NANOMATERIALI

RAPPORTO EEA SULL’ESPOSIZIONE A BISFENOLO

da” l Indipendente “

Un rapporto dell’Agenzia Europea dell’Ambiente (EEA), basato su dati provenienti da uno studio di monitoraggio biologico dell’UE, ha rivelato che fino al 100% delle persone provenienti da 11 paesi dell’Unione Europea potrebbe essere stata esposta al Bisfenolo A (BPA) – una sostanza chimica sintetica nociva impiegata nella produzione delle plastiche in policarbonato – oltre ai livelli considerati sicuri per la salute. I dati emersi mettono in luce il potenziale rischio per la salute pubblica nel Vecchio Continente, soprattutto per quel che riguarda i bambini e le donne in gravidanza. 

Il rapporto si è basato su dati provenienti dallo studio Human-Biomonitoring-Studie (HBM4EU), condotto da gennaio 2017 a giugno 2022. Il progetto europeo di biomonitoraggio umano ha misurato la presenza di bisfenolo A e altri due bisfenoli, utilizzati come sostituti del BPA (bisfenolo S e bisfenolo F), nelle urine di 2.756 adulti provenienti da 11 paesi (Croazia, Repubblica Ceca, Danimarca, Francia, Finlandia, Germania, Islanda, Lussemburgo, Polonia, Portogallo e Svizzera, che rappresentano l’Europa settentrionale, orientale, meridionale e occidentale). Quel che è emerso ha sollevato la preoccupazione dei ricercatori poiché tra il 71% e il 100% dei partecipanti ha superato i limiti consentiti nell’UE di esposizione alla sostanza. “Va notato – scrive l’EEA per descrivere la vastità del problema – che il limite di quantificazione dei metodi analitici utilizzati per monitorare il BPA nelle urine umane è superiore al valore guida per il biomonitoraggio umano (HBM-GV). Ciò significa che i superamenti segnalati sono numeri minimi; Esiste la probabilità che in realtà tutti gli 11 Paesi abbiano tassi di superamento del 100% esposti al di sopra dei livelli di sicurezza”. Numeri troppo elevati e che costituiscono un problema per la salute pubblica nell’Unione Europea..

Il Bisfenolo A, infatti, è una sostanza chimica sintetica nota per danneggiare il sistema immunitario umano anche a dosi molto basse, con effetti indesiderati che implicano la riduzione della fertilità, l’interferenza endocrina e le reazioni allergiche cutanee. La contaminazione del corpo umano da BPA avviene principalmente attraverso il cibo – in quanto la sostanza è presente nella plastiche e nelle resine utilizzate per confezionare alimenti e bevande – ed è stata collegata ad un aumento del rischio di cancro al seno, sovrappeso, danni al sistema nervoso e comportamenti anomali nei bambini. 

I problemi derivanti dal BPA sono noti già da tempo e sebbene l’Unione Europea abbia introdotto misure restrittive sul suo utilizzo dal 2011, quanto emerso dallo studio dell’EEA dimostra come tali regolamentazioni siano state insufficienti. È per questo motivo che l’Agenzia Europea dell’Ambiente, insieme all’Agenzia Europea delle Sostanze Chimiche hanno raccomandato la necessità di un intervento immediato per mitigare l’esposizione dei cittadini europei a questo tipo di sostanze. 

A riguardo, la Commissione Europea dovrebbe presentare, con l’inizio del nuovo anno, il regolamento per vietare l’uso del bisfenolo A nei contenitori alimentari di plastica e nelle lattine. Un provvedimento che dovrebbe includere regole anche per evitare che l’uso del Bisfenolo A venga sostituito con altre sostanze simili, già rivelatesi dannose, e che dovrebbe prevedere deroghe e periodi di transizione per i produttori e gli utilizzatori. Una decisione che è arrivata a seguito del parere dell’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (EFSA), che ha ridotto di 20mila volte la dose tollerabile della sostanza chimica (ancora utilizzata in moltissimi tipi di contenitori alimentari). 

