OCULISTICA E LAVORO

NORMA UNI EN 12464 SULLA ILLUMINAZIONE NEI LUOGHI DI LAVORO

La commissione UNI “Luce e illuminazione” ha pubblicato la norma UNI EN 12464-1:2021 (che sostituisce la UNI EN 12461:2011) dal titolo: “Luce e illuminazione – Illuminazione dei posti di lavoro – Parte 1: Posti di lavoro in interni” che indica i requisiti minimi per l’illuminazione dei luoghi di lavoro in modo da soddisfare le esigenze di sicurezza.

Una corretta illuminazione, all’interno dei luoghi di lavoro, garantisce un benessere visivo dei lavoratori tra l ‘altro normato dall’allegato IV “requisiti dei luoghi di lavoro” del TU 81/08, l’allegato XXXIV “videoterminali” del tu 81/2008 e la norma UNI EN 12464 “luce e illuminazione – illuminazione dei posti di lavoro”.

La UNI EN 12464-1

La norma UNI EN 126464-1 specifica i requisiti di illuminazione per persone, in posti di lavoro in interni. Sono considerati tutti i compiti visivi abituali, incluso l’utilizzo di attrezzature munite di videoterminali.

Sì devono soddisfare tre requisiti fondamentali:

  • confort visivo, con una buona illuminazione i lavoratori hanno una sensazione di benessere e in modo indiretto ciò contribuisce anche a generare un livello di produttività più elevato e una qualità del lavoro migliore;
  • prestazioni visive, in cui i lavoratori sono in grado di svolgere i loro compiti visivi, anche in condizioni di difficili circostanze e per periodi più lunghi;
  • sicurezza, i punti luce devono essere installati in sicurezza.

Per soddisfare tali requisiti è necessario considerare i parametri fondamentali che caratterizzano l’ambiente luminoso :

  • distribuzione delle luminanze, bisogna evitare elevati contrasti di luminanze eccessivamente elevati o troppo bassi ai fini di aumentare il comfort visivo; esistono veri e propri fattori di riflessione per il calcolo adatto alle luminanze:
    • per il soffitto da 0.6 a 0.9;
    • per le pareti da 0.3 a 0.8;
    • per i piani di lavoro da 0.2 a 0.6 e per il pavimento da 0.1 a 0.5;
  • illuminamento medio, ossia devono essere mantenuti degli illuminamenti medi per garantire il comfort visivo ai lavoratori e riguardano le superfici indicate nella zona del compito visivo;
  • illuminamento delle zone circostanti al compito che può essere più basso di quello del compito ma non deve essere minore a determinati valori;
  • abbagliamento molesto che impedisce una visione corretta del compito visivo;
  • apparenza del colore che si riferisce al colore apparente della luce emessa ed è definita dalla temperatura di colore correlata;
  • resa del colore che definisce la capacità effettiva della lampada a restituire in modo adeguato i colori;
  • fattore di manutenzione che deve essere stabilito dal progettista in base alle conoscenze dell’impianto.

VISIONE , ASTENOPIA , DIFETTI REFRATTIVI E BUON USO DEI VIDEOTERMINALI.

L’evoluzione della tecnologia ci facilita la vita, ma rappresenta una vera e propria minaccia per la salute dei nostri occhi. Passiamo ormai molte ore della giornata non solo davanti al pc per motivi di lavoro, ma anche con gli occhi fissi sui nostri nuovi “giocattoli” tecnologici, smartphone e tablet in primis, e su vecchie fiamme come la TV.
Uno studio dell’Università Keio di Tokyo pubblicato su Jama Ophthalmology, ha studiato gli effetti di un’esposizione prolungata agli schermi dei computer sui nostri occhi, segnalando in particolare il fatto che gli occhi dei lavoratori mostrano poco film lacrimale, necessario alla loro protezione. Inoltre, c’è anche una carenza della proteina che è la base del film lacrimale.


Gli scienziati giapponesi hanno analizzato quasi 100 persone che lavoravano in ufficio, esaminando la composizione del film lacrimale e ponendo loro delle domande sul numero domande sul numero di ore trascorse davanti al pc e sulla salute dei loro occhi.
Dai dati è emerso che il 7 per cento degli uomini e il 14 per cento delle donne aveva la cosiddetta sindrome dell’occhio secco. Inoltre, molti si lamentavano per le irritazioni, il bruciore e la vista appannata.
In questi casi, ovviamente, non bisogna perdere tempo e rivolgersi immediatamente a un oculista.
Nel caso in cui avvertissimo soltanto stanchezza oculare o secchezza, qualche piccolo suggerimento può migliorare la situazione:
fai un break ogni tanto. Dai ai tuoi occhi un riposo di qualche minuto, semplicemente rilassandoti. Togli gli occhiali se li indossi, chiudi gli occhi, fai un bel respiro profondo e stai per qualche minuto lontano dallo schermo.
Una volta a casa, non continuare a lavorare. Lascia perdere le mail e il telefono. Aspetta almeno un’ora prima di leggere un libro.


Cambia le luci. La luce dev’essere diffusa, ma non eccessiva, e deve illuminare l’ambiente in maniera corretta. Fai delle prove per capire il livello di illuminazione giusta per i tuoi occhi, che non sia né troppo bassa né troppo potente.
Batti le ciglia. Può sembrare uno strano consiglio, ma in realtà quando lavoriamo davanti a uno schermo tendiamo a ridurre il numero dei battiti di ciglia, il che provoca secchezza oculare e conseguente affaticamento che potremmo anche non cogliere al momento. Se necessario, utilizza le lacrime artificiali per bilanciare la situazione.
Concediti un massaggio. Quando lavoriamo davanti al computer i muscoli frontali tendono ad irrigidirsi, e se passiamo qualche minuto a massaggiarci la testa, la fronte e il collo, ci rilasseremo abbassando lo stress.
Da tenere in considerazione anche la regolazione della luminosità dello schermo. Dovrebbe essere abbastanza luminoso da consentire la lettura in maniera confortevole, ma non troppo illuminato rispetto a ciò che lo circonda, perché in questo caso il contrasto costringerebbe la retina a lavorare di più per compensare la differenza.


Francesco Loperfido, responsabile del Servizio di Oftalmologia generale dell’Irccs San Raffaele di Milano e consulente della Commissione Difesa Vista, ricorda: “il Tu 81, regola a livello europeo e italiano le problematiche per i lavoratori che fanno uso di terminali dalle tre alle 8 ore al giorno. La normativa impone una visita oculistica il cui referto viene valutato dal medico competente, ovvero il medico del lavoro, che darà l’idoneità in base anche ad altre valutazioni eseguite”.
L’obiettivo di questi screening non è solo stabilire se il lavoratore soffre di un difetto visivo, ma anche capire se l’eventuale problema è stato gestito nel modo più opportuno. Un’azione correttiva ‘doc’ non si limita infatti all’utilizzo di lenti specifiche, ma coinvolge tutto l’ambiente dell’ufficio: il monitor del computer, la scrivania, la sedia e le fonti di luce della stanza.
Qualche esempio. Una persona miope che non impiega le correzioni adeguate, evidenzia Loperfido, “modifica la sua postura in avanti sovraccaricando il collo. E il tutto causa maggiori bruciori agli occhi per la vicinanza allo schermo, e fastidi causati dalla contemporanea necessità di scrivere sulla tastiera e guardare il monitor”. L’ipermetrope, invece, “ha il problema opposto: dopo un po’ i caratteri si sdoppiano” e il lavoratore “tende ad allontanarsi dallo schermo, problema che si accentua con la presbiopia”. Gli astigmatici, infine, “tendono ad avere posture lateralizzate per compensare difetti elevati”. Tutte “queste ‘accomodazioni’ possono provocare una serie di disturbi che prendono il nome di astenopia accomodativa”: una vera e propria sindrome clinica che si manifesta con “fotofobia, riduzione dell’acuità visiva, visione sfuocata o doppia, lacrimazione, prurito, irritazione, cefalea, nausea, vertigine e tensione generale”, sottolinea lo specialista. Se poi si indossano gli occhiali da vista, gli schermi producono riflessi sulle superfici esterna e interna degli occhiali stessi. Riflessi che si sovrappongono sulla retina alle immagini visive, creando aloni che stancano l’occhio. Per questo “è buona norma utilizzare lenti trattate con filtri antiriflesso”, consiglia il medico.
Per chi ha invece più di un difetto visivo, fra cui la presbiopia, “la soluzione è quella delle lenti progressive” che “consentono una visione nitida a tutte le distanze.

