vaccino

Covid, anticorpo “bispecifico” che blocca anche le varianti

Anticorpo monoclonale “bispecifico” che blocca le varianti e previene la malattia da Covid-19: è quanto pubblicato da ricercatori europei che hanno trovato la chiave per bloccare il virus

Ottime notizie sul fronte della lotta al Covid-19: un nuovo, super, anticorpo monoclonale sarebbe in grado di fermare il Covid-19 ma soprattutto le varianti che tanto preoccupano per la loro maggiore infettività.

Covid, a Ragusa 13 nuovi positivi. E' il dato più alto in Sicilia - ZTL |  Le Notizie della Provincia di Ragusa

L’anticorpo “bispecifico”

Il suo nome tecnico è CoV-X2 e l’altra grande novità riguarda la prevenzione: l’anticorpo nato in laboratorio sarebbe in grado di prevenire anche la malattia. Lo studio, condotto da ricercatori europei e pubblicato su una delle riviste scientifiche mondiali più importanti, Nature (clicca qui per vedere il lavoro) parla anche italiano grazie a ricercatori del Policlinico San Matteo di Pavia. Grande soddisfazione dalla finanziatrice del progetto di ricerca, Mariya Gabriel, Commissaria per l’istruzione, gioventù, sport e cultura della Comunità Europea, ha espresso soddisfazione per il risultato: “Grazie al lavoro dei ricercatori finanziati dall’UE, questa nuova scoperta potrebbe prevenire e trattare i casi di Covid-19, salvando delle vite”. L’anticorpo “bispecifico”, chiamato così perché a doppia azione, riconosce contemporaneamente due diversi antigeni (molecole) del virus.

Ecco come funziona CoV-X2

“Abbiamo dimostrato che l’anticorpo bispecifico CoV-X2 è più efficace dei relativi anticorpi monoclonali nell’inibire il legame con l’ACE2”, scrivono i ricercatori. Ricordiamo che l’Ace2 è il recettore che serve al Covid per entrare nelle nostre cellule e replicarsi: in questo caso, i ricercatori hanno unito due anticorpi naturali in una singola molecola artificiale dimostrando la protezione dalle varianti di Sars-CoV-2. A differenza degli anticorpi che riconoscono un singolo antigene, il doppio legame di quelli bispecifici riduce sensibilmente la selezione di varianti resistenti dandogli un’efficacia molto elevata rendendolo un ottimo candidato per la sperimentazione clinica, con buone possibilità di utilizzo sia nella prevenzione della malattia sia nella cura di pazienti. “L’anticorpo è stato sviluppato nell’ambito dell’attività del progetto di ricerca ATAC (Antibody Therapy AgainstCoronavirus), finanziato dall’European Research Council (ERC)”, spiega a Repubblica Fausto Baldanti, Responsabile del laboratorio di Virologia molecolare del San Matteo. Del consorzio di ricerca fanno parte anche il Karolinska Institutet di Stoccolma (Svezia, l’Istituto di Ricerca in biomedicina (IRB) di Bellinzona (Svizzera), l’Università di Braunschweig (Germania) e il Joint Research Center (JCR) della Commissione Europea. Ha collaborato pure la Rockfeller University di New York.Gli anticorpi ‘a doppia azione’: arrivano i nuovi monoclonali

Gli anticorpi di Gsk

Poco più di un mese fa abbiamo trattato l’argomento con un articolo di approndimento sugli anticorpi monoclonali che stanno sperimentando con ottimi risultati Vir Biotechnology e l’industria farmaceutica britannica GSK (GlaxoSmithKline), quest’ultima con numerose sedi in Italia. In un comunicato congiunto, Vir e GSK hanno intenzione di richiedere immediatamente l’autorizzazione all’uso di emergenza negli Stati Uniti e ed in altri Paesi annunciando che il loro monoclonale riduce l’ospedalizzazione ed il rischio di morte nel trattamento precoce degli adulti con Covid-19. In un comunicato congiunto, Vir e GSK hanno richiesto l’autorizzazione all’uso di emergenza negli Stati Uniti e ed in altri Paesi annunciando che il loro monoclonale riduce l’ospedalizzazione ed il rischio di morte nel trattamento precoce degli adulti con Covid-19. Lo ha stabilito un comitato indipendente di monitoraggio dei dati (Idmc) che ha valutato la Fase 3 della cura con VIR-7831 (il nome dell’anticorpo monoclonale) come monoterapia per il trattamento precoce di Covid-19 negli adulti ad alto rischio di ospedalizzazione.

da ilgiornale.it

VACCINO JANSSEN LA CIRCOLARE

Ecco le indicazioni per l’uso del vaccino Janssen . È stata recepita l’indicazione di Aifa per un uso preferenziale sopra i 60 anni anche se il vaccino resta comunque autorizzato per tutti i soggetti dai 18 anni in su. 

Ecco la Circolare 21 aprile 2021

SCHEDA VACCINO JANNSEN:

s

 .IT ENHome / Piano vaccini anti Covid-19

Piano vaccini anti Covid-19

Vaccino Janssen di Johnson&Johnson

Il vaccino Janssen di Johnson&Johnson viene somministrato, in unica dose, a partire dai 18 anni di età. Con Circolare 21 aprile 2021 il Ministero raccomanda un uso preferenziale del vaccino nelle persone di età superiore ai 60 anni.

  • Nome Janssen Covid-19 Vaccine
  • Produttore Johnson&Johnson
  • Tipo di vaccino Vaccino a vettore virale
  • Efficacia nelle forme gravi arriva fino al 77 % dopo 14 giorni dalla somministrazione e all’85% dopo 28 giorni dalla somministrazione
  • Data AIC in Europa 11 marzo 2021
  • Data AIC In Italia 12 marzo 2021
  • Modalità di somministrazione una iniezione, solitamente nel muscolo della parte superiore del braccio

Scarica

Norme e circolari

  • Circolare 21 aprile 2021 – Aggiornamento vaccini disponibili contro SARS-CoV-2/COVID-19 e aggiornamento note informative del consenso

Terza dose vaccini entro 12 mesi

La presidente della Commissione Ue Von der Leyen: in futuro necessari richiami per rafforzare la protezione dei vaccinati

a partita contro il coronavirus si gioca ogni giorno di più sul terreno della vaccinazione. È una considerazione diffusa a livello politico e scientifico. Prima sarà immunizzata la fascia più debole e vulnerabile della popolazione, è il ragionamento, e prima si potrà riaprire le attività economiche travolte dalle misure restrittive anti contagi e recuperare alcune delle abitudini di vita che hanno preceduto l’emergenza sanitaria.

