Si è tenuto a Terlizzi (Ba) un convegno organizzato dall’ Asl di Bari sui rischi di caduta dall’alto nel settore della serricoltura.
Qui fi seguito alcuni dei più interessanti report presi da Snop.it
Nicoletta Malcangi (S.P.E.S.A.L. – Area Nord ASL BARI), Anna Tardio (S.P.eS.A.L. ASL LECCE Nord) – Analisi di eventi infortunistici ed esperienze di adeguamento nei poli produttivi di Terlizzi, Taviano e Leverano Malcangi.pdf
Anna Tardio intervento della dott.ssa Tardio al convegno serre Tardio.pdf
Oronzo Antonio Milillo (Presidente Federazione degli Ordini dei Dottori Agronomi e Forestali della Puglia) – La progettazione delle serre: criteri tecnico-autorizzativi e loro limiti Milillo.pdf
Evelia Schettini (Dipartimento di Scienze del Suolo, della Pianta e degli Alimenti Università di Bari) – Ricerca scientifica e sviluppo tecnologico per l’innovazione del settore Schettini.pdf
Luca Rossi (INAIL) – Innovazione tecnologica per la sicurezza delle serre: i dispositivi di protezione collettivi Rossi.pdf
Mariano Conticello (S.Pre.S.A.L. ASP Ragusa) – Progetto “SERRE SICURE” ASP Ragusa: casi studio per la messa in sicurezza di una serra in plastica Conticello.pdf
Simona Savi (Coordinatrice del Gruppo Nazionale Agricoltura del GTI SSL): Gli indirizzi dal tavolo nazionale agricoltura Savi.pdf
In Europa il cancro professionale rappresenta uno dei principali problemi di salute sul lavoro. Un modo per affrontare il problema è la comunicazione di dati aggiornati e affidabili sull’esposizione dei lavoratori ai rischi che possono portare alla malattia. Per questo motivo l’EU-OSHA ha condotto un’indagine sull’esposizione dei lavoratori concernente i fattori di rischio di cancro in Europa.
Obiettivo dell’indagine
L’indagine mira a individuare meglio i fattori di rischio di cancro responsabili della maggior parte delle esposizioni, fornendo una panoramica accurata ed esaustiva che possa contribuire alle misure preventive, alle attività di sensibilizzazione e all’elaborazione delle politiche, favorendo in ultima analisi la lotta al cancro professionale.
I lavori preparatori per l’indagine sono iniziati nel 2020 e da allora l’indagine è stata sviluppata, testata e condotta utilizzando un campione casuale di migliaia di lavoratori di sei Stati membri dell’UE: Germania, Irlanda, Spagna, Francia, Ungheria e Finlandia. I questionari sono stati elaborati per stimare la probabile esposizione dei lavoratori a 24 fattori di rischio di cancro noti, tra cui le sostanze chimiche industriali, le sostanze e le miscele generate da processi nonché i fattori di rischio fisico.
Impatto dell’indagine
I partecipanti all’indagine sono stati selezionati casualmente in ciascun paese e hanno risposto a domande dettagliate sui compiti svolti sul luogo di lavoro durante l’ultima settimana lavorativa e sulle misure di prevenzione applicate. Sulla base delle loro risposte, è stata stimata automaticamente la probabilità di esposizione a fattori di rischio di cancro utilizzando uno strumento innovativo denominato Occupational Integrated Database Exposure Assessment System (OccIDEAS), un sistema di valutazione dell’esposizione professionale integrato con banche dati.
Grazie alle informazioni dell’indagine, l’EU-OSHA è in grado di fornire dati statistici migliori e di sviluppare spunti per l’elaborazione di politiche basate su dati oggettivi. Questa indagine dovrebbe migliorare la protezione contro le sostanze pericolose e contribuire alla riduzione dei casi di cancro professionale. Può contribuire a diverse attività:
I dati raccolti possono essere impiegati anche per sviluppare e alimentare strumenti di monitoraggio della SSL pubblicamente accessibili. Sono in corso di elaborazione e pubblicazione relazioni con analisi e schede informative per una più ampia messa a disposizione delle informazioni.
