CANCEROGENI E MUTAGENI

NEOPLASIE PROFESSIONALI : UNA INDAGINE EU- OSHA

In Europa il cancro professionale rappresenta uno dei principali problemi di salute sul lavoro. Un modo per affrontare il problema è la comunicazione di dati aggiornati e affidabili sull’esposizione dei lavoratori ai rischi che possono portare alla malattia. Per questo motivo l’EU-OSHA ha condotto un’indagine sull’esposizione dei lavoratori concernente i fattori di rischio di cancro in Europa.

Obiettivo dell’indagine

L’indagine mira a individuare meglio i fattori di rischio di cancro responsabili della maggior parte delle esposizioni, fornendo una panoramica accurata ed esaustiva che possa contribuire alle misure preventive, alle attività di sensibilizzazione e all’elaborazione delle politiche, favorendo in ultima analisi la lotta al cancro professionale.

Questa attività intende colmare un’importante carenza d’informazioni individuata durante le diverse revisioni della direttiva sulle sostanze cancerogene, mutagene e reprotossiche.

I lavori preparatori per l’indagine sono iniziati nel 2020 e da allora l’indagine è stata sviluppata, testata e condotta utilizzando un campione casuale di migliaia di lavoratori di sei Stati membri dell’UE: Germania, Irlanda, Spagna, Francia, Ungheria e Finlandia. I questionari sono stati elaborati per stimare la probabile esposizione dei lavoratori a 24 fattori di rischio di cancro noti, tra cui le sostanze chimiche industriali, le sostanze e le miscele generate da processi nonché i fattori di rischio fisico.

Impatto dell’indagine

I partecipanti all’indagine sono stati selezionati casualmente in ciascun paese e hanno risposto a domande dettagliate sui compiti svolti sul luogo di lavoro durante l’ultima settimana lavorativa e sulle misure di prevenzione applicate. Sulla base delle loro risposte, è stata stimata automaticamente la probabilità di esposizione a fattori di rischio di cancro utilizzando uno strumento innovativo denominato Occupational Integrated Database Exposure Assessment System (OccIDEAS), un sistema di valutazione dell’esposizione professionale integrato con banche dati.

Grazie alle informazioni dell’indagine, l’EU-OSHA è in grado di fornire dati statistici migliori e di sviluppare spunti per l’elaborazione di politiche basate su dati oggettivi. Questa indagine dovrebbe migliorare la protezione contro le sostanze pericolose e contribuire alla riduzione dei casi di cancro professionale. Può contribuire a diverse attività:

I dati raccolti possono essere impiegati anche per sviluppare e alimentare strumenti di monitoraggio della SSL pubblicamente accessibili. Sono in corso di elaborazione e pubblicazione relazioni con analisi e schede informative per una più ampia messa a disposizione delle informazioni.

Nel complesso, l’indagine in questione rappresenta un’importante fonte di dati per i responsabili delle politiche, i ricercatori e gli intermediari, che possono stabilire le priorità e intraprendere azioni tempestive e adeguate per ridurre il cancro professionale.

del Computer Assisted Telephone Interview, CATI (intervista telefonica assistita da computer). Dopo il completamento delle fasi di lavoro sul campo e di controllo della qualità, sono state messe a disposizione 24 402 interviste valide per l’analisi. La popolazione coinvolta nell’indagine comprende individui di età pari o superiore a 15 anni che lavorano in tutti i settori di attività economica nei sei Stati membri dell’UE menzionati. Lo studio include lavoratori autonomi e lavoratori dipendenti di organizzazioni di tutte le dimensioni. Le domande sono state tradotte dall’inglese nelle rispettive lingue nazionali.

CANCEROGENI : ESAME PRELIMINARE PER IL RECEPIMENTO DELLA DIRETTIVA .