Anche alcune lenti colorate possono essere utili a ridurre la luce dello sfondo e migliorare il contrasto”. Attenzione poi con le lenti a contatto, ammonisce Loperfido, perché “davanti allo schermo del computer diminuisce la frequenza degli ammiccamenti oculari, si riduce il film lacrimale e l’occhio è visibilmente più asciutto” e più vulnerabile. Per proteggere gli occhi dei ‘forzati del pc’ è inoltre fondamentale la scelta del monitor. I più sicuri sono quelli “piatti di ultima generazione”, dice l’oculista: ottimizzano contrasto e risoluzione, riducono i campi elettrostatici (tra le cause dell’occhio asciutto) e “favoriscono una maggiore distanza tra occhio e video. Soprattutto in quelle postazioni di lavoro (tipo le reception) dove spazi esigui facilitano posture sbagliate incrementando l’astenopia”.
Per quanto riguarda le fonti di luce, gli esperti affermano che è necessario evitare riflessi sullo schermo: la luce deve essere presente, ma contenuta, e il contrasto tra schermo e ambiente appropriato. È infine fondamentale che le fonti luminose siano perpendicolari allo schermo (né di fronte né alle spalle dell’operatore), e la postazione pc deve essere distante almeno un metro dalle finestre (schermate con tende regolabili). E ancora.

La sedia ‘sana’ deve essere ben bilanciata, deve muoversi su rotelle autofrenanti, deve avere un sedile regolabile in altezza e uno schienale posizionato in modo da sostenere la zona lombare. La scrivania, invece, deve avere una superficie opaca, preferibilmente di colori tenui o neutri. Le dimensioni devono permettere una certa libertà nel posizionare gli elementi sulla scrivania, e la distanza tra bordo e tastiera deve essere di almeno di 15 centimetri per poter appoggiare gli avambracci.
Per finire, le pause. Qualche datore di lavoro storcerà il naso, ma per salvaguardare la salute oculare è importante ‘staccare la spina’ per 15 minuti ogni due ore di lavoro. Le pause benefiche sono un diritto previsto dalle legge e durante lo ‘stop’ è consigliabile sgranchirsi braccia e schiena, senza tuttavia impegnare gli occhi. Da italiasalute.it

DEGENERAZIONE MACULARE RETINICA ED EFFICACIA DEGLI INTEGRATORI.

Gli studi sulle patologie degenerative oftalmiche legate all’età (AREDS e AREDS2) hanno evidenziato che gli integratori alimentari possono rallentare la progressione della degenerazione maculare legata all’età (AMD), la causa più comune di cecità negli americani più anziani. In un nuovo report, gli scienziati hanno analizzato 10 anni di dati AREDS2. Nuovi studi patrocinati dal National Institutes of Health, hanno dimostrato che la formula AREDS2, che ha sostituito con gli antiossidanti luteina e zeaxantina il beta-carotene, non solo riduce il rischio di cancro ai polmoni dovuto al beta-carotene, ma è anche più efficace nel ridurre il rischio di progressione dell’AMD, rispetto alla formula originale.

“Il beta-carotene aumenta il rischio di cancro ai polmoni per i fumatori. Pertanto il nostro obiettivo con AREDS2 era quello di trovare una formulazione di integratore altrettanto efficace che potesse essere utilizzata da chiunque, indipendentemente dal fatto che fumasse o meno”, ha affermato Emily Chew , M.D., direttore della Divisione di Epidemiologia e Applicazione Clinica presso il National Eye Institute (NEI) e autore principale del report. “I dati di 10 anni di studi confermano che non solo la nuova formula è più sicura, ma è anche più efficace nel rallentare la progressione dell’AMD”.

L’AMD è una malattia degenerativa della retina che coinvolge , il tessuto fotosensibile nella parte posteriore dell’occhio. La morte progressiva delle cellule retiniche nella macula ovvero di quella parte della retina che fornisce una chiara visione centrale, porta inesorabilmente ad una grave ipovisione . Il trattamento può rallentare o invertire la perdita della vista anche se purtroppo, non esiste una cura risolutiva per l’AMD.

Lo studio AREDS originale, lanciato nel 1996, ha mostrato che una formulazione di integratori alimentari (500 mg di vitamina C, 400 unità internazionali di vitamina E, 2 mg di rame, 80 mg di zinco e 15 mg di beta-carotene) potrebbe rallentare significativamente la progressione dell’AMD da malattia da moderata a tardiva. Tuttavia, due studi simultanei hanno anche rivelato che le persone che fumavano e assumevano beta-carotene avevano un rischio significativamente più alto di cancro ai polmoni del previsto.

In AREDS2, iniziato nel 2006, Chew e colleghi hanno confrontato la formulazione di beta-carotene con una con 10 mg di luteina e 2 mg di zeaxantina. Come il beta-carotene, la luteina e la zeaxantina sono antiossidanti con attività nella retina. La formazione contenente beta-carotene è stata somministrata solo ai partecipanti che non avevano mai fumato o che avevano smesso di fumare.

Alla fine dei cinque anni del periodo di studio previsto da AREDS2, i ricercatori hanno concluso che luteina e zeaxantina non aumentano il rischio di cancro ai polmoni e che la nuova formazione potrebbe ridurre il rischio di progressione dell’AMD di circa il 26%. Dopo il completamento del periodo di studio di cinque anni, a tutti i partecipanti allo studio è stata offerta la formazione AREDS2 finale che includeva luteina e zeaxantina invece del beta-carotene.

In questo nuovo report, i ricercatori hanno seguito 3.883 dei 4.203 partecipanti AREDS2 originali per altri cinque anni dalla fine dello studio AREDS2 nel 2011, raccogliendo informazioni sul fatto che la loro AMD fosse progredita fino alla malattia tardiva e se fosse stata diagnosticata cancro ai polmoni. Anche se tutti i partecipanti erano passati alla formula contenente luteina e zeaxantina dopo la fine del periodo di studio, lo studio di follow-up ha continuato a dimostrare che il beta-carotene aumentava di quasi il doppio il rischio di cancro ai polmoni per le persone che avevano fumato. Non vi è stato un aumento del rischio di cancro ai polmoni invece in coloro che hanno ricevuto luteina/zeaxantina. Inoltre, dopo 10 anni, il gruppo originariamente assegnato a ricevere luteina/zeaxantina aveva un rischio aggiuntivo del 20% ridotto di progressione verso l’AMD tardiva rispetto a quelli originariamente assegnati a ricevere beta-carotene.

