Orientamenti per la sicurezza e la salute dei lavoratori nel settore del trasporto e dello stoccaggio: pubblicato il nuovo rapporto ESENER
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Per l’ampia gamma di ruoli che lo caratterizza, tra cui autisti e gestori di magazzini tra molti altri, il settore dei trasporti e dello stoccaggio è estremamente diversificato. Poiché vi trovano occupazione oltre 10 milioni di lavoratori nell’UE, è fondamentale adottare un approccio mirato alla sicurezza e alla salute sul lavoro (SSL).
La relazione individua elementi rilevanti come le dimensioni dell’impresa e i principali fattori di rischio per i lavoratori, come la permanenza prolungata in posizione da seduti e il rischio di incidenti nell’utilizzo di macchine. La pubblicazione analizza anche i problemi di salute più frequenti, tra cui i disturbi muscoloscheletrici e i problemi connessi al benessere mentale, proponendo specifici spunti per le politiche atti ad apportare miglioramenti in materia di SSL nel settore.
È disponibile anche una sintesi della relazione, mentre la pagina della visualizzazione dei dati ESENER contiene i risultati completi dell’indagine per il settore
Gli incidenti stradali rappresentano un grave problema di Sanità Pubblica. Il DPCM 12 gennaio 2017 (punto B6 dell’allegato 1) definisce la promozione della sicurezza stradale un LEA e conseguentemente gli interventi finalizzati alla promozione della salute in questo ambito costituiscono prestazioni sanitarie che devono essere garantite alla popolazione. I dati disponibili, nazionali e regionali confermano la gravità del fenomeno dell’incidentalità stradale: nel 2021 si sono verificati complessivamente in Italia oltre 150.000 incidenti stradali con 2.875 vittime e conseguenze economiche stimate al 0.9% del PIL Nazionale. Considerando specificatamente la realtà lavorativa emerge anche qui la rilevanza dell’incidentalità stradale, sia in termini di infortuni, sia in termini di eventi mortali, a fronte di un trend in diminuzione degli incidenti avvenuti in ambiente di lavoro ordinario. […]
La sicurezza stradale in Lombardia tra prevenzione, tutela e mobilità sostenibile” è il tema al centro dell’evento in programma a Milano martedì 23 maggio a partire dalle ore 9.30, il nono appuntamento della serie di iniziative del Forum della prevenzione “Made in Inail”, che sta attraversando il Paese. L’evento, fruibile in diretta streaming su questo sito, si svolge presso l’auditorium Giorgio Gaber di Palazzo Pirelli e offre l’occasione per approfondire i temi legati alla salute e sicurezza sul lavoro insieme ai rappresentanti delle istituzioni e agli stakeholders del territorio.
Dopo i saluti di apertura, i lavori sono articolati in diversi interventi e due focus, incentrati su “Le strategie della prevenzione: gli strumenti innovativi” e sulla “Sicurezza stradale: ambiti e interventi regionali”. Chiude la giornata una tavola rotonda dedicata alla prevenzione partecipata nel settore dell’autotrasporto.
Partecipano, tra gli altri, le rettrici del Politecnico di Milano, Donatella Sciuto, e dell’Università degli studi Bicocca, Giovanna Iannantuoni, il questore di Milano, Giuseppe Petronzi, il presidente dell’Inail, Franco Bettoni, il direttore generale, Andrea Tardiola, il presidente del Consiglio di indirizzo e vigilanza dell’Istituto, Guglielmo Loy, il direttore centrale prevenzione, Ester Rotoli, e il direttore regionale, Alessandra Lanza. È possibile seguire la diretta streaming cliccando sul link indicato in basso, attivo durante l’evento.
La scheda, utilizzando i dati del sistema Malprof, approfondisce la tematica delle tecnopatie nel settore trasporti su strada.
Oltre ai rischi di incidente stradale vanno tenuti presenti anche quelli per la salute quali: posture fisse e prolungate, vibrazioni trasmesse al corpo intero, movimentazione manuale dei carichi, condizioni climatiche avverse, esposizione ad agenti chimici aerodispersi; anche fattori di fragilità individuale, stili di vita e percezione del rischio da parte dei lavoratori possono incidere sul rischio tanto di infortuni quanto di malattie. I dati presentati nella scheda possono essere utili ai fini della programmazione di attività di prevenzione mirate nel settore individuato.