Nel complesso, l’indagine in questione rappresenta un’importante fonte di dati per i responsabili delle politiche, i ricercatori e gli intermediari, che possono stabilire le priorità e intraprendere azioni tempestive e adeguate per ridurre il cancro professionale.
del Computer Assisted Telephone Interview, CATI (intervista telefonica assistita da computer). Dopo il completamento delle fasi di lavoro sul campo e di controllo della qualità, sono state messe a disposizione 24 402 interviste valide per l’analisi. La popolazione coinvolta nell’indagine comprende individui di età pari o superiore a 15 anni che lavorano in tutti i settori di attività economica nei sei Stati membri dell’UE menzionati. Lo studio include lavoratori autonomi e lavoratori dipendenti di organizzazioni di tutte le dimensioni. Le domande sono state tradotte dall’inglese nelle rispettive lingue nazionali.
Nell’analisi condotta dalla Consulenza statistico attuariale dell’Istituto la fotografia dell’andamento infortunistico e tecnopatico in questi due importanti settori del manifatturiero italiano
ROMA – Nel 2022 gli infortuni denunciati nel settore della fabbricazione di mobili sono stati 3.450, il 2,3% in più rispetto ai 3.373 dell’anno precedente, a conferma della ripresa del fenomeno già registrata nel 2021, dopo la sensibile contrazione delle denunce rilevata nel 2020 per lo stop delle attività lavorative durante la pandemia. Con 343 casi in meno rispetto al 2018, le denunce del 2022 restano comunque al di sotto del dato registrato negli anni pre-Covid. A rilevarlo è l’analisi condotta dalla Consulenza statistico attuariale per il nuovo numero del periodico Dati Inail, che scatta la fotografia dell’andamento di infortuni e malattie professionali in questo settore, che comprende il 4,3% delle aziende assicurate dell’industria manifatturiera (circa 17mila su un totale di quasi 399mila) e con oltre 130mila addetti-anno assicurati rappresenta poco più del 3% dei lavoratori di tutto il comparto.
Gli infortuni concentrati soprattutto nel Nord e Centro Italia. L’85,6% degli infortuni denunciati nella fabbricazione di mobili nel quinquennio 2018-2022 sono avvenuti in occasione di lavoro e la quota di quelli fuori azienda – costituita dalla somma degli incidenti in itinere, occorsi cioè nel tragitto di andata e ritorno tra la casa e il luogo di lavoro, e di quelli con mezzo di trasporto in occasione di lavoro – si mantiene intorno al 15-16%. Quasi tutto il decremento del quinquennio è da attribuire agli infortuni avvenuti durante lo svolgimento dell’attività lavorativa (299 in meno rispetto al 2018), mentre l’incidenza delle denunce che riguardano il tragitto casa-lavoro-casa rimane pressoché invariata, con l’eccezione del forte calo registrato nel 2020 a causa della pandemia. Gli infortuni si concentrano nel Nord e Centro Italia, le due zone che insieme registrano più del 90% delle denunce nella media del quinquennio, e il 76,2% riguarda lavoratori italiani, mentre il residuo si distribuisce fra comunitari (circa il 20%) e non comunitari (80%). La stragrande maggioranza (90% circa) sono lavoratori di genere maschile.