[di Iris Paganessi]

I NANOMATERIALI : MONITORAGGIO E GESTIONE DEL RISCHIO.

da Inail.it

Negli anni i nanomateriali hanno mostrato uno sviluppo crescente. Attualmente si considerano all’interno del gruppo più ampio dei “materiali avanzati”.

Ad essi è riconosciuto un grande potenziale abilitante in vari settori, tra cui energie rinnovabili, mobilità sostenibile, uso efficiente/risparmio delle risorse, digitalizzazione, industria 4.0, robotica e manifattura additiva. Tuttavia la loro produzione e utilizzo diffuso hanno evidenziato potenziali impatti sulla salute, rappresentando un rischio emergente per i lavoratori coinvolti. Ciò induce a considerare ulteriori sfide per il monitoraggio, la caratterizzazione e la gestione del rischio in scenari lavorativi complessi e nuovi approcci alla prevenzione e alle policy.



Prodotto: Fact sheet
Edizioni: Inail 2023
Disponibilità: Consultabile solo in rete
Info: dcpianificazione-comunicazione@inail.it

MAKER FAIR: SIMULAZIONE MULTISENSORIALE DELLA SICUREZZA

da Inail.it

In occasione della manifestazione europea organizzata dalla Camera di Commercio di Roma al Gazometro Ostiense, saranno presentati alcuni progetti di ricerca condotti negli ambiti dell’ergonomia, della sensoristica, della robotica e della realtà aumentata, con l’obiettivo di studiare i rischi potenziali, nuovi ed emergenti per la salute dei lavoratori e sviluppare dispositivi all’avanguardia per la prevenzione di infortuni e malattie professionali

Innovazione per la sicurezza sul lavoro, dal 7 al 9 ottobre l’Inail alla X edizione di Maker Faire

ROMA – Dal 7 al 9 ottobre l’Inail tornerà al Gazometro Ostiense per la X edizione di Maker Faire Rome – The European Edition, l’evento dedicato all’innovazione promosso e organizzato dalla Camera di Commercio di Roma, che ospiterà circa 300 spazi espositivi con idee e prototipi all’avanguardia. Nello stand dell’Istituto saranno presentati alcuni progetti di ricerca condotti negli ambiti dell’ergonomia, della sensoristica, della robotica e della realtà aumentata, con l’obiettivo di studiare i rischi potenziali, nuovi ed emergenti per la salute e la sicurezza dei lavoratori e sviluppare dispositivi ad alto valore tecnologico per la prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali.  

Nello stand dell’Istituto il prototipo utilizzato dagli astronauti della stazione spaziale internazionale. I visitatori potranno osservare il prototipo attualmente in uso sulla stazione spaziale internazionale (Iss) per il monitoraggio della funzionalità uditiva e, in particolare, di quella cocleare nei lavoratori esposti a rumore e/o ad altri agenti oto-neurotossici. Grazie al progetto AUDIO-Acoustic Diagnostics, finanziato dall’Agenzia spaziale italiana e supportato dalla European Space Agency e dalla Nasa, l’Istituto, in collaborazione con le Università di Roma Tor Vergata e Sapienza, il Campus Bio-Medico e Altec Spa, dal 2019 sta acquisendo dati otoacustici degli astronauti imbarcati sull’Iss, tra cui gli italiani Luca Parmitano e Samantha Cristoforetti. Anche gli astronauti, infatti, hanno bisogno della prevenzione per svolgere la loro attività al massimo livello di sicurezza possibile in un ambiente estremo come quello dell’Iss, dove microgravità e rumore potrebbero provocare danni all’udito. Di qui la necessità di utilizzare indicatori precoci di danno uditivo come le emissioni otoacustiche, che ha portato allo sviluppo di una tecnica diagnostica sensibile e facilmente utilizzabile anche nello spazio.