Comunicato stampa del Consiglio dei Ministri n. 84
4 giugno 2024

Il Consiglio dei ministri ha approvato, in esame preliminare, un decreto legislativo di recepimento della direttiva (UE) 2022/431, che modifica la direttiva 2004/37/CE sulla protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti da un’esposizione ad agenti cancerogeni o mutageni durante il lavoro.
Le nuove norme hanno il fine di ricomprendere le sostanze tossiche per la riproduzione tra quelle a rischio per la salute dei lavoratori.

In particolare, i principali ambiti di intervento concernono:
– l’individuazione e la valutazione dei rischi;
– l’esclusione o riduzione dell’esposizione (con la previsione di relativi valori limite);
– le informazioni da fornire all’autorità competente;
– le misure per i casi, prevedibili o non prevedibili, di aumento dell’esposizione;
– l’accesso alle zone di rischio;
– le misure igieniche e di protezione individuale;
– l’informazione e la formazione dei lavoratori e dei loro rappresentanti nonché la consultazione e partecipazione degli stessi;
– la sorveglianza sanitaria dei lavoratori esposti;
– la conservazione della documentazione.

Inoltre, il provvedimento apporta alla normativa vigente le modifiche necessarie ad assicurare la corretta applicazione della direttiva (UE) 20022/431, in conformità al Piano europeo di lotta contro il cancro del 3 febbraio 2021, attraverso la previsione di obblighi specifici del datore di lavoro, anche in materia di formazione o informazione e aggiorna l’attuale sistema di sorveglianza sanitaria.

Fonte: Presidenza del Consiglio dei Ministri

ESPOSIZIONE A SOSTANZE REPROTOSSICHE: LA DIRETTIVA 2004/37/CE.

da Inail.it

La direttiva europea 2004/37/CE introduce nuove misure per la protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti da un’esposizione ad agenti cancerogeni, mutageni o a sostanze tossiche per la riproduzione durante il lavoro.

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In particolare, vengono innalzate le attività di prevenzione dei rischi per la salute riproduttiva dei lavoratori con importanti ripercussioni anche per le attività di ricerca in igiene industriale, medicina del lavoro ed epidemiologia occupazionale. Il volume presenta il nuovo quadro normativo e discute delle nuove sfide per la ricerca scientifica su questo tema.


Prodotto: Volume
Edizioni: Inail – 2024
Disponibilità: Consultabile solo in rete
Informazioni e richieste: dcpianificazione-comunicazione@inail.it

CANCEROGENI DAI SEDILI AUTO

Da Geagency.it

Il calore favorisce la circolazione nell’abitacolo delle auto di un gas tossico derivante dai ritardanti di fiamma, che si trovano, ad esempio, nella schiuma dei sedili. E’ quanto emerge da uno studio statunitense pubblicato sulla rivista Environmental Science & Technology. La ricerca, condotta da ricercatori della Duke University, dell’Università di Berkeley e dell’Università di Toronto mostra che uno di questi prodotti, il trifosfato (TCIPP), è presente nell’aria del 99% dei veicoli testati.
“La nostra ricerca ha scoperto che i materiali interni rilasciano sostanze chimiche dannose nell’aria dell’abitacolo delle nostre auto”, spiega l’autrice principale Rebecca Hoehn, scienziata della Duke University. “Considerando che il conducente medio trascorre circa un’ora in macchina ogni giorno, si tratta di un problema significativo per la salute pubblica. È particolarmente preoccupante per i guidatori che effettuano spostamenti più lunghi così come per i passeggeri bambini, che respirano più aria rispetto agli adulti”.

I ricercatori hanno rilevato ritardanti di fiamma all’interno degli abitacoli di 101 auto (modello 2015 o successivo) provenienti da tutti gli Stati Uniti. Il 99% delle auto conteneva tris (1-cloro-isopropil) fosfato (TCIPP), un ritardante di fiamma oggetto di indagine da parte dell’U.S. National Toxicology Programma come potenziale cancerogeno. Nella maggior parte delle auto erano presenti ritardanti di fiamma aggiuntivi a base di esteri organofosforici, tra cui tris (1,3-dicloro-2-propil) fosfato (TDCIPP) e tris (2-cloroetil) fosfato (TCEP), due agenti cancerogeni della Proposition 65 della California. Questi e altri ritardanti di fiamma sono anche collegati a danni neurologici e riproduttivi.

