Monthly Archives: Luglio 2023

CALDO E LAVORO : IL PROGETTO DI INAIL E CNR

da inail.it

Il ruolo della ricerca scientifica per la predisposizione di strumenti operativi di allerta e la definizione di misure di prevenzione a tutela dei lavoratori nei cantieri, particolarmente esposti agli effetti negativi dei cambiamenti climatici, è stato discusso nel seminario che si è svolto presso il Conference Centre di via Quattro Novembre

Rischio caldo e lavoro, con il progetto Worklimate di Inail e Cnr un sistema di previsione dello stress termico

ROMA – In una capitale stretta da settimane nella morsa di un clima torrido, insieme al resto dell’Italia e a quasi tutta l’Europa, il tema del rischio caldo per la salute e la sicurezza dei lavoratori dell’edilizia, uno dei settori produttivi più esposti a temperature estreme, è stato affrontato nel seminario ospitato presso il Conference Centre Inail di via Quattro Novembre, che oltre al direttore generale, Andrea Tardiola, al presidente del Consiglio di indirizzo e vigilanza, Gugliemo Loy, e ai ricercatori dell’Istituto ha visto la partecipazione del direttore generale dell’Inps, Vincenzo Caridi, e dei rappresentanti dei sindacati degli edili e dell’Ance, l’associazione nazionale che raggruppa le imprese dell’edilizia.

In aumento frequenza e intensità delle ondate di calore. Al centro della discussione, le iniziative promosse dall’Inail per affrontare gli effetti del cambiamento climatico, che sta determinando un aumento della frequenza e dell’intensità delle ondate di calore durante il periodo estivo. Si stima, infatti, che circa il 30% della popolazione mondiale sia attualmente esposta per almeno 20 giorni all’anno a condizioni di caldo particolarmente critiche per la salute, con i lavoratori, a partire da quelli che svolgono la maggior parte delle loro attività all’aperto, tra i soggetti più vulnerabili agli effetti negativi dello stress termico. Di qui la scelta dell’Istituto di investire sulle attività di ricerca scientifica per la predisposizione di strumenti operativi di allerta e la definizione di misure di gestione dei rischi.

Tardiola: “Determinante il coinvolgimento delle organizzazioni sindacali e datoriali”. “La discussione di questo seminario – ha sottolineato il direttore generale dell’Inail nell’intervento di apertura – è figlia del dialogo intessuto da tempo dall’Istituto con le forze economiche e sociali per fare in modo che le soluzioni sviluppate dalla ricerca siano diffuse nei cantieri e in tutti gli altri luoghi del lavoro. Questo risultato lo possiamo conseguire con l’attività di disseminazione realizzata dall’Inail in giornate come questa e con l’approccio regolatorio esercitato da governo e istituzioni, però il modo più efficace passa attraverso il patto, la relazione e il protagonismo di chi rappresenta i lavoratori e le aziende. La consapevolezza e la corretta percezione del rischio da parte dei lavoratori, delle imprese e degli operatori della sicurezza è infatti uno degli aspetti determinanti per l’efficacia delle politiche di prevenzione”.

Gli studi finanziati con i bandi Bric del 2019 e del 2022. Dopo la proiezione del cortometraggio “Il vecchio e il muro”, che sottolinea l’importanza della prevenzione attraverso la storia di un operaio che ha lavorato per anni sotto il sole nei cantieri stradali in assenza di misure di protezione adeguate, la direttrice del Dipartimento di medicina, epidemiologia, igiene del lavoro e ambientale (Dimeila) dell’Inail, Giovanna Tranfo, e i ricercatori Alessandro Marinaccio e Michela Bonafede hanno illustrato caratteristiche e obiettivi del progetto Worklimate, finanziato inizialmente con il bando di ricerca in collaborazione (Bric) Inail 2019 e successivamente, nella sua versione 2.0, con il bando Bric 2022.

La web app calibrata su vari scenari di esposizione. Coordinato dall’Inail e dall’Istituto per la Bioeconomia del Consiglio nazionale delle ricerche, con il contributo di altri enti partner, il progetto ha sviluppato e reso disponibile un prototipo di sistema di previsione dello stress da calore per lo screening dei rischi professionali a uso di lavoratori, datori di lavoro e addetti alla salute e sicurezza aziendali, che contiene anche una sezione specifica dedicata alla previsione delle aree geografiche in cui è possibile il superamento della soglia di temperatura giornaliera di 35 gradi, con mappe di previsione a livello italiano per tre giorni. È stata inoltre realizzata una web app, destinata ai datori di lavoro e alle figure della sicurezza aziendale, che permette una completa personalizzazione del rischio caldo per varie località, calibrata sulle caratteristiche dei lavoratori e su vari scenari di esposizione.

