Monthly Archives: Luglio 2023

I 42 SITI PIÙ INQUINATI IN ITALIA

da Avvenire It articolo originale di Massimiliano Cassano

Metalli pesanti, diossine, idrocarburi, solventi: in Italia esistono alcune zone delimitate, 42 per la precisione, sparse da Nord a Sud, in cui la presenza di questi contaminanti è fuori scala, al punto da essere considerate pericolose per la popolazione e per questo motivo soggette a trattamenti particolari da parte del Ministero dell’Ambiente.

Sono i Siti di interesse nazionale (Sin), estese porzioni di territorio individuate per legge in base a determinate caratteristiche di contaminazione, che comportano un elevato rischio ecologico e sanitario: il sesto rapporto dello studio Sentieri, progetto finanziato dal ministero della Salute e coordinato dall’Istituto Superiore di Sanità, stima che in loro prossimità ogni anno tra il 2013 e il 2017 ci sono stati 1.668 decessi in più rispetto a quelli attesi.

La mortalità per tumori è risultata in eccesso del 4% tra gli uomini e del 3% tra le donne, e anche i ricoveri in ospedale in età pediatrica e giovanile hanno fatto registrare numeri preoccupanti, con un’incidenza più alta dell’8% nel primo anno di vita. Dei veri e propri hotspot massivamente inquinati, individuati a partire dal 1998 attraverso norme di varia natura, tra cui leggi in materia ambientale, leggi di bilancio, decreti ministeriali, la cui supervisione è ora affidata al ministero dell’Ambiente. Inizialmente i Sin erano 57, ma sulla base di alcune modifiche ai criteri di individuazione introdotte nel 2012 il numero è sceso a 39. Successivamente, nel 2014 una sentenza del Tar del Lazio ha determinato il reinserimento del territorio del bacino del Fiume Sacco, una legge del 2017 ha individuato il Sin “Officina Grande Riparazione Etr di Bologna” in un’area sulla quale insistevano aziende che effettuavano lavorazioni con materiali contenenti amianto, e – per ultimo – nel 2020 un provvedimento ha inserito come ulteriore Sito di interesse nazionale l’Area vasta di Giugliano, in provincia di Napoli, per la quale è ancora in corso la definizione della perimetrazione.

Tra i casi di maggiore risalto mediatico c’è senza dubbio quello di Taranto, che si estende intorno all’ex Ilva, dove dipendenti e cittadini sono stati per anni esposti a elementi cancerogeni tra cui ferro, ossidi di ferro, arsenico, piombo, vanadio, nichel e cromo. Le attività di bonifica e di ripristino ambientale disposte dal ministero riguardano le aree industriali, gli specchi marini del Mar Piccolo e quelli salmastri della Salina grande. In un report dello scorso anno il Relatore speciale delle Nazioni Unite sugli obblighi in materia di diritti umani relativi al godimento di un ambiente sicuro, David R. Boyd, ha inserito quell’area tra i luoghi più degradati in Europa occidentale, denunciando ritardi nelle operazioni di bonifica: per alcune questioni burocratiche legate al sequestro dei fondi del Gruppo Riva, che nel 1995 assunse il controllo dell’acciaieria, gli interventi non sono ancora iniziati. Letteralmente sulle ceneri di un altro stabilimento di un importante gruppo industriale operativo in Italia, l’ex Montedison, sorge invece il Sin di Falconara Marittima, nelle Marche. A causa della produzione di concimi fosfatici nell’impianto, in parte del litorale e anche in acqua sono stati trovati rifiuti costituiti da ceneri di pirite e residui fosfatici. Oltre che al largo, gli agenti inquinanti possono finire anche nelle acque di falda, come nel caso del Sin di Napoli Bagnoli, dove sono stati trovati valori pericolosi di idrocarburi e metalli come ferro, manganese e in rari casi nichel. Nel sito le attività produttive erano iniziate nel 1853, ma la svolta è arrivata nel 1905, con l’avvio della costruzione dell’Impianto siderurgico Ilva di Bagnoli. Dal 1936 per due anni in quella stessa area è stato attivo anche l’impianto Eternit.

