Questo documento è dedicato agli ambienti industriali e, in particolare, all’uso del colore nel codice visivo dei dispositivi di comando macchine.
Il d.lgs. 81/08 prescrive che le informazioni, segnalazioni di allarme e le avvertenze di attrezzature o macchine siano ben visibili e comprensibili. Il d.lgs. 17/10, decreto di recepimento della Direttiva Macchine attualmente in vigore, conferma tale principio richiedendo la comprensibilità del segnale come requisito di sicurezza da soddisfare.Questo lavoro mette a fuoco le possibili difficoltà nella decodifica del segnale derivante dalla inabilità cromatica e propone misure tecniche di miglioramento per la comprensibilità del segnale per la maggior parte lavoratori che, specie negli ambienti industriali, si interfacciano con dispositivi di comando macchine dotati di segnali visivi di emergenza e di utilizzo.
Il film lacrimale è la prima struttura del diottro oculare; la sua corretta omeostasi e uniformità garantisce il mantenimento di una qualità visiva ottimale. La malattia dell’occhio secco è una patologia di natura multifattoriale conseguente alla perdita di questo equilibrio anatomo-funzionale, e rappresenta uno dei più frequenti motivi di visita oculistica. Tradizionalmente, il work-up diagnostico della malattia dell’occhio secco e delle alterazioni della superficie oculare si è basato su metodiche “low-tech”. Questi esami, come la biomicroscopia degli annessi e del segmento anteriore, la colorazione con fluoresceina e il test di Schirmer, sono limitati dall’invasività e dalla mediocre riproducibilità. Nuovi device per l’imaging non invasivo sono stati introdotti per lo studio “high-tech” della superficie oculare, con l’obiettivo di migliorare l’accuratezza diagnostica e di individuare biomarker oggettivi più affidabili. Permettono una valutazione approfondita dell’altezza del menisco lacrimale, del break-up time senza necessità di utilizzare fluoresceina, del rossore oculare e delle ghiandole di Meibomio. La disfunzione del film lacrimale determina un peggioramento visivo sia quantitativo che qualitativo, con riduzione dei valori soglia perimetrici, diminuzione della sensibilità al contrasto e aumento delle aberrazioni di alto ordine. È quindi prioritaria la padronanza di entrambe le modalità d’esame low-tech e high-tech, per rispondere tempestivamente al quesito clinico del paziente e adottare una gestione appropriata.
dott.Alessandro Guerri specialista in Medicina del Lavoro
L ‘impiego di ortoanalizzatori in Medicina del Lavoro è ormai diffuso da molti anni. Pur con dei limiti tecnici e con inevitabili differenze dei modelli , questi strumenti ( VISIOTEST ed ERGOVISION di Essilor, TITMUS S2, V2 e V4, VISIOLITE) possono rappresentare un modo semplice e rapido per una prima valutazione della acuita visiva. Inoltre è sempre possibile integrare i test proposti con l impiego sia di app facilmente scaricabili sul tablet come ad esempio SMART OPTOMETRY.
e sia di altri tests come il cover test, il test di amsler , Lang stereo test , Hishihara test tutti di semplice esecuzione . Anche l impiego di lenti flipper e test di lettura per vicino può migliorare la qualità dei tests eseguiti.
Gli ortoanalizzatori visivi sono strumenti adatti per valutare la visione binoculare e la percezione della profondità. Questi dispositivi sono ampiamente utilizzati nell’ambito medico, soprattutto in oftalmologia, per esaminare le capacità visive e diagnosticare condizioni oculari. Esaminiamo più approfonditamente i pregi e i difetti di queste tecnologie.
Pregi degli Ortoanalizzatori Visivi:
Valutazione della Stereopsi e della Fusione Binoculare: Gli ortoanalizzatori visivi consentono una valutazione accurata della percezione della profondità e della capacità di fondere le immagini da entrambi gli occhi. Questa valutazione è fondamentale per identificare e trattare condizioni come lo strabismo, le alterazioni delle forze e la visione stereoscopica ridotta.
Semplicità d’Uso e Interpretazione dei Risultati: Questi strumenti sono progettati per essere intuitivi e facili da utilizzare, rendendo i test accessibili anche per il personale non specializzato. I risultati sono generalmente chiari e permettono una valutazione immediata della funzione visiva del paziente.
Rilevamento dei Difetti della Visione Binoculare in Età lavorativa e pediatrica: Grazie alla loro capacità di rilevare precocemente problemi di fusione binoculare e stereopsi, gli ortoanalizzatori visivi sono estremamente utili nella valutazione di deficit di acuitá nei lavoratori e nei bambini, permettendo interventi terapeutici tempestivi per migliorare il loro sviluppo visivo.