“Questi risultati hanno confermato che il passaggio della nostra formula dal beta-carotene alla luteina e alla zeaxantina è stata la scelta giusta”, ha affermato Chew.

liberamente tradotto ed adattato da dott. Alessandro Guerri medico specialista in medicina del lavoro.

fonte:

National Institutes of Health
JAMA Ophthalmol (2022) – doi: 10.1001/jamaophthalmol.2022.1640
https://www.nih.gov/news-events/news-releases/nih-study-confirms-benefit-supplements-slowing-age-related-macular-degeneration

ASTENOPIA DA DIGITAL DEVICE : D.E.S.

da platform-optic.it

DEFINIZIONE

Il Digital Eye Strain (D.E.S.) (affaticamento oculare da digital device/ ASTENOPIA) è una condizione caratterizzata da disturbi visivi e/o disturbi oculari legati all’utilizzo di dispositivi digitali derivanti da una serie di tensioni sul sistema oculare, tra cui abbagliamento, sfocamento, disfunzione accomodativa, disparità di fissazione, secchezza, affaticamento e disagio.

Un recente rapporto (The Vision Council, 2016) ha mostrato che il 65% degli adulti americani sperimenta una sorta di affaticamento degli occhi dopo un uso prolungato di dispositivi elettronici, per questo gli operatori del benessere visivo sono sempre più chiamati a gestire tali pazienti.

Il tipico utilizzatore di digital device americano, al giorno d’oggi, possiede circa quattro dispositivi (Chase Buckle, 2016). L’ampia varietà di dispositivi digitali in uso comporta, inevitabilmente, diverse distanze di lavoro, dimensioni dei caratteri, angoli di visuale, intensità luminose e contrasti.

Di conseguenza, una vasta gamma di potenziali sintomi possono presentarsi in sala visita. L’affaticamento oculare da dispositivi digitali può presentarsi come un singolo sintomo “ovvio” o una vaga raccolta di sintomi di tipo astenopico.

Poiché questi possono essere causati da uno o più fattori sottostanti, dovrebbe essere adottato un approccio olistico nell’indagine e nella gestione dei reclami dei pazienti. Come per qualsiasi esame, un’anamnesi accurata e la descrizione dei sintomi, da parte degli esaminati, sono essenziali.

Tuttavia, una comprensione dei compiti e delle condizioni di lavoro intraprese con particolari dispositivi digitali è anche importante per valutare correttamente la causa o le cause sottostanti. Un diverso numero di fattori è associato allo sviluppo di D.E.S.

FATTORI FISIOLOGICI E AMBIENTALI ASSOCIATI AL D.E.S. 

ERRORE REFRATTIVO E PRESBIOPIA

La correzione dell’errore refrattivo (in particolare l’astigmatismo) e la presbiopia sono considerati fattori importanti associati al D.E.S. Diversi studi hanno osservato che l’astigmatismo indotto o sottocorretto ha un impatto negativo sul comfort visivo soggettivo e può ridurre la produttività dei lavoratori che utilizzano dispositivi elettronici. (Daum, Clore, Simms, et al., 2004). L’astigmatismo non corretto può essere un problema tra le persone presbiti che usano occhiali da lettura premontati e i portatori di lenti a contatto con errori cilindrici non corretti o mal compensati.

Le varie distanze di lavoro coinvolte nell’uso di diversi dispositivi digitali possono rivelarsi problematiche per le persone che richiedono una correzione per la presbiopia. Dato che si utilizzano molti dispositivi digitali con monitor, posti a distanze diverse, una singola aggiunta di positivo per vicino potrebbe non fornire una correzione ideale per più distanze di utilizzo di digital device, ciò significa che sono necessarie più prescrizioni o una correzione personalizzata (ad esempio, prescrizioni di lenti per intermedio, multifocali o a profondità di campo).

Gli occhiali da computer, con lenti progressive progettate per ottimizzare la visione nelle regioni intermedie e vicine, possono ridurre i sintomi nei soggetti presbiti in misura maggiore rispetto all’intervento ergonomico (Butzon, Sheedy, Nilsen, 2002), mentre uno studio del 2004 indicava che per un periodo di dodici mesi alcuni design di lenti per computer hanno fornito una maggiore soddisfazione generale e una migliore valutazione soggettiva rispetto a lenti monofocali. (Horgen, Aarås, Thoresen ,2004).

ACCOMODAZIONE

Alcune indagini sull’accomodazione, riguardo all’uso dei display, sono state condotte tra giovani soggetti adulti. L’effetto dell’uso di display sull’accomodazione è discutibile. Alcuni studi hanno dimostrato un aumento del lag accomodativo quando si utilizzano display rispetto quando si legge su carta (Wick, Morse, 2002, Hue, Rosenfield, Saá, 2014), mentre altri studi non sono riusciti a trovare alcuna differenza (Collier, Rosenfield, 2011, Jaschinski, 1998).

Da un recente studio è emerso che il digital eye strain non è correlato alla risposta accomodativa, ma può essere correlata alla vergenza. Rosenfield et al. (2010) hanno osservato che l’infacilità accomodativa, piuttosto che il lag, può portare a sintomi. L’effetto dell’uso di display anche nella microfluttuazione dell’accomodazione (AMF) è discutibile. 

PUPILLA 

Uno studio (Gilmartin, Hogan, 1985) ha rilevato che, in determinate condizioni, la dilatazione della pupilla è rimasta bloccata o ritardata a seguito di un’attività impegnativa da vicino. Tuttavia, non è chiaro se queste alterazioni della pupilla siano causa di D.E.S. Saito et al. (1994) hanno riscontrato che, dopo quattro ore di lavoro al computer, il riflesso pupillare era ritardato e l’ampiezza del riflesso prossimale era diminuita.

Gli autori hanno anche osservato affaticamento visivo dopo il lavoro; tuttavia, non hanno esaminato la potenziale associazione dell’affaticamento visivo con il riflesso pupillare. Uno studio simile (Ukai et al., 1994) ha suggerito che l’affaticamento visivo percepito da utilizzatori di computer potrebbe essere associato all’hippus pupillare (contrazione ritmica della pupilla). 

TENSIONE DELLA PALPEBRA 

La tendenza a strizzare gli occhi è comune durante l’uso del computer, per aumentare la concentrazione, migliorare l’acuità visiva e per il limitare l’abbagliamento. Quando si strizzano gli occhi, la tensione nel muscolo oculare orbicolare aumenta: test suggeriscono che l’eccesso di attività del muscolo orbicolare possa causare dolore oculare e occhi stanchi.

Thorud et al. (2012) hanno esposto soggetti sani a fattori di stress visivo durante due ore di lavoro al computer, osservando che i sintomi, il flusso sanguigno nel muscolo orbicolare e lo sforzo muscolare, aumentano significativamente durante il lavoro al computer. I ricercatori hanno trovato una correlazione tra dolore oculare e il flusso sanguigno nel muscolo orbicolare. Hanno anche trovato una correlazione tra stanchezza oculare e sforzo muscolare. 

LUCE DELLO SCHERMO 

I moderni dispositivi digitali, inclusi computer, tablet e smartphone, emettono una luce fredda, che di solito ha una lunghezza d’onda compresa tra 450 e 495 nm. Vari autori hanno suggerito che l’eccessiva esposizione alla luce, in particolare alla luce a lunghezza d’onda corta (verso l’ultravioletto), può portare a danni alle cellule gangliari (Osbome et al., 2006), ai fotorecettori e all’epitelio pigmentato della retina (Costa et al., 2008), cataratta (Langlois, 2016) e predisposizione alla degenerazione maculare (Algvere, Marshall, Seregard, 2016).