Uno strumento di supporto alle decisioni che integra le misure esistenti. La piattaforma integrata con le ordinanze regionali e con le istruzioni dell’Inps in caso di superamento dei 35 gradi. La piattaforma Inail-Cnr deve esser considerata come uno strumento di supporto alle decisioni a integrazione delle misure già esistenti e dell’osservazione meteo-climatica fatta direttamente sul luogo di lavoro. Nello specifico, integra quanto contenuto nelle recenti ordinanze regionali “anti caldo” firmate dai presidenti delle Regioni Puglia, Basilicata e Calabria, che vietano il lavoro agricolo in condizioni di esposizione prolungata al sole, dalle ore 12,30 alle ore 16,00, nei giorni in cui il rischio è classificato alto dal progetto Worklimate, e le istruzioni già fornite dall’Inps per la cassa integrazione ordinaria, in caso di sospensione o riduzione dell’attività lavorativa a causa di temperature elevate che superino la soglia dei 35 gradi….

  • gestione del rischio

CONTENUTI MULTIMEDIALI CORRELATI

Cambiamenti climatici e lavoro: ricerca scientifica e progetti di intervento. Le iniziative dell’Inail per il settore dell’edilizia

Live streaming – seminario “Cambiamenti climatici e lavoro: ricerca scientifica e progetti di intervento. Le iniziative dell’Inail per il settore dell’edilizia”

Seminario –

Seminario – “Cambiamenti climatici e lavoro: ricerca scientifica e progetti di intervento. Le iniziative dell’Inail per il settore dell’edilizia”

RISCHIO CALORE NEI LUOGHI DI LAVORO: LA GUIDA INAIL

Un vademecum pronto all’uso, dedicato a lavoratori, datori di lavoro e figure aziendali della salute e sicurezza, realizzato nell’ambito delle attività del progetto Worklimate. Frutto della collaborazione con il Consiglio nazionale delle ricerche-Istituto per la BioEconomia (Cnr-Ibe), lo studio approfondisce gli effetti delle condizioni di stress termico ambientale sui lavoratori

Immagine lavoratori agricoli

ROMA – Un vero e proprio decalogo per prevenire le patologie da calore nei luoghi di lavoro: mentre le temperature dell’estate 2022 continuano a salire, l’Inail pubblica una guida con raccomandazioni mirate per intervenire in maniera efficace.  L’impatto delle temperature estreme, infatti, è particolarmente rischioso sia per chi svolge la propria attività lavorativa in ambienti dove non è possibile conseguire le condizioni di comfort a causa di vincoli legati alle necessità produttive o alle condizioni ambientali, sia per chi lavora all’aperto, come nel settore agricolo e delle costruzioni. Recentemente, i fenomeni climatici estremi sono stati posti in relazione con un aumento del rischio di infortunio sul lavoro.

Le patologie, i sintomi e le strategie di prevenzione. La guida si apre con la descrizione delle patologie da calore, tra le quali rientrano i crampi, la dermatite da sudore, gli squilibri idrominerali fino al colpo di calore, che può comportare aritmie cardiache e l’innalzamento della temperatura corporea oltre i 40°. Compito del datore di lavoro è individuare procedure specifiche per attuare le misure più efficaci, a partire dalla scelta di una persona che sovrintenda al piano di sorveglianza per la prevenzione degli effetti dello stress da caldo. Fondamentale è la formazione dei lavoratori, e, tra le strategie, è importante considerare l’importanza dell’idratazione, di un abbigliamento adeguato, della riorganizzazione dei turni di lavoro e della possibilità di accedere ad aree ombreggiate durante le pause.

Condizioni croniche che aumentano la suscettibilità al caldo. Una sezione del testo è dedicata alle patologie croniche che aumentano il rischio di effetti avversi del caldo, sia nei lavoratori, sia nella popolazione generale. Tra queste, le malattie della tiroide, l’obesità, l’asma e la bronchite cronica, il diabete e le patologie cardiovascolari. La sezione include le indicazioni da seguire per prevenire ogni rischio ed evitare conseguenze negative sulla salute.

Il progetto Worklimate: strategie di intervento per contrastare lo stress termico ambientale in ambito occupazionale. Finanziato dall’Inail nel 2019, attraverso il Bando di ricerche in collaborazione (Bric), il progetto di ricerca “Worklimate: strategie di intervento per contrastare lo stress termico ambientale in ambito occupazionale”, è stato sviluppato dall’Istituto e dal Consiglio nazionale delle ricerche-Istituto per la BioEconomia (Cnr-Ibe), con la partecipazione delle Aziende Usl Toscana Centro e Toscana Sud Est, del Dipartimento di epidemiologia del Servizio sanitario regionale del Lazio e del Consorzio LaMMA (Laboratorio di monitoraggio e modellistica ambientale per lo sviluppo sostenibile). Il progetto intende approfondire, attraverso la banca dati degli infortuni dell’Inail, le conoscenze sull’effetto delle condizioni di stress termico ambientale sui lavoratori, con un’attenzione specifica alla stima dei costi sociali degli infortuni sul lavoro e con l’obiettivo di definire piani di intervento e prevenzione dei rischi.

