Monthly Archives: Giugno 2022

ERGONOMIA, POSTURA E STRUMENTAZIONE IN ODONTOIATRIA.

da dentalacademy.it

L’odontoiatria è sempre stata una professione che mette a dura prova la mente e il corpo.
Se sei come la maggior parte dei dentisti, il tuo lavoro quotidiano ha un impatto su mani, polsi, braccia, schiena, collo, spalle e gambe: tra il 64% e il 93% dei professionisti del settore dentale sperimenta dolore muscolo-scheletrico generale, in quanto ripete gli stessi movimenti su ogni paziente, giorno dopo giorno, spesso in posizioni scomode.
Ecco allora tre consigli per evitare il dolore e le lesioni da stress ripetitivo:

  • migliore posizionamento (per te e per i tuoi pazienti);
  • strumenti e apparecchiature ergonomiche;
  • semplici esercizi di benessere.

Postura corretta e posizionamento del paziente
Meno ti pieghi, curvi, torci, allunghi o inclini, minore sarà la tensione che metterai su muscoli, articolazioni e ossa.
La posizione corretta per lavorare con un paziente è seduti con la colonna vertebrale in posizione neutra e le spalle rilassate, il più vicino possibile al paziente e sempre fronte a lui; piedi ben appoggiati sul pavimento e altezza dello sgabello regolata in modo che le cosce si pieghino leggermente verso il basso; strumenti a disposizione all’incirca all’altezza delle braccia ed entro un raggio di mezzo metro. Inoltre il paziente dovrebbe essere posizionato supino per il trattamento dell’arcata superiore e semi-supino per l’arcata inferiore, posizionando il suo schienale a un angolo di 10-15 gradi dal pavimento

Strumenti e attrezzature ergonomiche
L’ergonomia dovrebbe essere una considerazione fondamentale quando si scelgono gli strumenti e le attrezzature per il proprio studio, come lo sgabello e lo strumentario.
Da un punto di vista ergonomico, lo sgabello dell’operatore è la seduta più importante: dovrebbe essere regolabile, con un adeguato supporto lombare, toracico e del braccio e dovrebbe consentire uno spazio di tre dita dietro il ginocchio. Se è inclinabile, inclina il sedile in avanti tra 5 e 15 gradi.
Anche lo strumentario che scegli può fare una differenza significativa, è opportuno cercare strumenti con un peso ottimale e un manico con diametro grande, che forniscano una presa strutturata: questi strumenti saranno più facili da manovrare e causeranno meno affaticamento alla mano.
I nuovi scaler e curette ergonomici Harmony sono un buon esempio: frutto di un processo iterativo di ricerca e sviluppo che ha analizzato oltre 2,8 milioni di dati, riducono la forza di presa fino al 65% e la pressione sul dente del 37%. Il manico ha una struttura a doppia elica sagomata per una sensibilità tattile ottimale e l’impugnatura in silicone è stata estesa del 30% per fornire una presa sicura e agile.
Un altro fattore importante nell’ergonomia dello strumento è l’affilatura: scaler affilati richiedono meno sforzo, migliorando il comfort …( )

Esercizi di benessere per alleviare e prevenire il dolore
Prima di intraprendere qualsiasi attività fisica, come una giornata di cura dei pazienti, è sempre una buona idea riscaldare le articolazioni e i muscoli; per esempio, la blogger specializzata Whitney DiFoggio, “Teeth Talk Girl”, consiglia una serie di esercizi di stretching quotidiani per i professionisti del settore dentale mirati a polsi, collo, spalle e schiena, da fare il più spesso possibile, anche tra un appuntamento e l’altro.
Pensa che che non sei certamente l’unico a sperimentare fastidi, ma la buona notizia è che alcune modifiche alla routine, alla postura e agli strumenti possono fare miracoli per il corpo e possono potenzialmente aggiungere anni di pratica senza dolore alla carriera dell’ ‘odontoiatra.

ANALISI DEL COMPORTAMENTO E SAFETY: UN CONGRESSO A MILANO

L’evento è dedicato al tema BBS e Performance Management, ovvero il più grande evento in Europa dedicato alla gestione efficace dei comportamenti di sicurezza sul lavoro.
Il Congresso si svolgerà in presenza nelle giornate dell’8 e 9 luglio presso la storica sede centrale dell’Università degli Studi di Milano di Via Festa del Perdono 7, Milano.

I lavori congressuali permetteranno di approfondire quali sono le prassi evidence-based capaci di ottenere un cambiamento culturale, grazie agli interventi di ospiti internazionali e alla condivisione di esperienze e risultati di chi ha già avviato il protocollo di B-BS (Behavior-Based Safety).
In seguito alla plenaria di apertura, all’interno di ogni sessione verranno realizzati simposi paralleli, dedicati a tematiche di specifico interesse per i rispettivi settori. ( Da assolombarda )

PROTOTIPI ESOSCHELETRI INAIL: IL FUTURO DELLA MMC.

da inail.it

XoTrunk, XoShoulder e XoElbow sono i tre esoscheletri robotici indossabili sviluppati da IIT in collaborazione con Inail per mitigare i fattori di rischio da sovraccarico biomeccanico. I dispositivi, che sono in grado di diminuire fino al 40% lo sforzo di operatori e operatrici in ambito industriale, manifatturiero, logistico e delle costruzioni civili, potrebbero essere pronti per il mercato nei prossimi anni

ROMA – L’Istituto Italiano di Tecnologia (IIT) e l’Inail presentano i nuovi prototipi di esoscheletri robotici collaborativi a uso industriale che serviranno per rendere il lavoro in ambito industriale e manifatturiero più sicuro. Grazie ai motori elettrici con cui sono equipaggiati e ad algoritmi di intelligenza artificiale, questi dispositivi indossabili supporteranno lavoratori e lavoratrici nei compiti più gravosi dal punto di vista fisico, diminuendone lo sforzo fino al 40% e determinando una riduzione di infortuni sul lavoro e malattie professionali croniche.

