VIDEOTERMINALI

LAVORO AGILE DA APRILE 2024 : GUIDA ALLA RICHIESTA ED AI REQUISITI

fonte : Pmi.it articolo originale di Barbara Weisz

Dal primo aprile 2024 non è più prevista alcuna forma di smart working semplificato. Anche le ultime proroghe sul diritto al lavoro agile per genitori di figli fino a 14 anni e dipendenti fragili sono scadute il 31 marzo, per cui sia nel pubblico sia nel privato si torna alle regole ordinarie.

Da aprile 2024 torna ad essere sempre necessario l’accordo individuale fra lavoratore e azienda e restano applicabili i soli criteri di priorità destinati a genitori e caregiver, che però non implicano il diritto automatico allo smart working. Vediamo tutto.

Come richiedere lo smart working da aprile 2024

Lo smart working semplificato sperimentato durante il Covid era scaduto il 31 dicembre 2023 ma erano rimaste alcune eccezioni, esclusivamente nel privato, per i genitori di figli fino a 14 anni e per i lavoratori certificati come fragili, con diritto allo smart working fino al 30 marzo 2024.

Ora, scaduta anche questa deroga, lo smart working nel privato è regolamentato per tutti dalla legge 81/2017,  richiedendo un accordo controfirmato da entrambe le parti ma senza obbligo di attivazione da parte dell’azienda qualora non sia previsto il lavoro agile, diversamente scattano le specifiche disposizioni di legge e aziendali, nonché la priorità per genitori con figli fino a 12 anni (senza limiti di età se con gravi disabilità) oppure per i lavoratori disabili o caregiver.
Nel settore pubblico si seguono invece le indicazioni dei singoli PIAO delle amministrazioni, nel rispetto delle linee guida ministeriali (Direttiva Lavoro Agile nella PA) sulla promozione (ma sempre senza obbligo) del lavoro agile per i pazienti fragili.
Chi ha la priorità per lo smart work
I datori di lavoro che ricevono più richieste di attivazione dello smart working da parte dei dipendenti, se lo utilizzano per policy aziendale, allora devono riconoscere una priorità a colori i quali sono anche genitori con figli fino a 12 anni o di figli disabili, oltre che ai dipendenti essi stessi disabili oppure che prestano assistenza familiare come caregiver.
NB: questa regola è strutturale, ossia permanente. Diversamente da quella scaduta il 31 marzo che riguardava i figli fino a 14 anni nel privato, che però non era una priorità ma un diritto vero e proprio, ora abolito.
Accordo di Lavoro agile: come deve essere formulato
Il riferimento, oltre alla sopra citata legge 81/2017 (che definisce il lavoro agile e stabilisce diritti e doveri delle parti), è anche il “Protocollo Nazionale sul lavoro in modalità agile“, firmato da Governo e parti sociali, nel quale sono indicati requisiti e contenuti degli accordi individuali.
L’adesione al lavoro agile, si legge, «avviene su base volontaria ed è subordinata alla sottoscrizione di un accordo individuale, fermo restando il diritto di recesso ivi previsto».
L‘accordo individuale deve essere scritto e firmato da impresa e dipendente e deve contenere i seguenti elementi:
durata dell’accordo, a termine o a tempo indeterminato;
alternanza tra i periodi di lavoro all’interno e all’esterno dei locali aziendali;
luoghi eventualmente esclusi per lo svolgimento della prestazione lavorativa esterna ai locali aziendali;
aspetti relativi all’esecuzione della prestazione lavorativa svolta al di fuori dei locali aziendali, anche con riguardo alle forme di esercizio del potere direttivo del datore di lavoro e alle condotte che possono dar luogo all’applicazione di sanzioni disciplinari nel rispetto della disciplina prevista nei contratti collettivi;
strumenti di lavoro;
tempi di riposo del lavoratore e le misure tecniche e/o organizzative necessarie ad assicurare la disconnessione;
forme e modalità di controllo della prestazione lavorativa all’esterno dei locali aziendali, nel rispetto di quanto previsto da Statuto dei lavoratori e normativa in materia di protezione dei dati personali;
attività formativa eventualmente necessaria per lo svolgimento della prestazione di lavoro in modalità agile;
forme e le modalità di esercizio dei diritti sindacali.

Invio della Comunicazione di smart working al Ministero
Il datore di lavoro deve comunicare l‘attivazione del lavoro agile, entro cinque giorni dall’inizio della prestazione in smart working, utilizzando il portale Servizi Lavoro.
Per le pubbliche amministrazioni e le agenzie di somministrazione la comunicazione va inviata entro il giorno 20 del mese successivo all’inizio della prestazione in modalità agile.
Non è necessario allegare l’accordo individuale (che però deve essere conservato dal datore di lavoro per cinque anni).
Questo adempimento è stato semplificato dall‘articolo 41 bis del dl 73/2022, con regole applicative contenute nel decreto ministeriale 149/2022. Disponibile anche l’applicativo REST per la trasmissione massiva di queste comunicazioni.