Ma quali saranno i vaccini su cui puntare nei prossimi mesi? Delineare uno scenario definitivo non è ancora possibile. Troppe le variabili in gioco. Una tra le tante, la diffusione di nuove varianti, che potrebbero mettere in discussione la copertura garantita dai vaccini in circolazione in quel determinato momento. Considerando tuttavia alcuni elementi emersi negli ultimi giorni, si delineano spazi di crescita per Pfizer/BioNTech, dove la prima è un colosso Usa ma la seconda è una pmi tedesca.

Ceo Pfizer, è probabile una terza dose del vaccino entro 12 mesi

L’amministratore delegato di Pfizer Albert Bourla, secondo quanto riportato da Cnbc, ha detto che le persone avranno «probabilmente» bisogno di una terza dose del vaccino contro il coronavirus entro i 12 mesi dalle prime due. «Noi stiamo programmando di aumentare drasticamente le forniture di vaccini in Europa nelle prossime settimane – ha poi chiarito in un’intervista a Il Corriere della Sera -. In questo trimestre consegneremo oltre quattro volte in più rispetto al primo trimestre: 250 milioni di dosi, dopo averne date 62 fino a marzo. E siamo in discussioni per fare di più».

Ue punta su vaccini a mRna, da 2022 basta Az e J&J

Peraltro per Pfizer-BionTech si delinea la possibilità di guadagnare terreno sulle aziende farmaceutiche produttrici di vaccini concorrenti. La Commissione europea infatti ha deciso di puntare tutto sui vaccini a Rna messaggero. Sono quelli prodotti da Pfizer/BioNTech, Moderna e CureVac. Bruxelles ha annunciato che non rinnoverà nel 2022 i contratti con AstraZeneca e Johnson & Johnson, i cui preparati anti-Covid utilizzano un vettore virale, con una tecnologia più tradizionale. Ad annunciare la scelta strategica a Bruxelles è stata la presidente Ursula von der Leyen, all’indomani dell’annuncio della pausa anche in Europa nella distribuzione del vaccino di Janssen (J&J), dopo che Fda e Cdc negli Usa hanno deciso di mettere in stand by le somministrazioni.

Von der Leyen: in futuro necessari richiami per rafforzare protezione vaccinati

In futuro, ha spiegato von der Leyen, in Europa serviranno «richiami» per rafforzare la protezione dei vaccinati. E, se si svilupperanno «varianti resistenti» ai vaccini, «dovremo sviluppare vaccini adattati» alle nuove mutazioni, «presto e in quantità sufficienti. Tenendo questo a mente, dobbiamo focalizzarci sulle tecnologie che hanno dimostrato il loro valore: i vaccini a Rna messaggero sono un caso chiaro». Quello che von der Leyen ha lasciato solo intuire, è stato espresso in maniera esplicita dall’eurodeputato della Cdu tedesca Peter Liese, portavoce per la Salute del gruppo Ppe: «La Commissione – ha detto il parlamentare, che è medico – in futuro non comprerà più vaccini da Johnson & Johnson e AstraZeneca, ma si affiderà ai vaccini a m-Rna di BioNTech/Pfizer, Moderna e CureVac per combattere nel lungo termine la pandemia».

Al via la trattativa Commissione Ue – Pfizer per terzo contratto

La Commissione, ha spiegato von der Leyen confermando le indiscrezioni che circolano da giorni a Bruxelles, «sta entrando in un negoziato con Pfizer/BioNTech per un terzo contratto», che prevedrà «la consegna di 1,8 miliardi di dosi nel corso del periodo 2021-2023». Il contratto, che l’esecutivo Ue intende finalizzare «presto», prevedrà non solo la produzione nell’Ue dei vaccini, ma anche quella dei componenti di base. Un chiaro riconoscimento del carattere strategico della produzione di vaccini sul suolo europeo, dopo la lezione impartita all’Ue, che nella prima ondata della pandemia dovette scongiurare l’India di non lasciarla senza paracetamolo, dalla vicenda di AstraZeneca, la multinazionale anglosvedese che consegna vaccini al Regno Unito, ma continua a tagliare le dosi destinate all’Ue. Tanto da costringere la Commissione ad avviare formalmente il meccanismo di risoluzione delle controversie previsto dall’accordo di acquisto anticipato.

da ilsole24ore.com

INDICAZIONI INAIL ALLA VACCINAZIONE COVID 19

Da dottnet.it

Il documento chiarisce i requisiti e la procedura per l’attivazione dei punti vaccinali territoriali destinati alle lavoratrici e ai lavoratori

Pubblicate le indicazioni per le vaccinazioni anti-Covid nei luoghi di lavoro, dopo il protocollo del 6 aprile. Il documento, elaborato dall’Inail insieme ai ministeri del Lavoro e della Salute, alla Conferenza delle Regioni e delle Province autonome e alla struttura di supporto alle attività del commissario straordinario per l’emergenza, chiarisce i requisiti e la procedura per l’attivazione dei punti vaccinali territoriali destinati alle lavoratrici e ai lavoratori.Dal fatto che la loro istituzione nelle imprese dovrà sempre garantire i requisiti di efficacia, efficienza e sicurezza, all’organizzazione dell’attività, dalla necessità di programmare anche la seconda dose, quando prevista, al corso per la formazione del personale sanitario sulla piattaforma Eduiss.  Ai fini della istituzione dei punti vaccinali territoriali e della realizzazione della campagna vaccinale nei luoghi di lavoro sono sei i “presupposti imprescindibili” indicati: la disponibilità di vaccini; la disponibilità dell’azienda; la presenza/disponibilità del medico competente o di personale sanitario; la sussistenza delle condizioni di sicurezza per la somministrazione di vaccini; l’adesione volontaria ed informata da parte delle lavoratrici e dei lavoratori; la tutela della loro privacy.  La vaccinazione nel luogo di lavoro rappresenta, comunque, viene rimarcato, “un’opportunità aggiuntiva rispetto alle modalità ordinarie” dell’offerta vaccinale che “sono e saranno sempre garantite, nel rispetto delle tempistiche dettate dal piano nazionale di vaccinazione, qualora il lavoratore non intenda aderire alla vaccinazione in azienda”. Per assicurare “tempestività, efficacia e livello di adesione”, gli spazi destinati alla somministrazione dei vaccini in azienda, compresi quelli allestiti presso punti vaccinali territoriali approntati dalle associazioni di categoria di riferimento, potranno essere utilizzati per la vaccinazione di lavoratori appartenenti anche ad altre imprese, come quelli che “prestano stabilmente servizio” presso l’azienda utilizzatrice.