Utilizzo in Ambito Clinico e Scolastico: Oltre all’ambito medico, gli ortoanalizzatori visivi trovano quindi impiego non solo sul lavoro ma anche nelle scuole e nei servizi di riabilitazione visiva per la valutazione e il monitoraggio della capacità visiva dei pazienti.
Difetti degli Ortoanalizzatori Visivi:
Limitazioni nella Valutazione della Profondità e della Stereopsi Fina: Gli ortoanalizzatori visivi potrebbero non essere in grado di rilevare sottili differenze di profondità o problemi di stereopsi molto specifici. Alcuni pazienti con condizioni più complesse potrebbero richiedere test aggiuntivi o più specialistici.
Necessità di Calibrazione e Manutenzione Regolare: Per mantenere l’accuratezza dei risultati nel tempo, gli ortoanalizzatori visivi devono essere regolarmente calibrati e sottoposti a manutenzione. La mancanza di calibrazione può compromettere la precisione dei test.
Non Adatto per Tutte le Età e Condizioni: Alcuni pazienti, specialmente quelli con gravi disfunzioni visive o oculari, potrebbero non essere in grado di sottoporsi a test ortoanalizzatori standard. In questi casi, sono necessarie alternative di valutazione più avanzate.
Costo e Spazio Richiesto: Gli ortoanalizzatori visivi possono richiedere un investimento significativo iniziale e occupano spazio nelle strutture sanitarie, specialmente se sono necessari più strumenti per gestire un alto volume di pazienti.
Limiti tecnici : non è possibile eseguire il fundus nè valutare la pressione oculare.
La Medicina oculistica offre soluzioni sempre più raffinate ma deve fare i conti con un sistema sanitario che impone regole superate e con tagli alla spesa pubblica che frenano il loro utilizzo, con attese sempre più lunghe e disparità tra i pazienti nelle diverse Regioni.
Se ne è parlato in occasione del terzo congresso nazionale SISO (Società Italiana di Scienze Oftalmologiche), in corso a Roma, con oltre 2800 specialisti provenienti da tutta Italia. “Da una parte registriamo avanzamenti sul piano scientifico e clinico – spiega Teresio Avitabile, Presidente SISO e Ordinario di Oculistica all’Università di Catania – dall’altra abbiamo problemi normativi. Un esempio per tutti, è l’intervento di cataratta: oggi lo eseguiamo in 20 minuti, abbiamo protesi di cristallino avanzatissime, ne facciamo 600 mila all’anno ma normative anacronistiche ci costringono a regole ridondanti che alzano i costi e allungano conseguentemente le liste di attesa”. L’Italia è anche al primo posto in Europa per somministrazione di iniezioni intravitreali con cui si somministrano farmaci che, inibibendo i fattori di crescita di nuovi vasi sanguigni, frenano la degenerazione della macula, cioè la zona centrale della retina. “Ne pratichiamo circa 400 mila l’anno – dichiara Scipione Rossi, Segretario Siso e Direttore dell’UOC di Oculistica Ospedale S.Carlo di Nancy di Roma – Il problema è l’erogazione delle prestazioni: i rimborsi, cioè i Drg, per questo tipo di malattie sono in diminuzione”. Nel caso del glaucoma, è stato inoltre prodotto un cristallino artificiale speciale.