Il rumore del traffico alza la pressione del sangue: è quanto emerso in un lavoro pubblicato sulla rivista JACC: Advances e condotto presso l’Università di Oxford e l’Università di Pechino. Studi precedenti hanno dimostrato un legame tra il traffico stradale rumoroso e l’aumento del rischio di ipertensione. Tuttavia, mancavano prove solide e non era chiaro cosa tra il rumore o l’inquinamento atmosferico giocasse un ruolo maggiore. La nuova ricerca dimostra che è proprio l’esposizione al rumore del traffico stradale che può aumentare il rischio di ipertensione. Gli studi precedenti sull’argomento erano di tipo trasversale, cioè mostravano che il rumore del traffico e l’ipertensione erano collegati, ma non riuscivano a dimostrare una relazione di causa ed effetto. Per il nuovo lavoro, i ricercatori hanno usato i dati della Biobanca del Regno Unito, che ha esaminato i risultati della salute nel tempo. I ricercatori hanno analizzato i dati di oltre 240.000 persone (di età compresa tra 40 e 69 anni) che all’inizio non presentavano ipertensione. Hanno stimato il rumore del traffico stradale in base all’indirizzo di residenza e al Common Noise Assessment Method, uno strumento europeo. Dopo un periodo di monitoraggio mediamente lungo 8,1 anni, i ricercatori hanno esaminato quante persone hanno sviluppato l’ipertensione. Non solo hanno scoperto che le persone che vivevano in zone con molto rumore da traffico stradale avevano maggiori probabilità di sviluppare l’ipertensione, ma anche che il rischio aumentava di pari passo con la “dose” di rumore. Queste associazioni si sono mantenute anche quando i ricercatori hanno tenuto conto dell’effetto negativo dell’esposizione alle polveri sottili e al biossido di azoto. Tuttavia, le persone con un’elevata esposizione sia al rumore del traffico che all’inquinamento atmosferico presentavano il rischio più elevato di ipertensione, dimostrando che anche l’inquinamento atmosferico svolge un ruolo importante. “Il rumore del traffico stradale e l’inquinamento atmosferico legato al traffico coesistono intorno a noi”, ha detto Jing Huang, primo autore del lavoro. “È essenziale esplorare gli effetti indipendenti del rumore del traffico stradale, piuttosto che l’ambiente complessivo”.
VeSafe è una guida elettronica edita dalla Commissione europea sui rischi per la sicurezza dei veicoli aziendali o utilizzati per motivi di lavoro, di facile consultazione con la parte relativa alle buone pratiche .
Questa guida è rivolta a conducenti/datori di lavoro, dipendenti ed esperti di sicurezza in tutti i settori dell’UE, interessati ai rischi legati ai veicoli.
Puoi selezionare:
Un tipo di veicolo: furgone, auto, camion, autobus, bicicletta, ecc.
Un rischio: consegna, carico, manutenzione, pericoli fisici, ecc.
Un’area in cui lavori: guida sicura per lavoro, lavoro su o vicino a una strada e sicurezza dei trasporti sul posto di lavoro.
Questa guida elettronica è ospitata dall’Agenzia europea per la sicurezza e la salute sul lavoro mentre il contenuto editoriale è gestito dalla DG EMPL.
Lo rivela uno studio della Fondazione Policlinico Gemelli Irccs e Università Cattolica di Roma, presentato al congresso della Società Europea di Cardiologia (Esc) a Barcellona.
L’inquinamento dell’aria soffoca i vasi del cuore e può provocare l’infarto anche in chi ha coronarie sane, cioè senza placche di arterosclerosi, aumentando fino a 11 volte il rischio di ischemia in chi è più esposto al particolato fine. A dimostrare, per la prima volta, che l’aria inquinata può causare uno spasmo prolungato dei vasi che nutrono il muscolo cardiaco, danneggiando anche quelli ‘puliti’, è uno studio della Fondazione Policlinico Gemelli Irccs e Università Cattolica di Roma, presentato al congresso della Società Europea di Cardiologia (Esc) a Barcellona e pubblicato su ‘Journal of American College of Cardiology’.
La ricerca, firmata Rocco Antonio Montone e Filippo Crea, ha studiato il rischio ‘infarto da aria inquinata’ in chi è più esposto a PM2.5, prodotto soprattutto dai gas di scarico dei veicoli, dimostrando che provoca uno spasmo delle coronarie che ‘taglia’ il flusso di sangue al miocardio, determinando la morte del muscolo cardiaco dovuta allo ‘strozzamento’ dei vasi.
Abbiamo studiato il fenomeno – spiega il dottor Montone, dirigente medico presso l’Unità di Terapia Intensiva Cardiologica del Gemelli – su 287 pazienti, di cui il 56% era affetto da ischemia miocardica cronica in presenza non caratterizzate da placche di aterosclerosi, mentre il 44% aveva addirittura avuto un infarto a coronarie sane. La loro esposizione all’aria inquinata è stata determinata in base al domicilio. Tutti sono stati sottoposti a coronarografia, nel corso della quale è stato effettuato un test ‘provocativo’ all’acetilcolina, che è risultato positivo nel 61%. La positività è risultata molto più frequente in pazienti esposti all’aria inquinata”. “Alla luce dei risultati – conclude il professor Crea, ordinario di Malattie dell’apparato cardiovascolare alla Cattolica – limitare l’esposizione all’inquinamento potrebbe ridurre il rischio di eventi cardiovascolari”.