Tuttavia, l’intensità e la durata dell’esposizione alla luce blu in questi studi ha superato notevolmente quella dell’uso dei dispositivi digitali. Pertanto, attualmente non esiste alcuna prova che la luce blu visibile emessa dai dispositivi digitali sia in grado di danneggiare l’occhio (CIE Position Statement on the Blue Light Hazard, 2019). 

LENTI A CONTATTO E DIGITAL EYE STRAIN

L’uso delle lenti a contatto è considerato un fattore di rischio per la fisiologia del film lacrimale a causa della frizione e dell’attrito con le palpebre e della riduzione di spessore del film lacrimale. Un sondaggio online (González-Méijome et al. 2007) tra utilizzatori di computer ha rivelato che l’83% dei maschi e l’87% delle femmine utilizzatori di lenti a contatto hanno almeno un sintomo di secchezza, rispetto al 68% dei maschi e al 73% delle femmine che non usano lenti a contatto.

Questi risultati sono confermati dal lavoro di Chalmers e Bergley (2006), che ha riscontrato una maggiore prevalenza di sintomi di secchezza tra portatori di lenti a contatto, con sollievo dei sintomi dopo la rimozione delle lenti. Jansen et al. (2010) hanno esaminato le lenti a contatto morbide indossate da chi ha ascoltato la musica o giocato con i videogiochi con e senza lenti a contatto. L’area di rottura del film lacrimale è stata più ampia quando i soggetti indossavano lenti a contatto giocando con il videogioco.

La rottura del film lacrimale è correlata al discomfort provocato dall’uso di videogiochi. Con lenti a contatto, la frequenza dell’ammiccamento non è cambiata significativamente tra le due attività; tuttavia, l’ampiezza dell’ammiccamento è diminuita notevolmente durante l’esecuzione di videogiochi. Schulze et al. (2016) hanno valutato il rapporto tra D.E.S. e frequenza di ammiccamento in portatori di lenti a contatto in silicone idrogel utilizzando due dispositivi digitali: un personal computer e un tablet.

Hanno scoperto che, con l’utilizzo di dispositivi digitali e attività associate a una maggiore concentrazione, si provochi una riduzione dell’ammiccamento. Kojima et al. (2011) hanno somministrato dei questionari a 69 utilizzatori di lenti a contatto e 102 persone che non portavano lenti a contatto e facevano un lavoro d’ufficio.

I questionari riguardavano le condizioni visive e i sintomi dell’occhio secco. Oltre a confrontare i punteggi dei sintomi tra due i gruppi, gli autori hanno anche esaminato l’associazione tra durata del lavoro a computer e l’uso delle lenti a contatto. Lo studio ha trovato differenze significative di secchezza oculare nei punteggi. Questi sintomi aumentavano con la durata del lavoro al computer e i punteggi erano significativamente più alti tra i portatori di lenti a contatto.

Gli studi di Tauste et al. (2016) e Ranasinghe et al. (2016) concordano anche sul fatto che i portatori di lenti a contatto hanno maggiori probabilità di sperimentare D.E.S. rispetto ai non portatori di lenti. Le lenti a contatto probabilmente aumentano il rischio di affaticamento degli occhi, perché possono contribuire a sintomi di secchezza, che era un fastidio comunemente riportato. 

OPZIONI PER LA GESTIONE 

Le potenziali opzioni di gestione del D.E.S. negli utilizzatori di lenti a contatto includono: 

• migliorare l’ambiente e le condizioni di lavoro; 

• verificare che la correzione refrattiva sia aggiornata e appropriata per la distanza di lavoro; 

• migliorare la qualità della superficie anteriore dell’occhio e delle lenti a contatto. 

Per quanto riguarda l’ambiente di lavoro, è utile verificare le condizioni di illuminazione, per ridurre al minimo l’abbagliamento e i riflessi sullo schermo, tenere lo schermo non troppo vicino ed effettuare pause ad intervalli regolari. 

Per facilitare questo compito, negli Stati Uniti viene utilizzata una semplice regola mnemonica: 20/20/20, che significa: ogni 20 minuti, fare una pausa di 20 secondi, guardando lontano, ad almeno 20 piedi, cioè 6 metri. Inoltre, è utile ricordare alle persone l’opportunità di ridurre l’uso di dispositivi elettronici nel tempo libero. 

Per quanto riguarda la correzione refrattiva ottimale, è utile correggere anche lievi errori refrattivi, compresi piccoli astigmatismi, che in altre condizioni visive possono essere trascurati. Questo problema può emergere in quei soggetti che hanno un lieve astigmatismo e utilizzano lenti a contatto sferiche, o nelle persone presbiti che utilizzano occhiali da lettura premontati. 

Quando questi interventi non sono sufficienti, diversi autori (Coles-Brennan, Sulley e Young, 2019) raccomandano l’uso di sostituti lacrimali per alleviare i sintomi. Gli umettanti sembrano aiutare ad alleviare, anche se non eliminare, i sintomi di secchezza, stanchezza e difficoltà di concentrazione. Tuttavia, bisogna ricordare che l’effetto degli umettanti, per quanto immediato, sia di solito di breve durata e richieda quindi frequenti somministrazioni. 

CONCLUSIONI 

L’affaticamento oculare legato all’utilizzo di dispositivi elettronici è un argomento di estrema attualità e lo sarà anche nel prossimo futuro. Il problema coinvolge sia la popolazione generale, sia gli utilizzatori di lenti a contatto: in particolare, le lenti a contatto sembrano essere un fattore aggravante di questo problema.

Nella gestione di questo problema, è necessaria da parte del professionista una considerazione particolare non solo agli aspetti ottici e applicativi legati alla lente a contatto di per sé, ma un’attenzione generale all’ambiente, le abitudini e le condizioni in cui i dispositivi digitali sono utilizzati. 

Tratto dalla tesi in Optometria di Alessio Ierardi, con relatrice Laura Boccardo, discussa presso IRSOO (Vinci), luglio 2019. 

QUERTY VS COLEMAK: QUANDO LA DIGITAZIONE ALLA TASTIERA È PIU ERGONOMICA

Non tutti forse sanno che oltre a garantire una corretta posizione economica del lavoratore al videoterminale, bisognerebbe progettare delle tastiere maggiormente ergonomiche in modo tale che il movimento è la forza di digitazione dei tasti sia maggiormente adeguato.

Vi propongo la lettura di questo articolo tratto da:

https://leonardofinetti.it/5-motivi-per-usare-il-layout-colemak-dhm/

Il classico layout di tastiera denominato QWERTY lo conosciamo tutti: è il più utilizzato al mondo per le lingue europee ed è lo standard di fatto. Non molti però sanno che questo sistema ha numerosi problemi e che essi derivano dalla sua origine storica.

Questo layout è infatti stato inventato attorno al 1860 per le macchine da scrivere dell’epoca. Non era stato pensato per le moderne tastiere e nemmeno per come vengono usate oggigiorno. Al tempo esistevano dei particolari limiti tecnologici e quindi questa disposizione dei tasti fu una scelta quasi obbligata.

In quel periodo non si diede importanza all’ergonomia ed allo studio di come rendere ottimale la posizione delle lettere in base alla loro frequenza nella lingua scritta in modo da bilanciare l’uso delle dita anche a fronte di una loro diversa forza. Il mignolo, ad esempio, è più corto e debole rispetto all’indice, pertanto i moderni studi suggeriscono di assegnare a tale dito delle lettere meno frequenti.