Una glove box per replicare la movimentazione delle nanopolveri. Uno dei laboratori esperienziali che saranno allestiti all’interno dello stand Inail è dedicato alla possibile esposizione a nanoparticolato aerodisperso, tramite la simulazione della movimentazione di nanopolveri fluorescenti inerti all’interno di una glove box. Negli ultimi anni le nanotecnologie hanno avuto un rapido sviluppo in vari settori produttivi, dalla farmaceutica alla medicina, dall’energia alle costruzioni, sfruttando le proprietà innovative dei nanomateriali, che però possono rappresentare anche un rischio per i lavoratori esposti. L’identificazione dei parametri che meglio possono rappresentare la loro tossicità, come le dimensioni, la concentrazione in numero e in massa, l’area superficiale, la composizione chimica e morfologica, è dunque essenziale per valutare correttamente l’esposizione occupazionale. A questo scopo, il Dipartimento di medicina, epidemiologia, igiene del lavoro e ambientale (Dimeila) dell’Istituto ha sviluppato una strategia di misura e caratterizzazione dell’esposizione per inalazione a nanomateriali nei luoghi di lavoro, basata sugli standard disponibili e applicabile a materiali aerodispersi di differente natura, forma e dimensione.

La realtà virtuale per provare gli effetti delle apnee notturne. Alla sindrome delle apnee notturne (Osas), e alle sue ricadute sul “rischio strada”, sarà dedicato un percorso immersivo che, attraverso l’uso della realtà virtuale, consentirà di conoscere e provare segni, sintomi e conseguenze sulla salute e sulla guida di questa patologia, che si stima aumenti da due fino a otto volte la probabilità di incidenti stradali, esponendo soprattutto i lavoratori impegnati per lungo tempo al volante di mezzi di trasporto. Nonostante i suoi elevati costi sanitari e sociali, la sindrome è sotto-diagnosticata e sotto-trattata. Per valutare i fattori di rischio delle apnee notturne, che comprendono l’obesità (il 70% dei pazienti con Osas è obeso) e la cattiva igiene del sonno, che può derivare dall’assunzione di alcolici e tranquillanti, dal fumo e da pasti abbondanti prima del riposo notturno, un gruppo di ricerca multidisciplinare coinvolto nel bando Bric 2018 dell’Inail ha sviluppato la web app interattiva SleeP@S-APP, uno strumento di autovalutazione che restituisce a chi lo compila un feedback immediato informativo e di orientamento.

Simulatori e “gemelli digitali” per la formazione e la prevenzione. Nello spazio espositivo dell’Istituto saranno messi a disposizione anche un simulatore che ricostruisce le funzionalità di una piattaforma di lavoro elevabile per il sollevamento di persone, che attraverso la riproduzione fedele di scenari operativi complessi fornisce uno strumento di training a supporto della formazione e dell’addestramento in sicurezza degli operatori, e un modello “digital twin”, gemello digitale di un trapano a colonna per prevenire, mediante il monitoraggio continuo dei parametri significativi dell’attrezzatura di lavoro, situazioni di pericolo prima che possano determinare incidenti. Lo stand Inail, inoltre, ospiterà il dimostratore tecnologico di nastro trasportatore realizzato nell’ambito del progetto SIC_O_MAN, promosso dal Dipartimento innovazioni tecnologiche e sicurezza degli impianti, prodotti e insediamenti antropici (Dit) dell’Istituto insieme al Politecnico di Torino, all’Università di Bologna e all’Università di Cassino e del Lazio meridionale, con l’obiettivo di valutare gli effetti dei parametri di funzionamento di una macchina rispetto al possibile rilascio di energia elastica accumulata.

