RISCHIO CHIMICO

SCOPERTE LE CAUSE DELLA TOSSICITÀ DELLA SILICE.

da healthdesk.it

La tossicità della silice cristallina è dovuta alla presenza di alcune speciali strutture chimiche, denominate “nearly free silanols” che si formano sulla superficie dei cristalli durante i processi di fratturazione. 

Silice al microscopio

È quanto hanno scoperto ricercatori del dipartimento di Chimica e del centro interdipartimentale NIS (Nanostructured Interfaces and Surfaces) dell’Università di Torino in uno studio pubblicato sui Proceedings of the National Academy of Sciences.

La silice, biossido di silicio, o quarzo nella sua forma cristallina più comune, è un costituente ubiquitario della crosta terrestre. Il quarzo è usato in molti processi industriali e diversi milioni di lavoratori sono esposti ogni giorno alle sue polveri. Respirare polvere di quarzo nei luoghi di lavoro può causare gravi malattie come silicosi, tumori del polmone e malattie autoimmuni. Nonostante le misure di prevenzione, nuovi materiali e recenti tecnologie (taglio e lucidatura dei marmi artificiali, sabbiatura dei jeans, lavorazione di gioielli) hanno prodotto nuovi e gravi focolai di silicosi nel mondo. Ancora oggi, l’esposizione lavorativa alle polveri di quarzo resta la principale causa di malattie respiratorie professionali nel mondo.

Malgrado decenni di studi, i meccanismi molecolari che rendono la silice cristallina tossica non erano stati chiariti. La scoperta dei ricercatori dell’Università di Torino svela finalmente i meccanismi di tossicità della silice e potrebbe permettere lo sviluppo di processi volti a minimizzare la pericolosità di questo materiale nei luoghi di lavoro.

Il lavoro è dedicato al professor Gianmario Martra, che ha dato alla ricerca un contributo fondamentale, è deceduto mentre il lavoro veniva pubblicato.

AMIANTO E MESOTELIOMA

Un tipo di tumore, il mesotelioma della pleura, che lega il suo nome con un colpevole spesso ricorrente: l’amianto. La correlazione si conosce da tempo. E nel corso degli anni si sono prese le dovute misure di prevenzione e di bonifica ambientale, ma la lunga latenza della malattia, possono passare anche 20-30 anni dall’esposizione, sta determinando un ritardo sul raggiungimento dell’effetto positivo sperato. Il mesotelioma rimane comunque un tumore raro, anche se nelle aree più industrializzate come la Lombardia i casi sono più concentrati.

Il mesotelioma pleurico è una forma tumorale che origina dal mesotelio pleurico, la sottile membrana che riveste e protegge i polmoni. È un tumore in costante aumento che colpisce più frequentemente gli uomini. In Italia si verificano 3,4 casi di mesotelioma ogni 100.000 uomini e 1,1 ogni 100.000 donne. È difficile riscontrarlo prima dei 50 anni e presenta un picco d’esordio attorno ai 70. 

Il principale fattore causale e di rischio è l’esposizione all’amianto (o asbesto): la maggior parte di questi tumori riguarda infatti persone che sono entrate in contatto con questa sostanza. L’amianto è pericoloso per la salute in quanto le fibre che lo compongono, oltre mille volte più sottili di un capello umano, possono essere inalate. Possono così, anche se non in tutti i casi di contatto, causare vari tipi di problemi, tra cui il mesotelioma. Va sottolineato che possono passare anche più di 20 anni tra l’inalazione dell’amianto e l’insorgenza del tumore e che il rischio non diminuisce una volta eliminata completamente l’esposizione, ma rimane costante per tutta la vita.

Il primo contatto

Spesso i primi segnali sono di natura non specifica, cioè possono essere uguali a quelli causati da altre malattie che colpiscono, ad esempio, l’apparato cardio-respiratorio. In generale si tratta di sensazione di “fiato corto” (dispnea), dolore al petto o al dorso, tosse persistente e perdita di peso ingiustificata.