Le aziende, singolarmente o in gruppi organizzati, per il tramite delle Associazioni di categoria di riferimento, possono attivare punti vaccinali territoriali anti-SARS-CoV-2/ COVID-19 destinati alla vaccinazione delle lavoratrici e dei lavoratori, anche con il coinvolgimento dei medici competenti. La vaccinazione anti-SARS-CoV-2/COVID-19 effettuata nell’ambiente di lavoro, anche se affidata al medico competente o ad altri sanitari convenzionati con il Datore di Lavoro, rappresenta un’iniziativa di sanità pubblica, finalizzata alla tutela della salute della collettività e non attiene strettamente alla prevenzione nei luoghi di lavoro. Pertanto la responsabilità generale e la supervisione dell’intero processo rimane in capo al Servizio Sanitario Regionale, per il tramite dell’Azienda Sanitaria di riferimento.

Prodotto: Opuscolo
Edizioni Inail –  2021
Disponibilità: Consultabile solo in rete
Info: dcpianificazione-comunicazione@inail.it

NUOVE REGOLE PROTOCOLLO E VACCINI IN AZIENDA

Da adnkronos.

Vaccini anti coronavirus in azienda, intesa raggiunta tra Governo, imprese e sindacati sull’aggiornamento del Protocollo per la sicurezza ed il contrasto al Covid 19. Il sì al termine di un confronto durato oltre 7 ore tra il ministro del Lavoro, Andrea Orlando, il ministro della Salute, Roberto Speranza, i leader delle associazioni datoriali e i segretari generali di Cgil, Cisl, Uil e Ugl.

Al via quindi la vaccinazione dei lavoratori in azienda con cui si potrà potenziare la campagna nazionale una volta che sarà entrata finalmente a regime. Un canale, quello aziendale, parallelo alla rete ordinaria e non già una procedura alternativa: costituirà infatti, si legge nel protocollo, un’attività di sanità pubblica nell’ambito del Piano strategico nazionale per la vaccinazione anti-Covid-19 predisposto dal Commissario Straordinario. E non si tradurrà in norme vincolanti: presupporrà l’adesione volontaria dei datori di lavoro e dei lavoratori. Tutte le aziende potranno candidarsi liberamente; non è previsto nessun requisito minimo di carattere dimensionale così come la vaccinazione sarà offerta a tutti i lavoratori, “a prescindere dalla tipologia contrattuale”.

Se la vaccinazione verrà eseguita in orario di lavoro, prosegue il Protocollo, il tempo necessario “sarà equiparato a tutti gli effetti all’orario di lavoro“. Esclusa inoltre espressamente la responsabilità penale degli operatori sanitari per eventi avversi nelle ipotesi di uso conforme del vaccino mentre i costi per la realizzazione e la gestione dei piani aziendali, inclusi quelli per la somministrazione, “sono interamente a carico del datore di lavoro”.

Restano invece ovviamente a carico dello Stato la fornitura dei vaccini, dei dispositivi per la somministrazione (siringhe/aghi) e la messa a disposizione degli strumenti formativi previsti e degli strumenti per la registrazione delle vaccinazioni eseguite. Il protocollo assicura la vaccinazione anche a quei lavoratori le cui aziende non sono tenute alla nomina del medico competente oppure non possano fare ricorso a strutture sanitarie private: possono infatti avvalersi comunque “delle strutture sanitarie dell’Inail” e, in questo caso, trattandosi di iniziativa vaccinale pubblica, gli oneri restano a carico dell’ente.

Governo, imprese e sindacati hanno poi firmato anche l’aggiornamento del Protocollo delle regole anti contagio, per il contrasto e il contenimento del Covid, cui devono uniformarsi datori di lavoro e lavoratori: il testo è stato adeguato ai cambiamenti intervenuti nel corso della pandemia. Sciolti anche gli ultimi nodi che sembravano aver riportato in discussione il documento. E’ stato reintrodotta la regola per cui “la mancata attuazione del Protocollo, che non assicuri adeguati livelli di protezione, determina la sospensione dell’attività fino al ripristino delle condizioni di sicurezza”. Risolti anche i capitoli relativi all’aggiornamento del documento di valutazione del rischio che non è più incluso nel testo mentre è stata semplificata la parte relativa alle parte mascherine, alle trasferte e al reingresso al lavoro dopo la positività.

In particolare, si legge nel testo, “i lavoratori positivi oltre il 21 esimo giorno saranno riammessi al lavoro solo dopo la negativizzazione del tampone molecolare o antigenico effettuato in struttura accreditata o autorizzata dal servizio sanitario” mentre per le trasferte il datore di lavoro deve tenere in conto “il contesto associato alle diverse tipologie di trasferta/viaggio previste, anche in riferimento all’andamento epidemiologico delle sedi di destinazione”. Anche l’utilizzo del lavoro agile da parte dei datori di lavoro privati entra di diritto nell’aggiornamento del Protocollo che sollecita le imprese a garantire il massimo utilizzo di questa nuova forma di lavoro per quelle attività che possono essere svolte al proprio domicilio o in modalità a distanza, nonché per quelle non sospese.

lavoro privati entra di diritto nell’aggiornamento del Protocollo che sollecita le imprese a garantire il massimo utilizzo di questa nuova forma di lavoro per quelle attività che possono essere svolte al proprio domicilio o in modalità a distanza, nonché per quelle non sospese.