Ad oggi i 42 Sin certificati hanno un’estensione totale di circa 170mila ettari a terra – lo 0,57% della superficie del Paese – e 78mila in mare. «Sono una grande ferita del nostro territorio» dice ad Avvenire Maurizio Dionisio, direttore generale dell’Agenzia regionale per la tutela dell’ambiente (Arta) dell’Abruzzo. Nella sua zona c’è soltanto un Sin, quello di Bussi sul Tirino, all’interno del quale sono state di recente rilevate concentrazioni di arsenico, piombo e mercurio superiori a quelle previste dalla legge. I primi provvedimenti sono subito stati presi: «Queste aree – aggiunge Dionisio – sono coperte con dei teloni per evitare che la pioggia non crei percolazione. Abbiamo anche sorvolato la zona con droni e termocamere per vedere se ci fosse qualche falla e prevenire la contaminazione». Nonostante i Sin continuino ad esporre la popolazione che vive in loro prossimità al rischio di entrare a contatto diretto con inquinanti altamente nocivi, secondo il direttore generale di Arta Abruzzo «quello che questi siti dovevano inquinare, lo hanno già fatto nel corso degli anni». Quando sui rifiuti c’era tutta un’altra sensibilità, e questi venivano interrati senza grossi problemi, salvo poi accorgersi che le sostanze non smaltite restano nel terreno e minacciano le falde acquifere, potenziale vettore per la diffusione degli agenti inquinanti fin nelle case delle zone limitrofe. Al punto che a Bussi molte persone hanno dovuto lasciare le proprie abitazioni.

Per fermare la diffusione delle sostanze tossiche la legge dispone che i Sin vengano sottoposti a bonifica, anche se queste avvengono spesso con grave ritardo: si tratta di processi lunghi e costosi, che necessitano di muovere grandi porzioni di terreno e hanno bisogno quindi di vaste aree di stoccaggio difficili da individuare. Se per motivi tecnici o di insostenibilità economica le attività di bonifica non dovessero permettere di raggiungere concentrazioni di agenti inquinanti inferiori ai limiti di legge, è possibile chiedere una deroga, a patto di dimostrare che le concentrazioni residue non comportino rischi per la salute e per l’ambiente e di adottare precauzioni permanenti. Gli interventi non sono a carico delle amministrazioni locali, ma sono gli enti ritenuti responsabili dell’inquinamento al termine di processi civili e penali a farsi carico delle bonifiche, secondo la logica del “chi inquina paga”. Il quanto, però, non è ancora calcolabile: diversi processi sono ancora in corso e le condanne arrivate non sono definitive. Quel che è certo è che a “pagare”, non in termini economici, è stata per ora la popolazione delle aree intorno ai Sin, colpita da un’incidenza anomala di alcune malattie gravi e costretta all’allontanamento – forzato o volontario – per sfuggire al disastro ambientale.

POSTURA SUL LAVORO NEGLI STUDI ODONTOIATRICI : I VIDEO DI ANDI.

L’odontoiatria si prende cura del sorriso , della masticazione, e della salute orale di tanti pazienti ma chi si prende cura della salute dei dentisti e degli assistenti alla poltrona?

L’ ANDI , l’Associazione Nazionale Dentisti Italiani propone un interessante contributo con la pubblicazione sul suo sito di alcuni video di informazione sulle principali problematiche posturali in ambito odontoiatrico che qui vi proponiamo in visione .

da ANDI:

La maggior parte dei dentisti, col passare del tempo, tende a lamentare dolori al collo e alla zona lombare. Questo perché, quando sono in studio, si piegano sui pazienti assumendo una postura innaturale e pericolosa. Se protratta nel tempo, e con l’aumento dei carichi di lavoro, questa cattiva abitudine può portare a danni seri e a lesioni da sforzo ripetuto.

Il primo video mette in guardia dai gravi danni che una cattiva postura può provocare e sottolinea l’importanza dell’ergonomia in odontoiatria, perché mira a ridurre i problemi muscoloscheletrici, permettendo al dentista di adottare una posizione più naturale e confortevole e che allo stesso tempo garantisca ai pazienti efficienza e accuratezza del trattamento.

https://youtube.com/watch?v=FMye3evy_f0%3Ffeature%3Doembed

Il secondo propone una serie di consigli su come tenere una postura ideale, dall’inclinazione di testa e spalle alla posizione di gambe e piedi, fino all’altezza della sedia e alla posizione del pedale. Non mancano suggerimenti anche sull’abbigliamento e le calzature che devono essere comodi e favorire i movimenti.

https://youtube.com/watch?v=pSM8UA4IUQE%3Ffeature%3Doembed

Infine, il terzo video prende in considerazione il ruolo e la posizione dell’assistente che, in un sistema a quattro mani, sono molto importanti sia per garantire un trattamento agevole ed efficace al paziente sia per ridurre l’affaticamento del medico, che si vede porgere in maniera appropriata gli strumenti. La raccomandazione finale è che la posizione del paziente venga stabilita sulla base della postura naturale del dentista e dei suoi punti di riferimento. Naturalmente, il consiglio finale è quello classico e cioè di fare movimento e sport il più possibile, concedendosi delle pause quantomeno per brevi camminate. Perché lavorare con il massimo del comfort è garanzia di benessere per tutti: odontoiatri, staff dello studio e pazienti.