La diagnosi

Nella maggior parte dei casi i sintomi respiratori sono causati da un eccessivo accumulo di liquido (versamento) nello spazio compreso tra i due foglietti pleurici o dall’inspessimento dei foglietti stessi. Questo porta ad una compressione dei polmoni, che non riescono così ad espandersi adeguatamente durante la respirazione. Alcuni pazienti, infine, possono non manifestare alcun disturbo pur presentando la malattia, che invece viene scoperta occasionalmente, con esami radiologici condotti per altre motivazioni. 
Per la diagnosi non è sufficiente la sola radiografia del torace o gli altri esami radiologici, come la TAC, la PET e la risonanza magnetica. Le immagini possono descrivere qualcosa di anomalo, ma non consentono di identificare la natura del tumore. Per questo l’esame indispensabile per la diagnosi di mesotelioma è la biopsia del tessuto ammalato che viene eseguita per via endoscopica, con la toracoscopia. L’accesso avviene attraverso una singola incisione di un centimetro a livello dello spazio intercostale. Una volta introdotta l’ottica si esplora il cavo pleurico, si aspira tutto il liquido in eccesso e si eseguono una serie di biopsie multiple della pleura, così da assicurarsi una diagnosi istologica.

Le terapie mediche e radioterapiche

La scelta della terapia dipende dalla stadiazione e dalle caratteristiche del caso. L’approccio da intraprendere emerge da un confronto multidisciplinare tra l’oncologo, il chirurgo toracico, lo pneumologo, il radiologo e il radioterapista. Nelle forme iniziali, generalmente, il piano di cura prevede tre cicli di terapia medica per via endovenosa (chemioterapia).
Oggi questa terapia di induzione può contare su farmaci moderni come pemetrexed e platino ed è generalmente ben tollerata.

La terapia chirurgica

Se la crescita della malattia è controllata dalla chemioterapia, si procede con l’intervento chirurgico che consiste nell’asportazione di tutta la pleura (pleurectomia e decorticazione).
In alternativa, quando le condizioni del paziente lo consentono, si procede con l’asportazione in blocco della pleura del polmone, del diaframma e del pericardio (pleuropneumonectomia en bloc). Questo intervento è molto invasivo e deve essere fatto solo in centri altamente qualificati. Ma è proprio la sua radicalità che permette, in casi selezionati, di ottenere successi significativi con una buona sopravvivenza a distanza.

da ospedaleniguarda.it

INQUINAMENTO E AUMENTO DEI DISTURBI PSICHIATRICI

da dottnet.it

Lo affermano gli esperti riuniti per il Seminario Internazionale RespiraMi: Recent Advances on Air Pollution and Health organizzato da Fondazione IRCCS Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico e dalla Fondazione Internazionale Menarini

L’esposizione cronica all’inquinamento da traffico veicolare aumenta il pericolo di sviluppare malattie mentali e quando lo smog è oltre i livelli di guardia le patologie psichiatriche esistenti possono peggiorare. Così il rischio depressione aumenta del 13%. Lo affermano gli esperti riuniti per il Seminario Internazionale RespiraMi: Recent Advances on Air Pollution and Health organizzato da Fondazione IRCCS Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico e dalla Fondazione Internazionale Menarini, a Milano il 17-18 giugno.

Per la prima volta in Italia uno studio su poco meno di due milioni di persone seguite per otto anni, quantifica, spiegano gli specialisti, l’impatto sulla salute mentale dell’esposizione cronica al particolato fine e ultrafine e dell’inquinamento atmosferico. Per ogni incremento di circa 1 microgrammo per metro cubo nella esposizione a particolato fine (PM2.5), il rischio di depressione aumenta del 13%, quello di disturbi d’ansia del 9%, di schizofrenia del 7%, soprattutto nella fascia di età fra 30 e 64 anni. Analogamente esiste una correlazione fra la presenza di smog e l’incremento nelle prescrizioni di antipsicotici, antidepressivi e stabilizzanti dell’umore che crescono fino al 4%. Quando la qualità dell’aria urbana è più scarsa aumenta anche il rischio di un peggioramento delle malattie psichiatriche già esistenti: uno studio condotto in Italia su pazienti con depressione bipolare dimostra che nei giorni di particolato atmosferico elevato la probabilità di ricoveri per un episodio maniacale può quasi quadruplicare.