CONFRONTO ACCURATEZZA TRA OPTOMETRIA E ANALIZZATORE VISIVO DI SCREENING.

  • Da: Journal of Occupational Health 58(5)

DOI:10.1539/joh.15-0247-OA

Abstract : confrontare l’accuratezza diagnostica di due screening della vista mediante un esame visivo eseguito da un optometrista (gold standard) e valutare la concordanza tra entrambi gli screening e tra ciascun screening e il gold standard. Metodi: questo è stato uno studio trasversale che ha incluso lavoratori informatici che hanno partecipato a un esame sanitario annuale di routine. Lo studio ha incluso impiegati amministrativi (n = 91) di età pari a 50,2 ± 7,9 anni (media ± deviazione standard), il 69,2% dei quali erano donne e il 68,1% dei quali utilizzava terminali video (VDT) per >4 ore al giorno. L’esame visivo di routine comprendeva l’acuità visiva a distanza monoculare e binoculare (VA), la foria laterale e vicina (LP), l’acuità stereo (SA) e la visione dei colori. I test sono stati ripetuti con gli screener Optec 6500 (della Stereo Optical) e Visiotest (della Essilor). Sono stati calcolati sensibilità, specificità, valori predittivi positivi (PPV), valori predittivi negativi (NPV) e tassi di falsi positivi e negativi. Il coefficiente Kappa (κ) è stato utilizzato per misurare la concordanza tra gli screening e il gold standard. Risultati: la sensibilità e la specificità per la VA monoculare erano superiori all’80% per entrambi gli screening della vista; Il PPV era inferiore al 25%. La sensibilità e la specificità erano inferiori per SA (55%-70%), il PPV era del 50% e il NPV era del 75% per entrambi gli screening. Per la distanza LP, la sensibilità e il PPV erano <10% in entrambi i casi. Gli screener differivano nei valori per vicino LP: Optec 6500 aveva una sensibilità più elevata (43,5%), PPV (37,0%) e NPV (79,7%); mentre il Visiotest aveva una specificità più elevata (83,8%). Per la visione dei colori, Visiotest ha mostrato bassa sensibilità, basso PPV ed elevata specificità. Visiotest ha ottenuto tassi di falsi positivi inferiori o simili a quelli di Optec 6500 ed entrambi gli screener hanno ottenuto tassi di falsi negativi inferiori al 50%. Entrambi gli screening hanno mostrato scarsa concordanza (κ <0,40). Conclusioni: un valore elevato per il VAN qualificherebbe entrambi gli screening come alternative accettabili per la sorveglianza della salute visiva quando utilizzati come strumento di screening; i pazienti con risultati positivi al test devono essere indirizzati a uno specialista.

FOCUS SU MIOPIA E DISTACCO RETINICO

da insalautenews.it

Dal 2009 l’incidenza di distacco di retina, per il quale la miopia elevata è un grosso fattore di rischio, è cresciuta del 44% anziché del 3% come sarebbe stato atteso in base all’incremento della popolazione. In chi ha perso oltre 6/8 diottrie, il pericolo è 39 volte più elevato rispetto alla norma; in chi ha un grado di miopia inferiore, il rischio triplica. Neanche giovani e giovanissimi sono al sicuro: fino al 6% dei distacchi di retina riguarda la popolazione pediatrica e, sebbene nella maggior parte dei casi siano causati da traumi, nel 15% la responsabilità è di un’elevata miopia, che è un fattore di pericolo anche e soprattutto negli under 50

Roma, 1 dicembre 2023 – C’è una “relazione pericolosa” fra la miopia, un problema in aumento esponenziale soprattutto fra i giovani, e il distacco di retina, un evento grave che è una delle cause più frequenti di perdita della vista. La miopia, specialmente se elevata e quindi superiore a 6/8 diottrie, indebolisce l’occhio e fa salire il rischio di distacco retinico, che nel nostro Paese si stima riguardi 50mila casi l’anno.

L’epidemiopia, ovvero l’epidemia di miopia che sta dilagando nel mondo con 2,6 miliardi di persone colpite, più del doppio dell’obesità, rischia di portare anche a un’epidemia di distacchi di retina. Dal 2009 al 2016, stando a recenti dati raccolti in Olanda e pubblicati su Jama Ophthalmology, il numero di casi è cresciuto del 44% e ciò non si può spiegare solo con l’incremento della popolazione, pari al 3%, ma proprio con la crescita continua dei casi di miopia.