I sistemi di previsione dello stress da calore e del rischio per località. Oltre agli strumenti informativi, Worklimate comprende anche strumenti operativi, come il sistema di previsione dello stress da calore, finalizzato allo screening dei rischi professionali per i lavoratori, i datori di lavoro e gli addetti alla salute e sicurezza aziendali. Le previsioni di stress climatico occupazionale sono personalizzate su soggetti sani, con profilo di lavoratore standard (alto 175 cm, peso 75 kg), che svolge attività fisica, moderata o intensa, esposto direttamente ai raggi solari o all’ombra, per le ore 8.00 e 12.00, 16.00 e 20.00. La previsione del rischio per località consente, invece, di prevedere per cinque giorni i livelli di rischio caldo previsti per le ore 12.00 in una specifica località, riferiti a un lavoratore non adattato al caldo, esposto al sole e impeg

  • Scheda(.pdf – 237 kb)
  • Guida informativa per la gestione del rischio caldo – progetto WorklimateLa pubblicazione rientra tra gli strumenti informativi del progetto di ricerca, frutto della collaborazione tra Inail e Consiglio nazionale delle ricerche-Istituto per la BioEconomia (Cnr-Ibe). Lo studio comprende un ampio programma di attività per l’analisi dell’impatto del cambiamento climatico sulla salute e la sicurezza dei lavoratori

MISURE DI CONTENIMENTO DEI RISCHI DA ALTE TEMPERATURE: PRONTA LA BOZZA

Un protocollo condiviso per l’adozione delle misure di contenimento dei rischi lavorativi da esposizione ad alte temperature negli ambienti di lavoro”: così una bozza di 11 pagine che affronta i punti che vanno dalla valutazione dei rischi e dei fattori di rischio, legati all’età, alla presenza di patologie croniche e alle mansioni, alla sorveglianza sanitaria e alla riorganizzazione dei turni.

Il datore di lavoro – prevede tra l’altro – sulla base dei rischi, interviene per “eliminare o ridurre l’esposizione diretta dei lavoratori alle alte temperature o percepite tali” pianificando pause o attività in giorni o orari più freschi.

La bozza del protocollo prevede che il datore di lavoro, sulla base dei rischi, intervenga per «eliminare o ridurre l’esposizione diretta dei lavoratori alle alte temperature o percepite tali», pianificando pause o attività in giorni o orari più freschi. Inoltre, dovrà adottare «il protocollo per l’adeguamento degli attuali modelli organizzativi alle esigenze di contenimento dei rischi derivanti dall’esposizione ad alte temperature, nell’ottica di una piena tutela delle condizioni psicofisiche dei lavoratori, nonché per aumentare il livello di consapevolezza, responsabilità riguardo ai rischi delle alte temperature o percepite tali e di compliance normativa» fermo restando «l’obbligo di dare completa attuazione alla normativa in tema di salute e sicurezza sul lavoro (decreto legislativo 81 del 2008)».

La riorganizzazione dei turni e le pause 

Il documento contiene anche delle indicazioni sulla riorganizzazione dei turni così da «prevedere l’alternanza in modo da minimizzare l’esposizione individuale al caldo o al sole diretto; prevedere interruzioni in casi estremi, quando il rischio di patologie da calore è molto alto, o la variazione dell’inizio dei lavori; evitare che i lavoratori svolgano la propria attività da soli, in modo da assicurare, in caso di necessità, l’attivazione immediata del soccorso». In relazione alle pause, deve essere tra l’altro assicurata la disponibilità di «aree completamente ombreggiate o climatizzate». L’incontro al ministero del Lavoro con le parti sociali è fissato per martedì 25 luglio.

APPROFONDIMENTO RISCHI ALTE TEMPERATURE:

https://www.consulteam-italia.com/rischi-da-temperature-elevate-i-rischi-del-caldo-per-la-salute-sul-lavoro/

QUESTIONARI PER LA VALUTAZIONE DELLO STRESS LAVORO CORRELATO.

Il protocollo sviluppato dall’INAIL per la Valutazione dello Stress Lavoro Correlato fornisce linee guida e strumenti per individuare le possibili fonti di stress sul posto di lavoro in ogni fase.

Per quanto riguarda gli strumenti, l’INAIL indica questionari, focus group e interviste semi-strutturate per la valutazione approfondita, che riguarda la percezione soggettiva dei lavoratori, utili per rilevare i fattori di contesto e di contenuto del lavoro che possono causare stress.

L’INAIL ha predisposto un “Questionario-Strumento Indicatore” basato sul modello inglese dell’HSE, facilmente utilizzabile e garantendo l’anonimato.

Tuttavia, il datore di lavoro può utilizzare anche altri strumenti alternativi per valutare la percezione del rischio, in relazione alle specificità .

Proprio per questo motivo qui forniamo una breve descrizione dei principali questionari che possono essere utilizzati in una valutazione più approfondita .

Questionari che indagano le FONTI DI STRESS:

  • JCQ – JOB CONTENT QUESTIONNAIRE di KARASECK (Karasek 1998): è lo strumento maggiormente utilizzato in medicina del lavoro per la valutazione dello stress lavoro correlato. È composto da 49 item che valutano l’incongruenza fra impegno richiesto e la libertà ed autonomia nello svolgimento del proprio lavoro.
  • INAIL HSE (Health and Safety Executive): composto da 35 item che corrispondono a sei fattori:
  1. Carico di lavoro, strutturazione del lavoro e ambiente di lavoro.
  2. Controllo: autonomia decisionale.
  3. Supporto: incoraggiamento da parte della dirigenza e dai colleghi.
  4. Relazioni: promozione di un modo di lavorare positivo e l’evitamento di conflitti.
  5. Ruolo: chiarezza del proprio ruolo all’interno dell’organizzazione.
  6. Cambiamento: gestione dei cambiamenti organizzativi.
  • ERI (Siegrest, 1966): questo questionario nasce dal modello sullo stress sviluppato da Siegrist (1996), in base al quale il livello di stress è dato dalla discrepanza tra l’impegno messo nel lavoro dal lavoratore e le ricompense ottenute. Il questionario è composto da 23 domande, 6 relative all’impegno lavorativo, 11 alle ricompense (scala R, reward) e 6 all’eccessivo impegno (overcommitment).

