Gli impianti che entrano a far parte di complessi cicli di lavorazione e trasformazione dei prodotti industriali vengono definiti impianti di processo.
Tali impianti lavorano trattando spesso sostanze pericolose – come, ad esempio, sostanze infiammabili o tossiche – ed è quindi opportuno realizzare una valutazione dei rischi su più fronti, non soltanto dal punto di vista antinfortunistico, ma anche dell’impatto ambientale.
Per fare in modo di controllare i vari processi e ridurre i rischi a livelli accettabili si utilizzano sempre più frequentemente i cosiddetti SIS o sistemi strumentali di sicurezza, tanto più che, con l’inarrestabile progresso tecnologico, tali dispositivi sono oggi in grado di garantire un’elevata affidabilità a costi accessibili.
Le norme EN 61508 ed EN 61511, poi, riconducono tale affidabilità ad un determinato SIL, il quale deve essere commisurato al livello di rischio individuato in sede di analisi e garantito per l’intera catena di sicurezza – non limitatamente quindi ai componenti – attraverso un’evidenza oggettiva, mediante calcoli e certificati.
Impianti di processo e rischio di esplosione
Analizzando il rapporto tra impianti di processo e rischio di esplosione, la valutazione e prevenzione del rischio seguono i seguenti step:
prevenire la formazione di atmosfera esplosiva inertizzazione gli impianti, utilizzando sostanze non infiammabili, implementando sistemi di ventilazione eccetera;
evitare la presenza di sorgenti di innesco efficaci utilizzando apparecchiature elettriche marcate ex, limitando le velocità di rotazione e movimentazione delle apparecchiature meccaniche, garantendo la messa a terre ed equipotenzialità delle apparecchiature;
limitare gli effetti dell’esplosione adottando sistemi di sfogo (o soppressione) ed isolamento dell’esplosione.
I lavoratori che rientrano nella categoria dei fragili potranno lavorare in smart working, sia nel pubblico che nel privato, fino al 31 marzo, anche esercitando, se necessario, un’altra mansione. La novità in un emendamento alla Manovra.
Alla fine la proroga dello smart working per i lavoratori fragili è arrivata. I dipendenti che rientrano nella categoria dei fragili potranno lavorare in modalità agile, sia nel pubblico che nel privato, fino al 31 marzo 2023, anche esercitando se necessario un’altra mansione. Lo prevede un emendamento alla Manovra approvato in commissione Bilancio della Camera, che non cita però i genitori di figli under 14. Categoria per cui era previsto in precedenza lo stesso trattamento riservato ai fragili e per cui lo smart working agevolato, cioè senza obbligo di accordo individuale, scade quindi il 31 dicembre. Ecco quali sono le novità di cui si discute.
Smart working per i lavoratori fragili
Come detto la categoria interessata dalla proroga dello smart working è solo quella dei fragili. Si tratta di lavoratori che, dietro certificazione medica, risultano immunodepressi, pazienti oncologici, con terapie salvavita in corso, o disabili gravi. Il datore di lavoro, si legge nel testo emendato, assicura lo svolgimento della prestazione lavorativa in modalità agile «anche attraverso l’adibizione a diversa mansione ricompresa nella medesima categoria o area di inquadramento, come definite dai contratti collettivi vigenti, senza alcuna decurtazione della retribuzione in godimento».
Smart working per i genitori di under 14: cosa succede
Saltata quindi, al momento, l’ipotesi di una proroga del lavoro da remoto in versione semplificata per chi ha figli under 14. I lavoratori di questa categoria dal 2023 rientreranno nella normativa standard dello smart working che prevede l’obbligo di un accordo tra azienda e lavoratore o azienda e sindacati.
La cheratosi attinica è una malattia pre-cancerosa che merita un’attenta considerazione e che non può essere sottovalutata. Colpisce oltre 400mila italiani e si manifesta dopo i 40 anni come macchie rosa, rosse o marroni che nel tempo possono ispessirsi e diventare dure, ruvide e molto aderenti alla pelle. Le dimensioni possono variare da pochi millimetri fino ad alcuni centimetri e il 45% dei pazienti presenta almeno sei o più lesioni sulla pelle. Le zone più colpite del nostro corpo sono quelle maggiormente esposte al sole quali il viso, le orecchie, il cuoio capelluto e il dorso delle mani. Se le cheratosi attiniche non vengono trattate, possono, fino al 16% dei casi, evolvere in un carcinoma squamocellulare.