Orlando: “Accordi perfettibili ma importanti punti fermi”

“Penso che siano accordi perfettibili ma credo che oggi sia più importante mettere un punto fermo e poi riservarsi la possibilità di integrazione, piuttosto che attendere l’optimum ma che poi rischia di non arrivare”. Così il ministro del Lavoro, Andrea Orlando al termine della ‘maratona’ che ha approvato gli accordi. “Credo si sia evitata la sindrome che spesso caratterizza la politica: quella dell’anno zero. Mi auguro che questo spirito possa caratterizzare anche le prossime impegnativi appuntamenti che abbiamo di fronte: la riforma gli ammortizzatori sociali e le crisi industriali oltre alla gestione nel concreto delle riaperture e della ripartenza”, conclude.

Casasco: “Accordo non scontato, grande responsabilità”

“L’accordo siglato questa sera è molto importante in questo momento così delicato e complicato che vive il nostro Paese. Non è stato semplice arrivare a questa firma condivisa, ma ha prevalso il senso di responsabilità”. Lo ha dichiarato il presidente di Confapi, Maurizio Casasco dopo la firma.

“Confapi, portando avanti le istanze e gli interessi delle nostre Pmi, ha ritenuto doveroso intraprendere un’opera di mediazione. In questo momento così difficile per la nostra economia, l’Italia non può permettersi fratture tra le parti sociali: è necessario capire che l’avversario da combattere sono il covid e le sue varianti. E l’accordo va propria in questa direzione. Voglio dire grazie al ministro Orlando, per la serietà e la grande capacità messe in campo, al Ministero dello Sviluppo Economico e al Ministero per la Salute: con il contributo di tutti si è arrivati a un risultato per niente scontato ma davvero importante”, conclude.

Bombardieri: “Con doppia firma assicurata sicurezza e coerenza”

“Con la firma di questi accordi abbiamo ottenuto un grande risultato: la sicurezza prima di tutto. La pandemia costringe tutti a comportamenti corretti e coerenti. Non sono tollerabili differenziazioni sulla base di aree geografiche e di scelte politiche”. Così il leader Uil, Pierpaolo Bombardieri, commenta la doppia firma di stasera.

Sbarra: “Accordo segnale di grande responsabilità”

“È un segnale di grande responsabilità la sigla stasera del Protocollo nazionale sulle vaccinazioni nei luoghi di lavoro, così come anche, la revisione ed aggiornamento del Protocollo condiviso del 24 aprile 2020”. È quanto sottolinea il segretario generale della Cisl, Luigi Sbarra al termine del confronto con il governo e le imprese.

Landini: “Intesa importante”

“Un’intesa importante” quella raggiunta questa sera sul Protocollo e il piano vaccini, “in coerenza e nel rispetto delle priorità definite nel piano strategico nazionale di vaccinazione”. Così il leader Cgil, Maurizio Landini, commenta l’accordo tra il governo e le parti sociali. “Due protocolli che confermano la centralità del valore della protezione della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro e nel Paese e che con il contributo dell’Inail, dimostrano l’importanza di un lavoro condiviso per combattere e sconfiggere il virus”, ha concluso.

LOMBARDIA AL VIA LE PRENOTAZIONI

Si va per classi di età. Ma più spediti. E si parte tra poche ore (questo 2 aprile) con il nuovo sistema di prenotazione del vaccino anti-Covid grazie alla collaboprazione tra Regione Lombardia e Poste Italiane.

La cosiddetta «fase massiva» parte con chi ha tra i 75 e i 79 anni. Prima la prenotazione e poi, «A partire dal 12 aprile, alle 8» i vaccini. «Questa categoria sarà vaccinata con una media di 35mila dosi al giorno. Si tratta di una platea di 450mila lombardi, i quali potranno iniziare a prenotarsi già da domani. La prima dose per questa categoria potrebbe essere somministrata entro il 26 di aprile»: lo ha spiegato il coordinatore della campagna vaccinale Guido Bertolaso, nel corso dell’illustrazione del piano di vaccinazione massiva e del nuovo sistema di prenotazione

Dal 15 aprile apriremo poi le prenotazioni per 70-74enni, che sono 546mila e che saranno tutti vaccinati entro il 12 maggio, ma se avremo ulteriori forniture di vaccino, come è verosimile, pensiamo di salire alle 65mila somministrazioni al giorno – ha aggiunto Bertolaso -. Apriremo quindi la prenotazione per la fascia tra i 60 e 69 anni, che sono 1,2mln».
«Inizieremo il 12 aprile la fase massiva, perché vogliamo prima finire gli over 80 e poi aprire alle categorie più giovani. Andiamo rigorosamente per classi di età, a differenza di altre regioni che invece hanno spalmato le diverse categorie. Partiremo con 35mila dosi al giorno su 76 centri sparsi in tutta la Regione, con una media di 12 persone all’ora per ogni linea vaccinale, nell’arco di 12 ore al giorno, per poi passare a 65mila nella fase successiva».

«Ad inizio di maggio – ha continuato Bertolaso -, quando ci saranno forniture maggiori di vaccini, arriveremo ad avere pronte 1.000 linee vaccinali e più di 144mila vaccini al giorno». 

«Il portale che abbiamo messo in campo è studiato appositamente per questa regione, che non ha eguali in Italia come numero di somministrazioni» ha aggiunto il chief digital technology operating officer di Poste Italiane Mirko Mischiatti, nel corso dell’illustrazione del piano di vaccinazione massiva e del nuovo sistema di prenotazione. «Il cuore del portale è la parte di prenotazione, strutturata su quattro canali differenti – ha aggiunto -: quello digitale, che sarà attivo a partire da domani, che consente la prenotazione via web, quello attraverso il call center, il canale dei Postamat, che sono mille in Lombardia e i postini, 4.100 in Lombardia, che attraverso smartphone rilasceranno una ricevuta. La prenotazione sarà diretta e questo significa che la persona avrà in mano direttamente la prenotazione e attraverso un apposito algoritmo sarà indirizzata verso un centro il più vicino possibile».