Le patologie lavoro-correlate a carico del sistema muscolo-scheletrico sono, infatti, le più frequenti sul posto di lavoro e pari al 68% di tutte le malattie professionali denunciate all’Inail nel 2020, percentuale in crescita costante dal 2016. Di queste la quota maggiore (circa il 41%) interessa la colonna vertebrale.

In questo contesto il team di ricerca XoLab di IIT (Wearable Robots, Exoskeletons and Exosuits Laboratory) guidato da Jesús Ortiz, in collaborazione e con il supporto del Dipartimento innovazioni tecnologiche e sicurezza degli impianti, prodotti e insediamenti antropici dell’Inail, guidato da Carlo De Petris, ha sviluppato nel contesto del progetto “Sistemi Cibernetici Collaborativi”, tre dispostivi robotici indossabili che prendono il nome di XoTrunk, per supportare la schiena e il tronco, XoShoulder, per fornire sostegno alle spalle, e XoElbow, per il sostegno dei gomiti.

XoTrunk è pensato per alleggerire il sollevamento ripetitivo di carichi fino a un peso di circa 20 kg e, più in generale, è dedicato a tutti i lavori che potrebbero gravare sulla schiena dell’operatore. È l’unico dispositivo di questo tipo, inoltre, che può supportare anche le operazioni di traino, molto comuni nell’ambito della logistica. L’esoscheletro è dotato di due motori elettrici e di sofisticati algoritmi proprietari, che in tempo reale regolano l’assistenza sulla base dei movimenti di chi lo indossa per massimizzarne l’efficacia. XoTrunk si può utilizzare anche in sinergia con XoKnee, un esoscheletro in tessuto che si connette al robot e garantisce un supporto più efficace all’operatore durante l’attività di sollevamento ripetitivo di carichi.

XoShoulder è stato sviluppato per venire incontro alle esigenze di chi sovraccarica le spalle durante l’attività di lavoro quotidiana. Lo scenario tipico è quello dei lavori che vengono svolti su automobili poste su piattaforme sopraelevate, dove l’operatore tende ad affaticare le spalle, dovendo mantenere sollevati strumenti pesanti per tempi prolungati oltre l’altezza delle spalle. Il prototipo è equipaggiato con due motori da 70 W con una coppia di 12 N/m, ciascuno dei quali è dotato di avanzati algoritmi di controllo che lo rendono in grado di fornire supporto solo quando serve, senza intralciare i movimenti dell’operatore.

XoElbow, invece, è un prototipo che assiste l’operatore nel sollevamento di pesi vicino al corpo. Lo scenario di utilizzo potrebbe essere il sollevamento di pesanti pneumatici durante la fase di montaggio su ponte sollevatore. È dotato degli stessi motori di XoShoulder e al momento rappresenta un unicum nel campo degli esoscheletri.

In generale tutti e tre i robot indossabili sono stati realizzati in plastica e leghe di alluminio, usate solitamente in ambito aerospaziale, e progettati per i principali contesti industriali nei quali operatori e operatrici sono portati a sovraccaricare il sistema muscolo-scheletrico, come il manifatturiero, le riparazioni meccaniche, l’industria alimentare, la logistica, l’edilizia e l’agricoltura.

I prototipi sono stati concepiti per venire incontro alle esigenze di lavoratori e delle lavoratrici adattandosi, grazie agli algoritmi di intelligenza artificiale, al tipo di lavoro e alle modalità con le quali viene svolto. Un’altra caratteristica comune e fondamentale per questo tipo di dispositivi è la “trasparenza”. I robot, infatti, non devono intralciare o limitare la mobilità, ma entrare in funzione solo per i compiti più gravosi, supportando il sistema muscolo-scheletrico.Al momento XoTrunk sta affrontando dettagliati test presso aziende partner selezionate per la sperimentazione sul campo. Grazie anche a queste attività, si prevede la sua commercializzazione già nei prossimi mesi, attraverso un progetto di startup IIT (Proteso) al momento in fase di lancio, che si potrebbe occupare del trasferimento al mercato di questa tecnologia. XoElbow e XoShoulder, invece, inizieranno nei prossimi mesi le prime sperimentazioni in scenari reali e si prevede possano essere disponibili sul mercato tra qualche anno.Tra gli scenari realistici di utilizzo rientrano senz’altro le officine meccaniche di riparazione auto. Per i test di campo preliminari dei dispositivi, infatti, il team di ricerca IIT si è avvalso della collaborazione di una concessionaria genovese, che valuterà un ulteriore coinvolgimento del proprio personale per la fase di test dei robot indossabili.

icona facebook
icona twitter
icona google plus
icona email

MEDICINA DEL LAVORO: IL LAVORO A TURNI AUMENTA IL RISCHIO DIABETE.