Esistono diversi questionari per indagare gli effetti dello stress, tra cui:

  • STAI – STATE TRAIT ANXIETY INVENTORY (Spielberger, 1983; Adattamento italiano a cura di Pedrabissi e Santinello, 1989): un questionario autosomministrato composto da 20 item che valuta l’ansia di stato, ovvero uno stato emotivo transitorio di un individuo in una particolare situazione. Alti punteggi corrispondono ad alti livelli di ansia.
  • JOB SATISFACTION SCALE (Warr, 1979): la dimensione viene misurata da un’unica scala, come espressione della soddisfazione tratta dal lavoro.

Per valutare le variabili individuali di risposta allo stress, si possono utilizzare questi questionari:

  • SES – Self Efficacy Scale (Judge, Erez, & Bono, 1998): misura la percezione che i soggetti hanno rispetto alla propria abilità di rendimento in diverse attività, nella tendenza a considerare se stessi capaci o incapaci di fronteggiare le richieste dell’ambiente.
  • RESILENCE SCALE (Connor-Davidson Resilience Scale, 2003): nasce con l’obiettivo di valutare la resilienza individuale, ovvero le risorse dell’individuo di rispondere alle pressioni ed allo stress.

Per indagare le fonti ed effetti dello stress, si possono utilizzare questi questionari:

  • MOHQ – Questionario Multidimensionale sulla salute organizzativa (Avallone, Paplomatas): un questionario molto vasto che descrive diverse aree, tra cui comfort degli ambienti di lavoro, chiarezza degli obiettivi, riconoscimento delle competenze, supporto da parte del management e dei colleghi, comunicazione, sicurezza, relazioni, fattori di stress e conflittualità.
  • OCS – Occupational Check up System (Leiter e Maslach, 2005): un questionario di 68 item su scala Likert che consente all’organizzazione di misurare, per tutto il personale, l’impegno e il burnout, la vita lavorativa, la percezione che il personale ha del cambiamento e i processi di management.
  • OPRA – Organizational and Psychosocial Risk Assessment (Giunti OS): è composto da 3 sezioni, ognuna delle quali indaga aree diverse, come il risk index, l’inventario delle fonti di rischio e la salute psicofisica.
  • OSI – Occupational Stress Indicator: un test per la rilevazione ad ampio spettro dello stress psicosociale in organizzazione. È composto da sei sezioni articolate in 167 item con scala Likert che riguardano il questionario biografico, il questionario sulle fonti di stress, le caratteristiche dell’individuo che possono provocare l’esperienza di stress, le strategie di coping e gli effetti dello stress a livello individuale e organizzativo.
  • M-DOQ (Majer D’Amato, 2005): si compone di 120 item che valutano diverse aree, come la comunicazione, l’autonomia, il team, la coerenza, la job description, il job involvement, le reward, il leadership, l’innovatività, il dinamismo/sviluppo, la libertà e l’incentivazione.
  • Q-BO (De Carlo, 2008): il modello è finalizzato a valutare principalmente il rischio di stress fisiologico, psicologico e comportamentale, considerando il carico lavorativo sia quantitativo che cognitivo, il controllo/autonomia, le ricompense, la crescita professionale, il conflitto e la non chiara definizione delle responsabilità.

TOSSICITA’ PSICOLOGICA SUI LUOGHI DI LAVORO

ALESSANDRO GUERRI medico specialista in Medicina del Lavoro.

La salute mentale rappresenta un’importante elemento per il benessere dei lavoratori. Nuovi studi dell’American Psychological Association (APA) analizzano il ruolo che gli ambienti di lavoro” tossici” dal punto di vista psicologico possano avere sulla salute mentale dei lavoratori.

Il 13 luglio, l’APA ha pubblicato i risultati e le conclusioni di un sondaggio su lavoratori americani svoltosi nel 2023. Nella valutazione dei vari ambienti di lavoro, l’organizzazione ha utilizzato il Framework per la salute mentale e il benessere sul posto di lavoro del Surgeon General degli Stati Uniti.

Il sondaggio, condotto da The Harris Poll tra il 17 aprile e il 27 aprile 2023, ha inoltre fornito raccomandazioni per migliorare la salute mentale dei lavoratori, basate su 5 criteri essenziali “Five Essentials” ovvero la protezione da traumi fisici/ psichici , la connessione con i colleghi e la comunità, l’equilibrio tra lavoro e vita privata, l’importanza del lavoro e le opportunità di crescita.