“In pratica, se un paziente che deve operarsi di cataratta soffre anche di un glaucoma controllato farmacologicamente – continua- si può impiantare questo tipo di cristallino che gli consentirà di fare a meno delle gocce quotidiane di collirio per un anno o due”. Ma se i trattamenti ci sono, il Ssn non consente a tutti di beneficiarne. “Stiamo assistendo a una graduale fuoriuscita dell’Oftalmologia dal Sistema Sanitario Nazionale – spiega Francesco Bandello, Direttore Unità di Oculistica dell’Ospedale S. Raffaele di Milano – I nuovi Lea infatti prevedono una riduzione sostanziale di rimborso di prestazioni importanti tra cui l’intervento di cataratta rimborsato con 800 euro, una somma insufficiente”. Rassicurazioni arrivano dal Ministero “disponibile a rivedere il tariffario – conclude Romolo Appolloni del Consiglio Direttivo SISO, Direttore U.O.C. Oftalmologia Ospedale S. Eugenio – CTO di Roma – ovviamente nel rispetto della sostenibilità del Sistema Sanitario Nazionale”
Abstract : confrontare l’accuratezza diagnostica di due screening della vista mediante un esame visivo eseguito da un optometrista (gold standard) e valutare la concordanza tra entrambi gli screening e tra ciascun screening e il gold standard. Metodi: questo è stato uno studio trasversale che ha incluso lavoratori informatici che hanno partecipato a un esame sanitario annuale di routine. Lo studio ha incluso impiegati amministrativi (n = 91) di età pari a 50,2 ± 7,9 anni (media ± deviazione standard), il 69,2% dei quali erano donne e il 68,1% dei quali utilizzava terminali video (VDT) per >4 ore al giorno. L’esame visivo di routine comprendeva l’acuità visiva a distanza monoculare e binoculare (VA), la foria laterale e vicina (LP), l’acuità stereo (SA) e la visione dei colori. I test sono stati ripetuti con gli screener Optec 6500 (della Stereo Optical) e Visiotest (della Essilor). Sono stati calcolati sensibilità, specificità, valori predittivi positivi (PPV), valori predittivi negativi (NPV) e tassi di falsi positivi e negativi. Il coefficiente Kappa (κ) è stato utilizzato per misurare la concordanza tra gli screening e il gold standard. Risultati: la sensibilità e la specificità per la VA monoculare erano superiori all’80% per entrambi gli screening della vista; Il PPV era inferiore al 25%. La sensibilità e la specificità erano inferiori per SA (55%-70%), il PPV era del 50% e il NPV era del 75% per entrambi gli screening. Per la distanza LP, la sensibilità e il PPV erano <10% in entrambi i casi. Gli screener differivano nei valori per vicino LP: Optec 6500 aveva una sensibilità più elevata (43,5%), PPV (37,0%) e NPV (79,7%); mentre il Visiotest aveva una specificità più elevata (83,8%). Per la visione dei colori, Visiotest ha mostrato bassa sensibilità, basso PPV ed elevata specificità. Visiotest ha ottenuto tassi di falsi positivi inferiori o simili a quelli di Optec 6500 ed entrambi gli screener hanno ottenuto tassi di falsi negativi inferiori al 50%. Entrambi gli screening hanno mostrato scarsa concordanza (κ <0,40). Conclusioni: un valore elevato per il VAN qualificherebbe entrambi gli screening come alternative accettabili per la sorveglianza della salute visiva quando utilizzati come strumento di screening; i pazienti con risultati positivi al test devono essere indirizzati a uno specialista.
Gli spettri di emissione dei “nuovi” sistemi a LED (lampade di illuminazione, monitor, display dei tablet e degli smartphone) sono diversi dagli spettri emessi dai dispositivi “tradizionali” come le lampade ad incandescenza e a fluorescenza e contengono una maggiore emissione di luce blu.
Questa partecipa alla regolazione del ciclo sonno/veglia ma può essere potenzialmente lesiva per la retina a causa della maggiore energia traportata. La rapida diffusione dei sistemi a LED ha sollecitato la valutazione del rischio fotobiologico associato alla loro emissione. Gli spettri di emissione dei nuovi sistemi vengono illustrati e confrontati con quelli dei sistemi tradizionali.
Dal 2009 l’incidenza di distacco di retina, per il quale la miopia elevata è un grosso fattore di rischio, è cresciuta del 44% anziché del 3% come sarebbe stato atteso in base all’incremento della popolazione. In chi ha perso oltre 6/8 diottrie, il pericolo è 39 volte più elevato rispetto alla norma; in chi ha un grado di miopia inferiore, il rischio triplica. Neanche giovani e giovanissimi sono al sicuro: fino al 6% dei distacchi di retina riguarda la popolazione pediatrica e, sebbene nella maggior parte dei casi siano causati da traumi, nel 15% la responsabilità è di un’elevata miopia, che è un fattore di pericolo anche e soprattutto negli under 50
Roma, 1 dicembre 2023 – C’è una “relazione pericolosa” fra la miopia, un problema in aumento esponenziale soprattutto fra i giovani, e il distacco di retina, un evento grave che è una delle cause più frequenti di perdita della vista. La miopia, specialmente se elevata e quindi superiore a 6/8 diottrie, indebolisce l’occhio e fa salire il rischio di distacco retinico, che nel nostro Paese si stima riguardi 50mila casi l’anno.
L’epidemiopia, ovvero l’epidemia di miopia che sta dilagando nel mondo con 2,6 miliardi di persone colpite, più del doppio dell’obesità, rischia di portare anche a un’epidemia di distacchi di retina. Dal 2009 al 2016, stando a recenti dati raccolti in Olanda e pubblicati su Jama Ophthalmology, il numero di casi è cresciuto del 44% e ciò non si può spiegare solo con l’incremento della popolazione, pari al 3%, ma proprio con la crescita continua dei casi di miopia.