Nelle interviste sul main channeI gli impatti del cambiamento climatico e le nuove soluzioni per contrastare le cadute dall’alto. Anche l’edizione 2022 di Maker Faire avrà un canale main dal quale saranno raccontate tante storie d’innovazione, grazie a un vero e proprio studio televisivo allestito negli spazi del Gazometro che ospiterà i protagonisti nazionali e internazionali del mondo dell’innovazione. Negli interventi dell’Inail, in particolare, si parlerà degli impatti del cambiamento climatico sulla salute e sicurezza sul lavoro e di soluzioni innovative di contrasto alle conseguenze delle cadute dall’alto. Per il primo argomento è stato dimostrato come l’esposizione occupazionale prolungata a temperature estreme sia un potenziale fattore di rischio di infortunio occupazionale, soprattutto in settori sensibili come l’edilizia e l’agricoltura. Con il progetto di ricerca Worklimate sono stati resi disponibili strumenti operativi e informativi, come le mappe climatiche di previsione del rischio di esposizione per le aziende, i lavoratori e gli operatori della salute e sicurezza negli ambienti di lavoro. Per il secondo argomento, invece, sarà presentato un progetto per lo sviluppo di nuove soluzioni per prevenire gli infortuni dovuti a cadute dall’alto e ridurne gli effetti, migliorando la protezione dei lavoratori. Le innovazioni utilizzeranno i progressi nell’ambito delle tecnologie di wearable sensing e actuation.

I webinar sul “risk assessment” negli ambienti naturali speciali e sul rischio biomeccanico nell’industria 4.0. I due webinar organizzati dall’Istituto sulla piattaforma digitale della manifestazione saranno invece dedicati alla metodologia del “risk assessment” applicata agli ambienti naturali speciali, che è risultata estremamente efficace nell’individuazione di condizioni pericolose in relazione all’attività lavorativa o ludico-sportiva che vi si sta svolgendo, e al rischio biomeccanico nell’industria 4.0, caratterizzata da attività svolte mediante esoscheletri o robot collaborativi, che è possibile analizzare, anche in tempo reale, grazie a strumenti informatici integrabili nell’ambiente di lavoro.

Il 6 ottobre la conferenza di apertura con speaker ed esperti internazionali. Tra le novità della nuova edizione il nuovo format Commonground, dedicato ai tre giorni che precedono la manifestazione, con eventi tematici che puntano a celebrare il ruolo di Maker Faire Rome come facilitatore di innovazione che insieme a partner come l’Inail ha permesso di creare connessioni tra persone, aziende, centri di ricerca, scuole e università, consentendo a tante idee di trasformarsi in progetti concreti e imprese reali. Il valore dell’innovazione come “terreno comune” e patrimonio di tutti sarà anche al centro della conferenza in programma il 6 ottobre, che darà il via ufficiale all’edizione 2022 con speaker ed esperti internazionali di grande esperienza e visione.

STAMPA 3 D E SALUTE SUL LAVORO.

da inail.it

Il crescente utilizzo della stampa 3D tra i processi di produzione innovativi sottolinea la necessità di valutare e gestire l’impatto sui lavoratori dell’esposizione alle polveri di dimensione nanometrica, composti organici volatili (VOCs) emessi durante la stampa e altri inquinanti derivati dalla fabbricazione di un prodotto tramite questi processi di produzione (Manifattura additiva).

Immagine La stampa 3d e le implicazioni per la salute dei lavoratori: lavorare in sicurezza con le nuove tecnologie

L’obiettivo principale di questo prodotto editoriale è quello di fornire una panoramica delle conoscenze attualmente disponibili sulla problematica relativa ai potenziali rischi connessi alla stampa 3D, ancora poco conosciuti, e sulla necessità di adottare adeguate misure di prevenzione e protezione.


Prodotto: Fact sheet
Edizioni: Inail 2022
Disponibilità: Consultabile solo in rete
Info: dcpianificazione-comunicazione@inail.it 

FOCUS SUL GREEN PASS EUROPEO

Da 01health.it

I negoziatori del Parlamento europeo e del Consiglio hanno raggiunto un accordo provvisorio sul Certificato Covid digitale UE per facilitare la libera circolazione.