Il progressivo diffondersi delle auto elettriche è percepito dai più come uno sviluppo del settore automobilistico verso modalità di mobilità più sostenibile ed ecocompatibile soprattutto nelle città. Al massimo viene percepito un certo disagio relativo alle modalità più macchinose di ricarica o ai prezzi più elevati. Ma la maggior parte delle persone non è a conoscenza dei potenziali rischi di folgorazione ed incendio di questi autoveicoli sia in caso di incidente che in operazioni di manutenzione. Riportiamo qui di seguito le osservazioni tratte da “difesaonline.it”
..Così siamo arrivati al nocciolo della questione: ciò che rende così pericolosi i veicoli ibridi ed elettrici che circolano sulle nostre strade è la loro batteria ad alta tensione (SE DANNEGGIATA NELL’INCIDENTE).
Due premesse, quindi:
la prima (appena fatta), è che l’incidente deve aver compromesso l’integrità dell’involucro della batteria di alta tesione, ma incidenti di questo tipo sono comunque quotidianamente tanti, ogni giorno. Altrimenti va onestamente detto che non ci sono altri problemi che non siano il costo elevato delle batteria, la loro durata e smaltimento e l’impatto ambientale per la loro costruzione;
definire “ad Alta Tensione” questo tipo di batterie non è corretto da un punto di vista squisitamente elettrotecnico, vengono così chiamate in ambito automobilistico perché superano abbondantemente i 60 V DC, limite di sopravvivenza per di chi ne fosse esposto.
Stiamo parlando di batterie in grado di accumulare tensioni di circa 400 Volt DC ed erogare correnti fino a 125 Ampère. Tutti sapete cosa succede se mettete due dita nella presa di corrente di casa vostra, dalla quale escono 220V (AC) e al massimo 16 Ampère!
Le batterie di alta tensione ad uso automobilistico sono poi realizzate con materiali (Litio) che si possono incendiare al contatto con l’acqua. Facciamo allora uno sforzo di immaginazione e rispondiamo a queste due semplici domande:
a quali rischi si esporrebbe chi dovesse soccorrere il guidatore di un veicolo elettrico centrato da un tram?
a quali rischi si esporrebbe chi dovesse trovarsi a spegnere l’incendio di una vettura a benzina coinvolta in un incidente grave con un’auto elettrica?
Se avete risposto… avete capito tutto.
Occorrerebbe poter riconoscere immediatamente l’auto elettrica e impedire a chiunque di avvicinarsi ed usare solo estintori a CO2 o polvere. Poi delimitare la zona, accertarsi del rischio elettrico ed eventualmente annullarlo nel modo tecnicamente più idoneo per quella specifica vettura (sempre che le condizioni ambientali e meteorologiche lo consentano)! Vi pare facile?
Chi corre quindi il pericolo di folgorazione ?
È semplice: i primi soccorritori! (gli occupanti del veicolo incidentato sono considerabili – non me ne vogliate – “spendibili”)
Non ci sono odori o colature di liquido che possano mettere in allarme, né altro indizio per accorgersi se ci sono cavi alimentati interrotti e scoperti, tali da generare un arco voltaico o una folgorazione…
Ma se c’è stata la rottura dell’involucro della batteria di alta tensione i suoi moduli interni potrebbero essere in corto circuito con la carrozzeria e così UCCIDERE chi entra in contatto con la carrozzeria.
Di questi pericoli i costruttori di automobili sono ben coscienti, ma come cercano di porre rimedio?
In primo luogo progettano le vetture al meglio di come possono, e sviluppano logiche ad attivazione automatiche per eliminare l’erogazione di corrente dalla batteria. Sono sforzi progettuali enormi, ma nessun progettista del mondo potrà mai prevedere come potrebbe effettivamente danneggiarsi una batteria in caso di incidente, perché non esiste un incidente uguale all’altro e perché le auto non sono degli autoblindo!
Tutti i costruttori si stanno allora indirizzando verso la “guida autonoma”, perché è l’unico modo per evitare gli incidenti stradali. L’intento è però vanificato dalla presenza di un parco
auto circolante di livello tecnologico troppo eterogeneo. Sulle nostre strade continueranno sempre a girare auto che non si sa come facciano a superare la revisione …altro che essere in grado di fare la “guida autonoma”!