da doctor33.it

I turnisti hanno un rischio maggiore di sviluppare diabete tipo 2 specie se maschi e se lavorano su turni notturni e serali, secondo uno studio pubblicato su Occupational & Environmental Medicine. «Da ricerche precedenti emerge che i turni aumentano la frequenza di disturbi gastroenterici, di certi tipi di cancro e di malattie cardiovascolari, ma non è chiaro se il diabete faccia parte della lista» spiega Zuxun Lu della Scuola di sanità pubblica alla Huazhong University di Hubei in Cina, che assieme ai colleghi ha esaminato la letteratura alla ricerca di studi sull’associazione fra turni e diabete, trovandone 448. «Ne abbiamo selezionati 12, per un totale di oltre 226 mila partecipanti» aggiunge il ricercatore, che analizzando i dati ha scoperto che ogni periodo di lavoro a turni si associa a un aumento del 9% delle probabilità di sviluppare diabete rispetto all’attività lavorativa svolta nel normale orario di ufficio, arrivando a punte del 37% negli uomini. «Il dato è indipendente da altri fattori confondenti quali disegno e luogo dello studio, tipo di lavoro, pianificazione dei turni, indice di massa corporea, storia familiare di diabete e livelli di attività fisica» riprende l’autore raccomandando una maggiore attenzione sulle possibili conseguenze per la salute nei turnisti notturni e serali di sesso maschile. «I livelli diurni di testosterone nel sangue seguono il normale ritmo circadiano, ed è possibile che la frammentazione del ciclo sonno-veglia comporti una riduzione dei livelli di ormone maschile che potrebbe dar luogo alla comparsa di insulino-resistenza e successivamente di diabete» ipotizza Lu, puntualizzando che il rischio massimo, il 42%, è stato osservato nei turnisti che lavorano sulle 24 ore in modo variabile, piuttosto che secondo schemi fissi. Altre ricerche collegano invece il lavoro a turni a un aumento di peso e dell’appetito, ma anche all’ipercolesterolemia e all’ipertensione, tutti fattori di rischio per il diabete. «In ogni caso la natura osservazionale della metanalisi non consente di trarre conclusioni sul rapporto causa effetto, ma visti i 380 milioni di diabetici di tipo 2 stimati nel 2025, tutti i fattori potenzialmente modificabili, compreso il lavoro a turni, andrebbero indagati in modo approfondito» conclude Lu.

Occup Environ Med. 2014 Jul 16

DEGENERAZIONE MACULARE RETINICA ED EFFICACIA DEGLI INTEGRATORI.

Gli studi sulle patologie degenerative oftalmiche legate all’età (AREDS e AREDS2) hanno evidenziato che gli integratori alimentari possono rallentare la progressione della degenerazione maculare legata all’età (AMD), la causa più comune di cecità negli americani più anziani. In un nuovo report, gli scienziati hanno analizzato 10 anni di dati AREDS2. Nuovi studi patrocinati dal National Institutes of Health, hanno dimostrato che la formula AREDS2, che ha sostituito con gli antiossidanti luteina e zeaxantina il beta-carotene, non solo riduce il rischio di cancro ai polmoni dovuto al beta-carotene, ma è anche più efficace nel ridurre il rischio di progressione dell’AMD, rispetto alla formula originale.

“Il beta-carotene aumenta il rischio di cancro ai polmoni per i fumatori. Pertanto il nostro obiettivo con AREDS2 era quello di trovare una formulazione di integratore altrettanto efficace che potesse essere utilizzata da chiunque, indipendentemente dal fatto che fumasse o meno”, ha affermato Emily Chew , M.D., direttore della Divisione di Epidemiologia e Applicazione Clinica presso il National Eye Institute (NEI) e autore principale del report. “I dati di 10 anni di studi confermano che non solo la nuova formula è più sicura, ma è anche più efficace nel rallentare la progressione dell’AMD”.

L’AMD è una malattia degenerativa della retina che coinvolge , il tessuto fotosensibile nella parte posteriore dell’occhio. La morte progressiva delle cellule retiniche nella macula ovvero di quella parte della retina che fornisce una chiara visione centrale, porta inesorabilmente ad una grave ipovisione . Il trattamento può rallentare o invertire la perdita della vista anche se purtroppo, non esiste una cura risolutiva per l’AMD.

Lo studio AREDS originale, lanciato nel 1996, ha mostrato che una formulazione di integratori alimentari (500 mg di vitamina C, 400 unità internazionali di vitamina E, 2 mg di rame, 80 mg di zinco e 15 mg di beta-carotene) potrebbe rallentare significativamente la progressione dell’AMD da malattia da moderata a tardiva. Tuttavia, due studi simultanei hanno anche rivelato che le persone che fumavano e assumevano beta-carotene avevano un rischio significativamente più alto di cancro ai polmoni del previsto.

In AREDS2, iniziato nel 2006, Chew e colleghi hanno confrontato la formulazione di beta-carotene con una con 10 mg di luteina e 2 mg di zeaxantina. Come il beta-carotene, la luteina e la zeaxantina sono antiossidanti con attività nella retina. La formazione contenente beta-carotene è stata somministrata solo ai partecipanti che non avevano mai fumato o che avevano smesso di fumare.

Alla fine dei cinque anni del periodo di studio previsto da AREDS2, i ricercatori hanno concluso che luteina e zeaxantina non aumentano il rischio di cancro ai polmoni e che la nuova formazione potrebbe ridurre il rischio di progressione dell’AMD di circa il 26%. Dopo il completamento del periodo di studio di cinque anni, a tutti i partecipanti allo studio è stata offerta la formazione AREDS2 finale che includeva luteina e zeaxantina invece del beta-carotene.

In questo nuovo report, i ricercatori hanno seguito 3.883 dei 4.203 partecipanti AREDS2 originali per altri cinque anni dalla fine dello studio AREDS2 nel 2011, raccogliendo informazioni sul fatto che la loro AMD fosse progredita fino alla malattia tardiva e se fosse stata diagnosticata cancro ai polmoni. Anche se tutti i partecipanti erano passati alla formula contenente luteina e zeaxantina dopo la fine del periodo di studio, lo studio di follow-up ha continuato a dimostrare che il beta-carotene aumentava di quasi il doppio il rischio di cancro ai polmoni per le persone che avevano fumato. Non vi è stato un aumento del rischio di cancro ai polmoni invece in coloro che hanno ricevuto luteina/zeaxantina. Inoltre, dopo 10 anni, il gruppo originariamente assegnato a ricevere luteina/zeaxantina aveva un rischio aggiuntivo del 20% ridotto di progressione verso l’AMD tardiva rispetto a quelli originariamente assegnati a ricevere beta-carotene.