Il 30% della popolazione globale è costretto già oggi a portare gli occhiali per vedere da lontano, ma le previsioni degli OMS stimano che entro il 2050 si arriverà al 50%. Tutto questo preoccupa gli esperti che, in occasione dell’11esimo congresso internazionale Floretina ICOOR, a Roma con il patrocinio di Fondazione Policlinico universitario Agostino Gemelli IRCCS, hanno lanciato l’allarme: occorre prevenire la miopia e soprattutto far sì che le persone con questo difetto della vista si sottopongano a controlli regolari e siano informate dei sintomi del distacco di retina a cui prestare attenzione, così da rivolgersi subito allo specialista.
L’incremento dell’incidenza dei distacchi di retina del 44% osservato fra il 2009 e il 2016 dal Dutch Rhegmatogenous Retinal Detachment Study, non spiegabile attraverso l’aumento della popolazione o anche del numero di interventi chirurgici oftalmologici come la cataratta, porta a temere che l’epidemia di miopia possa provocare anche un’epidemia di distacchi di retina nel prossimo futuro – osserva Stanislao Rizzo, presidente di Floretina ICOOR, direttore del dipartimento di oculistica del Policlinico A. Gemelli IRCCS e Ordinario di oculistica presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore – Uno studio statunitense pubblicato di recente su Scientific Reports ha confermato i timori: analizzando i dati di oltre 85 milioni di persone si è verificato che in chi ha una miopia elevata il rischio di distacco retinico cresce di ben 39 volte, nei miopi più lievi è comunque triplo rispetto alla norma. L’occhio miope è infatti più fragile perché molto allungato, le trazioni interne che si creano possono contribuire ad aumentare il pericolo di distacco retinico”.
Il distacco di retina si ha quando uno strato di questo tessuto si solleva da quello sottostante, che fornisce nutrimento e ossigeno alle cellule retiniche: queste in breve tempo iniziano a morire, comportando una grave perdita di capacità visiva. La retina non ha recettori per il dolore, ma subito prima del distacco retinico si hanno sintomi evidenti fra cui, come spiega Francesco Faraldi, Direttore della Divisione di Oculistica dell’Azienda Ospedaliera Ordine Mauriziano – Umberto I di Torino , “le miodesopsie, ovvero corpi fluttuanti come macchie, punti neri, ‘mosche’ che offuscano la visione. Si possono poi avere lampi di luce improvvisi nella zona periferica del campo visivo o la visione di un’ombra scura. In questi casi è fondamentale rivolgersi prima possibile a un’oculista; è inoltre opportuno che chi è miope, per valutare lo stato di salute della propria retina, si sottoponga annualmente a una visita di controllo. Questo vale fin da giovanissimi: il distacco di retina non è appannaggio esclusivo degli adulti e fino al 6% dei casi riguarda la popolazione pediatrica con meno di 12 anni. Nella maggior parte dei casi si tratta di eventi successivi a traumi, ma nel 15% la colpa è di una miopia elevata, come indicano recenti dati dell’American Academy of Ophthalmology. Anzi, come ha dimostrato un recente studio su Clinical Ophthalmology, è proprio la presenza di una miopia elevata ad associarsi a distacchi retinici in età più giovane: la maggioranza dei casi avviene fra i 45 e i 60 anni, ma prima accade l’evento, più è probabile la concomitanza di una miopia elevata, presente nel 40% dei distacchi di retina under 50 e soltanto nel 13% degli over 50. Con l’andare degli anni, quindi, il ‘peso’ della miopia sulla fragilità della retina si riduce ed è perciò importante fare controlli regolari e prestare attenzione ai segnali d’allarme”, conclude Faraldi.
Le nuove terapie per la miopia
“La miopia è la difficoltà di vedere da lontano. I miopi hanno il bulbo oculare “a palla da rugby”, più lungo della norma: ciò fa sì che gli oggetti distanti non vengano messi a fuoco esattamente sulla retina – spiega Rizzo – L’allungamento del bulbo oculare è dovuto in parte a cause genetiche e in parte, prevalente, all’eccessiva visione da vicino, che costringe l’occhio a spostare la messa a fuoco”.
Questa condizione, spesso sottovalutata, può portare ad alterazioni gravi come il distacco di retina, ma anche all’aumento del rischio di glaucoma e maculopatie. Per 500 milioni di persone colpite da miopia elevata, questa sarà causa secondo l’Oms di cecità irreversibile. Eppure, mai come oggi, nei casi che non dipendono da ereditarietà, è possibile prevenirla o rallentarne l’evoluzione per evitare pericolose conseguenze.