Dei 2.515 adulti occupati intervistati negli Stati Uniti, il 19% ha dichiarato che il proprio posto di lavoro è molto o in qualche modo ” tossico” dal punto di vista psicologico. Inoltre, il 22% ha subito danni alla propria salute mentale sul lavoro, mentre la stessa percentuale ha affermato di aver subito molestie nei 12 mesi precedenti, rispetto al 14% dell’anno precedente.

L’impatto della ” tossicità psicologica” del posto di lavoro sulla salute mentale è ancora più evidente nei risultati del sondaggio. Gli intervistati che hanno lavorato in un ambiente tossico hanno avuto più di tre volte la probabilità di riportare un declino della loro salute mentale generale rispetto a coloro che non hanno sperimentato questa condizione, rispettivamente dal 52% al 15%.

La grande maggioranza degli intervistati, il 92%, ha dichiarato che è molto o piuttosto importante che i loro datori di lavoro valorizzino il benessere emotivo e psicologico, e lo stesso vale per il supporto della salute mentale dei dipendenti. Infatti, il 77% dei lavoratori intervistati ha dichiarato di essere molto o abbastanza soddisfatto del sostegno dei propri datori di lavoro, mentre il 59% ha concordato che i loro datori di lavoro forniscono regolarmente risorse per la salute mentale.

“I dati del nostro sondaggio confermano che i dipendenti danno la priorità al supporto sia fisico che psicologico sul lavoro e che le pratiche che i datori di lavoro stanno mettendo in atto stanno andando nella giusta direzione”, ha affermato Arthur C. Evans Jr., PhD, amministratore delegato di APA nel comunicato stampa. Tuttavia, l’importanza di migliorare la situazione è evidente, poiché il numero di lavoratori che sperimentano non solo un ambiente di lavoro tossico, ma anche un aumento dello stress e una mancanza di rispetto nei confronti del loro tempo personale, è allarmante”.

APPROFONDIMENTI:

https://www.davidealgeri.com/lavoro-tossico-quando-le-richieste-superano-le-risorse/

https://it.yestherapyhelps.com/toxic-works-11-signs-that-indicate-you-have-a-garbage-job-12888

PFAS PRIMO STUDIO COMPARATIVO

L’esposizione a queste sostanze chimiche artificiali, ampiamente utilizzate, viene conservata a livello molecolare sia in diversi tessuti che in diverse specie, con effetti cancerogeni e conseguenze negative sulla fertilità, sulla ris

Si chiamano PFASsostanze perfluoroalchiliche: sono composti chimici ampiamente utilizzati in un gran numero di prodotti e materiali per le loro capacità di resistenza e proprietà ignifughe. Ma sono anche da tempo sotto indagine per gli effetti negativi che la loro persistenza nell’ambiente produce sulla salute di animali e persone.

Un’analisi comparativa trascrizionale – pubblicata sulla rivista Toxics e realizzata da studiosi dell’Università di Bologna e dell’Università di Padova – ha ora confermato che gli effetti dell’esposizione ai PFAS vengono conservati a livello molecolare sia in diversi tessuti che in diverse specie, e produce conseguenze sia nell’uomo che in altre specie animali.

“Dalla nostra analisi abbiamo identificato e riportato diversi geni che mostrano una risposta trascrizionale coerente ed evolutivamente conservata ai PFAS”, dice Federico Manuel Giorgi, professore al Dipartimento di Farmacia e Biotecnologie dell’Università di Bologna, che ha coordinato lo studio. “Questi risultati mostrano per la prima volta che diverse molecole di PFAS influenzano vie ormonali e vie metaboliche, aumentando ad esempio i meccanismi di accumulo degli acidi grassi e indebolendo il sistema immunitario”.

I PFAS, composti chimici molto resistenti, ignifughi e idrorepellenti, sono utilizzati da oltre 60 anni in rivestimenti antiaderenti, schiumogeni antincendio, tessuti impermeabili, pesticidi, materiali per l’edilizia e prodotti per la pulizia e l’igiene personale. L’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OECD) fa rientrare all’interno di questa categoria 4.730 diverse molecole, rendendo questo gruppo la più estesa famiglia di inquinanti emergenti.

A causa della loro alta stabilità molecolare, infatti, questi materiali finiscono per diffondersi ampiamente nell’ambiente, dove possono permanere per anni. In particolare, i PFAS si riversano in grandi quantità nei bacini idrici, da dove possono percorrere grandi distanze, entrando nell’ecosistema acquatico e risalendo la catena alimentare fino agli esseri umani. Tracce di queste sostanze sono state individuate nel latte materno, nella placenta, nel siero, nel liquido seminale e nei capelli.

Nonostante queste evidenze e le conseguenze negative dei PFAS per la salute umana messe in luce da diversi studi, fino ad oggi non era stata realizzata un’analisi complessiva di tutti i dati raccolti sul tema. Gli studiosi hanno quindi raccolto 2.144 campioni di sette diverse specie animali per esaminare le risposte a livello molecolare dell’esposizione ai PFAS.

