomatici non è prevedibile l’evoluzione – ribadisce Pier Luigi Bartoletti, vice segretario nazionale vicario della Fimmg (la Federazione italiana medici di medicina generale) – Purtroppo ancora non è chiaro che, seppure nella grandissima dei casi il covid depone in modo benigno, la malattia parte sempre in maniera sommessa, ma poi l’evoluzione negativa si ha normalmente 7-8 giorni dopo. Quindi, bisogna monitorare il paziente positivo e gestirlo con le terapie adeguate, da subito. Se però una persona vuole lavorare nonostante sia positiva, non possiamo essere noi ad autorizzarla. Le incombenze legate alle problematiche lavorative esulano dalle competenze mediche»

INTELLIGENZA ARTIFICIALE E ROBOTICA: IMPATTO SUI LAVORATORI.

L’automazione sul luogo di lavoro è in crescita. Benché i progressi tecnologici schiudano nuove opportunità, presentano anche nuove sfide per il futuro della sicurezza e della salute sul lavoro (SSL).

Nell’ambito del programma quadriennale di ricerca sulla digitalizzazione, l’EU-OSHA ha pubblicato una relazione iniziale per affrontare tipi e definizioni dell’intelligenza artificiale (IA) e della robotica avanzata per l’automazione delle attività sul lavoro. La relazione passa in rassegna gli usi attuali e potenziali in tutti i settori e i compiti, dai robot industriali e di magazzino ai software di IA nel settore sanitario e fornisce una panoramica delle politiche e delle strategie a livello nazionale e dell’UE.

Per approfondire, leggi la relazione e la sintesi Robotica avanzata, intelligenza artificiale e automazione delle attività: definizioni, usi, politiche e strategie e sicurezza e salute sul lavoro

Un documento programmatico presenta una tassonomia della robotica avanzata e dei sistemi basati sull’IA che possono essere impiegati sui luoghi di lavoro, seguendo un approccio basato sui compiti, per strutturare e valutare le opportunità e le sfide in materia di SSL.

da osha.eu

Per una panoramica del progetto, rimandiamo alla presentazione PowerPoint

Maggiori informazioni su questi risultati e su quelli a venire sono disponibili nella sezione tematica del sito Digitalizzazione del lavoro

Pensioni, i nuovi lavori usuranti: per 500mila persone l’assegno Inps arriva prima

Mezzo milione di lavoratori potranno (forse) andare in pensione in anticipo grazie alla revisione dei cosiddetti lavori gravosi.

Contributi Inps: dal 25 le domande per l'esonero - Metropolitano.it

Oggi sono 15 i lavori considerati gravosi, ma questo elenco di persone che possono andare in pensione in anticipo è destinato ad allargarsi, probabilmente già con la prossima riforma del sistema previdenziale. La commissione sui “lavori gravosi” ha infatti chiuso l’istruttoria per revisionare l’elenco delle professioni particolarmente pesanti che danno diritti a ritirarsi dal lavoro in anticipo. Nella proposta che ora passerà ora al vaglio dei ministeri dell’Economia e del Lavoro guidati da Daniele Franco e Andrea Orlando si passa da 15 a 57 gruppi e da 65 a 203 mansioni.

La revisione operata dalla commissione – che sarebbe dovuta iniziare nel 2018 ma è iniziata solo nella scorsa primavera – ha tenuto conto della frequenza degli infortuni così come del numero di giornate medie di assenza per infortunio e malattia. Alla fine delle valutazioni se le indicazioni troveranno attuazione la platea si allarghera a mezzo milione di lavoratori.

Mezzo milione di lavoratori in pensione in anticipo

L’obiettivo – in vista dell’addio a Quota 100 a fine 2021 – è quello di estendere l’elenco dei lavori gravosi consentendo a più lavoratori di anticipare la pensione usufruendo dell’indennità della cosiddetta Ape sociale. Negli ultimi 4 anni il 61% delle richieste è stato bocciato proprio perché chi lo aveva richiesto non rientrava non nelle mansioni gravose.