Il certificato sarà disponibile sia in formato digitale che cartaceo.

Attesterà se una persona è stata vaccinata contro il coronavirus o ha un risultato recente di test negativo o è guarita dall’infezione.

In pratica, si tratta dell’unione di tre certificati.

Il quadro comune dell’UE permetterà agli Stati membri di emettere tali certificati che saranno poi accettati negli altri paesi dell’UE.

Secondo l’accordo, il regolamento del Certificato Covid digitale UE resterà in vigore per 12 mesi.

Il certificato non sarà una precondizione per esercitare il diritto alla libera circolazione e non sarà considerato un documento di viaggio.

Il testo dell’accordo sarà ora sottoposto alla commissione parlamentare per le libertà civili (LIBE) e alla Plenaria per l’approvazione, nonché al Consiglio.

Il testo sarà votato dalla commissione LIBE il 26 maggio 2021.

Se confermato, sarà poi presentato per l’adozione in Aula durante la sessione plenaria di giugno I (7-10 giugno 2021).

L’entrata in vigore è prevista per il 1 luglio.

Le azioni a supporto del certificato Covid digitale europeo

Per sostenere la disponibilità di test abbordabili e accessibili, la Commissione europea si è impegnata a mobilitare almeno 100 milioni di euro nell’ambito dello Strumento di sostegno di emergenza per l’acquisto di test (tamponi) per l’infezione da SARS-CoV-2 allo scopo di rilasciare i certificati UE.

Di tale finanziamento dovrebbero beneficiare le persone che quotidianamente o frequentemente attraversano le frontiere per andare al lavoro o a scuola, visitare parenti stretti, cercare cure mediche, o per prendersi cura dei propri cari, così come i lavoratori essenziali.

I negoziatori europei hanno concordato che, se necessario, potrebbero essere mobilitati ulteriori finanziamenti oltre i 100 milioni, previa approvazione delle autorità di bilancio.

I Paesi UE non devono imporre restrizioni di viaggio, come la quarantena, l’autoisolamento o i tamponi, “a meno che non siano necessarie e proporzionate per salvaguardare la salute pubblica” in risposta alla pandemia di COVID, tenendo conto anche delle prove scientifiche disponibili, “compresi i dati epidemiologici pubblicati dal Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (ECDC)”.

Tali misure dovrebbero essere notificate agli altri Stati membri e alla Commissione al più tardi 48 ore prima.

I Paesi UE devono accettare i certificati di vaccinazione rilasciati in altri Stati membri per le persone che hanno ricevuto un vaccino autorizzato ndall’Agenzia europea dei medicinali (EMA) (attualmente Pfizer-BioNTech, Moderna, AstraZeneca e Janssen).

Spetterà ai Paesi UE decidere se accettare anche i certificati delle vaccinazioni effettuate con gli altri vaccini utilizzati in base alle procedure di autorizzazione di emergenza nazionali o con quelli elencati dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) per l’utilizzo di emergenza.

Protezione dati

I certificati saranno verificati per prevenire frodi e falsificazioni, così come l’autenticità dei sigilli elettronici inclusi nel documento.

I dati personali ottenuti dai certificati non possono essere immagazzinati negli Paesi UE di destinazione e non ci sarà una banca dati centrale stabilita a livello UE.

La lista delle entità che tratteranno e riceveranno i dati sarà pubblica, in modo che i cittadini possano esercitare i loro diritti di protezione dei dati in base al regolamento generale sulla protezione dei dati

NANOMATERIALI SUI LUOGHI DI LAVORO

Da oshua.europa.eu

Questa scheda informativa presenta una panoramica di come trattare i nanomateriali fabbricati nel luogo di lavoro. Questi materiali, che contengono particelle molto piccole, sono potenzialmente tossici.