“Il nostro obiettivo – spiega Giorgi – era evidenziare gli effetti molecolari indotti dai PFAS non solo al livello dei singoli geni, ma anche su varie vie molecolari e tipologie cellulari. La nostra ricerca offre così una visione completa dei meccanismi molecolari alla base della tossicità dei PFAS, in modo da offrire dati solidi su cui basare le scelte necessarie per la salvaguardia della salute pubblica e dell’ambiente”.

I risultati ottenuti confermano infatti una serie di effetti negativi sulla salute prodotti dall’esposizione ai PFAS. Ad esempio, una forte regressione del metabolismo e del trasporto dei lipidi e di altri processi correlati allo sviluppo ovarico, alla produzione di estrogeni, all’ovulazione e al funzionamento fisiologico del sistema riproduttivo femminile. Tutti elementi che possono spiegare gli effetti dannosi dei PFAS sulla fertilità e sullo sviluppo fetale.

I dati raccolti mostrano inoltre che l’esposizione ai PFAS produce una sovraregolazione del gene ID1, coinvolto nello sviluppo di vari tipi di cancro, tra cui leucemia, cancro al seno e al pancreas. I dati epidemiologici suggeriscono inoltre che un’elevata esposizione a questi materiali possa aumentare significativamente la mortalità di individui affetti da neoplasie maligne dei tessuti linfatici ed ematopoietici, come milza, fegato e midollo osseo.

Lo studio sembra inoltre confermare l’effetto tossico dei PFAS sul sistema immunitario. I ricercatori hanno infatti messo in luce il meccanismo che potrebbe spiegare l’indebolimento delle reazioni immunitarie, della produzione di anticorpi e delle risposte alle vaccinazioni, osservato in particolare nei bambini esposti ai PFAS durante il periodo prenatale e postnatale. L’esposizione ai PFAS aumenta anche la concentrazione nel siero dei marcatori di stress infiammatorio e ossidativo e favorisce così lo sviluppo di malattie sistemiche, come il danno epatico e le malattie cardiovascolari, tra cui l’aterosclerosi e gli eventi tromboembolici.

Attraverso l’analisi bioinformatica dei dati e grazie ai recenti sviluppi nel data mining dell’espressione genica, gli studiosi sono inoltre riusciti ad analizzare ulteriormente le possibili conseguenze dell’esposizione ai PFAS attraverso la previsione dei loro effetti sul metaboloma (l’insieme di tutte le piccole molecole presenti in una cellula coinvolte nei processi dell’organismo). In particolare, è emerso che le molecole di PFAS sono collegate a un aumento dei livelli di diversi tipi di lipidi: un’evidenza che conferma come l’esposizione a queste sostanze aumenti la concentrazione di trigliceridi e colesterolo nel sangue.

“Questo studio è la più ampia analisi della risposta trascrizionale ai PFAS mai realizzata, con implicazioni significative per la comprensione dell’impatto dell’esposizione di queste sostanze sugli organismi viventi e sull’ambiente”, conclude Giorgi. “Riteniamo che i risultati ottenuti possano offrire una nuova prospettiva sulle risposte molecolari all’esposizione ai PFAS e ci auguriamo che possano fornire le basi per lo sviluppo di strategie di mitigazione degli effetti dannosi di queste sostanze”. Fonte: LE SCIENZE

LA “CITISINA “PER SMETTERE DI FUMARE.

da dottnet.it

Il primo studio clinico su larga scala negli Stati Uniti sulla citisiniclina ( CITISINA), guidato dal Massachusetts General Hospital (MGH), ha scoperto che questo nuovo farmaco per smettere di fumare e’ efficace e ben tollerato negli adulti. Nello studio di fase 3 pubblicato su “JAMA”, i ricercatori hanno riferito che la citisiniclina potrebbe offrire agli adulti che fumano una potenziale nuova opzione terapeutica. “Il fumo di sigaretta rimane la principale causa prevenibile di morte in tutto il mondo, eppure nessun nuovo farmaco per smettere di fumare e’ stato approvato dalla Food and Drug Administration statunitense per quasi due decenni”, afferma Nancy Rigotti, MD, direttrice del Tobacco Research and Treatment Center di MGH, e autrice principale dello studio.

La citisiniclina (storicamente nota come citisinae’ un alcaloide vegetale presente in natura che si lega selettivamente ai recettori nicotinici nel cervello che regolano la dipendenza da nicotina, alleviando la voglia di fumare e riducendo la gravita’ dei sintomi di astinenza da nicotina.

Il suo meccanismo d’azione e’ simile a quello della vareniclina, un aiuto per smettere di fumare approvato dalla FDA. Lo studio clinico randomizzato in 17 siti, noto come ORCA-2, ha testato la citisiniclina su 810 adulti che fumavano sigarette ogni giorno e volevano smettere. E’ il primo di due studi clinici di Fase 3 condotti da Achieve Life Sciences, Inc., il produttore del farmaco. ORCA-2 ha confrontato due durate del trattamento con citisiniclina – 6 e 12 settimane – rispetto a un placebo, con un follow-up fino a 24 settimane.