In condizioni normali, la concentrazione di TCIPP è simile a quella che si trova all’interno di una casa. Ma quando la temperatura sale, sia all’interno che all’esterno dell’auto, le concentrazioni di questa sostanza aumentano bruscamente. E la presenza di TCIPP nelle schiume dei sedili rafforza questo effetto. Il problema è che il TCIPP è potenzialmente cancerogeno, secondo un rapporto pubblicato nel 2023 dal Dipartimento della Salute degli Stati Uniti. Testato su ratti e topi, ha causato tumori al fegato e all’utero.

L ‘ANDAMENTO DEI TUMORI IN ITALIA.

FONTE : EPIPREV.IT https://epiprev.it/articoli_scientifici/panoramica-sui-numeri-del-cancro-in-italia

La descrizione della distribuzione geografica e degli andamenti temporali della patologia tumorale è rilevante per gli scopi di prevenzione e di miglioramento della qualità dell’assistenza: viene realizzata soprattutto grazie alle misure di incidenza derivate dai registri tumori (RT) di popolazione. Negli ultimi anni, questo compito è stato affidato, a livello nazionale, a stime e proiezioni “in tempo reale”, basate però su dati piuttosto datati. Alla luce del rilevante incremento dell’attività di registrazione e nelle more del percorso di istituzione della rete nazionale dei registri tumori, la recente pubblicazione del 12° volume di Cancer Incidence in Five Continents (CI5) rappresenta quindi una preziosa opportunità per aggiornare le stime di incidenza dei tumori in Italia, dando anche la possibilità di fornire valori di riferimento nazionali e per macroarea.

Risultati: i tassi di incidenza mostrano un’estrema eterogeneità geografica: tra gli uomini il valore del TSD complessivo è compreso tra 584 per 100.000 nella provincia di Reggio Calabria e 809,9 per 100.000 nella provincia di Sondrio; tra le donne il TSD è massimo in Emilia-Romagna (540,5) e minimo nella provincia di Avellino (409,9). Il gradiente con tassi decrescenti da Nord a Sud appare chiaramente visibile solo per i tumori mammari femminili. Per i tumori polmonari, si osservano tassi più elevati per la città di Napoli in entrambi i generi. L’osservazione dei tassi polmonari maschili negli adulti conferma TSD massimi per le province di Caserta e Napoli con TSD troncati, pari a oltre il doppio dei TSD rilevati in Veneto. In generale, nel genere maschile si osserva un rilevante calo dei TSD di incidenza nel Nord Italia rispetto al quinquennio precedente; parte rilevante di questo andamento è dettato dalle dinamiche dei tumori polmonari: in netto calo in tutto il Centro-Nord tra gli uomini e in sostanziale incremento tra le donne.
Conclusioni: l’analisi ha mostrato la potenzialità conoscitiva associata alla disponibilità dei dati dei RT al fine di elaborare stime puntuali dei tumori in Italia e, in generale, l’importanza di poter acquisire e condividere dati e tassi di riferimento per ulteriori analisi. Dal punto di vista dell’epidemiologia dei tumori, emergono importanti indicazioni sulla distribuzione delle neoplasie che possono orientare la ricerca eziologica e la programmazione di prevenzione e assistenza: in questo senso, si segnala l’importanza di separare le province di Caserta e Napoli dall’area Sud nei modelli di stima e proiezione. Questa revisione, inoltre, ha rilevato criticità nei dati conferiti alla IARC e ha mostrato che il confronto e la verifica della qualità dei dati attraverso processi di controllo e audit deve rappresentare una prospettiva operativa concreta della rete nazionale dei registri.