Allo stesso tempo anche la disposizione sfalsata dei tasti è un retaggio di quel periodo. Ma con la tecnologia attuale si sono superati i limiti dell’800, e quindi si possono costruire tastiere con i tasti in colonna per ridurre ulteriormente lo stress fisico alle mani.

Negli ultimi decenni sono nati numerosi layout alternativi, tutti molto più validi del primogenito, ma a livello commerciale e industriale, per pigrizia e per scarsa attenzione al tema “ergonomia” si è ancora fermi ad un sistema vecchio più di 150 anni.

Tra i layout di tastiera alternativi a QWERTY spiccano:

  • Dvorak
  • Colemak (e Colemak DHm)
  • Workman
  • Norman
  • Carpalx
  • Beakl

Un paio di anni fa, dopo numerose ricerche, ho ritenuto che in casi come il mio dove l’utilizzo della tastiera è sia per scrivere in italiano ed inglese, sia per programmare, il layout più adatto è il Colemak, ma non quello standard, bensì la versione Colemak DHm (o mod DHm).

Perché modificare il layout Colemak?

Il layout Colemak è stato ideato in primis per la lingua inglese e per tastiere con i tasti sfalsati. Avendo però una tastiera con i tasti incolonnati (e di questo ne parlerò in uno o più articoli dedicati) e scrivendo anche in italiano, mi sono accorto che la versione standard di Colemak non era quella più adatta. Spostando però alcuni tasti si riesce a bilanciare molto meglio l’esperienza d’uso. Per maggiori informazioni e dettagli su questa variante rimando al sito Colemak Mod-DH che ha diversi esempi in base anche al tipo di tastiera.

VISIONE E POSTURA A RISCHIO DI SMART WORKING

Lavorare da casa ha i suoi vantaggi: nessun tragitto giornaliero per arrivare in ufficio, nessun dress code, la possibilità di svegliarsi più tardi…e fin qui tutto bene. Ma come tutte la cose ha anche degli svantaggi: poco movimento, perdita della cognizione del tempo, più ore davanti al computer in posizioni non propriamente idonee alla colonna vertebrale e che affaticano la vista.

Questo cambiamento nel nostro stile di vita quanto sta incidendo sulla salute di schiena e occhi? L’ho chiesto all’osteopata dott. Francesco Bini e al dott. Fabrizio Camesasca, Team Leader Clinico di Oculistica di Humanitas Medical Care, per capire come possiamo rimediare a tante cattive abitudini che sono entrate a far parte della routine quotidiana durante quest’ultimo anno.

“Lo smart working è stato introdotto per proteggere la salute dei lavoratori, ma col tempo ci si sta rivoltando contro – spiega il dottor Bini -. Postura scorretta, assenza di movimento e orari sballati stanno portando sempre più persone a lamentare problemi al tratto cervicale, fastidi alla schiena e mal di testa. Questo perché, quando casa nostra diventa anche il nostro ufficio, si passa dalla posizione supina direttamente a quella seduta, saltando tutta quella routine a cui eravamo abituati quando uscivamo per andare a lavoro, come vestirsi, prepararsi, prendere i mezzi per raggiungere l’ufficio. Tutte azioni che implicano movimento e che con il lavoro da casa è stato praticamente azzerato. Il corpo umano soffre la sedentarietà e la posizione seduta fa malissimo se mantenuta a lungo nell’arco della giornata, soprattutto se la nostra postazione di lavoro non prevede sedie ergonomiche e se non facciamo delle pause per riattivare le gambe. Lavorare tante ore di fila in un ambiente poco idoneo a questo tipo di attività, come il tavolo da cucina, il divano o addirittura il letto, può provocare emicranie da tensione cervicale, lombalgie spesso dovute a posture scorrette su sedie che comprimono in maniera eccessiva le vertebre lombari e infine le cervicalgie che provocano intorpidimento e formicolio al collo”.

Per prevenire questo tipo di problematiche Il dottor Bini consiglia:

Fare delle pause: Fare una pausa di 3 o 4 minuti almeno ogni 30 minuti, muovendosi in giro per la casa: è fondamentale per evitare una stasi muscolare legata a prolungati periodi di inattività.Utilizzare sedie ergonomiche adeguate al tratto lombare: l’ideale sarebbe utilizzare una sedia da ufficio, ma se non ne abbiamo una a disposizione basterà rialzare la seduta con cuscini in modo da allineare le vertebre e prevenire posture scorrette. Postura: Una giusta postura prevede gomiti e avambracci appoggiati al tavolo, schiena dritta, sedere il più possibile vicino allo schienale per sfruttare l’appoggio lombare e occhi all’altezza del lato superiore del monitor. Essendo una posizione difficile da tenere per tanto tempo quello che consiglio a molti miei pazienti è di utilizzare una Fitball, la classica palla da fitness, al posto delle normali sedute, questa solleverà il bacino rispetto alle ginocchia donando una posizione decisamente più naturale alla nostra colonna. E nei momenti di pausa può diventare un ottimo strumento per fare qualche esercizio. Routine mattutina: Creare una routine mattutina prima di posizionarsi davanti al computer: è consigliabile mantenere ritmi e orari regolari, fare un po’ di risveglio muscolare attraverso esercizi di stretching, seguire un regime alimentare sano ed equilibrato, evitando andirivieni dal frigorifero, e assicurarsi la giusta idratazione.Attività fisica: Ultimo consiglio, ma forse il più importante, è prevedere almeno mezz’ora al giorno di attività fisica, meglio se a orari prestabiliti, che sia anche una camminata sul tapis roulant, yoga, pilates, qualsiasi cosa in grado di tenere il corpo in movimento.Un’altra “vittima” dello smart working è la vista. Praticamente i nostri occhi fissano schermi tutto il giorno: per controllare i messaggi sullo smartphone di prima mattina, studiare con la didattica online o per lavorare al pc, o semplicemente per guardare la tv. Ma anche per fare sport in casa con il personal trainer online, per fare yoga e per seguire le ricette che hanno alleviato la quarantena tra pane e pizza al forno. Ma cosa succede ai nostri occhi quando passiamo troppo tempo davanti al computer?

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“L’utilizzo del computer, negli ultimi 30 anni, ha introdotto una terza distanza visiva, intermedia tra quella per lontano e quella per lettura, propria del lavoro al pc – spiega il dott. Fabrizio Camesasca, Team Leader Clinico di Oculistica Oculistica di Humanitas Medical Care -. Le attività al computer attirano costantemente l’attenzione della persona, riducendo la frequenza con cui vengono chiuse le palpebre, la cosiddetta frequenza di ammiccamento. Ciò comporta una maggiore evaporazione delle lacrime, compromettendo la loro funzione protettiva e lubrificante, e inducendo la sensazione di secchezza oculare. Inoltre, una lacrimazione disturbata riduce anche la qualità visiva, dato che la regolare distribuzione della lacrima sulla cornea, prima lente dell’occhio, ne esalta le proprietà ottiche. Una superficie lacrimale irregolare, interrotta, riduce la qualità delle immagini, comporta fastidio e sensazione di bruciore e di corpo estraneo oculari. Restare davanti a un computer per troppe ore in ambienti non adeguatamente illuminati può generare affaticamento, come risposta ad uno sforzo muscolare – accomodativo o di messa a fuoco –  eccessivamente protratto degli occhi.