Dopo la pandemia in crescita anche le malattie professionali. La frequenza infortunistica per il triennio 2019-2021 è pari a 15,71 infortuni indennizzati ogni mille addetti, superiore al 12,74 del manifatturiero ma in linea con il 15,26 dell’Industria e servizi, mentre il rapporto di gravità per lo stesso periodo di tempo indica 1,65 giornate perse per addetto, leggermente superiore sia al totale del manifatturiero sia all’Industria e servizi, che registrano rispettivamente 1,26 e 1,48. Per quanto riguarda le cause di infortunio, più dell’80% dei casi accertati in occasione di lavoro deriva dalla perdita di controllo delle macchine e anche da movimenti del corpo che portano a lesioni fisiche sia interne che esterne. Le malattie professionali denunciate nel 2022 sono state 546, 96 in più rispetto al 2018 e in crescita negli ultimi due anni del quinquennio. Il 65,8% della media di quelle definite positivamente riguarda il sistema osteomuscolare e del tessuto connettivo, secondo la classificazione internazionale Icd-10 (178 su un totale di 260 per il 2022), seguite dalle patologie del sistema nervoso (22,0%) e da quelle dell’orecchio e dell’apofisi mastoide con 21 eventi nel 2022 (9,1% in media nei cinque anni).
Nell’industria del legno livelli di rischio e gravità superiori alla media. Oltre alla fabbricazione di mobili, la Consulenza statistico attuariale si sofferma anche sull’andamento di infortuni e malattie professionali nel comparto della lavorazione del legno, che comprende sia attività che hanno ancora le caratteristiche del prodotto artigianale fatto a mano sia altre più industrializzate e automatizzate per produzioni su larga scala. Nel 2022, anno in cui risultavano assicurate all’Inail 25.298 aziende con 94.384 addetti (oltre 2.200 in più dell’anno precedente), sono stati denunciati 3.002 infortuni, un numero in crescita dopo la contrazione registrata nel 2020 ma ancora al di sotto dei livelli del 2018 e 2019. Circa un infortunio su 10 avviene nelle fasi di taglio e piallatura, il resto durante la lavorazione del legno. Nel 2022, in particolare, 1.556 casi si sono verificati durante la fabbricazione di altri prodotti di carpenteria in legno e falegnameria per l’edilizia, per lo più porte e finestre (1.051 casi). Analizzando l’indice di frequenza infortunistica emerge che l’industria del legno, con 21,81 infortuni indennizzati ogni mille addetti, presenta per il triennio 2019-2021 una rischiosità elevata, superiore al 12,74 del manifatturiero e al 15,26 dell’Industria e servizi. Stesso discorso per la gravità con 2,92 giornate perse per addetto contro, rispettivamente, 1,26 e 1,48. Per quanto riguarda le malattie professionali nel 2022 ne sono state denunciate 447, il numero più alto dal 2018. L’uso di strumentazioni spesso di tipo artigianale e manuale favorisce l’insorgenza di patologie del sistema osteomuscolare e del tessuto connettivo, che nel 2022 rappresentano il 70% del totale delle denunce.
Le novità legislative per la tutela della salute dei lavoratori. Il nuovo numero di Dati Inail approfondisce anche le novità per la tutela della salute dei lavoratori esposti alle polveri di legno, da cui possono derivare patologie tumorali e malattie di tipo irritativo-allergico della cute e delle mucose respiratorie e oculari. Il decreto interministeriale del 10 ottobre 2023, in particolare, ha modificato e integrato le tabelle delle malattie professionali nell’Industria e nell’Agricoltura, agli articoli 3 e 211 del dpr 1124/1965, ricomprendendo, per lavorazioni che espongono all’azione delle polveri di legno, l’asma bronchiale causato dall’azione delle polveri di legno allergizzanti in aggiunta alle malattie neoplastiche (carcinoma delle cavità nasali, carcinoma dei seni paranasali e carcinoma del nasofaringe). Se da un lato le principali misure di prevenzione e protezione, generali e specifiche, utili alla gestione del rischio di esposizione a polveri di legno, sono facilmente individuabili, dall’altro sono ben evidenti e comprensibili le difficoltà che le micro, piccole e medie imprese incontrano nell’attuarle alla luce dell’evoluzione legislativa e normativa, che negli ultimi anni è stata particolarmente veloce. Dal gennaio 2023, per esempio, il Valore limite di esposizione professionale (Vlep) alle polveri di legno duro è stato abbassato da 5 a 2 mg/m3.