Quest’ultimo rappresenta da solo il 25% di tutte le forme di cancro che possono interessare la nostra pelle e ha un alto rischio di sviluppare metastasi. Diventa così fondamentale poter utilizzare un trattamento in grado di agire non solo sulla patologia già presente ma anche sullo sviluppo di nuove lesioni. Una delle ultime terapie disponibili si chiama 5-Fluorouracile 4% ed è un trattamento topico in grado di agire sulle lesioni cutanee, neoplastiche e preneoplastiche. Al tempo stesso ha dimostrato di poter esercitare un’azione selettiva sulla malattia senza determinare alterazioni significative della cute sana. La nuova terapia, prodotta da Pierre Fabre, è stata autorizzata dall’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) a fine aprile 2021 e da alcune settimane è in commercio. 5-Fluorouracile 4% è una crema che deve essere applicata, negli adulti, una volta al giorno per almeno quattro settimane. Ha dimostrato un tasso di guarigione del 100% nel 54% dei pazienti mentre un tasso di guarigione del 75% nell’80% dei casi. Inoltre il 45% dei pazienti risulta, dopo 12 mesi, ancora libero da recidive.
Il principio attivo è il fluorouracile, un agente citostatico che previene la formazione degli acidi nucleici e determinando così un’inibizione della crescita cellulare. E’ semplice da applicare, presenta un basso assorbimento sistemico dopo l’applicazione cutanea e ha dimostrato una grande tollerabilità. Tutto ciò favorisce l’aderenza terapeutica che anche in dermatologia è fondamentale soprattutto quando riguarda patologie che colpiscono principalmente i non più giovanissimi. Solo un malato su dieci ha, infatti, interrotto la cura in seguito alla comparsa di eventi avversi. La cheratosi attinica è una delle lesioni dermatologiche più diffuse e frequenti in Italia così come in molti altri Paesi occidentali. Si calcola che un terzo degli over 70 presenti almeno una lesione da cheratosi. Il 27% dei pazienti dermatologici ambulatoriali italiani è invece colpito dalla malattia. Vi è spesso la tendenza a non considerarla come un grave problema di salute. In realtà è a tutti gli effetti un tumore nelle sue primissime fasi iniziali che però non sempre degenera in un carcinoma invasivo.
Bisogna tuttavia contrastare lo sviluppo delle lesioni prima che la situazione possa peggiorare. Da qui l’esigenza di avere trattamenti che agiscano in modo tempestivo. Molto importante è anche la prevenzione primaria della patologia che passa da un’esposizione corretta ai raggi solari soprattutto per alcune categorie di persone. Risultano più esposti al rischio d’insorgenza gli uomini e le donne con capelli biondi o gli occhi chiari nonché alcune particolari categorie di lavoratori o sportivi. Esistono infine altri fattori di rischio tra cui alcune patologie infiammatorie croniche o condizioni di immunodepressione che possono favorire lo sviluppo di cheratosi attiniche.
Senza dubbio però il sole rimane il principale responsabile dell’insorgenza delle cheratosi attiniche. Come dermatologi consigliamo di proteggersi sempre, con creme e indumenti adeguati, quando ci si espone al sole E’ una regola che vale durante tutto l’anno, anche in queste ultime settimane d’estate. Bisogna poi evitare il ricorso a lettini e lampade abbronzati che sono molto pericolosi per la salute della nostra pelle in quanto incrementano il rischio di altri tumori cutanei sia melanoma che non-melanoma.
Ketty Peris
*Presidente Nazionale della SIDEMAST (Società Italiana di Dermatologia Medica, Chirurgica, Estetica e delle Malattie Sessualmente Trasmesse)
L’HSE manager è una delle figure emergenti nella moderna gestione ambientale, in quanto responsabile della soluzione dei problemi ambientali dell’impresa, guidandola tra obblighi, adempimenti, rischi ed opportunità. Fino a poco fa essere HSE significava essere stati “investiti” di tale titolo senza alcuna necessaria preparazione specifica, il più delle volte trattandosi di una mera estensione delle competenze e del ruolo del RSPP.
Dal 2018 c’è però addirittura una specifica Norma UNI di riferimento, ed è a questa che oggi bisogna riferirsi.
Ma chi è l’HSE? Quali sono le sue vere responsabilità e competenze?