La scheda informativa reca informazioni dettagliate sulla normativa dell’UE in materia, analizza i possibili effetti sulla salute dei nanomateriali, contiene consigli utili per i datori di lavoro su come prevenire o mitigare l’esposizione dei lavoratori ai nanomateriali e descrive le principali vie d’esposizione, ossia inalazione, contatto con la pelle e ingestione. La scheda elenca inoltre le misure pratiche che possono essere adottate sulla base del principio STOP per prevenire o ridurre l’esposizione ai nanomateriali.

https://osha.europa.eu/sites/default/files/publications/documents/NANOINFOSHEET_TE0118896ITN.pdf

QUANTA PLASTICA CI BEVIAMO. INTERVISTA A SHARRI MASON

Intervista pubblicata su La stampa a SHERRI MASON ricercatrice americana pioniera sulle microplastiche

Risultati immagini per microplastiche TECO MILANO

Non si conoscono ancora i possibili effetti sulla salute, né si è del tutto sicuri dei percorsi che compiono per arrivare nell’acqua e nel suolo. Una cosa però è ormai certa: le microplastiche sono dappertutto. E Sherri Mason, ricercatrice americana della Penn State University, pioniera negli studi su questa subdola forma di inquinamento, non ha dubbi: “Ci sono aree del Pianeta in cui la concentrazione è maggiore che in altre, ma nessun luogo può dirsi libero dal problema”.

Ospite dell’ultima edizione del Festival del Giornalismo Alimentare di Torino , Mason ha fatto il punto sullo stato della ricerca in materia, sfatando anche alcune convinzioni comuni sulle microplastiche che ingeriamo. Come il credere più sicure le acque in bottiglia rispetto a quella del rubinetto di casa.

Dall’oceano ai Grandi Laghi

Risultati immagini per microplastiche TECO MILANO

Se il problema dell’inquinamento da plastica di mari e oceani è tragicamente visibile ed è al centro dell’attenzione mediatica, lo stesso non si può dire delle microplastiche nell’acqua dolce. Di minuscoli frammenti rinvenuti nei pesci che poi finiscono sulle nostre tavole si parla ormai da tempo, mentre – forse per effetto di una rimozione collettiva – è solo da qualche anno che le indagini hanno cominciato a concentrarsi sull’elemento base di qualunque dieta: l’acqua da bere.

Immagine correlata TECO MILANO MICROPLASTICHE

Una delle pioniere in questo campo è stata, già dal 2012, Sherri Mason, la cui terra d’origine ha giocato un ruolo fondamentale nella scelta della sua materia di ricerca. “Sono della Pennsylvania, vivo nella regione dei Grandi Laghi – racconta a Tuttogreen – Il Lago Superiore, il Michigan, l’Huron, l’Eire e l’Ontario, tutti connessi fra loro, costituiscono il più vasto sistema d’acqua dolce del mond o. Un bacino su cui una popolazione di 35 milioni di persone fa affidamento per il proprio sostentamento. Mi sono chiesta quanta plastica e soprattutto quanta microplastica ci fosse in queste acque. Ho scoperto che gli ultimi due laghi della catena, l’Eire e soprattutto l’Ontario, con 230mila particelle per km quadrato, hanno una concentrazione di microplastiche pari ai mari più inquinati del Pianeta. Un dato che ha ovviamente attirato le preoccupazioni dell’opinione pubblica”.

Risultati immagini per microplastiche

Il team di ricerca ha quindi cominciato ad indagare le vie attraverso cui la plastica arriva in fiumi e laghi: packaging, materiali per la pesca, lavaggio di tessuti in fibre sintetiche.