Il risultato primario e’ stato l’astinenza continua dal fumo per le ultime 4 settimane di trattamento. In particolare, per il gruppo di 12 settimane, il 32,6 per cento dei partecipanti che utilizzavano citisiniclina rispetto al 7 per cento che utilizzava il placebo si e’ astenuto dal fumare durante le settimane da 9 a 12. Per il gruppo di 6 settimane, l’astinenza era del 25,3 per cento per citisiniclina rispetto al 4,4 per cento per il placebo durante le settimane da 3 a 6.

I risultati

I partecipanti che assumevano citisiniclina hanno anche sperimentato un calo rapido e sostenuto del desiderio e della voglia di fumare durante le prime 6 settimane di trattamento. A lungo termine, ORCA-2 ha riscontrato un aumento statisticamente significativo dell’astinenza continua per 6 mesi per entrambe le durate del trattamento. L’astinenza dalle settimane 9 alla 24 per il gruppo di 12 settimane e’ stata del 21,1 per cento per la citisiniclina rispetto al 4,8 per cento per il placebo e per il gruppo di 6 settimane l’astinenza dalle settimane 3 alla 24 e’ stata dell’8,9 per cento per la citisiniclina rispetto al 2,6 per cento per il placebo. La citisiniclina e’ stata ben tollerata dai partecipanti, senza gravi eventi avversi correlati al farmaco riportati e bassi tassi di effetti collaterali tipici come nausea e insonnia.

ALTRI LINK: https://www.fondazioneveronesi.it/magazine/articoli/fumo/citisina-per-smettere-di-fumare-quando-sceglierla-e-come-ottenerla

DETERIORAMENTO COGNITIVO NEI CALCIATORI PROFESSIONISTI .

Da doctor33.it

I risultati di uno studio pubblicato su JAMA Network Open suggeriscono che i colpi di testa ripetuti durante una carriera calcistica professionistica sono associati a un aumentato rischio di deterioramento cognitivo in età avanzata.
«Anche se i calciatori professionisti sembrano essere a più alto rischio di malattie neurodegenerative, il motivo rimane sconosciuto. Per approfondire la questione, abbiamo cercato di capire se la frequenza dei colpi di testa fosse associata al rischio di deterioramento cognitivo in calciatori professionisti in pensione» afferma Shima Espahbodi, della University of Nottingham, nel Regno Unito, che ha guidato il gruppo di lavoro. I ricercatori hanno studiato 459 calciatori professionisti in pensione, di età superiore ai 45 anni. I dati sulla frequenza dei colpi di testa sono stati raccolti attraverso un questionario, e il numero di colpi è stato suddiviso in tre fasce (da 0 a cinque, da sei a 15, e più di 15 colpi), per partita o sessione di allenamento, e sono stati considerati altri fattori di rischio specifici, come la posizione del giocatore e la commozione cerebrale. Il deterioramento cognitivo è stato definito utilizzando la Telephone Interview for Cognitive Status modificata, e sono stati valutati anche il test di apprendimento verbale di Hopkins, la fluidità verbale e le attività indipendenti della vita quotidiana. La frequenza dei colpi di testa è stata da 0 a cinque volte per 114 calciatori, da sei a 15 volte per 185, e più di 15 volte per 160 per quanto riguardava le partite, da 0 a cinque volte per 125 calciatori, da sei a 15 volte per 174, e più di 15 volte per 160, per le sessioni di allenamento. La prevalenza del deterioramento cognitivo è stata del 9,78% nel gruppo 0-cinque volte, del 14,78% nel gruppo sei-15 volte e del 15,20% nel gruppo >15 volte per le partite. La commozione cerebrale che ha comportato la perdita di memoria è stata associata a un maggior rischio di deterioramento cognitivo. Risultati simili sono stati osservati con altri test cognitivi e demenza o malattia di Alzheimer diagnosticata dal medico. «Saranno necessari ulteriori studi per stabilire quale soglia massima per la frequenza dei colpi di testa possa mitigare questo rischio» concludono gli autori. In un editoriale correlato, Peter Ueda, del Karolinska Institutet di Stoccolma, Svezia, sottolinea che le nuove ricerche non solo dovranno valutare l’importanza della frequenza dei colpi di testa, ma anche il carico totale durante la carriera calcistica e la forza e il tipo di colpo di testa.

JAMA Network Open 2023. Doi: 10.1001/jamanetworkopen.2023.23822
http://doi.org/10.1001/jamanetworkopen.2023.23822

JAMA Network Open 2023. Doi: 10.1001/jamanetworkopen.2023.24368
http://doi.org/10.1001/jamanetworkopen.2023.24368

LA SICUREZZA SUI PESCHERECCI CON “OLTRE LA RETE ” UN E-BOOK DI CIIP.

Pubblicato dalla Consulta Interassociativa Italiana per la Prevenzione l’e-book “Oltre la rete. Salute e sicurezza sul lavoro nella pesca professionale” che raccoglie i contributi di esperti di diverse discipline nel settore della pesca professionale. Il documento propone una raccolta di studi e analisi dedicata ai rischi per la salute e la sicurezza nel settore e vuole essere un contributo per quanti hanno interesse per la promozione della prevenzione in questo comparto.