Il 30% della popolazione globale è costretto già oggi a portare gli occhiali per vedere da lontano, ma le previsioni degli OMS stimano che entro il 2050 si arriverà al 50%. Tutto questo preoccupa gli esperti che, in occasione dell’11esimo congresso internazionale Floretina ICOOR, a Roma con il patrocinio di Fondazione Policlinico universitario Agostino Gemelli IRCCS, hanno lanciato l’allarme: occorre prevenire la miopia e soprattutto far sì che le persone con questo difetto della vista si sottopongano a controlli regolari e siano informate dei sintomi del distacco di retina a cui prestare attenzione, così da rivolgersi subito allo specialista.

L’incremento dell’incidenza dei distacchi di retina del 44% osservato fra il 2009 e il 2016 dal Dutch Rhegmatogenous Retinal Detachment Study, non spiegabile attraverso l’aumento della popolazione o anche del numero di interventi chirurgici oftalmologici come la cataratta, porta a temere che l’epidemia di miopia possa provocare anche un’epidemia di distacchi di retina nel prossimo futuro – osserva Stanislao Rizzo, presidente di Floretina ICOOR, direttore del dipartimento di oculistica del Policlinico A. Gemelli IRCCS e Ordinario di oculistica presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore – Uno studio statunitense pubblicato di recente su Scientific Reports ha confermato i timori: analizzando i dati di oltre 85 milioni di persone si è verificato che in chi ha una miopia elevata il rischio di distacco retinico cresce di ben 39 volte, nei miopi più lievi è comunque triplo rispetto alla norma. L’occhio miope è infatti più fragile perché molto allungato, le trazioni interne che si creano possono contribuire ad aumentare il pericolo di distacco retinico”.

Il distacco di retina si ha quando uno strato di questo tessuto si solleva da quello sottostante, che fornisce nutrimento e ossigeno alle cellule retiniche: queste in breve tempo iniziano a morire, comportando una grave perdita di capacità visiva. La retina non ha recettori per il dolore, ma subito prima del distacco retinico si hanno sintomi evidenti fra cui, come spiega Francesco Faraldi, Direttore della Divisione di Oculistica dell’Azienda Ospedaliera Ordine Mauriziano – Umberto I di Torino , “le miodesopsie, ovvero corpi fluttuanti come macchie, punti neri, ‘mosche’ che offuscano la visione. Si possono poi avere lampi di luce improvvisi nella zona periferica del campo visivo o la visione di un’ombra scura. In questi casi è fondamentale rivolgersi prima possibile a un’oculista; è inoltre opportuno che chi è miope, per valutare lo stato di salute della propria retina, si sottoponga annualmente a una visita di controllo. Questo vale fin da giovanissimi: il distacco di retina non è appannaggio esclusivo degli adulti e fino al 6% dei casi riguarda la popolazione pediatrica con meno di 12 anni. Nella maggior parte dei casi si tratta di eventi successivi a traumi, ma nel 15% la colpa è di una miopia elevata, come indicano recenti dati dell’American Academy of Ophthalmology. Anzi, come ha dimostrato un recente studio su Clinical Ophthalmology, è proprio la presenza di una miopia elevata ad associarsi a distacchi retinici in età più giovane: la maggioranza dei casi avviene fra i 45 e i 60 anni, ma prima accade l’evento, più è probabile la concomitanza di una miopia elevata, presente nel 40% dei distacchi di retina under 50 e soltanto nel 13% degli over 50. Con l’andare degli anni, quindi, il ‘peso’ della miopia sulla fragilità della retina si riduce ed è perciò importante fare controlli regolari e prestare attenzione ai segnali d’allarme”, conclude Faraldi.

Le nuove terapie per la miopia

“La miopia è la difficoltà di vedere da lontano. I miopi hanno il bulbo oculare “a palla da rugby”, più lungo della norma: ciò fa sì che gli oggetti distanti non vengano messi a fuoco esattamente sulla retina – spiega Rizzo – L’allungamento del bulbo oculare è dovuto in parte a cause genetiche e in parte, prevalente, all’eccessiva visione da vicino, che costringe l’occhio a spostare la messa a fuoco”.

Questa condizione, spesso sottovalutata, può portare ad alterazioni gravi come il distacco di retina, ma anche all’aumento del rischio di glaucoma e maculopatie. Per 500 milioni di persone colpite da miopia elevata, questa sarà causa secondo l’Oms di cecità irreversibile. Eppure, mai come oggi, nei casi che non dipendono da ereditarietà, è possibile prevenirla o rallentarne l’evoluzione per evitare pericolose conseguenze.

In aumento esponenziale tra bambini e giovani, la miopia, a differenza che in passato, insorge ormai intorno ai 10 anni anziché a 13-15 e si stabilizza a 30 anni e non più a 18 – aggiunge Rizzo – Per prevenirla è dunque necessario ridurre l’uso eccessivo di tablet e smartphone, più dannosi della tv, e trascorrere un paio di ore al giorno all’aria aperta”.