Questi nuovi “preoccupanti dati sugli effetti nel lungo termine dell’inquinamento, indicano che lo smog è un concreto pericolo non solo per cuore e polmoni, ma anche per il cervello – osserva Sergio Harari, co-presidente del Seminario e Direttore Unità Operativa Pneumologia, Ospedale San Giuseppe MultiMedica di Milano e professore di Medicina Interna alla Statale – Lo smog può cioè essere tossico sul funzionamento cerebrale al punto da provocare anche patologie psichiatriche, probabilmente attraverso un incremento dell’infiammazione generale o per un’alterazione delle difese antiossidanti”. Ed è ormai noto anche l’effetto dello smog sullo sviluppo cognitivo nei bambini: “Sappiamo per esempio che i livelli di esposizione all’inquinamento atmosferico correlano con le capacità in test matematici e di linguaggio – commenta Pier Mannuccio Mannucci, Professore Emerito di Medicina Interna, Università degli Studi di Milano e Policlinico di Milano – . Al contrario gli spazi verdi nella scuola e nell’ambiente circostante aiutano l’apprendimento, portando a un miglioramento dello sviluppo cognitivo”.

I dati che quantificano per la prima volta nel nostro Paese come l’esposizione cronica all’inquinamento comporti un impatto negativo anche sulla salute mentale, arrivano da uno studio molto ampio per il quale sono stati seguiti dal 2011 al 2019 oltre 1,7 milioni di abitanti di Roma con più di 30 anni, registrando le nuove diagnosi di malattie mentali, la prescrizione di farmaci per malattie psichiatriche e correlando questi dati con l’esposizione al particolato fine e ultrafine, al biossido di azoto e alla polvere di carbone. “I risultati indicano che i livelli di particolato fine e ultrafine a cui si è esposti sono correlati all’incremento del rischio di andare incontro a una patologia mentale”, spiega Massimo Stafoggia, del Dipartimento di Epidemiologia del Servizio Sanitario della Regione Lazio – ASL Roma 1, autore dell’indagine con Federica Nobile e altri colleghi. La pericolosità dello smog sul benessere mentale è confermata anche da un altro studio discusso in anteprima durante il convegno, condotto in partnership dalle Unità Operative di Epidemiologia e Psichiatria del Policlinico di Milano, su circa 200 pazienti con depressione bipolare lì ricoverati per episodio maniacale fra il 2007 e il 2019. Analizzando i dati relativi all’esposizione allo smog nei giorni immediatamente precedenti, è emerso con chiarezza che l’incremento del particolato PM10 nell’aria si associa a un rischio più elevato di ricovero, che arriva a essere 3.6 volte maggiore del normale nel secondo giorno dopo l’esposizione all’aria particolarmente inquinata. “Questi dati confermano gli effetti negativi dell’inquinamento sulla salute mentale, indicando che le condizioni ambientali possono influenzare non poco la gestione dei pazienti con depressione bipolare”, commenta Michele Carugno, co-autore dello studio con Massimiliano Buoli e altri colleghi, Dipartimento di Scienze Cliniche e di Comunità, Università degli Studi di Milano e UO Epidemiologia, Fondazione IRCCS Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico.

INDUSTRIA CUOIO E CANCEROGENI

L’industria calzaturiera è stata associata al rischio cancerogeno da molto tempo dall’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC). Da studi epidemiologici eseguiti nell’ultimo trentennio è emerso, infatti, che le polveri di cuoio sono responsabili dell’insorgenza di manifestazioni tumorali delle fosse nasali e dei seni paranasali e, quindi, sono da considerarsi agenti cancerogeni. Le lavorazioni interessate sono quelle più polverose quali scarnitura, smerigliatura, cardatura, fresatura, levigatura e carteggiatura di calzature finite o di altri manufatti in cuoio. Anche i coloranti organici a base azoica, presenti in numerosi materiali utilizzati per la produzione calzaturiera, o presenti nei prodotti di finissaggio e guarnitura, così come le ammine aromatiche impiegate come antiossidanti nella gomma, sono tra i prodotti ipotizzati come responsabili di casi di tumore vescicale.

La normativa di riferimento
In relazione alle disposizioni specifiche contenute nel Titolo IX “Sostanze pericolose” del D.Lgs 81/2008, il riferimento attuale per le polveri di cuoio è il Capo I “Protezione da agenti chimici”. Infatti, le polveri di cuoio non sono classificate e non rispondono ai criteri di classificazione quali categorie cancerogene 1 o 2 dell’Unione Europea, né l’attività calzaturiera è ricompresa nell’allegato XLII.
Tuttavia, i tumori delle cavità nasali ed i tumori dei seni paranasali in lavoratori addetti alla “Fabbricazione e riparazione delle calzature” sono malattie la cui denuncia è obbligatoria ai sensi e per gli effetti dell’articolo 139 del D.P.R. 1124/1965 e successive modificazioni ed integrazioni: infatti nel D.M. 14 gennaio 2008 sono comprese nella Lista I “Malattie la cui origine lavorativa è di elevata probabilità” (Gruppo 6 – punto 28). Nel D.M. 9 aprile 2008 “Nuove tabelle delle malattie professionali nell’industria e nell’agricoltura”, gli stessi tumori delle cavità nasali e dei seni paranasali sono inseriti alla voce 68 “Malattie neoplastiche causate da polveri di cuoio” – “Lavori che espongono a polveri di cuoio”, attribuendo un ruolo causale netto alle polveri di cuoio. Ciò detto in applicazione dell’art. 225 comma 1 lettera c) del D.Lgs 81/08 e s.m.i.