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ALTRE FONTI: AIOM.IT

I NUMERI DEL CANCRO IN ITALIA

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INQUINAMENTO E MORTALITÀ DA PFAS IN VENETO.

fonte: avvenire.it

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Avvenire

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Non è più un’ipotesi o una stima: «Per la prima volta è stata formalmente dimostrata un’associazione tra esposizione a Pfas e mortalità per malattie cardiovascolari», causando nell’arco di 34 anni più di 3.800 decessi oltre le aspettative, una morte in più ogni tre giorni. Lo afferma, dati alla mano, uno studio recentemente pubblicato sulla rivista scientifica “Environmental Health”, che svela «l’impatto devastante della contaminazione da sostanze per-fluoroalchiliche e poli-fluoroalchiliche (Pfas) sulla mortalità della popolazione che risiede nei comuni veneti più colpiti», rimarca il gruppo Mamme No Pfas, presente da anni a Vicenza, Padova e Verona per sensibilizzare sui danni anche letali provocati da queste sostanze inodori e insapori, nemiche invisibili e impalpabili della salute. Nel 2013 in Veneto è stata scoperta una vasta contaminazione da Pfas delle superfici, del suolo e dell’acqua potabile in tre province del Veneto, che ha interessato maggiormente i 30 Comuni della cosiddetta “Area rossa” nelle province di Vicenza, Padova e Verona, dove le Pfas sono state rilevate in concentrazioni preoccupanti nelle acque superficiali, sotterranee e potabili, avvelenando circa 350.000 persone», ribadisce il gruppo. E la ricerca, condotta dal professor Annibale Biggeri e i suoi collaboratori dell’Università di Padova, insieme a Registro tumori dell’Emilia-Romagna, Servizio statistico dell’Istituto superiore di sanità e con il contributo di Mamme No Pfas, è andata a indagare nei decenni precedenti alla scoperta della contaminazione, per studiarne gli effetti sulle persone decedute in quell’arco temporale che vivevano nella zona. «Nei 34 anni compresi tra il 1985 (assunto come data di inizio della contaminazione delle acque) e il 2018 (ultimo anno di disponibilità dei dati di mortalità causa-specifica), nella popolazione residente dell’Area rossa abbiamo osservato 51.621 decessi contro 47.731 attesi. Abbiamo trovato prove di un aumento della mortalità per malattie cardiovascolari e malattie neoplastiche maligne, tra cui il cancro del rene e il cancro ai testicoli».

L’Istituto superiore di sanità ha elaborato e reso disponibili i dati anonimi provenienti dagli archivi dei certificati di morte dell’Istituto nazionale di statistica, relativi ai residenti delle province di Vicenza, Padova e Verona (maschi 29.629; femmine 29.518) deceduti tra il 1980 e il 2018. Fra i residenti dei 30 Comuni dell’Area rossa, «dove l’acquedotto che fornisce acqua potabile era alimentato dalla falda contaminata», è come se fosse stata spazzata via la popolazione totale di due Comuni: Orgiano, pari a 3 mila abitanti, e Asigliano, di 800 abitanti. «Tramite l’analisi delle diverse classi d’età, lo studio ha evidenziato un aumento del rischio di insorgenza di malattie tumorali al diminuire dell’età. La popolazione più giovane, esposta ai Pfas già durante l’infanzia, è quella che paga il prezzo più alto», denuncia il gruppo, aggiungendo: «Si è anche osservato un effetto protettivo nelle donne in età fertile. Questo fenomeno potrebbe essere attribuito al trasferimento delle Pfas dal sangue materno al feto durante la gravidanza e l’allattamento, e alla conseguente diminuzione di livelli di Pfas nelle madri». Di fronte a tali «drammatiche evidenze scientifiche», conclude Mamme No Pfas, «non esistono più scuse per ritardare ulteriormente l’avvio dello Studio di Coorte, deliberato dalla Regione del Veneto già nel 2016, ma mai iniziato», fondamentale per «l’analisi a lungo termine, l’identificazione dei fattori di rischio, il delineamento di informazioni per le politiche di salute pubblica. Pertanto sosteniamo con forza la necessità di bandire la produzione e l’utilizzo delle Pfas a livello globale.