Qualcuno ancora oggi ci scrive per domandarcelo: “che cosa significa HSE Manager?”. La definizione di HSE può essere trovata comodamente su Wikipedia, la sintetizziamo qui di seguito per comodità.
HSE è l’acronimo di “Health, Safety & Environment” (letteralmente: Salute, Sicurezza e Ambiente): l’HSE Manager è la figura che si occupa della gestione di questi aspetti all’interno dell’ecosistema aziendale di attività e processi.
Un HSE si occupa della redazione e dell’aggiornamento di tutta la documentazione necessaria all’adempimento degli obblighi in materia di Sicurezza e Ambiente, della gestione dei sistemi di sicurezza e di tutela ambientale, mantiene i rapporti con le autorità competenti e gli enti certificatori.
Studia e realizza gli adeguamenti conseguenti alla promulgazione di nuove leggi e norme, risolve le prescrizioni e le non conformità, raccoglie ed elabora i dati relativi al monitoraggio ambientale (scarichi, rifiuti, emissioni, risorse energetiche, etc.).
Assicura l’implementazione dei requisiti di legge in materia di salute e Sicurezza sui luoghi di lavoro, D.Lgs 81/08. Si occupa della valutazione dei rischi e dei piani di miglioramento, della verifica e gestione dei piani manutenzione, effettua indagini fisiche strumentali con supporto esterno, aggiorna le procedure.
E ancora dovrà verificare la disponibilità ed il corretto uso dei dispositivi di protezione individuale (DPI) e verificare le disposizioni del Piano Operativo di Sicurezza (POS), eventualmente segnalando le modifiche da apportare.
Per diventare HSE Manager un buon punto di partenza è una laurea a indirizzo tecnico, come Ingegneria Meccanica o Elettrotecnica o Gestionale o dell’Ambiente e del Territorio.
Ma sarà necessario superare diversi esami per poter ottenere le certificazioni necessarie per poter lavorare in questo ruolo.
Tra le conoscenze necessarie per il superamento di questi esami ci sono quelle relative alla normativa e alla responsabilità connesse alla sicurezza sul lavoro e alla tutela dell’ambiente, all’implementazione di un sistema di gestione integrato sicurezza, qualità, ambiente ed etica, alla modalità di conduzione degli audit, alla gestione della fase di analisi del rischio per un appropriato piano di prevenzione, al controllo economico per un corretto investimento nelle azioni di miglioramento e di riduzione dei rischi, alla diffusione della cultura della sicurezza e gestione dei conflitti, allo sviluppo del benessere organizzativo aziendale, alla gestione delle situazioni di emergenza.( Da tuttoambiente.it)
Sicurezza sul lavoro: sinergie, formazione e prevenzione per conseguire l’obiettivo ‘zero incidenti’
La tutela della salute dei lavoratori è essenziale per la piena realizzazione di una società civile, ma anche per il miglioramento delle performance delle imprese. Un esempio virtuoso arriva da un gruppo che sta portando avanti il suo impegno con uno sguardo rivolto a tutti gli ambi
Il tema della sicurezza sul lavoro è da tempo al centro del dibattito pubblico e continua ad alimentare il confronto tra politica, sindacati e aziende, con l’obiettivo di apportare interventi migliorativi che possano ridurre sempre di più il rischio e il tasso di infortuni. L’articolo 1 della nostra Costituzione, del resto, chiarisce espressamente come l’Italia sia una Repubblica fondata sul lavoro, presentato nell’articolo 4 come un diritto di ogni cittadino e nel contempo come un dovere, attraverso il quale contribuire al progresso della società.
La strada da compiere è ancora lunga, se consideriamo che, non appena la pandemia ha iniziato ad allentare la propria morsa, gli incidenti sono tornati a crescere, facendo registrare un +43,3% nel semestre gennaio-giugno 2022 rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Un elemento positivo è senza dubbio rappresentato dal calo dei morti, che però restano troppi. Rafforzare le normative, potenziare le attività di ispezione, investire in prevenzione, formazione e manutenzione, dunque, sono azioni necessarie per garantire un’adeguata tutela di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro, condizione imprescindibile per la piena realizzazione di una società civile e democratica.