«La Lombardia è pronta a partire con la vaccinazione anche nelle aziende. C’è un tavolo tecnico in corso con la commissione salute e ci sarà un ulteriore confronto il prossimo 7 aprile, mentre l’8 il tema verrà portato in Conferenza Stato-Regioni. La nostra pozione è di vaccinare in azienda solo i dipendenti e non i famigliari. Noi siamo pronti, ma siamo in attesa di avere il piano vaccinale che ci darà il commissario» ha sottolineato la vice presidente di Regione Lombardia, Letizia Moratti..

Da “il giornale di Brescia”

SOSPENSIONE DELLE MANSIONE PER I MEDICI NO VAX E SCUDO PENALE

Da Dottnet.it

La sospensione “mantiene efficacia fino all’assolvimento dell’obbligo vaccinale o, in mancanza, fino al completamento del piano vaccinale nazionale e comunque non oltre il 31 dicembre 2021”. Anaao e Fnomceo: un provvedimento deludente

Vaccinazioni | Fondazione Umberto Veronesi

La bozza del nuovo dl Covid (clicca qui per scaricare il testo completo) approvata ieri prevede la sospensione dalla mansione per i sanitari che non si saranno vaccinati e anche il rischio di sospensione dello stipendio nel caso non sia possibile assegnare al lavoratore compiti alternativi. All’articolo 4 della bozza si legge infatti:

“Decorsi i termini” previsti “l’azienda sanitaria locale competente accerta l’inosservanza dell’obbligo vaccinale e ne da’ immediata comunicazione all’interessato, al datore di lavoro e all’Ordine professionale di appartenenza. L’adozione dell’atto di accertamento da parte dell’azienda sanitaria locale determina la sospensione dal diritto di svolgere prestazioni o mansioni che implicano contatti interpersonali o comportano, in qualsiasi altra forma, il rischio di diffusione del contagio da SARS-CoV-2″. L’Ordine professionale di appartenenza “comunica immediatamente la

sospensione”.

Ricevuta la comunicazione, “il datore di lavoro adibisce il lavoratore, ove possibile, a mansioni, anche inferiori, diverse” con “il trattamento corrispondente alle mansioni esercitate, e che, comunque, non implicano rischi di diffusione del contagio. Quando l’assegnazione a diverse mansioni non e’ possibile, per il periodo di sospensione”, “non e’ dovuta la retribuzione, altro compenso o emolumento, comunque denominato”. La sospensione “mantiene efficacia fino all’assolvimento dell’obbligo vaccinale o, in mancanza, fino al completamento del piano vaccinale nazionale e comunque non oltre il 31 dicembre 2021”.

UnitoNews :: L'impatto psicologico del Covid-19 e della sua gestione sui  Medici di Medicina Generale in Piemonte

Dunque, il vaccino Covid sarà obbligatorio per tutti i sanitari. Nel testo si spiega poi come, in considerazione della situazione di emergenza epidemiologica, fino al completamento del piano vaccinale nazionale e comunque non oltre il 31 dicembre 2021, al fine di tutelare la salute pubblica e mantenere adeguate condizioni di sicurezza nell’erogazione delle prestazioni di cura e assistenza per tutti gli esercenti le professioni sanitarie e gli operatori di interesse sanitario che svolgono la loro attività nelle strutture sanitarie e sociosanitarie pubbliche e private, farmacie, parafarmacie e studi professionali è obbligatoria e gratuita la vaccinazione per la prevenzione dell’infezione da Sars-CoV-2. La vaccinazione costituisce requisito essenziale per l’idoneità all’esercizio della professione e per lo svolgimento delle prestazioni lavorative. Vengono previste ipotesi di esenzione, temporanea o definitiva, dall’obbligo di vaccinazione in relazione a specifiche condizioni cliniche appositamente certificate.

Per quanto riguarda le tutele legali, via libera anche allo scudo penale per i sanitari vaccinatori. Viene esclusa la responsabilità del personale sanitario per i delitti di omicidio colposo e lesioni personali colpose, conseguenti alla somministrazione di un vaccino anti Sars-Cov-2, in caso di osservanza delle regole cautelari relative all’attività di vaccinazione. Viene stabilito in particolare che la punibilità sia esclusa quando l’uso del vaccino sia conforme alle indicazioni contenute nel provvedimento di autorizzazione all’immissione in commercio emesso dalle competenti autorità, alle circolari e alle raccomandazioni fornite al personale addetto dalle autorità sanitarie nazionali. La norma avrà efficacia retroattiva.

DURATA IMMUNITA’ DA COVID

Le persone arruolate in questo studio siero-epidemiologico longitudinale avevano vissuto a Wuhan per almeno 14 giorni, a partire da inizio dicembre 2019.

Su 9542 individui, appartenenti a 3556 famiglie, selezionati a caso, 532 (5-6%) partecipanti sono risultati positivi alle immunoglobuline contro il SARS-Cov-2, con una sieroprevalenza – aggiustata sulla popolazione totale – del 7% : al primo prelievo (aprile 2020) l’82% circa era asintomatico, il 13% era positivo agli anticorpi IgM, Il 16% alle IgA, il 100% alle IgG e il 40% era positivo al test per gli anticorpi neutralizzanti. La percentuale di individui che in aprile avevano anticorpi neutralizzanti è rimasta stabile nelle due visite successive effettuate a giugno e tra ottobre e dicembre 2020. Tuttavia, i titoli degli anticorpi neutralizzanti erano più bassi negli individui asintomatici rispetto ai casi confermati e ai sintomatici. Sebbene i titoli di IgG siano diminuiti nel tempo, la proporzione di individui che avevano anticorpi IgG non è diminuita sostanzialmente. I risultati fanno pensare che per l’immunità di popolazione è necessaria la vaccinazione di massa, al fine di prevenire la recrudescenza dell’epidemia.

Autori: Zhenyu He, Lili Ren, Juntao Yang et al

Dottnet.it

Risiko dei vaccini, superpotenze si contendono la mappa anti covid

Mappa globale - Scarica Immagini Vettoriali Gratis, Grafica Vettoriale, e  Disegno Modelli

Sono gli Usa e la Gran Bretagna i Paesi che hanno per ora il primato della diffusione dei vaccini tra tutti gli Stati del mondo. A fronteggiarsi nel FarmaRisiko, dove le superpotenze stanno riscrivendo gli equilibri della geopolitica, al momento ci sono anche la Cina, la Russia e l’India. Ma attenzione, in questo gioco in cui in palio non ci sono solo le vite umane ma anche il ritmo e la consistenza della ripresa economica degli Stati, ciò che conta non è solo avere sviluppato un vaccino, ma anche aver contribuito a finanziarlo. Ed essere in grado di produrlo in massicce quantità, come fa l’India. Quella che segue è l’analisi della diffusione dei vaccini somministrati in 132 Paesi, equivalenti all’85% della popolazione mondiale.