Gli obblighi a carico dei datori di lavoro
Essendo, secondo le attuali evidenze scientifiche, il rischio elevato e non potendo ridurre, mediante la sostituzione o l’eliminazione, l’esposizione a polveri di cuoio, devono essere applicate le misure di protezione personale.( Da confindustrifirenze.it)

IL GLIFOSATO NON È CANCEROGENO PER L’ECHA.

da dottnet.it

Il parere è stato anticipato dall’agenzia Ue in una nota e si inserisce nell’ambito di una più ampia valutazione della sostanza.

Il glifosato “provoca gravi lesioni oculari ed è tossico per gli organismi acquatici con effetti di lunga durata”, ma non ci sono prove sufficienti per classificarlo come “tossico” per specifici “organi bersaglio o come sostanza cancerogena, mutagena o tossica per la riproduzione”. È questo il parere della European Chemicals Agency (Echa), agenzia UE deputata alla sorveglianza delle sostanze chimiche, in merito al noto erbicida. Il parere è stato anticipato dall’agenzia Ue in una nota e si inserisce nell’ambito di una più ampia valutazione della sostanza, i cui risultati complessivi saranno trasmessi alla Commissione europea e all’Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa) entro metà agosto. 

A sua volta, “l’Efsa effettuerà la sua valutazione del rischio del glifosato, che dovrebbe essere pronta nel luglio 2023″, fa sapere l’Echa. Sulla base di questi dati, continua l’agenzia Ue, “la Commissione presenterà quindi agli Stati membri una nuova relazione e un progetto di regolamento sulla possibilità di rinnovare o meno l’approvazione del glifosato”.  La nuova valutazione dell’Echa stride con quella dell’International Agency for Research on Cancer (Iarc), che nel 2015 ha classificato il glifosato come “probabilmente cancerogeno per l’uomo”. La classificazione, spiega lo Iarc, “si basava su prove limitate di cancro negli esseri umani e prove sufficienti di cancro negli animali da esperimento”.

MA GLI AMBIENTALISTI INSORGONO…

https://www.today.it/europa/ambiente/glifosato-non-cancerogeno-ue.html

31 MAGGIO 2022. GIORNATA MONDIALE SENZA TABACCO

Il 31 maggio si celebra la giornata mondiale senza tabacco, ma purtroppo in Italia vi è stato un aumento dei fumatori nell’ultimo anno.

da aiponet.it il sito della associazione pneumologi ospedalieri

Ogni anno l’Organizzazione Mondiale della Sanità lancia una campagna in occasione della ricorrenza. Il tema di quest’anno “Tobacco: Threat to our environment – Tabacco: una minaccia per il nostro ambiente” intende sensibilizzare il pubblico sull’impatto ambientale del tabacco, dalla coltivazione, alla produzione, alla distribuzione e ai rifiuti, dando ai consumatori di tabacco un motivo in più per smettere di fumare.

Anche le piante, infatti, “muoiono” a causa del fumo: ogni anno 600 milioni di alberi vengono abbattuti per produrre sigarette e, sempre a questo scopo, si consumano 22 miliardi di litri d’acqua.

Il fumo, poi, è collegato all’emissione di 84 milioni di tonnellate di CO2. Insomma, se non riusciamo a farlo per noi, facciamolo almeno per gli altri e per il pianeta. Ecco alcuni consigli per capire come smettere.

Un fumatore su due morirà proprio per ragioni collegate a questa pessima abitudine, che è anche la prima causa di morte evitabile e la seconda causa di morte complessiva. Smettere di fumare è un modo per prendersi cura non solo di noi stessi e delle persone che ci circondano, ma anche dell’ambiente.

Il fumo è responsabile di malattie mortali che potrebbero essere evitate. Tra le patologie più diffuse tra i fumatori, ci sono il tumore del polmone, del cavo orale e della gola, del pancreas, del colon, della vescica, del rene, dell’esofago, del seno e di alcune leucemie.