Normalmente si manifesta con una sensazione di stanchezza, con arrossamento oculare, ma può anche capitare che l’affaticamento oculare generi emicranie e, combinato con una postura incorretta, dolori cervicali. Se poi è presente un difetto visivo – miopia, ipermetropia, astigmatismo, presbiopia – non ben corretto, l’affaticamento arriva prima. Anche l’età conta molto: è dimostrato che il lavoro visivo per vicino protratto per molte ore, al di sotto dei 21-22 anni di età, aumenta la miopia e la fa progredire. Dunque, per proteggere gli occhi quando si lavora al pc dovremmo:

Fare delle pause: L’essere umano non è stato progettato per guardare da vicino ore ed ore: la prima cosa da fare quando si lavora al pc è dosare la durata dell’attività visiva, cercando di fare pause a intervalli regolari – es. ogni 1 o 2 ore – guardando in distanza per rilassare la messa a fuoco. Consultare uno specialista: molto importante, nel caso di discomfort oculare frequente, effettuare una visita da un Medico Oculista, per l’identificazione e la correzione di eventuali difetti visivi (miopia, ipermetropia, astigmatismo, presbiopia), di disfunzioni della lacrimazione o di altre patologie.

Curare l’illuminazione: L’illuminazione sia dello schermo del computer che dell’ambiente di lavoro stesso è molto importante. Oltre a regolare la luce dello schermo, è importante disporre di un’adeguata illuminazione ambientale. L’ideale sarebbe di disporre sempre di una luce naturale, ma se si deve ricorrere alla luce artificiale, questa dovrebbe essere il più simile possibile alla luce naturale, evitando riflessi e contrasti eccessivi sullo schermo. Evitare tassativamente riflessi di luce sullo schermo del PC, dunque. Gli ambenti scuri possono affaticare gli occhi e rendere difficile la concentrazione.

Dispositivi di protezione: Circa l’utilizzo di filtri o lenti per schermare la luce del computer e la cosiddetta luce blu, al momento non vi sono evidenze scientifiche che ne attestino realmente l’efficacia. Usare lubrificanti: Se è dimostrata la presenza di una disfunzione o riduzione delle lacrime, l’utilizzo di un lubrificante può aiutare efficacemente. Anche qui spetta al Medico Oculista identificare quello più adatto, usualmente privo di farmaci od altre sostanze che, invece di essere lenitive, possono peggiorare la situazione lacrimale o indurre reazioni allergiche.

Da Tiscali.it

OCCHIO SECCO E COMPUTER :IL PARERE DELL ‘ESPERTO

Il centro Oftalmico CARONES é da molti anni sinonimo di eccellenza nel campo oculistico ed Oftalmico.

In questo WEBINAR il Dott Vigo ci spiega tutto ciò che riguarda un disturbo oculistico molto diffuso sicuramente accentuato dall ‘uso ormai sempre più necessario di videoterminalisti.

Buona visione

 

OCCHI PORTA DI PASSAGGIO E CONTAGIO PER IL COVID 19

Coronavirus isolato nelle lacrime: la scoperta dello Spallanzani. Rezza (Iss): occhi porta di ingresso e uscita del Covid

Il contagio può avvenire anche attraverso le lacrime di chi è positivo al COVID19.  Lo dimostra uno studio pubblicato su Annals of Internal Medicine dai ricercatori dell’Istituto SPALLANZANI di Roma secondo il quale il virus SarsCov2 è attivo anche nelle secrezioni oculari. Gli occhi quindi non sono solo una delle porte di ingresso del virus nell’organismo, ma anche una «potenziale fonte di contagio». Insomma, è stato dimostrando che il virus oltre che nell’apparato respiratorio, è in grado di replicarsi anche nelle congiuntive.

IL TAMPONE – La ricerca ha analizzato un tampone oculare prelevato tre giorni dopo il ricovero da una paziente positiva al virus, gli studiosi quindi hanno isolato il virus dimostrando che esso è in grado di replicarsi anche nelle congiuntive.  La paziente ricoverata allo Spallanzani alla fine di gennaio aveva una congiuntivite bilaterale.

L’OMS – Si tratta di una scoperta che ha «importanti implicazioni anche sul piano della salute pubblica, tant’è che il risultato è stato comunicato all’Organizzazione Mondiale della Sanità d’accordo con l’Editor della rivista prima della pubblicazione». «Questa ricerca dimostra che gli occhi non sono soltanto una delle porte di ingresso del virus nell’organismo, ma anche una potenziale fonte di contagio – commenta Concetta Castilletti, responsabile dell’Unità Operativa Virus Emergenti del Laboratorio di Virologia dello Spallanzani – ne deriva la necessità di un uso appropriato di dispositivi di protezione in situazioni, quali gli esami oftalmici, che si pensava potessero essere relativamente sicure rispetto ai rischi di contagio che pone questo virus».

LA POSITIVITA’ – La ricerca ha evidenziato che i tamponi oculari possono essere positivi quando invece i campioni del distretto respiratorio non mostrano più tracce del virus: i campioni respiratori della paziente, infatti, a tre settimane dal ricovero risultavano ormai negativi, mentre il campione oculare era ancora debolmente positivo sino a 27 giorni dal ricovero. Saranno necessari ulteriori studi per verificare fino a quando il virus continua ad essere attivo e potenzialmente infettivo nelle lacrime. La scoperta dei nostri ricercatori, sottolinea Marta Branca, direttore generale dello Spallanzani, «è un altro piccolo tassello che si inserisce nel complicato puzzle di questo virus. La nostra soddisfazione è quella di contribuire, con questa ricerca, a far conoscere meglio i meccanismi di contagio e, quindi, a creare maggiore consapevolezza e sicurezza negli operatori chiamati a confrontarsi con la gestione clinica dei pazienti».

Coronavirus, il contagio potrebbe avvenire anche attraverso le ...

REZZA (ISS): OCCHI PORTA DI INGRESSO E USCITA – «In qualche modo è stato dimostrato che il virus ‘entra ed esce’ dagli occhi. Anche la stessa congiuntivite», che era già stata posta sotto l’attenzione dei ricercatori per il suo legame con il nuovo coronavirus, «deriva dal fatto che Sars-Cov-2 può entrare anche dagli occhi. Oggi con questo nuovo tassello che si aggiunge alla conoscenza del virus emerge che si può moltiplicare anche nell’epitelio congiuntivale». Così Gianni Rezza, direttore del dipartimento di Malattie infettive dell’Istituto superiore di sanità (Iss), commenta all’Adnkronos Salute il nuovo studio dell’Inmi Spallanzani di Roma. «È molto importante – aggiunge – che si continui a studiare e ad approfondire la conoscenza di questo virus».

OCULISTI: INDOSSARE OCCHIALI – L’unica protezione per tenere in sicurezza gli occhi dal rischio di essere la ‘portà del virus è mettersi gli occhiali di protezione, che creano una ‘camerà chiusa intorno agli occhi, insieme alle mascherine. Chi porta già quelli da vista ha una minima difesa, ma attenzione dipende dalla grandezza della montatura. Perché parliamo di goccioline che possono essere dirette o fluttuare nell’aria. Lo studio dello Spallanzani quindi ci dice che occorre portare tutti gli occhiali di protezione se vogliamo avviare la Fase II». Così Matteo Piovella, presidente della Società oftalmologica italiana (Soi).