Se in passato le uniche armi per la miopia erano le lenti correttive e l’intervento di chirurgia refrattiva di rimodellamento della cornea, adesso ci sono rimedi che permettono di rallentarne la progressione. “Tra i più efficaci, un collirio a base di atropina estremamente diluita, che agisce su alcuni recettori dei tessuti dell’occhio. Sebbene il meccanismo esatto dell’atropina nel controllo della miopia non sia noto, si ritiene che l’atropina agisca direttamente o indirettamente sulla retina o sulla parete oculare, contrastando quindi la crescita dell’occhio”.

“Da qualche anno, poi – aggiunge l’esperto – sono arrivate delle lenti a defocalizzazione periferica, cioè una messa a fuoco perfetta al centro, come le lenti tradizionali, e l’inserimento nella parte esterna di una serie di microlenti di circa 1 millimetro che hanno un fuoco spostato in avanti. In questo modo creano meno stimolo e meno allungamento del bulbo oculare, con un’efficacia del 50% nel rallentamento della velocità di progressione della miopia”, conclude Rizzo.

RISCHI ED OPPORTUNITÀ DEL LAVORO DIGITALE SU PIATTAFORMA.

Da Inail.it

Nell’ambito della campagna “Ambienti di lavoro sani e sicuri”, l’Agenzia europea per la sicurezza e la salute sul lavoro (Eu-Osha) pubblica sul portale istituzionale uno studio che approfondisce le caratteristiche di un modello lavorativo in diffusione crescente

Immagine lavoro con piattaforma digitale

BILBAO – Le innovazioni tecnologiche in corso stanno rendendo la modalità di lavoro su piattaforme digitali un fenomeno in costante crescita. Secondo le stime dello studio “OSH Pulse” dell’Agenzia europea Eu-Osha, circa il 6% dei lavoratori dei 27 Paesi dell’Unione Europea, dell’Islanda e della Norvegia ottengono parte del loro reddito dalle piattaforme digitali. Si tratta di lavoratori coinvolti in una gamma diversificata di settori, dalle tecnologie dell’informazione e della comunicazione alla ristorazione, dai trasporti ai servizi di supporto amministrativo.

Le tipologie del lavoro digitale. Il lavoro su piattaforma digitale può essere svolto on line, se i compiti sono svolti virtualmente dai lavoratori con l’ausilio di dispositivi elettronici in qualsiasi luogo, spesso presso la propria abitazione. Inoltre, il lavoro su queste piattaforme può anche essere realizzato in loco, come avviene per rider, conducenti, lavoratori manuali o domestici, infermieri e prestatori di assistenza, che svolgono le proprie mansioni nel mondo fisico e non virtuale.

Piattaforme digitali, le possibili opportunità per i lavoratori. Secondo lo studio dell’Agenzia europea, le piattaforme digitali mostrano il vantaggio di ridurre gli ostacoli all’ingresso e al reinserimento nel mercato del lavoro, consentendo una partecipazione maggiore soprattutto di soggetti vulnerabili ed emarginati. Inoltre, questa tipologia di lavoro consente anche di una fonte di reddito aggiuntiva o alternativa dato che è combinabile ad altre forme di lavoro o alle mansioni di assistenza familiare, consentendo anche lo sviluppo di competenze ed esperienze. I migranti e i giovani risultano essere i gruppi maggiormente coinvolti dal lavoro su piattaforma digitale, soprattutto come riders.

I rischi connessi al lavoro su piattaforme digitali. Allo stesso tempo, questo tipo di lavoro non è esente da rischi. I lavoratori, oltre all’esposizione a rischi ergonomici dovuti a prolungate posture statiche, devono affrontare alcune specifiche problematiche che aggravano la loro situazione, come la posizione professionale e le condizioni contrattuali ambigue. Ma anche gli algoritmi, utilizzati per l’assegnazione dei compiti e per il monitoraggio e la valutazione delle prestazioni, incidono sui livelli di ansia e di stress con ripercussioni negative sulla sicurezza e il benessere dei lavoratori coinvolti. Inoltre, le mansioni lavorative spesso sono condotte con attrezzature inadeguate e con una demarcazione molto fumosa tra la sfera professionale e quella privata. Isolamento sociale, disturbi del sonno, esaurimento, stress, depressione, burnout, disturbi muscolo-scheletrici, incidenti e insoddisfazione generale per il proprio lavoro e la propria vita personale sono i problemi segnalati con maggiore frequenza dagli stessi lavoratori.

Iniziative per un lavoro dignitoso e sicuro. I decisori politici, le parti sociali e le associazioni di categoria hanno avviato diverse iniziative volte alla prevenzione dei rischi a cui sono esposti i lavoratori su piattaforme digitali. Lo studio di Eu-Osha riporta diverse esperienze realizzate a livello europeo. Tra queste, per esempio, troviamo la Carta di Bologna dei diritti fondamentali del lavoro digitale che ha introdotto condizioni di tutela della salute e sicurezza dei lavoratori su piattaforme nel contesto urbano. Inoltre, è citato il caso danese di una piattaforma digitale per i servizi di pulizia, in cui la negoziazione sindacale ha portato alla firma di un contratto collettivo che riconosce oltre alle indennità di malattia anche un’integrazione economica previdenziale, come compensazione aggiuntiva equivalente all’indennità di rischio.