Disponibile gratuitamente, dal 15 giugno 2023, l’e-book dal titolo “Oltre la rete. Salute e sicurezza sul lavoro nella pesca professionale” della Consulta Interassociativa Italiana per la Prevenzione – curato e coordinato da Giorgio di Leone e Susanna Cantoni, con la collaborazione redazionale di Enrico Cigada e Lalla Bodini – che raccoglie interessanti contributi sul settore produttivo della pesca.
Non si tratta, come potrebbe apparire, di un testo unicamente di nicchia in quanto molte delle considerazioni e delle esperienze che vi sono contenute sono estendibili anche ad altri comparti. Il documento presenta molteplici spunti di riflessione particolarmente utili in un comparto lavorativo fortemente trascurato, anche dal punto di vista della sicurezza, pur occupando più di 17.000 operatori e presentando indici infortunistici e di gravità molto elevati.
Questo e-book si aggiunge ai precedenti curati dalla CIIP che illustrano diverse esperienze e competenze per affrontare aspetti specifici nell’ambito della cultura della prevenzione in materia di salute e sicurezza sul lavoro.

Oltre la rete. Salute e sicurezza sul lavoro nella pesca professionale
SOMMARIO
INTRODUZIONE
A cura di Giorgio Di Leone (coordinatore EBook Pesca) e Susanna Cantoni, presidente CIIP
1. LAVORATORI DEL MARE: IMMAGINI NELLA LETTERATURA
A cura di Franco Carnevale, in collaborazione con Alberto Baldasseroni 
2. LA COMPLESSITÀ NEL MONDO DELLA PESCA: I RAPPORTI CON LA UE E LE LIMITAZIONI OPERATIVE
A cura di Giorgio Di Leone
3. LA COMPLESSITÀ NEL MONDO DELLA PESCA: LA VISIONE DEL MONDO IMPRENDITORIALE E DI QUELLO SINDACALE
A cura di Francesca Biondo
4. INFORTUNI E MALATTIE PROFESSIONALI NELLA PESCA: CORRELAZIONI CON L’ANALISI DEL CONTESTO SOCIO ECONOMICO E PROPOSTA DI UN MODELLO TEORICO A SUPPORTO DEGLI INTERVENTI DI PREVENZIONE NELLE AZIENDE DEL SETTORE
A cura di Diego De Merich (Inail-Dimeila)
5. L’INQUADRAMENTO NORMATIVO IN ITALIA PER IL COMPARTO PESCA
A cura di Alessandro Piacquadio
6. ANALISI DELLA GIURISPRUDENZA DI SETTORE
A cura di Angelo Delogu
7. DESCRIZIONE DELLE PRINCIPALI TIPOLOGIE DI PESCA IN ITALIA
A cura di Saverio Falco
8. IL MOTOPESCHERECCIO: UN AMBIENTE A RISCHIO
A cura di Alessandro Giomarelli
9. LA PERCEZIONE DEI RISCHI DA PARTE DEI LAVORATORI DEL COMPARTO PESCA
A cura di Giorgio Di Leone e Mauro Pellicci
10. I RISCHI PER LA SALUTE A BORDO DEI PESCHERECCI
a cura di Elio Munafò
11. STUDIO DEI RISCHI A CARICO DELL’APPARATO MSK A BORDO DEI PESCHERECCI
A cura di Francesco Draicchio, Elio Munafò, Alessio Silvetti
12. EMERGENZE A BORDO: UN UOMO IN MARE
A cura di Eugenio Padalino
13. LO SVILUPPO DI PIANI MIRATI DI PREVENZIONE NEL COMPARTO PESCA
A cura di Pietro Masia
14. MOVIMENTI RIPETITIVI ARTI SUPERIORI E MOVIMENTAZIONE MANUALE DEI CARICHI – LA SALUTE NELLA RETE: TRE NODI DA SCIOGLIERE
A cura di Daniela Colombini
BIBLIOGRAFIA E SITOGRAFIA DELLA PESCA

Il lavoro è stato coordinato da Giorgio di Leone e da Susanna Cantoni con la collaborazione di Lalla Bodini. Enrico Cigada per l’edizione.
l’Ebook può essere scaricato dall’area download di CIIP.

Fonte: CIIP

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sempre sullo stesso argomento , è stata pubblicata nel 2017 una guida OSHA in varie lingue . Qui sotto il collegamento

GUIDA OSHA

Scaricarein:BG | CS | DA | DE | EL | EN | ES | ET | FI | FR | HR | HU | IT | LT | LV | MT | NL | PL | PT | RO | SK | SL | SV

LA SANIFICAZIONE POST COVID

da Inail.it

Tale documento è stato sviluppato con lo scopo di riconoscere la sanificazione quale elemento di primaria importanza non solo in relazione all’emergenza pandemica da SARS CoV-2 ma come “prassi standard” di prevenzione della diffusione delle malattie infettive sul lavoro

Immagine Le fibre artificiali organiche utilizzate come sostitutive dell'amianto

Vuole rappresentare un documento guida sulle attività di sanificazione e si rivolge sia ai datori di lavoro che intendono effettuare le attività di sanificazione internamente sia alle imprese di pulizia a cui viene esternalizzato il servizio.

Prodotto: Volume
Edizioni: Inail – 2023
Disponibilità: Consultabile solo in rete
Info: dcpianificazione-comunicazione@inail.it