Piovella ricorda che «la prima persona a dare conto della gravità del coronavirus è stato un medico oftalmologo di Wuhan. Questo perché uno dei sintomi evidenziato era la congiuntivite virale da coronavirus che ha, purtroppo, caratteristiche molto simili a quelle della tradizionale congiuntivite. Ovvero – chiarisce il presidente degli oculisti – prende un occhio solo, che rimane più rosa che rosso, da dei fastidi limitati come se ci fosse la presenza di un ciglio. Infine c’è il rigonfiamento del linfonodo recettore all’attaccatura della mandibola. Cose che tutti gli oculisti sanno».

da il messaggero

Il Messaggero Digital

GIORNALE ITALIANO DI MEDICINA DEL LAVORO ED ERGONOMIA 2019 E ARCHIVI

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Giornale Italiano di Medicina del Lavoro ed Ergonomia

Volume XLI – N. 4 Ottobre-Dicembre 2019

In questo volume sono presenti 20 articoli:

1. Nuovi criteri internazionali per la valutazione del rischio vascolare e la stadiazione clinica della sindrome da vibrazioni mano-braccio (Massimo Bovenzi) SCARICA
2. La valutazione dei rischi da radiazioni ottiche: metodi, casi studio, criticità (Iole Pinto, Andrea Bogi, Francesco Picciolo, Nicola Stacchini) SCARICA
3. La valutazione del rischio da esposizione a CEM con particolare riguardo alla tutela dei soggetti sensibili (Rosaria Falsaperla, Eugenio Mattei, Federica Censi, Andrea Bogi, Iole Pinto, Giovanni Calcagnini) SCARICA
4. Metodi e strumenti sanitari per l’idoneità lavorativa dei soggetti particolarmente sensibili a CEM (Fabriziomaria Gobba) SCARICA
5. I rischi per la salute e la sicurezza nel lavoro portuale: aggiornamento della revisione narrativa della letteratura (Anna Barbieri, Laura Sabatini, Francesca Graziosi, Elena Severi, Gianpiero Mancini, Francesco Saverio Violante) SCARICA
6. L’approccio armonizzato alla salute e sicurezza nei porti italiani: l’esperienza del gruppo tecnico interregionale sui porti e le navi (Giulio Andrea Tozzi) SCARICA
7. Salute e sicurezza sul lavoro in ambito portuale e governo dei processi sociali e di sviluppo economico (Giovanni Civranÿ) SCARICA
8. L’organizzazione della prevenzione nel porto di Ravenna (Gianpiero Mancini, Giampiero Lucchi, Elio Elia, Sandra Olanda, Francesco Martinini, Mauro Rossetto, Raffaella Angelini) SCARICA
9. Lo strumento dell’AUDIT nella gestione della sicurezza sul lavoro nelle aziende che operano nell’area portuale di Trieste. Un progetto di prevenzione interistituzionale (Paolo Toffanin, Valentino Patussi, Giuseppe Camponna) SCARICA
10. Allergia a caffè verde ed esposizione a particelle ultrafini nei lavoratori del porto di Triesteonomico (Francesca Larese Filonk) SCARICA
11. Effects of transportation noise and particulate matter on the cardiovascular system: What is the new evidence? (Martin Rööslian) SCARICA
12. Limiti e potenzialità dell’analisi combinata epigenetica e trascrizionale su ampia scala per individuare obiettivi terapeutici nelle malattie cardiovascolari (Roberta Paolillo, Nicola Boccella, Stefania D’Apice, Giovanni Esposito, Cinzia Perrino) SCARICA
13. Allostatic Load as a mediator of the association between psychosocial risk factors and cardiovascular diseases. Recent evidence and indications for prevention (Giovanni Veronesi, Marco Cavicchiolo, Marco M. Ferrario) SCARICA
14. Impatto della riabilitazione cardiaca ambulatoriale per la ripresa dell’attività lavorativa del cardiopatico1? (Sara Doimo, Antonella Cherubini, Patrizia Maras, Donatella Radini, Andrea Di Lenarda, Gianfranco Sinagra?) SCARICA
15. Idoneità lavorativa nel cardiopatico: valutare i rischi fisici e psico-sociali‚ (Rossana Borchini, Marco M. Ferrario) SCARICA
16. I rischi nei laboratori di ricerca: i rischi di tipo chimico,3 (Domenico M. Cavallo, Andrea Cattaneo, Andrea Spinazzèna) SCARICA
17. Esposizione a nanoparticelle nei laboratori di ricercaa (Ivo Iavicoli, Veruscka Leso, Luca Fontana) SCARICA
18. Allergia da animali da laboratorio (Massimo Corradi, Luisella Selis, Giovanna Pela’, Paola Mozzoni, Roberta Andreoli, Matteo Goldoni) SCARICA
19. Rischio biologico nei laboratori di ricercaso1 (Stefano Porru, Marco Chiappin, Nicolò Sfrisop) SCARICA
20. In memoriam
Francesco Candura (1929-2019) ()
SCARICA

Giornale Italiano di Medicina del Lavoro ed Ergonomia

Volume XLI – N. 3 Luglio-Settembre 2019

1. La “nuova direttiva cancerogeni” dell’Unione Europea: gli impegni che ci attendono, le nuove opportunità che ci si presentano (e non dobbiamo sprecare) in Italia (Roberto Calisti) SCARICA
2. Gammopatia monoclonale di incerto significato (MGUS) e fattori occupazionali di rischio: criteri di attuazione della sorveglianza sanitaria (Giuseppe Taino, Lorenzo Bordini, Cecilia Sarto, Sara Porro, Francesco Chirico, Enrico Oddone, Marcello Imbriani) SCARICA
3. Infortuni sul lavoro nelle micro e piccole imprese nel periodo 2013-2015 in provincia di Roma (Giuseppe La Torre, Ferdinando Petronzi, Giorgio Bollini, Alice Mannocci, Sabina Sernia) SCARICA
4. Percezione dei rischi e personalità: una ricerca nel settore dei trasporti (Dario Cafagna, Massimiliano Barattucci) SCARICA
5. Proposta di un metodo per la valutazione del rischio di burnout negli insegnanti: il VA.RI.B.O (VAlutazione RIschio Burn-Out) (Francesco Chirico, Giuseppe Taino, Nicola Magnavita, Ines Giorgi, Giuseppe Ferrari, Maria Carmela Mongiovì, Marcello Imbriani) SCARICA
6. Influence of socioprofessional determinants on teachers’ mental well-being (Aouatef Mahfoudh, Ahlem Bakhrouf, Ines Rassas, Hajer Ammar, Lamia Bouzgarrou, Amira Omrane, Adnene Henchi, Mohamed Akrout, Taoufik Khalfallah) SCARICA
7. Il lavoro in un cantiere in alta quota: generalità fisiopatologiche e analisi di una casistica occupazionale (Giuseppe Taino, Guido Giardini, Alberto Delogu, Roberto Foti, Enrico Oddone, Marcello Imbriani) SCARICA
8. Congress of the United States, Ramazzini Institute and its affiliates, IARC: questions on scientific transparency (Enrico Pira, Maria Luigia De Piano, Michael Declementi, Alessandro Godono, Denis Longo) SCARICA
9. 100 Hz Localized vibration increases ipsilateral cerebellar areas activity during a motor task in healthy subjects: Three Cases Report (Roberto Casale, Cira Fundar, Zaira Symeionidou, Anna Furnari, Nicola Taiocchi, Caterina Galandra) SCARICA