Secondo la Fondazione AIRC per la Ricerca sul Cancro, nel nostro Paese il tumore del polmone è la prima causa di morte per neoplasia, con 34mila decessi stimati solo per il 2021.

Come smettere di fumare? Ecco i 10 consigli del Ministero della Salute

A stilare i 10 consigli per smettere di fumare è il Ministero della Salute. Un vademecum da seguire magari proprio in vista della Giornata mondiale senza tabacco.

  1. Smettere di fumare è possibile.
  2. Il desiderio impellente della sigaretta dura solo pochi minuti.
  3. I sintomi dell’astinenza si attenuano dopo sette giorni.
  4. Già dopo 20 minuti dalla cessazione del fumo ci sono effetti benefici.
  5. Smettere di fumare non significa ingrassare.
  6. Quando si smette di fumare, è meglio bere molto, ridurre il consumo di zuccheri e grassi, aumentare il consumo di frutta e verdura, e fare lunghe passeggiate.
  7. Se non si riesce a smettere di fumare, è meglio parlarne col medico di famiglia.
  8. Il medico di famiglia può indirizzare anche al più vicino Centro Anti Tabacco.
  9. Le ricadute non devono scoraggiare.
  10. Non fumare non arricchisce solo in salute, ma anche economicamente.

Nonostante le campagne d’informazione, in Italia ci sono ancora 11 milioni di fumatori – circa il 20% della popolazione nazionale. In Italia un ragazzo su cinque tra i 13 e i 15 anni fuma quotidianamente e il 18% fa uso di sigarette elettroniche, spesso percepite come meno nocive rispetto alle sigarette tradizionali. In realtà, i dati ad oggi disponibili suggeriscono che si tratti di prodotti sfavorevoli sia per quanto concerne la sicurezza sia per la salute pubblica.

Strumenti di supporto per smettere di fumare:

I Centri Antifumo sono servizi che offrono trattamenti integrati (terapie farmacologiche e supporto psicologico individuale o di gruppo) per smettere di fumare. L’Istituto Superiore di Sanità censisce e aggiorna dal 2000 la rete dei Centri Antifumo per offrire al cittadino informazioni sempre aggiornate sui dati anagrafici dei Centri, l’offerta assistenziale, la modalità di accesso ai servizi. Tutti i servizi presenti in questa mappa appartengono al Servizio Sanitario Nazionale (SSN), alla Lega Italiana Lotta contro i Tumori (LILT) o al privato sociale.
Per la mappa dei centri Antifumo: https://smettodifumare.iss.it/it/centri-antifumo/

Per chi desidera smettere di fumare, è attivo dalle 10 alle 16 il Telefono Verde contro il Fumo 800554088 dell’Osservatorio fumo, alcol e droga dell’Istituto Superiore di Sanità. Si tratta di un servizio gratuito e anonimo che si rivolge a tutti: fumatori e loro familiari, ex fumatori, persone esposte a fumo passivo, e a chiunque voglia ricevere informazioni sul tema.
https://www.iss.it/numeri-verdi/-/asset_publisher/LXvuDqwiaG9G/content/telefono-verde-contro-il-fumo-2

Esiste inoltre la piattaforma web “smettodifumare” che facilita l’incontro tra la domanda dei cittadini e l’offerta dei servizi di cura sul territorio.
https://smettodifumare.iss.it/it/

Per chi ha un tumore e vuole porre una domanda a un esperto, la Lega Italiana per la Lotta contro i Tumori (Lilt) ha messo a disposizione il numero verde Sos Lilt, gratuito e anonimo, 800998877, dedicato ai pazienti alle loro famiglie. La linea vede la collaborazione di specialisti in ambito oncologico pronti a rispondere a domande e dubbi su prevenzione, diagnosi, terapie e riabilitazione. Il numero è attivo dal lunedì al venerdì dalle 10:00 alle 15:00; in alternativa si può scrivere una mail all’indirizzo sede.centrale@lilt.it.

 Ufficio Stampa AIPO-ITS

LE SOSTANZE REPROTOSSICHE

Da Dors

Si definiscono reprotossiche le sostanze tossiche per la riproduzione, in grado cioè di avere un’influenza negativa sulla capacità di uomini e donne di riprodursi e di alterare lo sviluppo del bambino durante la gestazione e dopo la nascita.