In aumento esponenziale tra bambini e giovani, la miopia, a differenza che in passato, insorge ormai intorno ai 10 anni anziché a 13-15 e si stabilizza a 30 anni e non più a 18 – aggiunge Rizzo – Per prevenirla è dunque necessario ridurre l’uso eccessivo di tablet e smartphone, più dannosi della tv, e trascorrere un paio di ore al giorno all’aria aperta”.
Se in passato le uniche armi per la miopia erano le lenti correttive e l’intervento di chirurgia refrattiva di rimodellamento della cornea, adesso ci sono rimedi che permettono di rallentarne la progressione. “Tra i più efficaci, un collirio a base di atropina estremamente diluita, che agisce su alcuni recettori dei tessuti dell’occhio. Sebbene il meccanismo esatto dell’atropina nel controllo della miopia non sia noto, si ritiene che l’atropina agisca direttamente o indirettamente sulla retina o sulla parete oculare, contrastando quindi la crescita dell’occhio”.
“Da qualche anno, poi – aggiunge l’esperto – sono arrivate delle lenti a defocalizzazione periferica, cioè una messa a fuoco perfetta al centro, come le lenti tradizionali, e l’inserimento nella parte esterna di una serie di microlenti di circa 1 millimetro che hanno un fuoco spostato in avanti. In questo modo creano meno stimolo e meno allungamento del bulbo oculare, con un’efficacia del 50% nel rallentamento della velocità di progressione della miopia”, conclude Rizzo.
da https://www.ibsafoundation.org/it/blog/un-chat-gpt-per-leggere-l-interno-degli-occhi
Creato a Londra un sistema di intelligenza artificiale in grado di migliorare la diagnosi di numerose patologie (ipertensione, Parkinson e altre), tramite l’esame della retina.
I programmi di intelligenza artificiale basati sul cosiddetto self-supervised learning (o SSL, apprendimento auto-supervisionato), che tendono a riprodurre più fedelmente le modalità di apprendimento del cervello umano, potrebbero facilitare e migliorare in un prossimo futuro la diagnosi di numerose patologie effettuata attraverso le indagini sulla retina, quali quella di ipertensione, retinopatie diabetiche e malattia di Parkinson. La retina, lo ricordiamo, è il sottile strato di cellule nervose sensibili alla luce che ricopre la parte interna dell’occhio, e viene considerato un tessuto dell’organismo umano particolarmente adatto alle diagnosi, perché è direttamente collegato al cervello e ne condivide numerose somiglianze. Dunque, offre un quadro molto specifico di ciò che accade nel tessutocerebrale, ed è anche l’unico tessuto che permette di studiare direttamente i capillari (i vasi più piccoli, nei quali sono rintracciabili gli indizi di molte patologie), senza dover superare altre barriere.
Le tecniche basate sulle immagini della retina sono un settore in rapida evoluzione, soprattutto da quando sono state supportate dall’intelligenza artificiale (AI) che, però, ancora oggi ha diverse limitazioni tecniche. Ad esempio, per istruire un programma classico a distinguere tra retina sana e retina malata, bisogna fornirgli milioni di immagini identificate chiaramente, ciascuna con una vera e propria “etichetta” relativa alla situazione specifica (retina sana/retina malata, appunto): un lavoro molto costoso, e lungo, che richiede un forte intervento umano iniziale. Il self-supervised learning è invece una tecnica che consente all’AI di apprendere senza la necessità di etichette o annotazioni esplicite.
Un sistema che alla stregua di ChatGPT impara da solo
Utilizzando questi sistemi i ricercatori del Moorfields Eye Hospital di Londra hanno messo a punto un sistema chiamato RETFound, che apprende molto più velocemente e “da solo”.
Come funziona? «Il sistema – scrive la rivista scientifica Nature, che ha pubblicato i risultati dello studio dei ricercatori britannici – si basa su un metodo simile a quello utilizzato per addestrare modelli linguistici di grandi dimensioni come ChatGPT». Nel caso di ChatGPT l’intelligenza artificiale sfrutta una miriade di esempi di testo generato dall’uomo per imparare a prevedere, in una frase, la parola successiva, basandosi sul contesto delle parole precedenti. «Allo stesso modo – spiega Nature – RETFound utilizza un grandissimo numero di foto della retina (1,6 milioni) per imparare a prevedere come dovrebbero apparire le parti mancanti delle immagini».