IL FUTURO INCERTO DEL LAVORO INTELLETTUALE DOPO LA RIVOLUZIONE IA

Le ere storiche sono costantemente caratterizzate da rivoluzioni tecnologiche che hanno completamente trasformato la quotidianità dell’umanità, un fenomeno sempre più frequente nei recenti due secoli. Dalla macchina a vapore all’energia elettrica, dal motore a combustione interna alla nascita di Internet, ogni innovazione ha apportato un cambiamento rilevante, inizialmente suscitando preoccupazioni poi rivelatesi positive. Ora è il momento dell’intelligenza artificiale generativa, incarnata da tecnologie come ChatGPT, Midjourney e Runway. Questi sistemi mirano a emulare la creatività umana, generando testi, immagini, musica e video, inaugurando così una nuova era con una transizione certamente complessa, ma potenzialmente capace di riequilibrare la vita e il lavoro umano.

Durante questa fase transitoria, la sfera professionale dei lavoratori intellettuali, noti come “colletti bianchi”, subirà impatti significativi. Tradizionalmente, dall’era della macchina a vapore ai giorni nostri con i robot, l’automazione ha rivoluzionato il lavoro manuale, spostando l’attenzione verso impieghi intellettuali ritenuti unici all’umanità. Tuttavia, con l’emergere di sistemi come ChatGPT, capaci di elaborare informazioni e generare contenuti con una precisione quasi umana, anche i lavori intellettuali diventano suscettibili all’automazione, sollevando preoccupazioni sul futuro di professioni a minor valore aggiunto, come operatori nei call center, traduttori e grafici pubblicitari.

Per i mestieri più complessi, come manager, consulenti, avvocati e giornalisti, è difficile immaginare una sostituzione totale, ma l’introduzione di sistemi di intelligenza artificiale generativa aumenterà notevolmente la produttività individuale, portando a riduzioni di personale e a una concorrenza più intensa. I giovani saranno sfidati, con difficoltà nel trovare posizioni di assistenza quando vi sono alternative virtuali, ma con l’opportunità di saltare la tradizionale gavetta utilizzando efficacemente sistemi di intelligenza artificiale, sfidando la comprensione dei professionisti più anziani.

Indubbiamente, questo periodo transitorio sarà impegnativo, ma coloro che comprenderanno e adotteranno l’intelligenza artificiale in anticipo avranno un vantaggio significativo.

Analizzando le rivoluzioni tecnologiche passate, è prevedibile che dopo questa fase complessa si raggiungerà una nuova era di espansione e benessere. Questo modello è emerso dopo le grandi rivoluzioni industriali, e si ripeterà dopo la diffusione generalizzata dell’intelligenza artificiale generativa. Come avvenuto con l’elettricità e Internet, ci sarà una crescita economica generale, con la creazione di nuove società e servizi al di là delle attuali immaginazioni. La sfida per giovani e lavoratori più anziani non sarà solo migliorare ciò che già esiste, ma inventare ciò che non esiste ancora, grazie all’intelligenza artificiale. Così come con l’elettricità si sono inventati radio, televisione e aspirapolvere, e con Internet si sono introdotti e-commerce, social network e sharing economy, l’intelligenza artificiale generativa potrebbe aprire la strada a innovazioni altrettanto rivoluzionarie.

È difficile prevedere cosa emergerà con l’intelligenza artificiale generativa e se questa espansione economica sarà accompagnata da un aumento dell’occupazione. Tuttavia, è probabile che la società si orienterà verso un modello in cui il lavoro umano sarà ridotto a poche ore al giorno o settimanali, potenzialmente conducendo a un nuovo equilibrio di vita migliore rispetto al presente.

Articolo tratto da info e considerazioni da :

Federico Morgantini, autore del saggio ChatGPT – L’inizio di una nuova era (Kenness, 2023)

DIRITTO ALLA DISCONNESSIONE : EFFETTI SULLE AZIENDE.

L’aumento del telelavoro e di modelli di lavoro più flessibili, accelerati dalla pandemia, ha intensificato le preoccupazioni per una cultura “sempre attiva” e per la connessione costante dei dipendenti al loro posto di lavoro, portandoli a lavorare per ore aggiuntive e spesso non retribuite.