“Questi risultati hanno confermato che il passaggio della nostra formula dal beta-carotene alla luteina e alla zeaxantina è stata la scelta giusta”, ha affermato Chew.

liberamente tradotto ed adattato da dott. Alessandro Guerri medico specialista in medicina del lavoro.

fonte:

National Institutes of Health
JAMA Ophthalmol (2022) – doi: 10.1001/jamaophthalmol.2022.1640
https://www.nih.gov/news-events/news-releases/nih-study-confirms-benefit-supplements-slowing-age-related-macular-degeneration

PRIME SCADENZE PER LE TUTELE DEI FRAGILI NELLO SMART WORKING

da edotto.com

Nel calendario più volte aggiornato e prorogato dello Smart working si approssima una prima scadenza per datori di lavoro e lavoratori.

Si tratta del 30 giugno 2022, una data che segna uno spartiacque tra i lavoratori. Le tutele in tema di smart working apprestate dal legislatore scadranno infatti a fine giugno per i lavoratori disabili e i genitori di figli con disabilità grave mentre proseguiranno fino al 31 luglio 2022 per i lavoratori maggiormente esposti a rischio di contagio e per i genitori lavoratori con almeno un figlio minore di anni 14.

Tralasciando la ratio che sottende il diverso trattamento di categorie di lavoratori ugualmente meritevoli di tutele, riepiloghiamo di seguito le misure in scadenza il 30 giugno 2022 secondo le previsioni di cui al decreto-legge 24 marzo 2022, n. 24 convertito con modificazioni dalla L. 19 maggio 2022, n. 52.

Smart working: lavoratori fragili

La prima scadenza coinvolge i dipendenti lavoratori fragili di cui all’articolo 26, comma 2-bis, del Cura Italia (decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020, n. 27).

Si tratta di lavoratori con riconoscimento di disabilità grave (articolo 3, comma 3, L. n. 104 del 1992) o in possesso di certificazione attestante una condizione di rischio derivante da immunodepressione o da esiti da patologie oncologiche o dallo svolgimento di relative terapie salvavita.

Per questi lavoratori scade il 30 giugno 2022 (articolo 10, comma 1-ter del decreto-legge 24 marzo 2022, n. 24) la possibilità di svolgere di norma la prestazione lavorativa in modalità agile, anche attraverso l’adibizione a diversa mansione ricompresa nella medesima categoria o area di inquadramento, come definite dai contratti collettivi vigenti, o lo svolgimento di specifiche attività di formazione professionale anche da remoto.

Lavoratori ad elevata fragilità: tutele previdenziali

E sempre il 30 giugno 2022 è l’ultimo giorno utile entro il quale i lavoratori fragili che non possono ricorrere allo smart working secondo le modalità su indicate possono assentarsi dal lavoro e la loro assenza viene equiparata a ricovero ospedaliero.

Tale tutela previdenziale è riconosciuta esclusivamente ai lavoratori dipendenti affetti dalle patologie e nelle condizioni tassativamente individuate dal decreto D.M. 4 febbraio 2022.

Questi lavoratori ad elevata fragilità, se assicurati per la malattia presso l’INPS, hanno diritto all’erogazione dell’indennità direttamente dall’Istituto fino al 30 giugno 2022.

Per i lavoratori non assicurati per la malattia presso l’INPS, l’erogazione della prestazione (riconosciuta fino al 30 giugno 2022) è invece a carico del datore di lavoro che ha diritto ad un rimborso forfettario per gli oneri sostenuti per ciascun lavoratore pari ad un importo annuo di 600 euro, da riparametrare in base al numero di mesi interessati. Sono esclusi i datori di lavoro domestico e i datori di lavoro non assoggettati a contribuzioni previdenziali presso l’INPS (articolo 26, commi 2 e 7-bis, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, la cui validità è stata prorogata dall’articolo 10, comma 1-bis del decreto-legge 24 marzo 2022, n. 24).

Smart working: genitori di figli con disabilità

Dal 1° luglio 2022 (articolo 10, comma 5-quinquies del decreto-legge 24 marzo 2022, n. 24) verrà meno infine il diritto a svolgere la prestazione di lavoro in modalità agile per i genitori lavoratori dipendenti privati che hanno almeno un figlio con disabilità grave  (legge n. 104/1992), o almeno un figlio con bisogni educativi speciali.

Tale diritto, previsto dall’articolo 5-ter del decreto-legge 7 gennaio 2022, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 marzo 2022, n. 18, è riconosciuto anche in assenza degli accordi individuali, fermo restando il rispetto degli obblighi informativi previsti dagli articoli da 18 a 23 della legge 22 maggio 2017, n. 81 e a condizione che nel nucleo familiare non vi sia altro genitore non lavoratore e che l’attività lavorativa non richieda necessariamente la presenza fisica.

ASTENOPIA DA DIGITAL DEVICE : D.E.S.

da platform-optic.it

DEFINIZIONE

Il Digital Eye Strain (D.E.S.) (affaticamento oculare da digital device/ ASTENOPIA) è una condizione caratterizzata da disturbi visivi e/o disturbi oculari legati all’utilizzo di dispositivi digitali derivanti da una serie di tensioni sul sistema oculare, tra cui abbagliamento, sfocamento, disfunzione accomodativa, disparità di fissazione, secchezza, affaticamento e disagio.

Un recente rapporto (The Vision Council, 2016) ha mostrato che il 65% degli adulti americani sperimenta una sorta di affaticamento degli occhi dopo un uso prolungato di dispositivi elettronici, per questo gli operatori del benessere visivo sono sempre più chiamati a gestire tali pazienti.

Il tipico utilizzatore di digital device americano, al giorno d’oggi, possiede circa quattro dispositivi (Chase Buckle, 2016). L’ampia varietà di dispositivi digitali in uso comporta, inevitabilmente, diverse distanze di lavoro, dimensioni dei caratteri, angoli di visuale, intensità luminose e contrasti.

Di conseguenza, una vasta gamma di potenziali sintomi possono presentarsi in sala visita. L’affaticamento oculare da dispositivi digitali può presentarsi come un singolo sintomo “ovvio” o una vaga raccolta di sintomi di tipo astenopico.