Risposte di alta precisione
I risultati sono stati molto positivi: se si usa una scala in cui zero rappresenta l’incapacità di distinguere, 0,5 la scoperta casuale dalla risposta corretta e 1 la risposta corretta in quanto frutto di un procedimento deduttivo, si scopre che, nel caso della retinopatia diabetica, RETFound totalizza un punteggio tra 0.882 e 0,943 a seconda della quantità e della tipologia di immagini fornite. Nel caso di patologie sistemiche come l’ipertensione, l’infarto o il Parkinson, l’efficienza è inferiore, a causa della complessità dei dati, ma comunque superiore a quella dei sistemi di AI tradizionali. Come sottolinea anche un articolo di commento uscito sullo stesso numero di Nature, l’importanza di questo lavoro, tra i primissimi ad aver dimostrato le potenzialità dei sistemi SSL, è che costituisce un paradigma, un modello al quale ispirarsi per istruire altri sistemi SSL a effettuare diagnosi in modo non invasivo ed estremamente attendibile, partendo da immagini della retina ottenute con esami di routine.
Dai nuovi farmaci contro la maculopatia secca e umida, alla terapia genica fino all’intelligenza artificiale, arrivano nuove terapie salva-retina. Una delle emergenze con le quali gli esperti dovranno confrontarsi sempre più spesso nei prossimi anni è la degenerazione maculare legata all’età, che attualmente interessa oltre un milione di italiani che hanno un “buco” al centro del campo visivo. Un panorama destinato a cambiare nel prossimo futuro grazie all’arrivo di nuovi farmaci e di innovative strategie di intervento su cui i massimi esperti internazionali faranno il punto nel corso del congresso Floretina ICOOR 2023. “La maculopatia è una patologia che compromette in maniera significativa la qualità di vita dei pazienti ed è molto diffusa: riguarda il 2% degli italiani e aumenta al crescere dell’età – osserva Stanislao Rizzo, presidente Floretina ICOOR, direttore della Clinica Oculistica del Policlinico Universitario A. Gemelli IRCSS, professore Ordinario di Oculistica presso Università Cattolica di Roma -. E’ ormai una malattia sociale e rappresenta la causa più frequente di ipovisione e disabilità visiva dopo i 50 anni nel mondo occidentale. Ne esistono due forme, quella “secca”, la più comune (circa il 90% di tutte le forme), e quella umida o essudativa. La maculopatia umida fino a qualche anno fa non era considerata curabile, ma i progressi terapeutici degli ultimi anni hanno consentito di rallentarne notevolmente la progressione e di ridurne la evoluzione”. “Purtroppo – mette in guardia l’esperto – molti pazienti arrivano alla diagnosi in ritardo perché non si sottopongono a visite oculistiche di controllo dopo i 50 anni e perché trascurano i sintomi iniziali, costituiti principalmente dalla visione un po’ distorta delle immagini”.
IN ARRIVO NEL 2024 NUOVO FARMACO CONTRO MACULOPATIA ‘SECCA’ La maculopatia secca è dovuta alla formazione di depositi giallastri sotto la macula con atrofia del tessuto retinico e la riduzione della visione centrale è in genere più graduale e lentamente progressiva. E’ attesa per il 2024 l’approvazione da parte dell’EMA a seguito dell’ok dell’FDA di qualche mese fa, di 2 nuovi farmaci, il Pegcetacoplan e l’ Izervay.
Rizzo: “La maculopatia è una patologia che compromette in maniera significativa la qualità di vita dei pazienti ed è molto diffusa: riguarda il 2% degli italiani e aumenta al crescere dell’età”
Dai nuovi farmaci contro la maculopatia secca e umida, alla terapia genica fino all’intelligenza artificiale, arrivano nuove terapie salva-retina. Una delle emergenze con le quali gli esperti dovranno confrontarsi sempre più spesso nei prossimi anni è la degenerazione maculare legata all’età, che attualmente interessa oltre un milione di italiani che hanno un “buco” al centro del campo visivo. Un panorama destinato a cambiare nel prossimo futuro grazie all’arrivo di nuovi farmaci e di innovative strategie di intervento su cui i massimi esperti internazionali faranno il punto nel corso del congresso Floretina ICOOR 2023. “La maculopatia è una patologia che compromette in maniera significativa la qualità di vita dei pazienti ed è molto diffusa: riguarda il 2% degli italiani e aumenta al crescere dell’età – osserva Stanislao Rizzo, presidente Floretina ICOOR, direttore della Clinica Oculistica del Policlinico Universitario A. Gemelli IRCSS, professore Ordinario di Oculistica presso Università Cattolica di Roma -. E’ ormai una malattia sociale e rappresenta la causa più frequente di ipovisione e disabilità visiva dopo i 50 anni nel mondo occidentale. Ne esistono due forme, quella “secca”, la più comune (circa il 90% di tutte le forme), e quella umida o essudativa. La maculopatia umida fino a qualche anno fa non era considerata curabile, ma i progressi terapeutici degli ultimi anni hanno consentito di rallentarne notevolmente la progressione e di ridurne la evoluzione”. “Purtroppo – mette in guardia l’esperto – molti pazienti arrivano alla diagnosi in ritardo perché non si sottopongono a visite oculistiche di controllo dopo i 50 anni e perché trascurano i sintomi iniziali, costituiti principalmente dalla visione un po’ distorta delle immagini”.