“Ci siamo anche spostati altrove, in zone remote del mondo, intrecciando collaborazioni con altri istituti di ricerca. Ad esempio siamo andati ad analizzare i laghi della Mongolia. È stato interessante paragonare i risultati qualitativi di aree così diverse e lontane. Se nella regione dei Grandi Laghi negli Stati Uniti abbiamo trovato molte microplastiche provenienti dal lavaggio di capi sintetici, nei laghi mongoli, invece, ciò che abbiamo rinvenuto più di frequente erano residui blu di materiale espanso usato dai pescatori come galleggiante per le esche. Se spesso la portata dell’inquinamento da plastica causa una sensazione di impotenza, questi dati possono invece aiutare a capire un concetto importante: ciò che usiamo ogni giorno è ciò che poi finisce nell’acqua. Perciò sta a noi riuscire a cambiare le nostre abitudini e l’organizzazione delle nostre società per avere un effetto diretto sull’acqua che beviamo”.

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percentuali di micro plastiche nei rubinetti di acqua

La via delle microplastiche verso la catena alimentare

Dallo scaffale del supermercato alle acque di un lago, di un fiume, del mare, e poi di nuovo su, verso il frigorifero o la tavola. Quello delle plastiche è un viaggio andata e ritorno. Così Sherri Mason, dopo essere andata alla ricerca del percorso che le porta all’acqua, si è messa a indagare la strada contraria, che da lì le introduce nella catena alimentare.

Il primo passo è stato il sale marino. Ispirandosi a un analogo studio condotto in Cina, Mason e il suo team hanno analizzato diverse tipologie di confezioni, dalla busta in plastica alla scatola in cartone, scoprendo che, in media, ogni kg di sale contiene 212 particelle di microplastiche. Poi è stato il turno della birra: quella prodotta nel distretto dei Grandi Laghi contiene 4,05 particelle per litro ed è paradossalmente più “salutare” dell’acqua.

Risultati immagini per microplastiche TECO MILANO

All’acqua potabile, quella del rubinetto di casa, è stata infine dedicata una ricerca molto più vasta e ambiziosa. In collaborazione con Orb Media , Mason ha infatti passato in rassegna campioni di acqua presi in 159 paesi di tutto il mondo, trovando particelle di microplastiche con un’incidenza dell’83% dei casi (in USA il 94%, in Europa il 72%). “In media – spiega – abbiamo rinvenuto 5,45 particelle per litro. Facendo una stima sulla base dei dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità sul consumo di acqua potabile, questo significa che beviamo 5100 particele di microplastiche all’anno. Insieme al sale, invece, ne ingeriamo 180 all’anno”.

Acqua del rubinetto o in bottiglia?

“Dopo aver divulgato i risultati della ricerca, mi sarei aspettata che la gente scendesse in piazza e chiedesse l’intervento del Governo. Invece le persone hanno cominciato a comprare più acqua in bottiglia, pensando fosse più sicura”. Mason non si è però lasciata prendere dallo sconforto, e ha intrapreso una seconda indagine. Con la Fredonia University e Orb Media si è dunque concentrata sulle acque in bottiglia, passando in rassegna un’ampia scelta di marchi da tutto il mondo: tra gli altri, Danone, PepsiCo, Evian, Nestlè, Coca-Cola, San Pellegrino e la cinese Wahaha.

“Le microplastiche erano presenti nel 93% dei campioni, quindi con un’incidenza maggiore rispetto all’acqua corrente. La quantità di particelle per litro è addirittura doppia rispetto all’acqua del rubinetto: 10,4 particelle/litrocontro 5,45”. Oltre alle microplastiche classiche, quelle con diametro dell’ordine di grandezza di un capello, il team ha trovato in ogni litro analizzato più di 300 particelle con dimensioni inferiori ai 100 micron. “Più piccole sono, e più sono insidiose – spiega Mason – Perché hanno maggiore probabilità di essere assorbite dal sistema gastro-intestinale e arrivare al sistema circolatorio e linfatico, fino al cervello”.