Risultati concreti possono essere conseguiti soltanto mediante uno sforzo collettivo e, oltre alle istituzioni, anche aziende e imprese sono chiamate a offrire un importante contributo. In questa direzione si sta muovendo Autostrade per l’Italia che, in un contesto globale sempre più orientato verso la mobilità sostenibile, nel 2020 ha avviato una radicale riorganizzazione di tutti gli ambiti aziendali. Accanto agli oltre 21.5 miliardi di euro messi in campo per l’ammodernamento delle infrastrutture, ASPI ha varato una serie di programmi Next To, tra i quali riveste un ruolo fondamentale “Next to Safety”, che ha portato all’attivazione di iniziative per la sicurezza sul lavoro, la sicurezza dell’infrastruttura e della circolazione.
Per quanto riguarda la sicurezza dei lavoratori, in particolare, nel corso degli ultimi anni sono stati siglati una serie di accordi sindacali volti a favorire una proficua sinergia tra azienda, personale e organizzazioni datoriali. Tra questi spicca il protocollo di filiera firmato nel marzo scorso, che ha permesso di costituire una cabina di regia con le parti sociali per lo sviluppo di nuovi progetti e di condividere l’importanza della “Stop Work Authority”, ovvero l’autorità per ogni lavoratore di interrompere la sua attività qualora ritenga che non siano rispettate le misure di sicurezza e ci possano essere rischi concreti, per sé o per altri, di incorrere in incidenti, infortuni o malattie professionali.
Ad ottobre, invece, è stata siglata un’intesa con Inail, alla quale hanno aderito anche le organizzazioni sindacali dei lavoratori dei trasporti e delle costruzioni, che ha gettato le basi per una collaborazione, strutturata e permanente, finalizzata alla diffusione della prevenzione in tutta la filiera mediante azioni congiunte, comprese soluzioni sperimentali ad alto valore tecnologico e innovative metodologie di formazione. Questa iniziativa va ad affiancarsi ad “Active Safety Value”, programma per lo sviluppo della cultura della sicurezza nel Gruppo ASPI, con il fattivo contributo dei dipendenti.
«La sostenibilità, come ci ricorda il terzo obiettivo dell’Agenda 2030 dell’ONU, passa anche attraverso la sicurezza e la salute delle persone», commenta Gian Luca Orefice, responsabile Capitale Umano, Organizzazione e HSE di Autostrade per l’Italia. Il Gruppo ASPI, pertanto, porta avanti il suo impegno con uno sguardo ampio e rivolto all’intero settore in cui opera, percorrendo tutte le strade possibili.
«La sicurezza sul lavoro – prosegue Orefice – non deve essere percepita come un costo, ma come un fattore di innovazione e miglioramento della qualità organizzativa e delle performance dell’impresa. È per questo che la nostra politica aziendale ha come obiettivo principale quello di raggiungere il traguardo di ‘zero incidenti’, senza alcuna deroga».
Una importante risorsa per la formazione della sicurezza nei luoghi di lavoro sono i video che pur nella loro semplicità o talvolta ironia come nel caso dei video della serie Napo, ci fanno riflettere sui potenziali rischi sul lavoro. Vi segnalo su tik tok il sito di Lavoro.safety . Ci sono tantissimi video. Si tratta di una versione un po’ horror in salsa di soia di produzione cinese che sono però a mio parere efficaci. Buona visione.
Viviamo un periodo storico di grande fermento per l’intero Paese e in particolare per la Lombardia. Le ingenti risorse destinate al nostro territorio sono di diversa provenienza e vanno dal Pnrr al Fondo complementare e dalla Programmazione Comunitaria fino alle Olimpiadi invernali di Milano Cortina 2026. È del tutto evidente che questa grandissima opportunità deve essere accompagnata da un innalzamento della soglia di attenzione, da parte delle istituzioni e di tutti gli attori del territorio, come le parti datoriali e sindacali”. Lo ha detto il presidente della Regione Lombardia, Attilio Fontana, presentando il ‘Protocollo d’intesa per il lavoro, la legalità, la sicurezza, la sostenibilità, la promozione della partecipazione e del confronto’ sui temi connessi a Pnrr e Pnc, Piano Lombardia e Olimpiadi invernali 2026.