Gli americani e i tre vaccini in campo: Pfizer, Moderna, Johnson & Johnson

Con tre vaccini in campo, gli Usa sono la vera superpotenza. Sono partiti per tempo, forti di cospicui finanziamenti pubblici e privati e dei migliori ricercatori, individuati anche fuori dai propri confini. È il caso dei coniugi tedeschi di origine turca Ugur Sahin e Özlem Türeci, fondatori di BioNTech. È l’azienda, specializzata nelle ricerche di immunoterapie contro i tumori, a cui l’americana Pfizer ha offerto un ricco accordo per lo sviluppo di un vaccino contro il Covid-19, finanziato anche dallo Stato tedesco e dalla Bei (la Banca europea degli investimenti). Il che spiega il favore riservatole dall’Ue e dalla Germania in particolare. Il vaccino Pzizer-BioNTech oggi è già somministrato in 77 Paesi, spesso in accoppiata con Moderna (presente in 32 Paesi): oltre a Usa, Canada, Australia e Nuova Zelanda, è stato scelto da tutti i Paesi europei, compresi quelli dell’Est, tranne la Moldavia e l’Ucraina che usano solo AstraZeneca, e San Marino che ha scelto il russo Sputnik. Questo vaccino è approdato anche alla Santa Sede.
È invece assente nel continente africano, tranne che in Rwanda, insieme con AstraZeneca e Moderna. Passando al Medio Oriente, Israele lo ha scelto con quello di Moderna, mentre è l’unico vaccino in Libano, Kuwait e Qatar. Così come in Giappone, Malesia e Singapore. Poco presente nel Centro-America (in Messico c’è ma con AstraZeneca e Sputnik), in Sud America non ha conquistato i Paesi più grandi, tranne la Colombia. Quanto alle isole, è la scelta esclusiva di Bermuda, Cayman e Turks e Caicos.

Il terzo vaccino Usa: Johnson & Johnson

Le recenti autorizzazioni del terzo vaccino Usa, lo Janssen di Johnson & Johnson, ne vedono l’utilizzo al momento solo negli Stati Uniti e in Sud Africa, ma molti Paesi lo hanno autorizzato, tra cui l’Italia.

Il vaccino inglese di AstraZeneca: il più utilizzato al mondo (merito del prezzo basso)

Sviluppato dallo Jenner Institute dell’Università di Oxford, prodotto e distribuito dall’azienda farmaceutica anglosvedese AstraZeneca, il vaccino inglese è al momento il più utilizzato al mondo, forte del prezzo più basso. Tra i 78 Paesi che ne stanno già facendo uso ci sono quasi tutti gli europei, anche dell’Est. A differenza degli americani, AstraZeneca è molto opzionato in Africa, dove ha conquistato sette sui 13 Paesi che hanno in corso le vaccinazioni, tra cui l’Angola, il Ghana, il Kenia, il Marocco (con il cinese SinoPharm), il Rwanda e l’Uganda.
È poco presente in Medio Oriente, tranne in Arabia Saudita con Pfizer-BioNTech, e nel Bahrain e negli Emirati (che hanno opzionato tutti i maggiori vaccini).
In Asia è stato adottato in India, Myanmar, Nepal, Bangladesh, Pakistan, Sri Lanka, Thailandia, Vietnam e Mongolia. Tra le isole, Antigua, Barbados, Maldive, Mauritius.

Il russo: il vaccino Sputnik è stato il primo registrato al mondo

È stato il primo vaccino al mondo registrato contro il Covid-19 nell’agosto scorso, grazie alla ricerca che il Centro Gamaleya aveva già fatto sull’Ebola e sulla Mers. Lo Sputnik al momento è stato autorizzato in quasi 50 Paesi ma è operativo in 18. L’Autorità europea (Ema) non gli ha dato il nullaosta: politicamente non c’è la volontà di foraggiare il regime di Vladimir Putin. Al momento viene iniettato oltre che a San Marino anche in Montenegro, in Serbia e in Ungheria, l’unico Paese al mondo in cui si utilizzano tutti i vaccini in circolazione. Sono molti i Paesi con regimi autoritari che l’hanno scelto: Algeria e Tunisia, Iran e Venezuela. È presente anche in Argentina, Bolivia e Paraguay.
L’Italia è l’unico Paese europeo che ha siglato un accordo per la produzione di dieci milioni di dosi di Sputnik. Questa rottura del fronte antirusso è stata accolta con freddezza dai maggiori Paesi Ue.
I dieci miliardi di dollari che la Russia incamererebbe dalla vendita ipotetica di un miliardo di dosi in tutto il mondo inquietano, considerando che eguagliano quasi il valore delle sue esportazioni di armi dello stesso periodo. Intanto il laboratorio siberiano Vektor ha registrato il secondo vaccino russo: l’EpiVacCorona.

I vaccini cinesi

Turchia, Egitto, Ungheria. Basterebbero questi tre Stati, che hanno accolto i vaccini cinesi SinoPharm e SinoVac, a dare la misura di come la Cina si muova offrendo alleanze a Paesi-chiave in quadranti strategici. In Sud America le esportazioni riguardano colossi come Argentina, Brasile e Perù. Nella propria area ha conquistato le Filippine, in rotta con l’alleato Usa per non avere avuto le dosi promesse di Pfizer-BioNTech, e l’Indonesia, altro partner Usa deluso, accanto a Thailandia, Laos e Cambogia. L’offensiva è tale che Stati Uniti e Giappone sono pronti a finanziare un miliardo di dosi, da produrre in India e far distribuire dall’Australia in tutto il Sud-Est asiatico.