Giornale Italiano di Medicina del Lavoro ed Ergonomia

Volume XLI – N. 2 Aprile-Giugno 2019

1. Il modello clinico ICD-ICF di cure ospedaliere (Egidio Traversi, Isabella Springhetti, Mario Melazzini, Gianni Giorgi) SCARICA
2. Misure di valutazione e abbinamento dei codici ICF in medicina riabilitativa: la sfida del passaggio dalla teoria alla pratica (Anna Giardini, Michele Vitacca, Roberto Pedretti, Antonio Nardone, Luca Chiovato, Antonio Spanevello, a nome del gruppo ICF Maugeri) SCARICA
3. Percorsi diagnostico terapeutici assistenziali anche riabilitativi o riabilitazione “da scarico”? (Tommaso Redaelli, Stefania Moro, Giacomo Corica, Claudio Garbelli, Egidio Traversi) SCARICA
4. Verso un’ontologia di riferimento per i sistemi informativi in medicina riabilitativa: il nomenclatore delle prestazioni riabilitative (Paolo De Nardi, Gianni Giorgi, Alessandro La Manna, Silvia Traversoni, Anna Giardini) SCARICA
5. La medicina riabilitativa e i criteri di appropriatezza: tra cronicità, multimorbilità e complessità (Domenico Scrutinio, Mauro Carone) SCARICA
6. Nuovo concetto di spazio riabilitativo nell’era della Digital Health in riabilitazione cardio-respiratoria (Antonio Mazza, Mara Paneroni, Michele Vitacca, Marco Ambrosetti) SCARICA
7. La Palestra Digitale in ambito neuromotorio (Isabella Springhetti) SCARICA
8. Il percorso ambulatoriale ICD-ICF in terapia occupazionale (Monica Panigazzi, Edda Maria Capodaglio, Elena Prestifilippo, Silvia Traversoni, Claudia Quaccini, Marcello Imbriani) SCARICA
9. Invecchiamento della popolazione attiva, modello clinico ICD-ICF e Medicina del lavoro e della Riabilitazione (Marcello Imbriani, Giuseppe Taino, Monica Panigazzi, Edda Capodaglio, Enrico Oddone, e gli altri componenti del Dipartimento di Medicina del Lavoro, Ergonomia, Tossicologia e Rischi ambientali, ICS Maugeri IRCCS) SCARICA
10. Implementazione del modello ICD-ICF in medicina riabilitativa: presentazione di un caso clinico in cardiologia riabilitativa (Sergio Masnaghetti, Federica Gramegna, Paola Mariani, Giulia Contardina Salvaneschi , Simona Sarzi Braga) SCARICA
11. Implementazione del modello ICD-ICF in medicina riabilitativa: presentazione di un caso clinico in riabilitazione respiratoria (Cinzia Lastoria, Serena Cirio, Raffaella Bido, Piero Ceriana, Michele Vitacca) SCARICA
12. Implementazione del modello ICD-ICF in medicina riabilitativa: presentazione di un caso clinico in riabilitazione neuromotoria (Gioacchino Castronovo, Angela De Palo, Domenico De Cicco) SCARICA

Giornale Italiano di Medicina del Lavoro ed Ergonomia

Volume XLI – N. 1 Gennaio-Marzo 2019

1. Le tutele del lavoratore con patologie oncologiche e il ruolo del medico competente per il suo reinserimento lavorativo (Fabrizio Caldi, Giovanni Guglielmi, Alfonso Cristaudo) SCARICA
2. Pendolarismo e lavoro: effetti sulla salute di una popolazione di lavoratori interessati dal fenomeno (Giuseppe Taino, Enrico Oddone, Gina Bianco, Giorgia Malagò, Ennio Pucci, Maria Carmela Mongiovì, Marcello Imbriani) SCARICA
3. Patologie professionali correlate ad attività di movimentazione manuale di carichi (Renato Nardella) SCARICA
4. Le scale di misura della soddisfazione lavorativa: una rassegna critica (Palmira Faraci, Paola Magnano, Giusy Danila Valenti) SCARICA
5. Valutazione del burnout nel personale dipendente del reparto di Ematologia di un Policlinico Universitario (Alice Mannocci, Cristina Sestili, Federico Carlevale, Clara Minotti, Maria De Giusti, Paolo Villari, Roberto Foà, Claudio Cartoni, Giuseppe La Torre) SCARICA
6. Assessment of functional status and rehabilitative strategies in occupational therapy: role of the Groningen Activity Restriction Questionnaire (Eliana Giambelluca, Monica Panigazzi, Abdo Saade, Marcello Imbriani) SCARICA
7. Critical Illness Polyneuropathy (CIP): a multicenter study on functional outcome (Zaira Symeonidou, Kassiani Theodoraki, Athanasios Chalkias, Erifili Argyra, Roberto Casale) SCARICA

 

ARCHIVI

Giornale Italiano di Medicina del Lavoro ed Ergonomia

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CAMPAGNA NAZIONALE PREVENZIONE MACULOPATIA

 CAMO Centro Ambrosiano Oftalmico
in collaborazione con l’Ospedale San Raffaele di Milano e ASST H Fatebenefratelli-Sacco di Milano promuove dal 23 gennaio al 28 febbraio 2020 la Campagna Nazionale di Prevenzione della Maculopatia e Retinopatia Senile. Questa importante iniziativa medico-sociale ha avuto il patrocinio del Ministero della Salute, del Comune di Milano, della Società Oftalmologica Italiana e di IAPB Agenzia Internazionale per la Prevenzione della Cecità.

Partendo dalla certezza che la miglior cura è sempre la prevenzione, quest’anno sono 26 i centri in 12 regioni in cui si potrà effettuare un esame gratuito volto alla rilevazione di queste due invalidanti patologie che, se non diagnosticate per tempo, possono portare alla cecità. Gli screening saranno effettuati da equipe medico-infermieristiche altamente qualificate e dotate delle attrezzature più all’avanguardia.

La degenerazione maculare senile, legata all’invecchiamento della retina, colpisce in Italia oltre un milione di persone, soprattutto dopo i 65 anni di età. Ma i numeri sono in crescita, proprio perché sta aumentando la popolazione anziana potenzialmente candidata alla malattia. L’aspettativa di vita è in aumento nel mondo, ma vivere più a lungo è un premio senza valore se la qualità della vita è compromessa da cattive condizioni di salute e dalla perdita di autonomia, come quando si perde la capacità di vedere. Investire negli screening e in efficaci terapie per mantenere e migliorare la funzionalità dell’individuo è di cruciale importanza. “Questa è la linea da seguire e lo scopo e finalità del nostro impegno”, afferma il Dott. Lucio Buratto.

COME FUNZIONALO SCREENING

Generalmente lo screening avrà una durata massima di circa 20 minuti e non causerà alcuno stress al paziente. Durante lo screening per la maculopatia saranno eseguiti due esami.

  • TEST DI AMSLER

    Il test d Amsler è utile ad individuare subito la presenza di metamorfopsia, cioè una visione distorta e/o deformata delle immagini. Le metarmofopsie sono sintomi tipici della maculopatia. Si tratta di un test assolutamente non invasivo e davvero molto “facile”, in quanto consiste nell’osservare – prima con un occhio e poi con l’altro – una semplice griglia a quadretti.

  • OCT

    La Tomografia ottica a radiazione coerente (OCT) utilizza un raggio di luce e permette di analizzare così vari strati della retina. Questo esame fornisce moltissime informazioni sullo stato della retina centrale, e, quindi, riveste un ruolo fondamentale nello studio di numerose patologie della macula. Anche in questo caso l’esame non è invasivo, in quanto eseguito senza alcun contatto con l’occhio e senza alcuna somministrazione di farmaci.

INFO E PRENOTAZIONI

Data la natura della patologia, gli screening della maculopatia senile sono riservati alle persone di età superiore ai 50 anni, che non abbiano già una diagnosi di maculopatia.

Agli screening gratuiti si potrà accedere tramite prenotazione online, scegliendo giorno e orario preferiti sul sito curagliocchi.it a partire dal 23 gennaio e fino ad esaurimento delle disponibilità.

Per maggiori informazioni: Tel. 02 6361 1999

Curagliocchi.it