I Vigili del Fuoco sanno dove andare a tagliare i cavi che portano la tensione elevata, ma il loro intervento non fa altro che eliminare l’erogazione di corrente elettrica in uscita dalla batteria secondo il normale percorso di progetto. Il loro intervento non isola affatto i componenti INTERNI della batteria aventi tensione superiore a 60 V, e nell’incidente la corrente elettrica potrebbe aver trovato una via di fuga differente da quella su cui i Vigili del Fuoco agiscono con il loro intervento competente ed attrezzato.
Nella batteria ci sono certamente dei fusibili che interrompono il collegamento in serie delle sue celle interne, ma questi interrompono solo il collegamento fra moduli, non impedire che il singolo modulo, individualmente, possa costituire un pericolo letale istantaneo.
Le case costruttrici di auto ibride o elettriche formano alcuni tecnici, ed il programma di formazione è affidato al buon cuore della propria organizzazione. Ci sono case automobilistiche che fanno corsi seri ed altre no.
Ma anche nei casi più illuminati, questi tecnici così formati rappresentano solo una minima parte rispetto a quelli in forza presso le loro concessionarie ufficiali. E senza voler toccare l’argomento di quanto dispongano in termini di attrezzature adeguate nel loro lavoro quotidiano (operativo ed extra-scolastico), mi limito a dire che a loro spetta l’ingrato compito dell’artificiere davanti alla bomba.
Gli organi istituzionali Europei o Italiani hanno prodotto normative di sicurezza adeguate? No! non esiste una regolamentazione specifica per l’ambito automobilistico e ci si limita a generiche prescrizioni mutuate da altri ambiti operativi. Chiedete al Ministro dei Trasporti o alla Commissione Trasporti quali estremi di legge regolamentano l’argomento.
L’auto elettrica è considerata la mossa chiave per migliorare la qualità dell’aria nelle città, favorire la mobilità sostenibile e accelerare la decarbonizzazione. Non è però una strada senza ostacoli, per diversi motivi, sia dal punto di vista delle emissioni che sotto il profilo della sicurezza.
Il tema che al momento preoccupa di più il mondo della ricerca è quello legato alla sicurezza per l’esposizione ai campi elettromagnetici di chi utilizza veicoli elettrici, sia come guidatore che come passeggero. I motivi sono più di uno ma il più importante è l’assenza, per ora, di regole standard e di strumenti di misurazione adeguati e affidabili. Il timore nel mondo scientifico è che con la produzione di massa di auto elettriche e in assenza di regole adeguate, «i costruttori possano cercare di ridurre i costi risparmiando sulle schermature protettive dai campi elettromagnetici, portando sul mercato modelli di auto elettriche con bassi livelli di sicurezza».
L’intesa, che farà da modello a ulteriori accordi tra l’Istituto e altri grandi gruppi industriali, prevede iniziative congiunte per la progettazione di azioni finalizzate alla prevenzione degli infortuni, anche attraverso la sperimentazione di soluzioni di valore tecnologico innovativo. La collaborazione avrà durata quinquennale, in coerenza con la scadenza del Piano nazionale di ripresa e resilienza nel 2026.
L’accordo sottoscritto oggi avrà durata quinquennale, in coerenza con la scadenza del Pnrr nel 2026, e prevede l’esecuzione di attività congiunte volte alla diffusione della cultura della prevenzione e al miglioramento della gestione di salute e sicurezza, anche attraverso il coinvolgimento delle organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei soggetti istituzionali competenti. Gli ambiti di collaborazione definiti dal protocollo comprendono iniziative di comunicazione e promozione della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro e della sostenibilità sociale, la progettazione di programmi di formazione rivolti a tutti i ruoli aziendali e al personale coinvolto nella realizzazione delle grandi opere infrastrutturali e la ricerca e sperimentazione di soluzioni tecnologiche innovative per il miglioramento dei livelli di salute e sicurezza.
Tra queste ultime potranno avere un ruolo centrale i progetti di ricerca Inail nel campo della robotica, della realtà aumentata attraverso la visione immersiva, della sensoristica per il monitoraggio degli ambienti di lavoro, dello studio di materiali innovativi per l’abbigliamento lavorativo e dei dispositivi per la prevenzione di infortuni e malattie professionali, quali ad esempio gli esoscheletri collaborativi. Sono previsti, inoltre, la progettazione di modelli di organizzazione e gestione dei rischi per la prevenzione degli infortuni e la promozione del benessere organizzativo, l’analisi dei flussi informativi in materia di infortuni sul lavoro e malattie professionali nei comparti di interesse aziendali e nella realizzazione di grandi opere, e lo studio dei fattori di rischio per prevenire le patologie lavoro-correlate.
I compiti di indirizzo, programmazione e monitoraggio delle attività oggetto della collaborazione, che saranno regolate attraverso la stipula di specifici accordi attuativi, sono affidati a un Comitato di coordinamento composto da sei referenti, di cui tre individuati dall’Inail e tre dal Gruppo FS.