Grazie alla revisione della platea oltre 500mila persone potrebbero accedere a questo anticipo pensionistico che prevede che si maturi l’assegno Inps a 63 anni con 36 di contributi a patto di aver svolto una mansione gravosa per 6 anni negli ultimi 7 o 7 negli ultimi 10. L’Ape sociale “rafforzata” viene corrisposta fino al raggiungimento dell’età prevista per la pensione di vecchiaia, ovvero fino al conseguimento della pensione anticipata o di un trattamento conseguito anticipatamente rispetto all’età per la vecchiaia.

Il presidente della commissione sui lavori gravosi, il giuslavorista Cesare Damiano, ha spiegato che all’enco Inail sono state aggiunte anche due liste Inps che comprendono tutte quelle mansioni gravose affini a quelle coperte dall’Ape sociale ma fin qui escluse.

Le nuove mansioni ritenute gravose

Ad andare in pensione in anticipo saranno quindi chi si occupa di lavori manuali svolti nel campo della manifattura, dell’edilizia e dell’agricoltura.

Nell’allargamento delle mansioni gravose, così come stilato dalla commissione, sono stati inseriti lavori come quello dei bidelli, dei saldatori, dei tassisti, dei falegnami, dei conduttori di autobus e tranvieri, dei benzinai, dei macellai, dei panettieri, degli insegnanti di scuole elementari, dei commessi e dei cassieri, degli operatori sanitari qualificati, dei magazzinieri, dei portantini, dei forestali, dei verniciatori industriali.

Quali sono i lavori usuranti

Come linea sono ritenuti gravosi chi si occupa di lavori manuali nelle categorie della:

  • manifattura;
  • edilizia;
  • agricoltura e operai forestali;
  • conduttori d’impianti e di macchinari pesanti;
  • il personale dei servizi sanitari e sociali.

Oggi sono ritenuti meritevoli di andare in pensione con l’ape social:

  • Gli operai dell’industria estrattiva, dell’edilizia e della manutenzione degli edifici;
  • Conduttori di gru o di macchinari mobili per la perforazione nelle costruzioni;
  • Conciatori di pelli e di pellicce;
  • Conduttori di convogli ferroviari e personale viaggiante;
  • Conduttori di mezzi pesanti e camion;
  • Personale delle professioni sanitarie infermieristiche e ostetriche ospedaliere con lavoro organizzato in turni;
  • Addetti all’assistenza di persone in condizioni di non autosufficienza;
  • Insegnanti della scuola dell’infanzia ed educatori degli asili nido;
  • Facchini, addetti allo spostamento merci e assimilati;
  • Personale non qualificato addetto ai servizi di pulizia;
  • Operatori ecologici e altri raccoglitori e separatori di rifiuti.

Fin qui erano categorie previste dalla legge 232/2016 cui si sono aggiunte quattro con la legge 205/2017

  • Siderurgici di prima e seconda fusione e lavoratori del vetro addetti a lavori ad alte temperature non già ricompresi nel perimetro dei lavori usuranti;
  • Operai dell’agricoltura, della zootecnia e pesca;
  • Pescatori della pesca costiera, in acque interne, in alto mare dipendenti o soci di cooperative;
  • Marittimi imbarcati a bordo e personale viaggiante dei trasporti marini e acque interne.

A questi come abbiamo visto si aggiungeranno tutti i lavoratori ritenuti affini. Per cui si aprirano le porte della pensione anticipata per

  • insegnanti delle scuole elementari;
  • bidelli;
  • badanti e colf;
  • saldatori;
  • tassisti;
  • conduttori di autobus e tranvieri;
  • benzinai;
  • commessi;
  • cassieri;
  • panettieri;
  • magazzinieri;
  • verniciatori industriali;
  • operatori sanitari qualificati;
  • portantini;
  • forestali;
  • falegnami;
  • valigiai.

da www.today.it

COVID : DISPARITÀ NELLE REGOLE DI COMPORTO, MALATTIA, QUARANTENA, POSITIVITA’

Da ilsole24ore

ARTICOLO Di P. DUI

I rapporti tra la disciplina della malattia Covid e quella del calcolo del periodo di comporto continuano a evidenziare lacune legislative, soprattutto in termini di un auspicato intervento normativo e/o amministrativo volto a correggere le evidenti disparità di trattamento tra i lavoratori, peraltro emerse già dai primi interventi emergenziali, che risalgono a marzo di quest’anno (si veda anche Il Sole 24 Ore del Lunedì del 24 agosto scorso).