PFAS INQUINANTI ETERNI.

FONTE: Dors.it

articolo di Umberto Falcone

Le sostanze perfluoroalchiliche (PFAS) rappresentano una famiglia di sostanze ampiamente prodotte e utilizzate anche in Italia che desta preoccupazione per i possibili effetti sulla salute e sull’ambiente. Sono definite “eterne” per la loro persistenza e la loro alta resistenza alla degradazione ambientale. I PFAS sono utilizzati da decenni in rivestimenti antiaderenti, tessuti impermeabili, pesticidi, schiume antincendio, materiali per l’edilizia, prodotti per la pulizia e l’igiene personale. Si rimanda ad un precedente articolo per una descrizione più approfondita.

Ora occorre riparlarne per una recente valutazione della IARC, l’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro, che riconsidera e riclassifica 2 sostanze appartenenti alla famiglia dei PFAS: l’acido perfluoroottanoico – PFOA e l’acido perfluoroottansolfonico – PFOS.

La valutazione IARC

Un gruppo di lavoro di 30 esperti internazionali provenienti da 11 Paesi è stato convocato dal programma delle Monografie IARC e, dopo aver esaminato a fondo la vasta letteratura pubblicata, ha classificato il PFOA come cancerogeno per l’uomo (Gruppo 1) e il PFOS come possibile cancerogeno per l’uomo (Gruppo 2B).

PFOA è cancerogeno per l’uomo sulla base di prove sufficienti per il cancro prodotto negli animali da esperimento e per una forte evidenza ottenuta nei sistemi sperimentali (alterazioni epigenetiche e immunosoppressione). Questi elementi sono stati considerati sufficienti per inserire la sostanza nel Gruppo 1 anche se sussistono prove limitate per il cancro nell’uomo (carcinoma a cellule renali e carcinoma testicolare).

PFOS è un possibile cancerogeno per l’uomo (Gruppo 2B) sulla base di forti prove sul meccanismo d’azione, prove limitate per il cancro negli animali da esperimento e prove inadeguate per quanto riguarda il cancro nell’uomo.

Un riepilogo delle valutazioni finali è stato pubblicato online in The Lancet Oncology. La valutazione dettagliata sarà pubblicata nel 2024 (volume 135 delle Monografie IARC).

Esposizione a PFOA e PFOS

Si prevedono esposizioni più elevate tra i lavoratori coinvolti nella produzione o nell’uso di PFOA o PFOS. Si ritiene che l’inalazione sia la principale via di esposizione per i lavoratori, sebbene non si possa escludere un’esposizione cutanea. È probabile che l’esposizione professionale sia diminuita nei Paesi in cui sono entrate in vigore le restrizioni all’uso di questi agenti.

PFOA e PFOS, in particolare, sono stati ampiamente utilizzati in alcune schiume antincendio (note anche come schiume acquose filmogene, AFFF). Quando vengono utilizzate vecchie scorte di AFFF non si può escludere l’esposizione dei vigili del fuoco a PFOA e PFOS. La popolazione generale è esposta principalmente attraverso cibo e acqua potabile e, potenzialmente, attraverso prodotti di consumo. Nei siti contaminati, l’acqua potabile è la principale fonte di esposizione per la popolazione.