Una delle soluzioni proposte per contribuire ad affrontare questo problema è l’introduzione del diritto alla disconnessione. Basato su un sondaggio condotto tra responsabili e dipendenti delle risorse umane, questo rapporto esplora la legislazione degli Stati membri dell’UE sul diritto alla disconnessione e valuta l’impatto delle politiche aziendali in questo settore sulle ore di connessione dei dipendenti, sull’orario di lavoro, sull’equilibrio tra lavoro e vita privata, sulla salute e sulla sicurezza.

Leggi su Eurofound (in inglese)

VALUTARE LA QUALITÀ DELL’ ARIA NEI LUOGHI DI LAVORO

La qualità dell’aria in un luogo di lavoro rappresenta spesso uno degli elementi cardine in grado di assicurare o al contrario compromettere il benessere di chi vi opera.

Inoltre, se non adeguatamente controllata, essa può determinare condizioni che possono interferire con la normale attività con conseguenti impatti sulla produttività. Quest’ultimo aspetto si manifesta sia sotto forma di un maggior numero di errori compiuti nello svolgimento di una determinata attività, sia sotto forma di una minor velocità, e di conseguenza un maggior tempo richiesto, nell’esecuzione del compito. La valutazione della qualità dell’aria negli ambienti di lavoro è resa complessa dalla simultanea presenza nell’aria di tali ambienti di molte sostanze di origine diversa, sia prodotte dal normale processo di respirazione antropica, sia emesse dai materiali ivi presenti, sia introdotte dall’esterno.


Prodotto: Opuscolo
Edizioni: Inail – 2023
Disponibilità: Consultabile solo in rete
Info: dcpianificazione-comunicazione@inail.it

NUOVE TERAPIE PER LA CURA DELLE RETINOPATIE MACULARI .

da

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 Dai nuovi farmaci contro la maculopatia secca e umida, alla terapia genica fino all’intelligenza artificiale, arrivano nuove terapie salva-retina.   Una delle emergenze con le quali gli esperti dovranno confrontarsi sempre più spesso nei prossimi anni è la degenerazione maculare legata all’età, che attualmente interessa oltre un milione di italiani che hanno un “buco” al centro del campo visivo. Un panorama destinato a cambiare nel prossimo futuro grazie all’arrivo di nuovi farmaci e di innovative strategie di intervento su cui i massimi esperti internazionali faranno il punto nel corso del congresso Floretina ICOOR 2023.    “La maculopatia è una patologia che compromette in maniera significativa la qualità di vita dei pazienti ed è molto diffusa: riguarda il 2% degli italiani e aumenta al crescere dell’età – osserva Stanislao Rizzo, presidente Floretina ICOOR, direttore della Clinica Oculistica del Policlinico Universitario A. Gemelli IRCSS, professore Ordinario di Oculistica presso Università Cattolica di Roma -. E’ ormai una malattia sociale e rappresenta la causa più frequente di ipovisione e disabilità visiva dopo i 50 anni nel mondo occidentale. Ne esistono due forme, quella “secca”, la più comune (circa il 90% di tutte le forme), e quella umida o essudativa. La maculopatia umida fino a qualche anno fa non era considerata curabile, ma i progressi terapeutici degli ultimi anni hanno consentito di rallentarne notevolmente la progressione e di ridurne la evoluzione”.    “Purtroppo – mette in guardia l’esperto – molti pazienti arrivano alla diagnosi in ritardo perché non si sottopongono a visite oculistiche di controllo dopo i 50 anni e perché trascurano i sintomi iniziali, costituiti principalmente dalla visione un po’ distorta delle immagini”.

  IN ARRIVO NEL 2024 NUOVO FARMACO CONTRO MACULOPATIA ‘SECCA’ La maculopatia secca è dovuta alla formazione di depositi giallastri sotto la macula con atrofia del tessuto retinico e la riduzione della visione centrale è in genere più graduale e lentamente progressiva. E’ attesa per il 2024 l’approvazione da parte dell’EMA a seguito dell’ok dell’FDA di qualche mese fa, di 2 nuovi farmaci, il Pegcetacoplan e l’ Izervay.

Rizzo: “La maculopatia è una patologia che compromette in maniera significativa la qualità di vita dei pazienti ed è molto diffusa: riguarda il 2% degli italiani e aumenta al crescere dell’età”