Lo hanno firmato oggi in Regione da tutti i rappresentanti del Patto per lo Sviluppo, a partire dalle rappresentanze sindacali, e da altri soggetti che hanno aderito all’iniziativa. “Il valore aggiunto del protocollo è quello di avere messo intorno al tavolo tutti gli ‘attori’ di Lombardia, soggetti con cui collaboriamo costantemente. Ognuno, ne sono certo, porterà le proprie competenze e conoscenze da mettere a fattore comune” ha aggiunto il presidente. “Legalità, trasparenza e sicurezza – ha proseguito Fontana – sono i temi da inizio legislatura al centro dell’attenzione della Regione, come dimostra l’ampia e consolidata collaborazione con la Prefettura di Milano e tutte le Prefetture della Lombardia. Un tema mi sta particolarmente a cuore quello del lavoro. La sicurezza sul lavoro, la qualità del lavoro, le pari opportunità per giovani e donne nel mondo del lavoro devono essere al centro degli impegni che discendono da questo protocollo”.
Il documento sottoscritto dedica una sezione anche ai temi della Sostenibilità sociale, economica e ambientale “su cui – ha concluso Fontana – abbiamo già raggiunto importanti risultati, condivisi proprio con i componenti del Patto. Sostenibilità deve essere sempre più un’altra parola chiave della nostra Lombardia”
Bando ISI INAIL 2021: con la pubblicazione, lo scorso 7 dicembre, degli elenchi cronologici provvisori delle imprese ammesse a beneficiare dei fondi a disposizione, si avvia al termine il lungo iter di accesso ai finanziamenti.
In totale sono 274 milioni di euro le risorse messe in campo per sostenere progetti finalizzati al miglioramento delle condizioni di salute e sicurezza dei lavoratori e delle lavoratrici e, nel caso delle micro e piccole imprese agricole, investimenti per l’acquisto di nuovi macchinari e attrezzature di lavoro più sostenibili e più sicuri.
Le aziende che hanno presentato domanda in occasione del click day del 16 novembre scorso e che risultano idonee devono inviare la documentazione richiesta entro la scadenza del 20 gennaio 2023 per poter beneficiare dei contributi, da 1.000 a 130.000 euro.( Fonte informazionefiscale.it)
Una riduzione nel sangue di una proteina (la MECP2) sembrerebbe favorire il rischio di sviluppare malattie correlate allo stress, in persone, soprattutto donne, che, durante l’infanzia o l’adolescenza, abbiano vissuto esperienze particolarmente avverse», questa è la conclusione raggiunta dai ricercatori del Centro di riferimento per le Scienze Comportamentali e la Salute Mentale dell’Istituto Superiore di Sanità (Iss), in uno studio pubblicato su Translational Psychiatry.
Malattie legate allo stress: lo studio
Al centro delle indagini la proteina MECP2, ovvero Methyl-CpG binding protein 2, fondamentale per il funzionamento delle cellule nervose, nota perché alcune mutazioni del gene che la codifica sono la principale causa della Sindrome di Rett, una malattia neurologica rara, molto grave, che colpisce fin dalla prima infanzia prevalentemente il genere femminile.Oggi sappiamo che questa proteina, oltre a essere implicata in numerosi processi del neurosviluppo, svolge un ruolo fondamentale nel determinare gli effetti che l’ambiente in cui viviamo ha sul nostro organismo, suggerendo un suo coinvolgimento nei processi che predispongono allo sviluppo di psicopatologie indotte dall’esposizione a eventi stressanti nel corso della vita» dicono i ricercatori.
Sulla base di queste evidenze, gli scenziati hanno analizzato i livelli di MECP2 in campioni di sangue di 63 persone clinicamente sane. I risultati hanno confermato le loro ipotesi, ovvero che esiste una connessione tra i livelli ridotti di MECP2 e gli esiti disadattivi (quali ansia e depressione) delle esperienze avverse vissute in infanzia, e che tale legame è più forte tra le donne.«Ulteriori studi finalizzati ad approfondire i meccanismi alla base di questa associazione potranno svelare nuovi bersagli per l’implementazione di interventi preventivi personalizzati» spiega l’ Iss.
Le nuove tecnologie influenzano sempre di più il nostro quotidiano, contribuendo a ridisegnare le nostre abitudini e pure il lavoro. Da questo punto di vista, il connubio tra IoT e Dpi rappresenta una svolta significativa nel campo della tutela della sicurezza sui luoghi di lavoro. L’adozione di dispositivi di protezione individuale, resi smart grazie all’Internet of Things, può contribuire a ridurre in modo sensibile il rischio d’infortuni.
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