Effetti sulla salute dell’uomo

Riportiamo una sintesi dei principali risultati di uno studio delle Università di Bologna e di Padova pubblicato nel giugno 2023 sulla rivista Toxics che conferma una serie di effetti negativi sulla salute legati all’esposizione ai PFAS. Ad esempio, una forte regressione del metabolismo e del trasporto dei lipidi e di altri processi correlati allo sviluppo ovarico, alla produzione di estrogeni, all’ovulazione e al funzionamento fisiologico del sistema riproduttivo femminile. Tutti elementi che possono spiegare gli effetti dannosi dei PFAS sulla fertilità e sullo sviluppo fetale.

I dati raccolti mostrano inoltre che l’esposizione ai PFAS produce una sovraregolazione di un gene coinvolto nello sviluppo di vari tipi di cancro, tra cui leucemia, cancro al seno e al pancreas.

I dati epidemiologici suggeriscono che un’elevata esposizione a questi materiali possa aumentare significativamente la mortalità di individui affetti da neoplasie maligne dei tessuti linfatici ed ematopoietici, come milza, fegato e midollo osseo.

Lo studio sembra inoltre confermare l’effetto tossico sul sistema immunitario. L’esposizione ai PFAS aumenta anche la concentrazione nel siero dei marcatori di stress infiammatorio e ossidativo e favorisce così lo sviluppo di malattie sistemiche, come il danno epatico e le malattie cardiovascolari, tra cui l’aterosclerosi e gli eventi tromboembolici.

È emerso, inoltre, che l’esposizione a PFAS sia in grado di aumentare la concentrazione di trigliceridi e colesterolo nel sangue.

Per approfondire

Sostanze perfluoroalchiliche (PFAS): la preoccupazione è giustificata a cura di Umberto Falcone – DoRS

Zahm S, Bonde JP, Chiu WA, et al. Carcinogenicity of perfluorooctanoic acid and perfluorooctanesulfonic acid. Lancet Oncol. 2024;25(1):16-17. doi:10.1016/S1470-2045(23)00622-8

Beccacece L, Costa F, Pascali JP, Giorgi FM. Cross-Species Transcriptomics Analysis Highlights Conserved Molecular Responses to Per- and Polyfluoroalkyl Substances. Toxics. 2023 Jun 29;11(7):567. doi: 10.3390/toxics11070567. PMID: 37505532; PMCID: PMC10385990.

Scheda MATline dell’Acido perfluoroottanoico – PFOA

Scheda MATline dell’Acido perfluoroottansolfonico  – PFOS

RISCHIO POLVERI DI CUOIO : UNA SCHEDA DI AUTOVALUTAZIONE.

Le polveri di cuoio per molto tempo sono state ritenute “unicamente ‘fastidiose’ e, per la frazione più fine (inalabile), irritanti per le congiuntive oculari, le prime vie respiratorie e l’apparato bronchiale”, in realtà oggi sappiamo che queste polveri “possono contenere agenti sensibilizzanti capaci di provocare oculo-riniti, asma bronchiale e dermatiti su base allergica”.Inoltre diversi studi epidemiologici hanno evidenziato un “significativo potere cancerogeno delle polveri di cuoio” e la IARC (International Agency for Research on Cancer) ha inserito la produzione e riparazione di calzature (shoes manufacture and repair) all’interno del gruppo 1 (Cancerogeno accertato per l’uomo), “avendo evidenziato un’associazione di tipo causale tra esposizione occupazionale a polveri di cuoio ed insorgenza di neoplasie delle fosse nasali e dei seni paranasali”

La regione Toscana ha predisposto un interessante check list per la valutazione del rischio cuoio rivolta a lavoratori ed operatori della sicurezza.Qui sotto la potete visionare e scaricare.