 Dai nuovi farmaci contro la maculopatia secca e umida, alla terapia genica fino all’intelligenza artificiale, arrivano nuove terapie salva-retina.   Una delle emergenze con le quali gli esperti dovranno confrontarsi sempre più spesso nei prossimi anni è la degenerazione maculare legata all’età, che attualmente interessa oltre un milione di italiani che hanno un “buco” al centro del campo visivo. Un panorama destinato a cambiare nel prossimo futuro grazie all’arrivo di nuovi farmaci e di innovative strategie di intervento su cui i massimi esperti internazionali faranno il punto nel corso del congresso Floretina ICOOR 2023.    “La maculopatia è una patologia che compromette in maniera significativa la qualità di vita dei pazienti ed è molto diffusa: riguarda il 2% degli italiani e aumenta al crescere dell’età – osserva Stanislao Rizzo, presidente Floretina ICOOR, direttore della Clinica Oculistica del Policlinico Universitario A. Gemelli IRCSS, professore Ordinario di Oculistica presso Università Cattolica di Roma -. E’ ormai una malattia sociale e rappresenta la causa più frequente di ipovisione e disabilità visiva dopo i 50 anni nel mondo occidentale. Ne esistono due forme, quella “secca”, la più comune (circa il 90% di tutte le forme), e quella umida o essudativa. La maculopatia umida fino a qualche anno fa non era considerata curabile, ma i progressi terapeutici degli ultimi anni hanno consentito di rallentarne notevolmente la progressione e di ridurne la evoluzione”.    “Purtroppo – mette in guardia l’esperto – molti pazienti arrivano alla diagnosi in ritardo perché non si sottopongono a visite oculistiche di controllo dopo i 50 anni e perché trascurano i sintomi iniziali, costituiti principalmente dalla visione un po’ distorta delle immagini”.

  IN ARRIVO NEL 2024 NUOVO FARMACO CONTRO MACULOPATIA ‘SECCA’ La maculopatia secca è dovuta alla formazione di depositi giallastri sotto la macula con atrofia del tessuto retinico e la riduzione della visione centrale è in genere più graduale e lentamente progressiva. E’ attesa per il 2024 l’approvazione da parte dell’EMA a seguito dell’ok dell’FDA di qualche mese fa, di 2 nuovi farmaci, il Pegcetacoplan e l’ Izervay. 

IN ARRIVO NEL 2024 ANTICORPI MONOCLONALI CONTRO LA MACULOPATIA UMIDA La maculopatia “umida” è causata da una crescita anomala di neovasi sotto la macula, la parte centrale della retina responsabile della visione fine, e la compromissione della vista in questa forma può avvenire in modo repentino. “Sono finalmente in arrivo terapie innovative, sempre più potenti e a lunga durata di azione, che ci consentiranno di allungare gli intervalli di trattamento – dichiara Teresio Avitabile, presidente della Società Italiana di Scienze Oftalmologiche (S.I.S.O.) “E’ il caso del nuovo anticorpo faricimab, disponibile da pochi mesi e a breve rimborsabile dal Servizio Sanitario Nazionale. Questo è il primo anticorpo bispecifico, cioè a “doppio bersaglio”, perché oltre ad agire come anti VEGF colpisce anche un secondo importante bersaglio, cioè l’angipoietina-2, un’altra sostanza che concorre ad aumentare la formazione di nuovi vasi. Arriverà anche in Italia, sempre nel 2024, contro la maculopatia senile umida e l’edema maculare diabetico, anche un anticorpo monoclonale anti VEGF già utilizzato, ranibizumab, inserito in un piccolo serbatoio ricaricabile, impiantato nella parete dell’occhio e che eroga quotidianamente piccole quantità di farmaco.  

TERAPIA GENICA : IN CORSO TRIAL PER LE MACULOPATIE E LA RETINOPATIA DIABETICA

La terapia genica è la terapia più avanzata, costituisce una grande risorsa per il trattamento di alcune patologie retiniche rare, e si va affermando sempre di più. “E’ ormai consolidata e approvata – afferma Rizzo – la terapia genica per una forma di distrofia retinica ereditaria, l’Amaurosi congenita di Leber (LCA), mentre sono attualmente in corso trial clinici per altre varianti di retinite pigmentosa, la sindrome di Usher, e la malattia di Stargardt. Si tratta di patologie per le quali i ricercatori sono riusciti a individuare un gene “difettoso” specifico che impedisce a determinate cellule retiniche di funzionare correttamente, causando problemi alla vista che possono peggiorare nel tempo. Con la terapia genica, questi geni “difettosi” vengono sostituiti con copie sane, che vanno così a correggere l’errore che ha scatenato la malattia.  

DA INTELLIGENZA ARTIFICIALE UN AIUTO PER LA DIAGNOSI DI RETINOPATIA DIABETICA

Nuove possibili applicazioni per la diagnosi di patologie retiniche potrebbero arrivare dall’impiego dell’Intelligenza artificiale. In un trial clinico italiano, condotto in Piemonte e in Veneto, è stata dimostrata l’efficacia di uno specifico algoritmo, Dairet (Diabetes Artificial Intelligence for RETinopathy) per lo screening di primo livello della retinopatia diabetica, complicanza che interessa il 30% dei pazienti diabetici. Lo studio, pubblicato sulla rivista Diabetes & Obesity International Journal, ha dimostrato un’elevata efficacia dell’algoritmo nel rilevare i casi lievi e moderati di retinopatia

UNO STUDIO SUL LAVORO AI VIDEOTERMINALI DA CASA.

da dguv.de

La crescente digitalizzazione del mondo del lavoro sta portando anche ad una crescente diffusione del lavoro su schermo mobile. Anche in questo caso la pandemia di Covid-19 ha agito da catalizzatore e ha fatto sì che soprattutto l’home office diventasse più importante come forma di lavoro mobile. Ma anche i luoghi di lavoro flessibili (ad esempio in treno, in aeroporto, ecc.) sono favoriti dagli sviluppi tecnici. Tuttavia, non è possibile creare una postazione di lavoro informatica progettata in modo ergonomico in modo ottimale in tutti gli scenari di lavoro mobile. Non si può quindi escludere un possibile sovraccarico dell’apparato muscolo-scheletrico o degli occhi.