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Maggio 2024 Argomenti Fabbricazione di mobili, il made in Italy attira sempre di più – Uno sguardo sugli infortuni e malattie professionali nel settore della fabbricazione di mobili – L’industria della lavorazione del legno tra le attività più rischiose – Polveri di legno: novità per la tutela della salute dei lavoratori (.pdf – 590 kb)
L’innalzamento delle temperature estive ha un impatto sostanziale sul contesto lavorativo. Sono, infatti, oramai consolidate le evidenze di letteratura sui rischi occupazionali determinati dalle ondate di calore. L’esposizione alle alte temperature può provocare serie conseguenze sulla salute dei lavoratori, quali esaurimento da calore, colpi di calore e altre malattie legate allo stress da calore. L’esposizione per periodi prolungati può accrescere il rischio di infortuni dovuti alla stanchezza, ridurre la capacità di concentrazione e decisionale, compromettendo la produttività. L’ aumento delle temperature può altresì accrescere il livello di stress tra i lavoratori, specialmente coloro impiegati nei servizi di emergenza e coloro che operano all’aperto.
La review su Frontiers in Public Health
Una recente revisione fornisce una panoramica dello stato delle conoscenze sui principali fattori di rischio che possono incidere sulle malattie correlate alle alte temperature (in inglese HRI, ovvero heat-related illness), sulla base anche dei vari settori maggiormente a rischio (lavoratori agricoli, edili, militari, antincendio, minerari e manifatturieri). Oltre alle temperature ambientali estreme, l’equipaggiamento di protezione personale, l’utilizzo di attrezzature pesanti, lo sforzo fisico, altre condizioni morbose pre-esistenti sono tutti fattori che possono aumentare il rischio di HRI (vedi Figura 1).
Figura 1 – Fattori di rischio per le malattie correlate al caldo estremo (HRI, heat-related illness) – Fonte: da Gibb et al, doi: 10.1146/annurev-publhealth-060222-034715
Nella revisione viene anche evidenziato come, sebbene l’impatto delle ondate di calore riguardi la salute dei lavoratori a livello globale, sono soprattutto i lavoratori nei Paesi a basso e medio reddito ad essere colpiti in maniera più rilevante.
Se, quindi, le evidenze sugli effetti del caldo su salute e sicurezza dei lavoratori sono ormai molto solide, lo stato delle conoscenze è ancora limitato per quel che riguarda gli impatti sociali ed economici. La revisione ha considerato le pubblicazioni disponibili dal 2010 al 2022 e dalla sintesi qualitativa emerge che su un totale di 89 studi (32 studi sul campo, 8 incentrati sui costi sanitari e 49 sugli aspetti economici), ci sono prove consistenti degli impatti socio-economici derivanti dall’esposizione al calore sul luogo di lavoro. Si stima che le perdite di produttività a livello globale siano quasi del 10%, con una proiezione di aumento fino al 30-40% entro la fine del secolo, in base ai peggiori scenari di cambiamento climatico. Le aree più vulnerabili risultano essere quelle a bassa latitudine e i Paesi a basso e medio reddito, con una maggiore concentrazione di lavoratori all’aperto, ma anche zone più sviluppate, come l’Europa meridionale, sono interessate. Settori come l’agricoltura e l’edilizia sono particolarmente colpiti. Questi risultati sottolineano l’importanza di intensificare gli sforzi di prevenzione per aumentare la consapevolezza e la resilienza dei lavoratori nei confronti dell’esposizione occupazionale al calore. Questo è particolarmente critico nei Paesi a basso e medio reddito, ma anche in alcune aree dei Paesi sviluppati, dove si prevede un aumento della frequenza e dell’intensità delle ondate di calore.