IN ARRIVO NEL 2024 NUOVO FARMACO CONTRO MACULOPATIA ‘SECCA’ La maculopatia secca è dovuta alla formazione di depositi giallastri sotto la macula con atrofia del tessuto retinico e la riduzione della visione centrale è in genere più graduale e lentamente progressiva. E’ attesa per il 2024 l’approvazione da parte dell’EMA a seguito dell’ok dell’FDA di qualche mese fa, di 2 nuovi farmaci, il Pegcetacoplan e l’ Izervay.
IN ARRIVO NEL 2024 ANTICORPI MONOCLONALI CONTRO LA MACULOPATIA UMIDA La maculopatia “umida” è causata da una crescita anomala di neovasi sotto la macula, la parte centrale della retina responsabile della visione fine, e la compromissione della vista in questa forma può avvenire in modo repentino. “Sono finalmente in arrivo terapie innovative, sempre più potenti e a lunga durata di azione, che ci consentiranno di allungare gli intervalli di trattamento – dichiara Teresio Avitabile, presidente della Società Italiana di Scienze Oftalmologiche (S.I.S.O.) “E’ il caso del nuovo anticorpo faricimab, disponibile da pochi mesi e a breve rimborsabile dal Servizio Sanitario Nazionale. Questo è il primo anticorpo bispecifico, cioè a “doppio bersaglio”, perché oltre ad agire come anti VEGF colpisce anche un secondo importante bersaglio, cioè l’angipoietina-2, un’altra sostanza che concorre ad aumentare la formazione di nuovi vasi. Arriverà anche in Italia, sempre nel 2024, contro la maculopatia senile umida e l’edema maculare diabetico, anche un anticorpo monoclonale anti VEGF già utilizzato, ranibizumab, inserito in un piccolo serbatoio ricaricabile, impiantato nella parete dell’occhio e che eroga quotidianamente piccole quantità di farmaco.
TERAPIA GENICA : IN CORSO TRIAL PER LE MACULOPATIE E LA RETINOPATIA DIABETICA
La terapia genica è la terapia più avanzata, costituisce una grande risorsa per il trattamento di alcune patologie retiniche rare, e si va affermando sempre di più. “E’ ormai consolidata e approvata – afferma Rizzo – la terapia genica per una forma di distrofia retinica ereditaria, l’Amaurosi congenita di Leber (LCA), mentre sono attualmente in corso trial clinici per altre varianti di retinite pigmentosa, la sindrome di Usher, e la malattia di Stargardt. Si tratta di patologie per le quali i ricercatori sono riusciti a individuare un gene “difettoso” specifico che impedisce a determinate cellule retiniche di funzionare correttamente, causando problemi alla vista che possono peggiorare nel tempo. Con la terapia genica, questi geni “difettosi” vengono sostituiti con copie sane, che vanno così a correggere l’errore che ha scatenato la malattia.
DA INTELLIGENZA ARTIFICIALE UN AIUTO PER LA DIAGNOSI DI RETINOPATIA DIABETICA
Nuove possibili applicazioni per la diagnosi di patologie retiniche potrebbero arrivare dall’impiego dell’Intelligenza artificiale. In un trial clinico italiano, condotto in Piemonte e in Veneto, è stata dimostrata l’efficacia di uno specifico algoritmo, Dairet (Diabetes Artificial Intelligence for RETinopathy) per lo screening di primo livello della retinopatia diabetica, complicanza che interessa il 30% dei pazienti diabetici. Lo studio, pubblicato sulla rivista Diabetes & Obesity International Journal, ha dimostrato un’elevata efficacia dell’algoritmo nel rilevare i casi lievi e moderati di retinopatia
Dalla cataratta alla maculopatia, che da sola colpisce oltre 1 milione di italiani, le malattie dell’occhio sono in “crescita vertiginosa”, direttamente legate all’invecchiamento della popolazione. Ma in aumento sono anche le patologie oculari tra i giovani, a partire dalla miopia. Complessivamente, sono 6 milioni gli italiani affetti da problemi alla vista, con un aumento di almeno il 50% rispetto a 10 anni fa. Eppure le malattie oculari restano ancora delle ‘cenerentole’ e si pone il grande problema del costo dei farmaci, che sono quasi tutti a carico del cittadino.