Poiché questi possono essere causati da uno o più fattori sottostanti, dovrebbe essere adottato un approccio olistico nell’indagine e nella gestione dei reclami dei pazienti. Come per qualsiasi esame, un’anamnesi accurata e la descrizione dei sintomi, da parte degli esaminati, sono essenziali.

Tuttavia, una comprensione dei compiti e delle condizioni di lavoro intraprese con particolari dispositivi digitali è anche importante per valutare correttamente la causa o le cause sottostanti. Un diverso numero di fattori è associato allo sviluppo di D.E.S.

FATTORI FISIOLOGICI E AMBIENTALI ASSOCIATI AL D.E.S. 

ERRORE REFRATTIVO E PRESBIOPIA

La correzione dell’errore refrattivo (in particolare l’astigmatismo) e la presbiopia sono considerati fattori importanti associati al D.E.S. Diversi studi hanno osservato che l’astigmatismo indotto o sottocorretto ha un impatto negativo sul comfort visivo soggettivo e può ridurre la produttività dei lavoratori che utilizzano dispositivi elettronici. (Daum, Clore, Simms, et al., 2004). L’astigmatismo non corretto può essere un problema tra le persone presbiti che usano occhiali da lettura premontati e i portatori di lenti a contatto con errori cilindrici non corretti o mal compensati.

Le varie distanze di lavoro coinvolte nell’uso di diversi dispositivi digitali possono rivelarsi problematiche per le persone che richiedono una correzione per la presbiopia. Dato che si utilizzano molti dispositivi digitali con monitor, posti a distanze diverse, una singola aggiunta di positivo per vicino potrebbe non fornire una correzione ideale per più distanze di utilizzo di digital device, ciò significa che sono necessarie più prescrizioni o una correzione personalizzata (ad esempio, prescrizioni di lenti per intermedio, multifocali o a profondità di campo).

Gli occhiali da computer, con lenti progressive progettate per ottimizzare la visione nelle regioni intermedie e vicine, possono ridurre i sintomi nei soggetti presbiti in misura maggiore rispetto all’intervento ergonomico (Butzon, Sheedy, Nilsen, 2002), mentre uno studio del 2004 indicava che per un periodo di dodici mesi alcuni design di lenti per computer hanno fornito una maggiore soddisfazione generale e una migliore valutazione soggettiva rispetto a lenti monofocali. (Horgen, Aarås, Thoresen ,2004).

ACCOMODAZIONE

Alcune indagini sull’accomodazione, riguardo all’uso dei display, sono state condotte tra giovani soggetti adulti. L’effetto dell’uso di display sull’accomodazione è discutibile. Alcuni studi hanno dimostrato un aumento del lag accomodativo quando si utilizzano display rispetto quando si legge su carta (Wick, Morse, 2002, Hue, Rosenfield, Saá, 2014), mentre altri studi non sono riusciti a trovare alcuna differenza (Collier, Rosenfield, 2011, Jaschinski, 1998).

Da un recente studio è emerso che il digital eye strain non è correlato alla risposta accomodativa, ma può essere correlata alla vergenza. Rosenfield et al. (2010) hanno osservato che l’infacilità accomodativa, piuttosto che il lag, può portare a sintomi. L’effetto dell’uso di display anche nella microfluttuazione dell’accomodazione (AMF) è discutibile. 

PUPILLA 

Uno studio (Gilmartin, Hogan, 1985) ha rilevato che, in determinate condizioni, la dilatazione della pupilla è rimasta bloccata o ritardata a seguito di un’attività impegnativa da vicino. Tuttavia, non è chiaro se queste alterazioni della pupilla siano causa di D.E.S. Saito et al. (1994) hanno riscontrato che, dopo quattro ore di lavoro al computer, il riflesso pupillare era ritardato e l’ampiezza del riflesso prossimale era diminuita.

Gli autori hanno anche osservato affaticamento visivo dopo il lavoro; tuttavia, non hanno esaminato la potenziale associazione dell’affaticamento visivo con il riflesso pupillare. Uno studio simile (Ukai et al., 1994) ha suggerito che l’affaticamento visivo percepito da utilizzatori di computer potrebbe essere associato all’hippus pupillare (contrazione ritmica della pupilla). 

TENSIONE DELLA PALPEBRA 

La tendenza a strizzare gli occhi è comune durante l’uso del computer, per aumentare la concentrazione, migliorare l’acuità visiva e per il limitare l’abbagliamento. Quando si strizzano gli occhi, la tensione nel muscolo oculare orbicolare aumenta: test suggeriscono che l’eccesso di attività del muscolo orbicolare possa causare dolore oculare e occhi stanchi.

Thorud et al. (2012) hanno esposto soggetti sani a fattori di stress visivo durante due ore di lavoro al computer, osservando che i sintomi, il flusso sanguigno nel muscolo orbicolare e lo sforzo muscolare, aumentano significativamente durante il lavoro al computer. I ricercatori hanno trovato una correlazione tra dolore oculare e il flusso sanguigno nel muscolo orbicolare. Hanno anche trovato una correlazione tra stanchezza oculare e sforzo muscolare. 

LUCE DELLO SCHERMO 

I moderni dispositivi digitali, inclusi computer, tablet e smartphone, emettono una luce fredda, che di solito ha una lunghezza d’onda compresa tra 450 e 495 nm. Vari autori hanno suggerito che l’eccessiva esposizione alla luce, in particolare alla luce a lunghezza d’onda corta (verso l’ultravioletto), può portare a danni alle cellule gangliari (Osbome et al., 2006), ai fotorecettori e all’epitelio pigmentato della retina (Costa et al., 2008), cataratta (Langlois, 2016) e predisposizione alla degenerazione maculare (Algvere, Marshall, Seregard, 2016).

Tuttavia, l’intensità e la durata dell’esposizione alla luce blu in questi studi ha superato notevolmente quella dell’uso dei dispositivi digitali. Pertanto, attualmente non esiste alcuna prova che la luce blu visibile emessa dai dispositivi digitali sia in grado di danneggiare l’occhio (CIE Position Statement on the Blue Light Hazard, 2019). 