Resta la discrasia nella disciplina del calcolo del periodo di conservazione del posto (comporto) che, sorprendentemente, esclude dal computo la quarantena fiduciaria e altre situazioni di rischio ben individuate (che non determinano malattia) includendo, invece, la malattia Covid e le possibili successive ricadute per esiti legati all’infezione contratta in passato, sulla base di una verificabile imputazione clinica alla malattia originaria.

La conservazione del posto

La disciplina della conservazione del posto di lavoro, con il divieto di licenziamento per il cosiddetto periodo di comporto, deriva dalla previsione dell’articolo 2110 del Codice civile e impedisce il licenziamento entro il termine stabilito dal contratto collettivo di riferimento, diversamente articolato nelle specifiche disposizioni settoriali e/o di comparto, potendo oscillare da periodi di 180 giorni a periodi molto più lunghi. Il calcolo è effettuato, generalmente, sulla base dei giorni di assenza per l’inabilità al lavoro derivante dalla malattia, come certificati dal medico curante, con specifici criteri di computo, disciplinati analiticamente dalla prassi amministrativa (Inps).

La tutela per la quarantena

La normativa speciale vigente stabilisce che i periodi trascorsi in quarantena con sorveglianza attiva o in permanenza domiciliare fiduciaria con sorveglianza attiva disposti per gli individui che hanno avuto contatti stretti con casi confermati di malattia infettiva diffusiva, e per coloro che hanno fatto ingresso in Italia da zone a rischio epidemiologico, come identificate dall’Organizzazione mondiale della sanità:

sono equiparati alla malattia ai fini del trattamento economico previsto dalla «normativa di riferimento»; il richiamo è da intendersi alla disciplina sia delle prestazioni previdenziali, sia delle diverse prestazioni economiche, anche integrative, previste dalla contrattazione collettiva e da ogni altra norma operante sul piano del rapporto di lavoro;

sono esclusi dal computo del periodo di comporto.

La tutela per i lavoratori fragili

Questa disciplina è stata integrata anche su fronti affini. Infatti:

i lavoratori dipendenti pubblici e privati con disabilità grave secondo l’articolo 3, comma 3, della legge 104/1992, possono assentarsi dal servizio;

i lavoratori dipendenti pubblici e privati, che hanno una certificazione rilasciata dai competenti organi medico legali, attestante una condizione di rischio derivante da immunodepressione o da esiti di patologie oncologiche o dallo svolgimento di relative terapie salvavita, in base all’articolo 3, comma 1, della legge 104/1992, possono assentarsi dal servizio.

Queste assenze dal lavoro sono equiparate, dal punto di vista giuridico ed economico, al ricovero ospedaliero o alla quarantena obbligatoria e non sono computabili ai fini del comporto, almeno per buona parte del 2020.

In effetti, secondo quanto esposto, la copertura Covid-19 opera per delle misure di contenimento, riferite alle fattispecie sopra elencate, il cui fattore comune è dato, come visto, dall’equiparazione alla malattia e dall’esclusione dal comporto.

Meno tutelati i potenziali Covid

In buona sostanza, le coperture di esclusione dal calcolo del comporto non operano per il contagio Covid-19, ma per l’esposizione a rischio di contagio, sulla base di situazioni selettive in funzione preventiva del rischio di contrazione della malattia e del connesso pericolo di vita.

Si badi bene: nessuno dei casi citati riguarda lavoratori costretti ad assentarsi dal posto di lavoro per aver contratto il Covid. Al contrario, la finalità della norma è quella di garantire una tutela economica ai soggetti che, pur non essendo malati, vengono costretti a casa da un provvedimento della Pubblica Autorità o a causa dell’elevato rischio alla vita e all’integrità fisica che correrebbero in caso di infezione. Resta ferma, però, la disparità di trattamento, che non trova alcuna giustificazione.

Le assenze e il relativo trattamento

1- La quarantena
Equiparazione alla malattia (ma fuori dal comporto)Le persone per le quali l’autorità competente abbia disposto l’obbligo di quarantena sono poste in isolamento fiduciario dall’azienda sanitaria territoriale. I periodi di assenza dal lavoro per quarantena fiduciaria sono considerati come malattia e non sono computabili ai fini del comporto. Lo ha disposto il decreto Cura Italia (articolo 26 del Dl 18/2020, in vigore dal 17 marzo), lo ha ribadito il decreto Rilancio (articolo 74 del Dl 34/2020, in vigore dal 19 maggio), e, infine, il decreto agosto (articolo 26 del Dl 104/20, in vigore dal 15 agosto).