https://youtube.com/watch?v=C0posp9arlE%3Ffeature%3Doembed

INTERPELLI N 4/2023 del 26/06/2023

Oggetto: Interpello ai sensi dell’articolo 12 del d.lgs. n. 81/2008 e successive modificazioni, in merito “all’interpretazione art. 47 commi 2 e 8 D.Lgs. 81/2008”. Seduta della Commissione del 22 giugno 2023
Destinatario: COBAS – Lavoro Privato

COBAS – Lavoro Privato ha avanzato istanza di interpello per conoscere il parere di questa Commissione, in merito “all’interpretazione corretta dei commi 2 ed 8 del T.U. Sicurezza sul Lavoro, in particolare:
1. Il comma 2 prevede che [ndr. in] tutte le aziende o unità produttive, [ndr. sia] eletto o designato il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza. Nel caso in cui l’azienda abbia diverse unità produttive, come nel caso specifico della catena dei supermercati, è obbligatoria la nomina di un RLS in ogni unità produttiva autonoma? Tenendo presente anche, che le unità produttive si trovano dislocate in due regioni diverse ed hanno tutte tra i trenta ed i cento dipendenti per ogni sede?
2. Nel caso in cui la stessa azienda “supermercato”, occupi tra i duecento ed i mille dipendenti complessivi nelle diverse unità produttive, e quindi il numero minimo degli RLS sia di tre, con quali criteri vengono individuati gli stessi, qualora nelle singole unità produttive si proceda alla loro nomina e venga quindi superato detto numero minimo? Nel caso specifico, l’azienda ha accolto la nomina dei tre RLS escludendo gli ulteriori regolarmente eletti, creando una scelta comoda da parte dell’azienda”
.

Al riguardo, premesso che: (…)

la Commissione ritiene opportuno ricordare, in via preliminare, come la stessa sia tenuta unicamente a rispondere a “quesiti di ordine generale sull’applicazione della normativa di salute e sicurezza del lavoro” e non a quesiti relativi a fattispecie specifiche.
Tanto premesso, la Commissione ritiene che la citata normativa stabilisca espressamente che in ogni azienda o unità produttiva, sia prevista l’elezione o la designazione del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza.
La stessa normativa, inoltre, precisa che il numero, le modalità di designazione o di elezione del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, nonché il tempo di lavoro retribuito e gli strumenti per l’espletamento delle loro funzioni, siano fissati in sede di contrattazione collettiva, fatto salvo, ai sensi di quanto previsto dall’articolo 47, comma 7, un numero minimo di rappresentanti, da riferirsi comunque a ciascuna azienda o unità produttiva, a seconda del numero dei lavoratori impiegati.

Per leggere la risposta completa all’istanza andare al link sottostante.

Fonte: Ministero del lavoro

Vai all’interpello n. 4/2023 del 26/06/2023

https://www.lavoro.gov.it/documenti-e-norme/interpelli/Documents/interpello-n.-4-2023-cobas.pdf

LA POSTURA SEDUTA PROLUNGATA PUÒ RIDURRE LA CAPACITÀ POLMONARE ?

Il diaframma è uno dei principali muscoli respiratori e molte volte è stato preso in considerazione, dal punto di vista osteopatico, per analizzare i disturbi dei Pazienti, poiché risulta fondamentale anche in diverse altre attività fisiologiche (es. peristalsi intestinale, parto, sollevamento pesi, drenaggio…) (Bains et al, 2021) (Albarrati e tal, 2018) (Kang et al, 2018).

Una sua disfunzione può essere associata alla presenza di vari sintomi, da quelli respiratori, dall’intolleranza all’esercizio fisico, dal mal di schiena, fino ai disturbi gastro-enterici, uro-genitali, cervicali e del sonno (Dubè and Dres, 2016).

Il diaframma è una membrana muscolo-fibrosa che separa le cavità toracica e addominale ed è costituito da una porzione fibrosa centrale (non contrattile) e da una sezione muscolare periferica (contrattile). Durante l’attivazione, la forma del diaframma cambia di poco e la maggior parte dell’accorciamento si traduce in discesa assiale (per questo sia ha dal punto di vista osteopatico una disfunzione in inspirazione o in espirazione) (Albarrati e tal, 2018) (Kang et al, 2018) (Dubè and Dres, 2016).