Le linee guida toscane
La Regione Toscana, come altre regioni italiane, nella scorsa estate ha approvato le Linee di indirizzo per la protezione dei lavoratori dagli effetti del calore, un aggiornamento redatto in collaborazione con il CNR – Centro di bioclimatologia – Università di Firenze e con INAIL. Il documento fornisce linee guida per prevenire i danni da calore nei luoghi di lavoro, sia all’aperto che in ambienti interni non climatizzati. Le misure incluse mirano a mitigare i rischi legati alle temperature elevate, come fornire acqua e zone ombreggiate per le pause, graduare l’esposizione al calore e pianificare attività pesanti durante le ore più fresche. Altre azioni comprendono la revisione degli orari di lavoro, l’attenzione agli indumenti da lavoro e la formazione dei dipendenti. Inoltre, viene raccomandata una gestione speciale per i lavoratori che seguono restrizioni idriche per motivi religiosi o personali.
Il progetto Worklimate 2.0
Il tema “Clima, lavoro e prevenzione” è il focus del progetto Worklimate 2.0 che mira a valorizzare e approfondire le conoscenze acquisite sulla tematica “esposizione occupazionale a temperature outdoor estreme”, fornendo strategie di intervento per mitigare gli impatti delle temperature estreme sulla salute, sicurezza e produttività dei lavoratori. L’originalità del progetto è quella di:
fornire stime di dettaglio relative ai costi sociali e aziendali conseguenti le esposizioni agli estremi termici oltre che una definizione dei fattori di rischio per vari settori lavorativi attraverso la caratterizzazione dei fattori di vulnerabilità
prevedere un ampliamento delle conoscenze sulla percezione e conoscenza del rischio legato a temperature estreme, oltre a una estensione dei casi studio indirizzati alla caratterizzazione delle soluzioni tecnologiche indossabili per contrastare gli estremi termici definendo protocolli per il corretto utilizzo
c) sviluppare strumenti a supporto delle attività aziendali in termini di stima della produttività ma anche di implementazione e messa a regime del prototipo di piattaforma previsionale del rischio caldo sviluppata nell’ambito della prima fase del progetto oltre che di un sistema di previsioni del rischio freddo
d) migliorare il sistema informativo e proporre programmi di educazione e formazione per contrastare i rischi dovuti ad esposizione a temperature estreme in ambito occupazionale.
Il ruolo delle Unità operative toscane
L’Azienda USL Toscana Centro e Azienda USL Toscana Sud-est, insieme al Consorzio LaMMA e al Consiglio nazionale delle ricerche – Istituto per la bioeconomia (IBE), destinatario istituzionale e coordinatore di progetto insieme al Dipartimento di medicina, epidemiologia, igiene del lavoro ed ambientale di INAIL, giocano un ruolo chiave nel progetto. Nel dettaglio, contribuiscono con il loro expertise in vari settori: dalla valutazione dell’impatto del clima sulla salute pubblica e degli impatti economici e sociali delle temperature estreme, alla progettazione di sistemi di allerta precoce, fino alla realizzazione di interventi formativi mirati. Queste attività sono supportate da un approccio multidisciplinare che integra competenze in campo medico, psicologico, tecnologico e ambientale, garantendo un intervento olistico e innovativo al fine di migliorare le condizioni di lavoro e la resilienza dei lavoratori agli effetti del cambiamento climatico.
Per saperne di più:
Per approfondimenti sulle attività del progetto e per aggiornamenti su risultati ed eventi visita il sito del progetto Worklimate
Una prevenzione efficace sul lavoro accresce la sicurezza in azienda e permette di evitare gli infortuni. La SUVA invita a scoprire a che punto è la propria azienda in tema di cultura della prevenzione.