AGENTI CANCEROGENI E MUTAGENI 2024

da Inail.it

L’opuscolo, aggiornato rispetto al 2015, vuol essere uno strumento di ausilio nell’utilizzo e nella gestione degli agenti cancerogeni e/o mutageni sul luogo di lavoro

Destinato a lavoratori, datori di lavoro e RSPP, fornisce informazioni sulla gestione dei rischi connessi alla presenza di agenti chimici cancerogeni e/o mutageni in ambito lavorativo. Dopo una panoramica su classificazione ed etichettatura di cancerogenicità e mutagenicità secondo la normativa vigente e sui meccanismi di cancerogenesi e mutagenesi, vengono descritte le principali misure da intraprendere per il controllo dell’esposizione degli addetti. Segue una serie di schede di facile consultazione, dedicate ai principali agenti cancerogeni e/o mutageni in ambito lavorativo, compresi i chemioterapici antiblastici, indi sono riportate le procedure basilari per lavorare in sicurezza.


Prodotto: Volume
Edizioni: Inail – 2024
Disponibilità: Consultabile solo in rete
Informazioni e richieste: dcpianificazione-comunicazione@inail.it

INQUINAMENTO DA ARSENICO INORGANICO

da amblav.it

In base alle conclusioni dell’ultima valutazione del rischio da arsenico inorganico effettuata dall’EFSA, l’esposizione dei consumatori attraverso il cibo a questo contaminante desta preoccupazioni per la salute. I riscontri confermano l’esito della precedente valutazione, risalente al 2009, circa i rischi connessi alla presenza di arsenico inorganico negli alimenti.

La Commissione europea ha chiesto all’EFSA di aggiornare la sua valutazione sull’arsenico inorganico tenendo conto di nuovi studi sui suoi effetti tossici. L’EFSA ha consultato i portatori di interesse esterni in merito al proprio progetto di parere e nella redazione conclusiva del parere ha tenuto conto delle numerose osservazioni pervenute.
L’arsenico è un contaminante largamente diffuso, sia in natura che come risultato di attività dell’uomo, e si presenta in varie forme a seconda della sua struttura chimica. Il parere dell’EFSA verte unicamente sull’arsenico inorganico.

Sono i cibi la principale fonte di esposizione per la popolazione europea in genere. I principali alimenti all’origine dell’esposizione sono il riso e i prodotti a base di esso, i cereali e i prodotti a base di essi. Anche l’acqua potabile contribuisce all’esposizione, benché i tenori in arsenico siano generalmente bassi in Europa.
L’assunzione prolungata di arsenico inorganico è stata associata a una serie di effetti nocivi sulla salute, tra cui alcune forme di cancro. Per la valutazione l’EFSA ha ritenuto l’aumento dell’incidenza di tumori della pelle associati all’esposizione all’arsenico inorganico quale effetto nocivo più rilevante. Gli esperti sono giunti alla conclusione che proteggersi dal cancro della pelle può prevenire anche altri effetti potenzialmente nocivi.

Per valutare sostanze genotossiche e cancerogene presenti accidentalmente nella filiera alimentare, l’EFSA applica il calcolo del cosiddetto margine di esposizione (MOE) per i consumatori ossia il rapporto tra due fattori: il quantitativo al quale si osserva un effetto nocivo di piccola entità ma comunque misurabile e il livello di esposizione di una data popolazione alla sostanza in esame. Un MOE basso corrisponde a un rischio maggiore rispetto a un MOE alto.
Sulla base di dati tratti da studi sull’uomo, un MOE pari o inferiore a 1 corrisponderebbe a un livello di esposizione all’arsenico inorganico collegabile a un aumento del rischio di cancro della pelle.
Negli adulti i MOE si attestano su valori bassi: essi variano tra 2 e 0,4 per i consumatori medi e tra 0,9 e 0,2 per i forti consumatori. Gli esperti hanno perciò concluso che ciò prospetta un problema per la salute.

L’EFSA sta anche valutando i rischi potenziali legati all’esposizione ad arsenico organico negli alimenti. Al termine di questa valutazione procederà a valutare i possibili rischi derivanti dall’esposizione congiunta sia all’arsenico organico che a quello inorganico presenti negli alimenti.

Fonte: ESFA

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