In condizioni fisiologiche, il diaframma agisce come un pistone all’interno del torace, generando flusso, mentre la sua cupola scende all’interno della cavità toracica, spostando caudalmente il contenuto addominale ed elevando il torace inferiore. La pressione intra-toracica negativa, creata da questa azione, provoca (Bains et al, 2021) (Dubè and Dres, 2016):

(1) un afflusso di aria dalla bocca al polmone

(2) la generazione di un volume corrente

(3) un corretto pompaggio vascolare e linfatico

(4) un bilanciamento con la pressione intra-addominale.

Ma la funzione diaframmatica è sempre la stessa, sia da seduto che da in piedi? Per chi lavora tanto da seduto, cosa succede a livello diaframmatico?

In generale, si è visto che una postura non fisiologica del corpo (mantenuta in maniera prolungata) è in grado di influenzare la forza e la funzione dei muscoli respiratori, sia negli adulti sani, che nei Pazienti con disfunzione cardio-polmonare (Albarrati e tal, 2018) (Kang et al, 2018).

Biomeccanicamente, la lunghezza del muscolo influisce sulla capacità di una sua fibra muscolare di sviluppare una tensione attiva, nota come “relazione lunghezza-tensione“. Pertanto, si presume che i cambiamenti morfo-funzionali della gabbia toracica durante la posizione seduta prolungata, con flessione in avanti del capo e antiversione del cingolo scapolare, possano causare un alterato rapporto lunghezza-tensione dei muscoli respiratori, con conseguente (Albarrati e tal, 2018) (Kang et al, 2018):

a) ridotta capacità di questi muscoli di sviluppare tensione

b) ridotta frequenza

c) ridotta profondità della respirazione

L’alterazione biomeccanica dell’allineamento posturale può influenzare quindi in modo importante i range di movimento, la posizione e gli schemi di accoppiamento delle articolazioni tra le vertebre toraciche, le coste e lo sterno, alterando così anche la compliance polmonare, attraverso il cambiamento del movimento articolare disponibile per la respirazione (Albarrati e tal, 2018) (Katz et al, 2018).

Da quanto abbiamo letto, possiamo capire che le restrizioni della gabbia toracica durante la posizione seduta, limitano la mobilità del diaframma, inducendo successivamente e inconsciamente disturbi a più livelli del nostro corpo, come ad esempio un ridotto ritorno venoso, un’alterata stimolazione del sistema nervoso autonomo e una diversa eccitabilità del nervo frenico. Oltre a ciò, non bisogna dimenticare che si può avere anche un aumento dello sforzo respiratorio, una riduzione della capacità respiratoria e del controllo delle oscillazioni respiratorie in individui sani (Albarrati e tal, 2018).

In conclusione, per facilitare un normale schema motorio respiratorio è necessaria un’efficace contrazione del muscolo diaframmatico (Albarrati e tal, 2018).

Infine, a livello del sistema muscolo-scheletrico non dobbiamo dimenticare che durante la posizione seduta (Katz et al, 2018):

– gli organi addominali sono più alti, interferendo con il movimento diaframmatico e consentendo così una minore ispirazione

– i muscoli addominali si trovano in un punto meno ottimale nella curva lunghezza-tensione, poiché la combinazione di flessione dell’anca + posizione più alta del contenuto addominale, esercita una pressione verso l’alto

– lo schienale e il sedile della sedia possono notevolmente limitare l’espansione toracica, l’equilibrio tra la pressione intra-toracica e intra-addominale e l’escursione degli altri diaframmi della catena diaframmatica (in particolar modo a livello del cingolo scapolare e del diaframma pelvico) ( da pesentiweb)

LINK DI APPROFONDIMENTO :

STRETCHING VICINO ALLA POSTAZIONE PC

Alcuni semplici esercizi di stretching possono prevenire problemi posturali o muscolo-scheletrici. Possono essere eseguiti al lavoro, prendendosi una pausa almeno due volte al giorno, sono utili per chi svolge lavoro di ufficio alla scrivania, per gli operatori ai terminali, per gli operatori allo sportello e per chi passa tante ore in piedi.

L’ISS ha pubblicato una infografica con semplici esercizi da fare in ufficio. Sono esercizi validi  da affiancare a norme generali di comportamento, valide per tutti, come alzarsi spesso dalla sedia per riattivare la circolazione periferica delle gambe, bere almeno un bicchiere di acqua ogni ora per idratarsi e fare le scale, al posto di prendere l’ascensore, quando possibile.