A fare il punto è Stanislao Rizzo, direttore della Clinica oculistica del Policlinico universitario A. Gemelli e professore di Oculistica all’Università Cattolica: “L’oculistica – afferma – è un pò un settore ‘dimenticato’, nonostante i notevoli costi sociali diretti e indiretti che queste malattie determinano”. Gli unici farmaci rimborsati in oculistica, cioè a carico del Servizio sanitario nazionale, spiega Rizzo all’ANSA, sono i farmaci per il glaucoma: “Tutto il resto, dai colliri antibiotici alle lacrime artificiali agli integratori per le maculopatie, sono a pagamento a carico del paziente. Se un paziente deve ad esempio ricevere un intervento di chirurgia oculistica, dalla cataratta a interventi più complessi come un trapianto di cornea, deve farsi carico dell’intera terapia, pre e post operatoria. In molti casi sono ad esempio necessari colliri disinfettanti antibiotici per preparare all’intervento, poichè una delle complicanze più gravi sono appunto le infezioni. Purtroppo hanno un costo abbastanza elevato, una boccetta di collirio può superare i 20 euro e sono terapie che devono essere fatte anche a lungo”.
Il punto, rileva, è che le malattie dell’occhio vengono in qualche modo “trascurate, nonostante siano fortemente invalidanti: non si pensa mai al costo sociale legato ai pazienti ipovedenti. Per questo, chiediamo più attenzione: andrebbero rese rimborsabili almeno le terapie chirurgiche antinfettive”. Questo, a fronte di numeri in costante crescita. In generale, sottolinea l’esperto, “sono in aumento tutte le patologie legate all’età e l’Italia è uno dei Paesi con la maggiore prevalenza di anziani. Tra queste la cataratta, la cui incidenza sta aumentando in maniera vertiginosa. Tra le cause anche la maggiore esposizione alla luce del sole ed ai raggi ultravioletti”. E la situazione, rileva, “si è aggravata a seguito della pandemia, perchè le liste di attesa si sono notevolmente allungate ed ora per avere un intervento di cataratta si deve aspettare anche oltre un anno. Per una patologia così invalidante questo è un problema. Ma il punto resta sempre quello degli insufficienti investimenti nella sanità”. In grande aumento è anche la maculopatia senile, legata all’invecchiamento della retina. Si distinguono due forme, la prima è quella ‘umida’ accompagnata da edema e sangue ed è la forma più pericolosa.
Per questa forma, però, chiarisce Rizzo, “oggi abbiamo dei farmaci sempre più potenti ed efficaci. Tuttavia, gli ospedali sono affogati da pazienti con maculopatia e spesso non riescono a seguire i protocolli di somministrazione che prevedono almeno 6-7 iniezioni oculari l’anno con i farmaci di nuova generazione. Tali farmaci sono rimborsati dal Ssn ma hanno un costo pari a circa 3mila euro l’anno a paziente. Dunque, sempre per una questione di costi e considerando il gran numero di pazienti – afferma – in alcune Regioni si preferisce utilizzare farmaci di vecchia generazione meno costosi, che presuppongono però una somministrazione mensile ed hanno un’azione limitata nel tempo”. La secondo forma, pari al 90% delle maculopatie, è quella cosiddetta ‘secca’, in cui la macula si atrofizza per motivi legati all’età, per cui fino a poco tempo fa non c’era una terapia. Da qualche mese però, prosegue, “sono stati messi in commercio negli Usa 2 farmaci dopo l’approvazione della Fda: sono in grado di rallentare l’evoluzione della malattia nel 30% dei pazienti. Si attende ora il via libera dell’Ema”.
Una patologia non legata invece all’anziano che è in enorme crescita è poi la miopia, complice l’enorme esposizione a pc e schermi. “Vediamo un aumento preoccupante proprio tra i ragazzi ma oggi ci sono finalmente delle terapie valide, come colliri a base di atropina e lenti particolari, che rallentano notevolmente la malattia. Purtroppo – evidenzia l’esperto – anche in questo caso i farmaci sono a carico del cittadino”. Su questi temi, circa 3mila esperti da tutto il mondo si confronteranno in occasione del congresso internazionale sulle patologie della retina Floretina, dal 30 novembre al 3 dicembre a Roma: “E punteremo i riflettori anche sulle nuove metodiche di insegnamento, a partire – conclude Rizzo – dalla realtà virtuale ed il metaverso, che saranno applicati alla chirurgia dell’occhio”.
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