Una cultura della prevenzione efficace non è un progetto isolato, bensì un processo continuo che richiede l’impegno di tutti: quadri direttivi, addetti alla sicurezza nonché il resto del personale. Per promuovere la prevenzione nelle aziende, la SUVA ha sviluppato diverse offerte, tra cui: un “check della cultura”, informazioni differenziare per livelli di funzione, moduli di prevenzione.
La SUVA invita ad eseguire il “check della cultura” che propone sei situazioni lavorative quotidiane per valutare il punto sulla cultura della prevenzione nella propria azienda e propone pacchetti informativi differenziati per funzioni professionali che aiutino a dare un contributo attivo in tema di prevenzione.
Illustra inoltre le sei “dimensioni della cultura” della prevenzione che devono essere condivise da tutti per determinare un processo continuo che affermi la sicurezza e la salute come valori fondamentali nel luogo di lavoro. Un video mostra il significato delle dimensioni: «Valori e regole», «Comunicazione», «Conduzione», «Apprendimento», «Responsabilità» e «Organizzazione aziendale» e come esse possano essere rafforzate efficacemente.
Propone poi alcuni “moduli di prevenzione” che permettono di approfondire le proprie conoscenze in fatto di sicurezza e salute sul lavoro con lo scopo di ampliare le proprie competenze.
Partendo dal patrimonio informativo che negli anni l’Istituto ha costituito e dalle competenze maturate nell’espletamento delle attività di accertamento tecnico, il documento raccoglie schede tecniche sulle macchine afferenti al tc 151 macchine per cantiere e costruzione, trattando le più significative non conformità rilevate, al fine di illustrare, rispetto allo stato dell’arte di riferimento, le soluzioni costruttive ritenute accettabili, e promuovere un miglioramento dei livelli di sicurezza nei luoghi di lavoro, come previsto nella mission istituzionale.
Il settore dedicato alla conservazione e alla tutela del patrimonio storico e artistico è caratterizzato da addetti e operatori altamente specializzati, per i quali i rischi professionali vanno attentamente individuati e valutati in contesti caratterizzati da specifiche esigenze, correlate alla varietà di figure professionali, contemporaneamente presenti nei luoghi di lavoro e con formazione ben distinta fra loro, e alla necessità di assicurare, insieme alla tutela dell’incolumità dei lavoratori e degli altri operatori, l’attenzione al valore storico e artistico del bene sul quale si interviene che obbliga, spesso, ad una organizzazione del lavoro non standardizzata.
In questo ambito, la tutela della salute e la sicurezza sul lavoro deve essere adeguatamente considerata sia negli interventi volti a favorire il miglioramento delle conoscenze del patrimonio archeologico e a garantire continuità alle attività di ricerca scientifica e storica, sia negli interventi di messa in sicurezza, recupero, sistemazione di siti di rilevanza storico-archeologico per l’accessibilità e fruibilità nell’ambito di iniziative di inclusione sociale e culturale, di valorizzazione e promozione del patrimonio archeologico.
Le polveri di cuoio per molto tempo sono state ritenute “unicamente ‘fastidiose’ e, per la frazione più fine (inalabile), irritanti per le congiuntive oculari, le prime vie respiratorie e l’apparato bronchiale”, in realtà oggi sappiamo che queste polveri “possono contenere agenti sensibilizzanti capaci di provocare oculo-riniti, asma bronchiale e dermatiti su base allergica”.Inoltre diversi studi epidemiologici hanno evidenziato un “significativo potere cancerogeno delle polveri di cuoio” e la IARC (International Agency for Research on Cancer) ha inserito la produzione e riparazione di calzature (shoes manufacture and repair) all’interno del gruppo 1 (Cancerogeno accertato per l’uomo), “avendo evidenziato un’associazione di tipo causale tra esposizione occupazionale a polveri di cuoio ed insorgenza di neoplasie delle fosse nasali e dei seni paranasali”
La regione Toscana ha predisposto un interessante check list per la valutazione del rischio cuoio rivolta a lavoratori ed operatori della sicurezza.Qui sotto la potete visionare e scaricare.