Ad oggi, esistono solo poche conoscenze attendibili sugli effetti del lavoro sugli schermi mobili sulla salute fisica. E le conoscenze attuali sul lavoro stazionario sullo schermo non possono essere facilmente trasferite al lavoro mobile. Di conseguenza, le raccomandazioni per i dipendenti a questo punto spesso rimangono piuttosto vaghe.

Per colmare questa lacuna di conoscenze, l’IFA ha effettuato in una prima fase una ricerca sistematica della letteratura: qual è lo stato attuale della ricerca a livello internazionale sui parametri rilevanti del lavoro sugli schermi mobili (tipi di dispositivi, durata di utilizzo, interfacce utente, fattori ambientali) e la loro influenza sulla salute fisica?

Raccolta e selezione di studi internazionali rilevanti

Per il periodo dal 2011 al 2021, il gruppo di ricerca ha cercato nelle banche dati scientifiche (Pubmed, Livio, ScienceDirect), in Google Scholar e in diverse riviste tedesche pubblicazioni in tedesco e inglese sul tema del lavoro sugli schermi mobili. I termini di ricerca scelti includevano aspetti tecnici come diversi dispositivi di lavoro (laptop, tablet, smartphone, ecc.) e fattori ergonomici (ad es. postura, abbagliamento del display). Inoltre, come parole chiave sono state utilizzate le comuni menomazioni fisiche del sistema muscoloscheletrico e degli occhi (ad es. disturbi muscoloscheletrici/disturbi muscoloscheletrici, secchezza oculare). I risultati trovati sono stati poi filtrati attraverso un processo di screening in più fasi da almeno due persone. I titoli e gli abstract delle pubblicazioni sono stati consultati per valutare se il lavoro fosse tematicamente appropriato e se fossero presenti criteri di esclusione come soggetti di prova con quadri clinici consolidati. Alla fine, sono state incluse nell’analisi 21 pubblicazioni, tra cui studi di laboratorio, studi di indagine e revisioni della letteratura.

Possibili vari rischi fisici

Dall’analisi della letteratura emerge che una postura sfavorevole, determinate attrezzature di lavoro e fattori ambientali avversi possono portare a diversi disturbi fisici anche durante orari di lavoro relativamente brevi. I maggiori reclami sono stati riscontrati di solito rispetto al lavoro su una postazione di lavoro fissa (ad es. postazione di lavoro PC desktop progettata ergonomicamente).

Le raccomandazioni possono migliorare la situazione lavorativa

Dai risultati si possono ricavare almeno semplici raccomandazioni: intervalli di lavoro più lunghi e ininterrotti esclusivamente con dispositivi mobili dovrebbero essere considerati e pianificati con particolare attenzione. Cambiare l’attrezzatura di lavoro e le attività può proteggere dal disagio, così come le pause attive e i frequenti cambiamenti di postura. Si possono evitare posizioni di lavoro sfavorevoli, ad esempio: B. migliorare aumentando il piano di lavoro o sostenendo le braccia. È anche fondamentale scegliere il dispositivo giusto per ogni attività. Il lavoro a lungo termine è generalmente sconsigliato, ad es. B. solo con touchscreen o sotto influenze sfavorevoli sulla percezione visiva (riflessi, abbagliamenti, dimensioni dei caratteri inadeguate, ecc.). Dai risultati dello studio esaminati non è ancora possibile ricavare valori quantitativi esatti, ad esempio quale attività può essere svolta e per quanto tempo con quale dispositivo mobile prima che si manifestino i sintomi. L’IFA sta quindi pianificando ulteriori indagini al fine di ricavare informazioni concrete per la valutazione del rischio durante il lavoro mobile.

Conclusione: il lavoro su schermo mobile richiede una pianificazione intelligente, una maggiore consapevolezza dei possibili problemi e la volontà di creare una situazione lavorativa che contrasti questi problemi. Una combinazione di diverse misure è ideale per contrastare i possibili sintomi che possono manifestarsi dopo un breve periodo di tempo.

Il progetto è stato realizzato in collaborazione con i dipartimenti Ufficio e Nuove forme di lavoro del Dipartimento amministrativo della DGUV.