Interessante è poi la morfologia delle plastiche trovate: il 54% è polipropilene (il moplen), con cui sono fatti la maggior parte dei tappi delle bottiglie. E c’è poi un buon 10% di polietilene (PE o PET), cioè il materiale di cui sono fatte le stesse bottiglie. Insomma, una grossa percentuale di particelle proviene proprio dagli imballaggi che dovrebbero preservare la purezza dell’acqua…

Risultati immagini per microplastiche

Paure e prese di coscienza

Se gli effettivi impatti sulla salute delle microplastiche che ingeriamo non sono ancora chiari (“è questa la nuova frontiera della ricerca”, precisa Mason), ipotesi e preoccupazioni stanno però già prendendo forma. “Io sono una chimica e la mia preoccupazione riguarda gli elementi chimici che possono essere presenti nelle o sopra le plastiche. Le microplastiche possono fare da piattaforma per trasportare vari agenti chimici potenzialmente pericolosi all’interno del nostro organismo. Le plastiche stesse contengono poi vari composti che hanno funzione di stabilizzanti UV, antiossidanti o ignifughi, e di questi in realtà conosciamo già i possibili effetti. Sappiamo ad esempio che sono correlati a certi tumori o che possono agire da perturbatori endocrini, cioè alterare l’equilibrio ormonale. Per alcuni di questi composti si stanno addirittura studiando delle correlazioni con l’autismo”.

Risultati immagini per microplastiche TECO MILANO

Se la maggior parte degli studiosi evita di scatenare allarmismi (“l’assorbimento di microplastiche da parte dell’organismo è al massimo di un grammo all’anno”, ricorda ad esempio Giorgio Gilli dell’Università di Torino), è vero tuttavia che saranno sempre più necessarie regole ferree circa la composizione dei polimeri della plastica.

E dopotutto, se anche la paura delle microplastiche si diffondesse, potrebbe forse essere un bene: sarebbe la spinta necessaria per cambiare finalmente la rotta di una società insostenibilmente “plastivora”.

Immagine correlata TECO MILANO MICROPLASTICHE

“Siamo andati avanti usando questo materiale ormai per decenni, ma avevamo una società anche prima della plastica. Dobbiamo fare un passo indietro – conclude Sherri Mason – La plastica è nata per essere un materiale indistruttibile, perciò dobbiamo smetterla di utilizzarla per prodotti usa e getta. Ormai la usiamo più per comodità che per vera necessità ed è ora di uscire da questo sistema. Si può, cominciando dalla quotidianità. Ad esempio evitando di bere acqua in bottiglia e scegliendo quella del rubinetto. A proposito, l’acqua italiano è molto pulita, si può bere tranquillamente!”.

LA GUIDA AL RISCHIO NANOMATERIALI DELL ‘AGENZIA EUROPEA PER LA SICUREZZA SUL LAVORO

GUIDA RISCHIO NANOMATERIALI LUOGHI DI LAVORO

Pubblicata dall’Agenzia Europea per la Sicurezza sul Lavoro (EU OSHA) lo schema sintetico (in italiano) degli strumenti per la gestione in sicurezza dei nanomateriali nei luoghi di lavoro.

Il documento presenta vari strumenti per la gestione dei rischi che sono intesi a facilitare l’adozione di adeguate misure di prevenzione sul lavoro e ad assistere le imprese nella valutazione dei rischi legati ai nanomateriali.

In allegato anche la Guida al lavoro in sicurezza con i nanomateriali e i nanoprodotti per i datori di lavoro e i lavoratori (disponibile in inglese).

La Guida, basata sul sistema a fasce di controllo, è il risultato di uno sforzo comune tra i datori di lavoro e i lavoratori olandesi e le parti sociali (FNV, VNO-NCV e CNV) ed è finanziata dal ministero olandese degli Affari sociali e dell’occupazione.
Immagine correlata
E’ intesa soprattutto a consentire ai datori di lavoro e ai lavoratori di organizzare un ambiente in cui sia possibile lavorare con i nanomateriali e i prodotti che li contengono in condizioni di sicurezza e ad assisterli nella definizione di adeguate misure di controllo e nell’attuazione di buone pratiche lavorative.

EU OSHA 2015

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