L’india: due vaccini «nazionali» e la produzione del 60% dei vaccini mondiali

L’India ha elaborato un paio di vaccini con cui sta mettendo in sicurezza la propria popolazione (1,3 miliardi di abitanti) ma produce il 60% dei vaccini distribuiti nel mondo, in particolare AstraZeneca. Questo ne fa una potenza sullo scacchiere dei vaccini.

I vaccini e le tentazioni «autarchiche»

Una notazione a proposito dell’India, Cina e Stati Uniti: il fatto che la Cina produca la maggior parte delle molecole e dei principi attivi, che l’India produca il 60% dei vaccini mondiali e che gli Usa monopolizzino il settore dei bioreattori e dei materiali plastici necessari per i vaccini, spiega perché una loro torsione autarchica sarebbe foriera di seri problemi soprattutto per l’incauta Europa.

da il corriere.it

VACCINI E CATEGORIE DEI LAVORATORI PER INDICE DI RISCHIO

Da il sole 24ore

In Sicilia, e non solo, lavoratori dei supermercati mobilitati, a macchia di leopardo e senza un reale coordinamento, per sostenere “il diritto di essere vaccinati” in via prioritaria. Dopo mesi in prima linea, a contatto con clienti e fornitori per garantire un servizio essenziale, chiedono di avere una corsia preferenziale che il Piano vaccinale non prevede. Come loro, fanno sentire la loro protesta anche altre categorie, dagli avvocati alle badanti. Ma quanto è giustificata, dati alla mano, la richiesta dei cassieri della grande distribuzione?

In altre parole, è possibile “misurare” il rischio contagio di una categoria professionale? Facciamo prima un passo indietro, per capire innanzitutto quali sono i criteri della vaccinazione in via prioritaria.

Le categorie di cittadini da vaccinare in via prioritaria

Il Piano vaccini e le sue norme attuative, promossi dal Governo Conte prima e dall’Esecutivo Draghi poi, prevedono varie fasi di vaccinazione. E, per ciascuna, individuano specifiche categorie di cittadini da “mettere in sicurezza” con la somministrazione dei farmaci anti-Covid. In estrema sintesi la priorità per la Fase 1 è la vaccinazione degli operatori sanitari e sociosanitari, il personale e gli ospiti delle residenze per anziani, e gli anziani over 80. La Fase 2 individua sei categorie prioritarie. Si tratta delle persone estremamente vulnerabili (1), gli anziani tra i 70 e i 79 anni (2 e 3); le persone tra i 16 e i 69anni con aumentato rischio clinico se infettate da Covid-19 (4); i 55-69enni senza condizioni che aumentano il rischio clinico (5) e infine i cittadini tra i 18 e i 54 anni senza condizioni che aumentano il rischio clinico (6).

(foto Ansa)

Vaccini, ecco il piano: 500mila dosi al giorno e 80% di immunizzati entro settembre. In campo anche i medici della grande distribuzione

Il personale scolastico e universitario docente e non docente, le Forze armate e di Polizia, detenuti e personale carcerario e dei luoghi di comunità e, in generale, gli addetti ai servizi essenziali non hanno un ordine di priorità predefinito, ma saranno vaccinate in contemporanea alle categorie sopra descritte “in caso di disponibilità di vaccini”. E questo “in maniera da incrementare nel minor tempo possibile il numero di persone in grado di acquisire protezione rispetto all’infezione da Sars-Cov-2”.

Il criterio è dunque essenzialmente quello anagrafico, quindi con precedenza ai più anziani, con un’attenzione prioritaria alle categorie professionali ritenute a più alta probabilità di contagio (medici, infermieri, operatori sanitari, personale Rsa), a chi lavora o vive nei setting a rischio (penitenziari e luoghi di comunità), o svolge un lavoro di particolare rilevanza sociale (docenti e personale scolastico) o garantisce un servizio essenziale (Forze armate, Forze di Polizia).

Elevato rischio contagio per 6,5 milioni di lavoratori

Cerchiamo ora di individuare la platea dei lavoratori da mettere “sotto osservazione” per rispondere alla domanda da cui siamo partiti. Secondo uno studio del 2020 della Fondazione Studi dei Consulenti del lavoro (“Il rischio contagio tra gli occupati italiani”) i lavoratori italiani che presentano un elevato rischio di contagio da malattie infettive respiratorie come il Coronavirus sono circa 6,5 milioni, il 28,3% dell’intera popolazione occupata (23 milioni). Di questi, 2,8 milioni (12,2%) presentano un rischio estremamente elevato, mentre 3,7 milioni (16,1%), un rischio alto, ma non elevatissimo. Lo studio individua quindi le professioni più esposte ricorrendo a un innovativo “Indicatore di rischio contagio”, basato su cinque parametri: numero medio di contatti con altre persone richiesti nello svolgimento dell’attività lavorativa; l’interazione con clienti esterni o con il pubblico; la frequenza del lavoro al chiuso; la vicinanza fisica ad altre persone nello svolgimento del lavoro; e la frequenza di esposizione a malattie e infezioni, come conseguenza del lavoro svolto.

Su una scala da 1 a 100, in base all’”Indicatore di rischio contagio”, il gruppo professionale più pericoloso, in termini di esposizione al Covid, è, come prevedibile e come dimostrato da oltre un anno di pandemia, quello del settore sanità e dintorni. In testa alla classifica troviamo infatti i medici (308mila soggetti), con indice di rischio (IR) 90, il più alto in assoluto. Seguono, con IR 88, i tecnici della salute, come infermieri, radiologi, ed esperti di diagnostica (736mila). Poi ci sono i professionisti dei servizi sanitari e sociali, come i massaggiatori sportivi, gli operatori sociosanitari e gli assistenti degli studi medici (258mila), con IR 86.

Scorrendo la graduatoria, con un livello di rischio più basso, troviamo quelli che lo studio dei consulenti del lavoro chiama “specialisti delle scienze della vita”, ossia farmacisti, biologi, e veterinari (150mila addetti) e i professori della scuola primaria (485mila), categorie per le quali il rischio contagio oscilla in un range tra 73 e 76. Proseguendo troviamo, tutti con IR 63, i professionisti delle cure estetiche (parrucchieri, estetisti e massaggiatori, in tutto 277mila addetti), e i tecnici dei servizi sociali (assistenti sociali, operatori dei servizi all’impiego, per un totale di 88mila occupati).