L’opuscolo, aggiornato rispetto al 2015, vuol essere uno strumento di ausilio nell’utilizzo e nella gestione degli agenti cancerogeni e/o mutageni sul luogo di lavoro
Destinato a lavoratori, datori di lavoro e RSPP, fornisce informazioni sulla gestione dei rischi connessi alla presenza di agenti chimici cancerogeni e/o mutageni in ambito lavorativo. Dopo una panoramica su classificazione ed etichettatura di cancerogenicità e mutagenicità secondo la normativa vigente e sui meccanismi di cancerogenesi e mutagenesi, vengono descritte le principali misure da intraprendere per il controllo dell’esposizione degli addetti. Segue una serie di schede di facile consultazione, dedicate ai principali agenti cancerogeni e/o mutageni in ambito lavorativo, compresi i chemioterapici antiblastici, indi sono riportate le procedure basilari per lavorare in sicurezza.
Gli archi elettrici rappresentano alcuni dei rischi più gravi per la sicurezza dei lavoratori del settore dell’energia elettrica. I rischi di esplosione di archi o flash includono temperature elevate (più calde della temperatura superficiale del sole) per brevi periodi di tempo (frazioni di secondo), gas caldi, un’intensa onda di pressione derivante dall’esplosione (come l’esplosione di una bomba a mano a pochi centimetri di distanza) e schegge di particelle di metallo vaporizzate e fuse. Le lesioni legate all’arco possono variare da ustioni lievi a gravi, cecità, perdita dell’udito e della memoria a causa dell’onda di pressione, ossa rotte o morte. Quando un lavoratore è esposto a un arco voltaico, gli indumenti che indossa possono svolgere un ruolo importante nella gravità del potenziale infortunio.
Richiede che i lavoratori siano addestrati sui potenziali pericoli degli archi elettrici e sulle fiamme che possono produrre accendendo altri materiali nell’area.
Vieta ai lavoratori di indossare indumenti che, in presenza di un arco, possano potenzialmente aumentare l’entità delle lesioni; cioè se gli indumenti prendessero fuoco e continuassero a bruciare, oppure se si sciogliessero sulla pelle. Pertanto, ai lavoratori è generalmente vietato indossare materiali di abbigliamento realizzati interamente o mescolati con materiali sintetici come acetato, nylon, poliestere o rayon.
Abbigliamento FR e lo standard “269” . L’OSHA ha pubblicato un memorandum interpretativo che fornisce indicazioni per conformarsi ai requisiti di abbigliamento. Questo memorandum fornisce informazioni sui tipi di abbigliamento accettabili e sulla valutazione dei pericoli da parte del datore di lavoro.
Selezione di indumenti ignifughi adeguati : indumenti realizzati al 100% in cotone o lana possono essere accettabili se il loro peso è adeguato alle condizioni di fiamma e arco elettrico a cui un lavoratore potrebbe essere esposto. All’aumentare del livello di calore, questi materiali non si sciolgono, ma possono accendersi e continuare a bruciare. La quantità di calore necessaria per accendere questi materiali dipende da una serie di fattori, tra cui il peso, la struttura, la trama e il colore del materiale. Questo tipo di abbigliamento non è conforme alla norma “269” se può accendersi (e continuare a bruciare) nelle condizioni di esposizione all’arco elettrico e alla fiamma presenti sul posto di lavoro. Se non scelgono indumenti ignifughi, i datori di lavoro devono determinare se gli indumenti indossati dal lavoratore sono accettabili o meno nelle condizioni a cui potrebbe essere esposto. L’abbigliamento FR è accettabile rispetto ai requisiti di abbigliamento OSHA. [Vedere il Memorandum “Linee guida per l’applicazione dello standard di abbigliamento del Sig. James W. Stanley (10 agosto 1995) e il Federal Register del 30 giugno 1994 ].
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