LENTI A CONTATTO E DIGITAL EYE STRAIN

L’uso delle lenti a contatto è considerato un fattore di rischio per la fisiologia del film lacrimale a causa della frizione e dell’attrito con le palpebre e della riduzione di spessore del film lacrimale. Un sondaggio online (González-Méijome et al. 2007) tra utilizzatori di computer ha rivelato che l’83% dei maschi e l’87% delle femmine utilizzatori di lenti a contatto hanno almeno un sintomo di secchezza, rispetto al 68% dei maschi e al 73% delle femmine che non usano lenti a contatto.

Questi risultati sono confermati dal lavoro di Chalmers e Bergley (2006), che ha riscontrato una maggiore prevalenza di sintomi di secchezza tra portatori di lenti a contatto, con sollievo dei sintomi dopo la rimozione delle lenti. Jansen et al. (2010) hanno esaminato le lenti a contatto morbide indossate da chi ha ascoltato la musica o giocato con i videogiochi con e senza lenti a contatto. L’area di rottura del film lacrimale è stata più ampia quando i soggetti indossavano lenti a contatto giocando con il videogioco.

La rottura del film lacrimale è correlata al discomfort provocato dall’uso di videogiochi. Con lenti a contatto, la frequenza dell’ammiccamento non è cambiata significativamente tra le due attività; tuttavia, l’ampiezza dell’ammiccamento è diminuita notevolmente durante l’esecuzione di videogiochi. Schulze et al. (2016) hanno valutato il rapporto tra D.E.S. e frequenza di ammiccamento in portatori di lenti a contatto in silicone idrogel utilizzando due dispositivi digitali: un personal computer e un tablet.

Hanno scoperto che, con l’utilizzo di dispositivi digitali e attività associate a una maggiore concentrazione, si provochi una riduzione dell’ammiccamento. Kojima et al. (2011) hanno somministrato dei questionari a 69 utilizzatori di lenti a contatto e 102 persone che non portavano lenti a contatto e facevano un lavoro d’ufficio.

I questionari riguardavano le condizioni visive e i sintomi dell’occhio secco. Oltre a confrontare i punteggi dei sintomi tra due i gruppi, gli autori hanno anche esaminato l’associazione tra durata del lavoro a computer e l’uso delle lenti a contatto. Lo studio ha trovato differenze significative di secchezza oculare nei punteggi. Questi sintomi aumentavano con la durata del lavoro al computer e i punteggi erano significativamente più alti tra i portatori di lenti a contatto.

Gli studi di Tauste et al. (2016) e Ranasinghe et al. (2016) concordano anche sul fatto che i portatori di lenti a contatto hanno maggiori probabilità di sperimentare D.E.S. rispetto ai non portatori di lenti. Le lenti a contatto probabilmente aumentano il rischio di affaticamento degli occhi, perché possono contribuire a sintomi di secchezza, che era un fastidio comunemente riportato. 

OPZIONI PER LA GESTIONE 

Le potenziali opzioni di gestione del D.E.S. negli utilizzatori di lenti a contatto includono: 

• migliorare l’ambiente e le condizioni di lavoro; 

• verificare che la correzione refrattiva sia aggiornata e appropriata per la distanza di lavoro; 

• migliorare la qualità della superficie anteriore dell’occhio e delle lenti a contatto. 

Per quanto riguarda l’ambiente di lavoro, è utile verificare le condizioni di illuminazione, per ridurre al minimo l’abbagliamento e i riflessi sullo schermo, tenere lo schermo non troppo vicino ed effettuare pause ad intervalli regolari. 

Per facilitare questo compito, negli Stati Uniti viene utilizzata una semplice regola mnemonica: 20/20/20, che significa: ogni 20 minuti, fare una pausa di 20 secondi, guardando lontano, ad almeno 20 piedi, cioè 6 metri. Inoltre, è utile ricordare alle persone l’opportunità di ridurre l’uso di dispositivi elettronici nel tempo libero. 

Per quanto riguarda la correzione refrattiva ottimale, è utile correggere anche lievi errori refrattivi, compresi piccoli astigmatismi, che in altre condizioni visive possono essere trascurati. Questo problema può emergere in quei soggetti che hanno un lieve astigmatismo e utilizzano lenti a contatto sferiche, o nelle persone presbiti che utilizzano occhiali da lettura premontati. 

Quando questi interventi non sono sufficienti, diversi autori (Coles-Brennan, Sulley e Young, 2019) raccomandano l’uso di sostituti lacrimali per alleviare i sintomi. Gli umettanti sembrano aiutare ad alleviare, anche se non eliminare, i sintomi di secchezza, stanchezza e difficoltà di concentrazione. Tuttavia, bisogna ricordare che l’effetto degli umettanti, per quanto immediato, sia di solito di breve durata e richieda quindi frequenti somministrazioni. 

CONCLUSIONI 

L’affaticamento oculare legato all’utilizzo di dispositivi elettronici è un argomento di estrema attualità e lo sarà anche nel prossimo futuro. Il problema coinvolge sia la popolazione generale, sia gli utilizzatori di lenti a contatto: in particolare, le lenti a contatto sembrano essere un fattore aggravante di questo problema.

Nella gestione di questo problema, è necessaria da parte del professionista una considerazione particolare non solo agli aspetti ottici e applicativi legati alla lente a contatto di per sé, ma un’attenzione generale all’ambiente, le abitudini e le condizioni in cui i dispositivi digitali sono utilizzati. 

Tratto dalla tesi in Optometria di Alessio Ierardi, con relatrice Laura Boccardo, discussa presso IRSOO (Vinci), luglio 2019. 

MONITORAGGIO RISCHI LAVORATIVI ED ATTIVITÀ DI VIGILANZA.

da inail.it

Il modello di analisi Pre.Vi.S (Prevenzione, Vigilanza e Soluzioni) è stato definito con lo scopo di registrare i fattori di rischio presenti nei luoghi di lavoro e gli interventi prescritti che emergono dall’attività di vigilanza degli Ufficiali di Polizia Giudiziaria (UPG) delle ASL.