Ancora, con IR 62, i 492mila addetti ai servizi personali e assimilati, come baby sitter, badanti e caregiver, e gli assistenti di viaggio, tra cui hostess, steward e accompagnatori di gruppi (19mila addetti). Nel complesso, fin qui, tutte professioni che per “esposizione a possibili infezioni, ambiente di lavoro chiuso, contatto fisico con utenti, esposizione a numero elevato di contatti”, sono evidentemente esposte a un elevato rischio di contagio. E che anche per questo rientrano a pieno titolo tra le categorie prioritarie del Piano vaccinale.

La seconda linea delle professioni più esposte

Meno elevato “ma comunque alto”, sottolineano i consulenti del lavoro, è invece l’Indice di rischio (compreso tra 50 e 60) che il report (elaborato su dati Icp-Inapp e Istat) riconosce al successivo gruppo professionale. Si va dagli addetti turistici e assimilati (73mila, IR 57) agli esercenti e gli addetti nelle attività di ristorazione come baristi, camerieri e cuochi (1 milione 183mila addetti, IR 54), passando dagli addetti alle vendite, come commessi e cassieri (anche dei supermercati), e il personale dei distributori di benzina (1 milione 108mila occupati, IR 54) e dai professori di scuola secondaria e post-secondaria (469mila, IR 54). Nel gruppo sono presenti anche receptionist e addetti all’accoglienza (280mila, IR 53), e gli addetti agli sportelli e ai cassieri di banca (IR 54).

Dati alla mano, i livelli di esposizione al rischio dei lavoratori risultano nel complesso molto diversificati se declinati rispetto ai diversi comparti dell’economia. Nell’industria, per esempio, solo il 2,7% degli addetti presenta un elevato rischio di contagio, e il livello è basso anche le costruzioni e il settore agricolo. “Di contro – sottolinea lo studio – i lavori ad alto rischio di contagio tendono a concentrarsi in alcuni settori, come la sanità e l’istruzione, dove il 53,9% presenta un rischio molto elevato di contagio e il 21,1% uno alto, le attività turistiche – alberghi e ristoranti – dove l’82,7% degli occupati presenta un rischio alto, anche se non elevatissimo, servizi collettivi e personali (attività sportive, culturali, di assistenza), dove la quota complessiva di lavoratori a rischio è pari al 43% e infine il commercio, settore in cui è ad alto rischio contagio il 34,9% di lavoratori”.

147mila casi di contagio denunciati all’Inail nel 2020

Per avere una conferma indiretta di questa analisi, dobbiamo chiedere aiuto all’Inail, l’istituto nazionale per l’assicurazione dagli infortuni sul lavoro, che ha tra i suoi compiti anche quello di monitorare le malattie professionali. Secondo il 13° Report Covid della Consulenza statistico attuariale Inail, diffuso a febbraio, i contagi da Coronavirus denunciati all’istituto alla data del 31 gennaio sono 147.875, “pari a circa un quarto delle denunce complessive di infortunio sul lavoro pervenute dall’inizio del 2020”. I casi mortali causa Covid rilevati sempre al 31 gennaio sono invece 461.

Tra le attività produttive, il maggior numero delle segnalazioni di malattia professionale causa Covid è arrivato dal settore della sanità e dell’assistenza sociale (ospedali, case di cura e di riposo, istituti, cliniche e policlinici universitari, residenze per anziani e disabili), al primo posto con il 68,8% del totale delle denunce e il 25,9% dei decessi. A seguire l’amministrazione pubblica (in particolare organismi sanitari e Asl e le amministrazioni regionali, provinciali e comunali), con il 9,2% dei contagi e il 10,7% dei casi mortali. Gli altri settori più colpiti, spiega il Report, “sono i servizi di supporto alle imprese (vigilanza, pulizia e call center), il manifatturiero (tra cui gli addetti alla lavorazione di prodotti chimici e farmaceutici, stampa, industria alimentare), al secondo posto per numero di decessi con il 13,2% del totale, le attività dei servizi di alloggio e ristorazione, il trasporto e magazzinaggio e le altre attività di servizi (pompe funebri, lavanderia, riparazione di computer e di beni alla persona, parrucchieri, centri benessere…), le attività professionali, scientifiche e tecniche (consulenti del lavoro, della logistica aziendale, di direzione aziendale) e il commercio all’ingrosso e al dettaglio”.

Non i primi, ma nemmeno gli ultimi

Anche per l’Inail, dunque, gli addetti alle vendite e i cassieri, inseriti nel settore del commercio, rientrano de facto tra le categorie a rischio, senza dimenticare che la fotografia dell’Istituto è comunque parziale rispetto alla realtà. Il perché lo spiega il rapporto a più voci (Istat, Inail, Anpal, Inps, ministero del Lavoro) sul “Mercato del lavoro 2020” del 25 febbraio scorso: “Nei primi nove mesi del 2020 si registra una forte flessione delle malattie professionali denunciate (poco meno del 30%), conseguenza dell’epidemia da SARS-Cov-2che ha influito sia per la sospensione temporanea o la chiusura nel corso dell’anno di molte attività economiche, sia per la difficoltà oggettiva dei lavoratori di effettuare di persona la denuncia di malattia”.

Concludendo: gli addetti al commercio al dettaglio e nella grande distribuzione non rientrano nelle categorie professionali in assoluto più esposte al Coronavirus, primato che spetta ai medici, ai paramedici e ai professionisti della Sanità. Ma il loro “Indice di rischio” è comunque “alto” o “molto alto” per oltre il 34% della categoria. Percentuale non paragonabile a quella attribuita a chi lavora nel settore dell’istruzione, della sanità e dei servizi sociali (rischio alto o molto alto per il 75% degli addetti), o in quello dei servizi collettivi e personali (43%). Ma è pur sempre oltre il 34 per cento. I luoghi di lavoro – sintetizza lo studio dei consulenti del lavoro – “sono gli ambiti più a rischio: non solo perché frequentati da una quota importante di popolazione (…) ma anche per il tempo che vi si trascorre. Nello specifico, le caratteristiche dell’attività professionale svolta possono condizionare fortemente il livello di tale rischio, determinando una maggiore o minore esposizione da parte del lavoratore”.