Fino ad oggi la protezione dei lavoratori esposti a sostanze reprotossiche (in Unione europea si stima possano essere tra i 2 e i 3 milioni) si limitava alle disposizioni di ordine generale della Direttiva 98/24/CE sugli agenti chimici. Tale direttiva, ad esempio, non imponeva misure preventive sulle lavoratrici gestanti prima che queste avessero informato il datore di lavoro. Da tempo si lavora per includere le sostanze reprotossiche nella più restrittiva Direttiva 2004/37/CE sugli agenti cancerogeni o mutageni.

Analogamente agli agenti cancerogeni o mutageni, le sostanze tossiche per la riproduzione sono sostanze estremamente preoccupanti, che possono avere effetti gravi e irreversibili sulla salute dei lavoratori.

Può essere quindi considerata una buona notizia l’entrata in vigore il 5 aprile 2022 della Direttiva (UE) 2022/431 del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la Direttiva 2004/37/CE con l’obiettivo di limitare l’esposizione dei lavoratori alle sostanze cancerogene, mutagene e, per la prima volta, alle sostanze reprotossiche. La stessa normativa stabilisce anche nuovi limiti di esposizione nei luoghi di lavoro di tutta l’Unione e affronta anche il problema degli HMP (Hazardous Medicinal Products), cioè i medicinali pericolosi la metà dei quali reprotossici: gli operatori sanitari che preparano HMP dovranno ricevere una formazione adeguata per maneggiare tali medicinali in modo sicuro.

APPROFONDISCI QUI SU DORS:

https://www.dors.it/page.php?idarticolo=3794

DORS :BANCA DATI RISCHIO CHIMICO REGIONE PIEMONTE

Il sito DORS della regione Piemonte presenta un interessante sezione sul rischio chimico nei luoghi di lavoro. Quest’area tematica ospita documenti, risorse e banche dati utili per trovare informazioni su sostanze chimiche che possono provocare danni alla salute delle persone esposte.

Nella maggior parte dei casi l’esposizione alle sostanze chimiche avviene in ambito professionale.

Le sostanze chimiche che destano maggiore preoccupazione sono quelle associate ad un rischio cancerogeno, per tale ragione è stata sviluppata una matrice agente-lavorazione che permette di associare ad ogni sostanza classificata come cancerogena dalla IARC e dalla CE un elenco di lavorazioni in cui l’agente può essere potenzialmente presente.

clicca qui per link:

https://www.dors.it/tema.php?idtema=34

MEDICI AUTORIZZATI:NUOVE REGOLE PER ISCRIZIONE E FORMAZIONE

Pubblicato dal Ministero del Lavoro il decreto 4 maggio 2022 riguardante le modalità di iscrizione nell’elenco dei medici autorizzati incaricati della sorveglianza sanitaria secondo quanto stabilito dalle disposizioni vigenti in materia di protezione dai rischi derivanti dalle radiazioni ionizzanti, nonché i contenuti della formazione e dell’aggiornamento professionale.

Il provvedimento, emanato con i Ministeri Salute e Istruzione in attuazione del decreto legislativo 31 luglio 2020 articolo 138 comma 2 sarà in vigore dal 1° gennaio 2023. Definisce i requisiti per l’iscrizione dei medici nell’elenco degli autorizzati, compiti e composizione della commissione che deve verificarli, modalità e svolgimento dell’esame di abilitazione e titoli per esserne ammessi.

I titoli per l’ammissione all’esame in sintesi sono:

  • laurea in medicina e chirurgia;
  • qualifica di medico competente ai sensi del TU sicurezza sul lavoro;
  • corso di studio sulla radioprotezione o corso post universitario sulle radiazioni ionizzanti di 40 ore con 40 giorni lavorativi per la parte pratica.

Gli esami si svolgeranno a Roma e con sessioni annuali, saranno ammessi candidati che avranno presentato domanda entro il 31 dicembre dell’anno precedente. Le date verranno comunicate al candidato quindici giorni prima delle prove.

Una volta abilitati i medici dovranno sostenere aggiornamento professionale a partire dal triennio successivo all’entrate in vigore del decreto. Aggiornamento tramite corsi in materia di radioprotezione medica nella formazione continua da decreto legislativo n.502 del 30 dicembre 1992. 30% crediti specifici radioprotezione medica. Modalità e criteri dettagliati della formazione definiti entro sei mesi dall’entrata in vigore del decreto.

da quotidianosicurezza.it