L’analisi viene effettuata, dunque, su ogni singolo verbale di prescrizione redatto in fase di sopralluogo in azienda e fornito al sistema Pre.Vi.S privo di dati sensibili. Ogni verbale può contenere una o più violazioni e ogni violazione, a sua volta, può avere ad oggetto più problematiche specifiche. 




Prodotto: Volume
Edizioni Inail – 2022
Disponibilità: Consultabile solo in rete
Info: dcpianificazione-comunicazione@inail.it

INQUINAMENTO E AUMENTO DEI DISTURBI PSICHIATRICI

da dottnet.it

Lo affermano gli esperti riuniti per il Seminario Internazionale RespiraMi: Recent Advances on Air Pollution and Health organizzato da Fondazione IRCCS Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico e dalla Fondazione Internazionale Menarini

L’esposizione cronica all’inquinamento da traffico veicolare aumenta il pericolo di sviluppare malattie mentali e quando lo smog è oltre i livelli di guardia le patologie psichiatriche esistenti possono peggiorare. Così il rischio depressione aumenta del 13%. Lo affermano gli esperti riuniti per il Seminario Internazionale RespiraMi: Recent Advances on Air Pollution and Health organizzato da Fondazione IRCCS Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico e dalla Fondazione Internazionale Menarini, a Milano il 17-18 giugno.

Per la prima volta in Italia uno studio su poco meno di due milioni di persone seguite per otto anni, quantifica, spiegano gli specialisti, l’impatto sulla salute mentale dell’esposizione cronica al particolato fine e ultrafine e dell’inquinamento atmosferico. Per ogni incremento di circa 1 microgrammo per metro cubo nella esposizione a particolato fine (PM2.5), il rischio di depressione aumenta del 13%, quello di disturbi d’ansia del 9%, di schizofrenia del 7%, soprattutto nella fascia di età fra 30 e 64 anni. Analogamente esiste una correlazione fra la presenza di smog e l’incremento nelle prescrizioni di antipsicotici, antidepressivi e stabilizzanti dell’umore che crescono fino al 4%. Quando la qualità dell’aria urbana è più scarsa aumenta anche il rischio di un peggioramento delle malattie psichiatriche già esistenti: uno studio condotto in Italia su pazienti con depressione bipolare dimostra che nei giorni di particolato atmosferico elevato la probabilità di ricoveri per un episodio maniacale può quasi quadruplicare.

Questi nuovi “preoccupanti dati sugli effetti nel lungo termine dell’inquinamento, indicano che lo smog è un concreto pericolo non solo per cuore e polmoni, ma anche per il cervello – osserva Sergio Harari, co-presidente del Seminario e Direttore Unità Operativa Pneumologia, Ospedale San Giuseppe MultiMedica di Milano e professore di Medicina Interna alla Statale – Lo smog può cioè essere tossico sul funzionamento cerebrale al punto da provocare anche patologie psichiatriche, probabilmente attraverso un incremento dell’infiammazione generale o per un’alterazione delle difese antiossidanti”. Ed è ormai noto anche l’effetto dello smog sullo sviluppo cognitivo nei bambini: “Sappiamo per esempio che i livelli di esposizione all’inquinamento atmosferico correlano con le capacità in test matematici e di linguaggio – commenta Pier Mannuccio Mannucci, Professore Emerito di Medicina Interna, Università degli Studi di Milano e Policlinico di Milano – . Al contrario gli spazi verdi nella scuola e nell’ambiente circostante aiutano l’apprendimento, portando a un miglioramento dello sviluppo cognitivo”.

I dati che quantificano per la prima volta nel nostro Paese come l’esposizione cronica all’inquinamento comporti un impatto negativo anche sulla salute mentale, arrivano da uno studio molto ampio per il quale sono stati seguiti dal 2011 al 2019 oltre 1,7 milioni di abitanti di Roma con più di 30 anni, registrando le nuove diagnosi di malattie mentali, la prescrizione di farmaci per malattie psichiatriche e correlando questi dati con l’esposizione al particolato fine e ultrafine, al biossido di azoto e alla polvere di carbone. “I risultati indicano che i livelli di particolato fine e ultrafine a cui si è esposti sono correlati all’incremento del rischio di andare incontro a una patologia mentale”, spiega Massimo Stafoggia, del Dipartimento di Epidemiologia del Servizio Sanitario della Regione Lazio – ASL Roma 1, autore dell’indagine con Federica Nobile e altri colleghi. La pericolosità dello smog sul benessere mentale è confermata anche da un altro studio discusso in anteprima durante il convegno, condotto in partnership dalle Unità Operative di Epidemiologia e Psichiatria del Policlinico di Milano, su circa 200 pazienti con depressione bipolare lì ricoverati per episodio maniacale fra il 2007 e il 2019. Analizzando i dati relativi all’esposizione allo smog nei giorni immediatamente precedenti, è emerso con chiarezza che l’incremento del particolato PM10 nell’aria si associa a un rischio più elevato di ricovero, che arriva a essere 3.6 volte maggiore del normale nel secondo giorno dopo l’esposizione all’aria particolarmente inquinata. “Questi dati confermano gli effetti negativi dell’inquinamento sulla salute mentale, indicando che le condizioni ambientali possono influenzare non poco la gestione dei pazienti con depressione bipolare”, commenta Michele Carugno, co-autore dello studio con Massimiliano Buoli e altri colleghi, Dipartimento di Scienze Cliniche e di Comunità, Università degli Studi di Milano e UO Epidemiologia, Fondazione IRCCS Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico.

RISCHI NEL SOCCORSO E NELLA MANUTENZIONE DI AUTO ELETTRICHE.