2 – Lavoratori fragili e a rischio
Smart working dal 16 ottobre

I lavoratori pubblici o privati con disabilità grave certificata o ai quali sia stata certificata una condizione di rischio derivante da immunodepressione o da esiti di patologie oncologiche e delle relative terapie salvavita:Fino al 15 ottobre 2020 sono tenuti a casa su disposizione del medico curante, che deve riportare, sul certificato, gli estremi della certificazione del possesso dei requisiti della legge 104/1992. Fino al 15 ottobre 2020 i periodi di assenza dal lavoro sono equiparati al ricovero ospedaliero, ai fini economici. Sul comporto, fa fede quanto previsto dal Ccnl applicato sull’esclusione o meno dei periodi di ricovero dal computo. Dal 16 ottobre al 31 dicembre 2020 devono svolgere la prestazione in smart working e hanno diritto alla normale retribuzione

3 – I lavoratori colpiti dal covid
Trattamento comune della malattia I lavoratori malati di Covid-19 o asintomatici risultati positivi al tampone sono messi in malattia dal medico curante. A questi lavoratori si applica il trattamento economico previsto per la malattia e il computo del periodo di assenza ai fini del calcolo del comporto, come per qualsiasi altra malattia.

QUARANTENA. QUANDO NON È MALATTIA PER INPS

In questi giorni l’INPS ha precisato che la quarantena non verrà equiparata alla malattia, un’affermazione che detta cosi non è molto esplicativa, nell’articolo cerchiamo di contestualizzare questa affermazione dell’INPS che ha deciso di chiarire questo aspetto anche in virtù della risalita del numero di contagi ed in vista di nuovi lockdown locali o regionali.

Con una circolare l’INPS ha chiarito un concetto molto importante in questo periodo dove il numero dei contagi da Coronavirus è tornato nuovamente a salire con circa 5.000 nuovi positivi ogni giorno, l’INPS precisa che in caso di nuove chiususe regionali o locali dovuto all’elevato numero di contagi da Covid 19  la quarantena non verrà equiparata alla malattia, questo significa che se le persone saranno impossibilitate a svolgere le proprie attività lavorative a causa di nuove restrizioni e chiusude non sarà considerata malattia e quindi le assenze dal lavoro non saranno retribuite dall’INPS

All’interno della circolare l’INPS ha anche precisato quali sono le condizioni affinche l’assenza da lavoro venga riconosciuta come malattia, che secondo l’istituto nazionale di previdenza può esserci solo quando la quarantena è decisa da un operatore di sanità pubblica, (come ad esempio nel caso di contatto stretto con soggetti positivi).

Solo in questo caso al lavoratore che si assenta dal lavoro può essere riconosciuta la malattia che sarà poi erogata appunto dall’INPS.

Nella nota l’Istituto precisa anche che la malattia non sarà riconosciuta ai lavoratori fragili in smart working a meno di malattia conclamata, poichè non si configurano un’incapacità temporanea al lavoro per una patologia in fase acuta tale da impedire in assoluto lo svolgimento dell’attività lavorativa, ma situazioni di rischio per il lavoratore e per la collettività che il legislatore ha inteso tutelare equiparando, ai fini del trattamento economico, tali fattispecie alla malattia.

Nienta malattia anche per le persone che dovessero fare la quarantena all’estero perché richiesta dal paese di destinazione, insomma l’INPS tiene a precisare tutti gli aspetti legati alla malattia in ambito lavorativo in vista della risalita dei contagi ed in vista di nuove chiusure locali e regionali, visto che un nuovo lockdown totale non sarà attivato, per evitare di aggravare la già precaria situazione economica Italiana ma non solo.

Infine ricordamo che i lavoratori che sono in malattia e quindi impossibilitati a recarsi sul posto di lavoro ci sono gli orari della visita fiscale da rispettare che variano a seconda si tratti di lavoratore pubblico o privato:

Da miuristruzione.it