Il progressivo diffondersi delle auto elettriche è percepito dai più come uno sviluppo del settore automobilistico verso modalità di mobilità più sostenibile ed ecocompatibile soprattutto nelle città. Al massimo viene percepito un certo disagio relativo alle modalità più macchinose di ricarica o ai prezzi più elevati. Ma la maggior parte delle persone non è a conoscenza dei potenziali rischi di folgorazione ed incendio di questi autoveicoli sia in caso di incidente che in operazioni di manutenzione. Riportiamo qui di seguito le osservazioni tratte da “difesaonline.it”

..Così siamo arrivati al nocciolo della questione: ciò che rende così pericolosi i veicoli ibridi ed elettrici che circolano sulle nostre strade è la loro batteria ad alta tensione (SE DANNEGGIATA NELL’INCIDENTE).

Due premesse, quindi:

  1. la prima (appena fatta), è che l’incidente deve aver compromesso l’integrità dell’involucro della batteria di alta tesione, ma incidenti di questo tipo sono comunque quotidianamente tanti, ogni giorno. Altrimenti va onestamente detto che non ci sono altri problemi che non siano il costo elevato delle batteria, la loro durata e smaltimento e l’impatto ambientale per la loro costruzione;
  1. definire “ad Alta Tensione” questo tipo di batterie non è corretto da un punto di vista squisitamente elettrotecnico, vengono così chiamate in ambito automobilistico perché superano abbondantemente i 60 V DC, limite di sopravvivenza per di chi ne fosse esposto.

Stiamo parlando di batterie in grado di accumulare tensioni di circa 400 Volt DC ed erogare correnti fino a 125 Ampère. Tutti sapete cosa succede se mettete due dita nella presa di corrente di casa vostra, dalla quale escono 220V (AC) e al massimo 16 Ampère!

Le batterie di alta tensione ad uso automobilistico sono poi realizzate con materiali (Litio) che si possono incendiare al contatto con l’acqua. Facciamo allora uno sforzo di immaginazione e rispondiamo a queste due semplici domande:

  1. a quali rischi si esporrebbe chi dovesse soccorrere il guidatore di un veicolo elettrico centrato da un tram?
  2. a quali rischi si esporrebbe chi dovesse trovarsi a spegnere l’incendio di una vettura a benzina coinvolta in un incidente grave con un’auto elettrica?

Se avete risposto… avete capito tutto.

Occorrerebbe poter riconoscere immediatamente l’auto elettrica e impedire a chiunque di avvicinarsi ed usare solo estintori a CO2 o polvere. Poi delimitare la zona, accertarsi del rischio elettrico ed eventualmente annullarlo nel modo tecnicamente più idoneo per quella specifica vettura (sempre che le condizioni ambientali e meteorologiche lo consentano)! Vi pare facile?

Chi corre quindi il pericolo di folgorazione ?

È semplice: i primi soccorritori! (gli occupanti del veicolo incidentato sono considerabili – non me ne vogliate – “spendibili”)

Non ci sono odori o colature di liquido che possano mettere in allarme, né altro indizio per accorgersi se ci sono cavi alimentati interrotti e scoperti, tali da generare un arco voltaico o una folgorazione

Ma se c’è stata la rottura dell’involucro della batteria di alta tensione i suoi moduli interni potrebbero essere in corto circuito con la carrozzeria e così UCCIDERE chi entra in contatto con la carrozzeria.

Di questi pericoli i costruttori di automobili sono ben coscienti, ma come cercano di porre rimedio?

In primo luogo progettano le vetture al meglio di come possono, e sviluppano logiche ad attivazione automatiche per eliminare l’erogazione di corrente dalla batteria. Sono sforzi progettuali enormi, ma nessun progettista del mondo potrà mai prevedere come potrebbe effettivamente danneggiarsi una batteria in caso di incidente, perché non esiste un incidente uguale all’altro e perché le auto non sono degli autoblindo!

Tutti i costruttori si stanno allora indirizzando verso la “guida autonoma”, perché è l’unico modo per evitare gli incidenti stradali. L’intento è però vanificato dalla presenza di un parco 

auto circolante di livello tecnologico troppo eterogeneo. Sulle nostre strade continueranno sempre a girare auto che non si sa come facciano a superare la revisione …altro che essere in grado di fare la “guida autonoma”!

I Vigili del Fuoco sanno dove andare a tagliare i cavi che portano la tensione elevata, ma il loro intervento non fa altro che eliminare l’erogazione di corrente elettrica in uscita dalla batteria secondo il normale percorso di progetto. Il loro intervento non isola affatto i componenti INTERNI della batteria aventi tensione superiore a 60 V, e nell’incidente la corrente elettrica potrebbe aver trovato una via di fuga differente da quella su cui i Vigili del Fuoco agiscono con il loro intervento competente ed attrezzato.

Nella batteria ci sono certamente dei fusibili che interrompono il collegamento in serie delle sue celle interne, ma questi interrompono solo il collegamento fra moduli, non impedire che il singolo modulo, individualmente, possa costituire un pericolo letale istantaneo.

Le case costruttrici di auto ibride o elettriche formano alcuni tecnici, ed il programma di formazione è affidato al buon cuore della propria organizzazione. Ci sono case automobilistiche che fanno corsi seri ed altre no.

Ma anche nei casi più illuminati, questi tecnici così formati rappresentano solo una minima parte rispetto a quelli in forza presso le loro concessionarie ufficiali. E senza voler toccare l’argomento di quanto dispongano in termini di attrezzature adeguate nel loro lavoro quotidiano (operativo ed extra-scolastico), mi limito a dire che a loro spetta l’ingrato compito dell’artificiere davanti alla bomba.

Gli organi istituzionali Europei o Italiani hanno prodotto normative di sicurezza adeguate? No! non esiste una regolamentazione specifica per l’ambito automobilistico e ci si limita a generiche prescrizioni mutuate da altri ambiti operativi. Chiedete al Ministro dei Trasporti o alla Commissione Trasporti quali estremi di legge regolamentano l’argomento.