RISCHIO CHIMICO

GLI FTALATI NEGLI AMBIENTI DI VITA E DI LAVORO

Gli ftalati rappresentano un gruppo di molecole strutturalmente simili, ampiamente utilizzate a partire dal 1930 a livello industriale come agenti plastificanti, solventi in cosmetici e numerosi manufatti di uso quotidiano.

Proprio l’utilizzo così diffuso ne ha mostrato, con maggiore chiarezza, le caratteristiche di pericolosità legate al sistema endocrino. Viene proposto un inquadramento della gestione normativa, la caratterizzazione del rischio per la salute e l’identificazione dei contesti lavorativi potenzialmente coinvolti da questa esposizione.




Prodotto: Fact sheet
Edizioni: Inail – 2021
Disponibilità: Consultabile solo in rete
Info: dcpianificazione-comunicazione@inail.it

Da Inail.it

IL RISCHIO DI ESPOSIZIONE A SOSTANZE PERICOLOSE PER ACCONCIATORI ED ESTETISTE

L’opuscolo, rivolto ad acconciatori e estetiste, è stato realizzato dall’Inail, in qualità di Focal Point Italia dell’Agenzia europea per la sicurezza e la salute sul lavoro (EU-Osha), e dal network nazionale, nell’ambito della campagna europea “Salute e sicurezza negli ambienti di lavoro in presenza di sostanze pericolose”, promossa da EU-Osha nel biennio 2018-2019.

Immagine Il rischio da sostanze pericolose per acconciatori ed estetiste

L’opuscolo intende fornire le informazioni necessarie ai fini di una corretta valutazione e gestione del rischio da sostanze pericolose in tale settore, in cui i lavoratori sono maggiormente esposti, con un approccio comunicativo e divulgativo, nell’ottica di una sempre maggiore diffusione della cultura della prevenzione nei luoghi di lavoro.



Prodotto: Opuscolo
Edizioni: Inail – 2021
Disponibilità: Consultabile solo in rete
Info: dcpianificazione-comunicazione@inail.it

icona facebook
icona twitter
icona google plus

I FONDI PER LE VITTIME DELL’ AMIANTO

Quali sono e come funzionano le prestazioni in favore dei soggetti colpiti da malattia asbesto-correlate e dei loro superstiti

Immagine Fondo per le vittime dell'amianto

Per le competenze attribuitegli dal legislatore in materia di malattie professionali, l’Inail svolge un ruolo centrale nella lotta all’amianto e, oltre agli indennizzi a favore dei lavoratori che hanno contratto patologie asbesto-correlate e dei loro superstiti, ne gestisce le problematiche negli ambiti della prevenzione, nell’accertamento dell’esposizione qualificata, nel sostegno economico ai piani di smaltimento delle imprese e nel controllo della situazione delle discariche, con politiche strategiche strutturali a breve, medio e lungo termine, che comprendono anche una costante attività di ricerca scientifica.

Prodotto: Opuscolo
Edizioni: Inail – 2021
Disponibilità: Consultabile solo in rete
Info: dcpianificazione-comunicazione@inail.it

MONITORAGGIO NEOPLASIE A BASSA FRAZIONE EZIOLOGICA :RENALOCCAM

La monografia presenta i risultati dell’attività scientifica frutto dell’Accordo di collaborazione fra Inail e Istituto per lo Studio, la Prevenzione e la Rete Oncologica di Firenze finalizzata all’attuazione del sistema di monitoraggio per la sorveglianza epidemiologica dei tumori professionali a bassa frazione eziologica previsto dall’art.244 del d.lgs. 81/2008 e s.m.i. .

Immagine Renaloccam. Il sistema di monitoraggio delle neoplasie a bassa frazione eziologica - Manuale operativo

Il materiale in esso contenuto rappresenta il testo di riferimento per i Centri Operativi Regionali (COR-TP) e gli operatori dei Servizi per la prevenzione e la sicurezza negli ambienti di lavoro (SPSAL) per la raccolta dell’anamnesi e dell’eziologia finalizzata all’identificazione del caso e l’accertamento dell’origine professionale”.


Prodotto: Volume
Edizioni: Inail – 2021
Disponibilità: Consultabile solo in rete
Info: dcpianificazione-comunicazione@inail.it

NUOVE TECNOLOGIE PER RIDURRE L’INQUINAMENTO

Combustione ‘a zero diossine e NOx termici’, bioplastica avanzata da reflui industriali e super assorbente completamente biodegradabile.

Tre soluzioni tecnologiche avanzate per ridurre l’impatto ambientale di materiali e processi sono state presentate al Forum internazionale sull’economia dei rifiuti, promosso dal consorzio PolieCo, dal professor Alessandro Sannino, docente di Scienze e tecnologie dei materiali all’Unisalento e al Mit – Boston.

Sannino è intervenuto al panel su ‘Ricerca e innovazione tecnologica per lo sviluppo sostenibile’ coordinato dal presidente Anvur Antonio Felice Uricchio. Ad aprire i lavori, la sottosegretaria all’Innovazione tecnologica e alla Transizione digitale Assuntela Messina: “Siamo in una fase di grandi cambiamenti ed in questo momento di trasformazione, l’atto di responsabilità deve proiettarsi in scelte informate e consapevoli. E’ giusto lavorare sul cambio di paradigma di comportamento a livello produttivo e non solo con sostenibilità, equità e di eticità. Transizione ecologica vuol dire un’idea di sviluppo che può essere sorretta anche dall’innovazione tecnologica e digitale”. Inoltre, ha aggiunto ha aggiunto Luigi Nicolais, professore emerito di Scienza e tecnologia dei materiali presso l’Università Federico II di Napoli e presidente Materias che “La rivoluzione verde richiede tutto un altro approccio della ricerca anche nella progettazione bisogna pensare al riciclo del prodotto nell’ottica di una biocompatibilità non più rinviabile, ripensando le strategie di produzione, di consumo e di fine vita”. Infine, Alessandro Manzardo, assistant professor presso il Dipartimento di Ingegneria industriale dell’Università di Padova e fondatore di Spinlife, che ha supportato il Polieco nel percorso per l’ottenimento del Marchio made green in Italy per le borse multiuso in polietilene, ha sottolineato: “Sostenibilità ambientale significa competitività di impresa ed innovazione tecnologica e per farlo bisogna misurare le performance ambientali attraverso alla riconsiderazione della vita del prodotto”.

La tecnologia di Ossicombustione

ITEA, società del Gruppo Sofinter, ha sviluppato l’innovativa tecnologia FPO, la “Ossi-combustione Pressurizzata senza fiamma”, che innova i fondamentali della combustione, sviluppando un combustore completamente “iso-termo” ad alta temperatura, uniforme e senza zone fredde. La combustione non è più una fiamma, intrinsecamente caotica, ma volumetrica, in condizioni localmente controllate. L’assenza di zone “fredde” impedisce (letteralmente) la formazione di diossine da un lato, e l’assenza di picchi azzera gli NOx termici. I residui parzialmente combusti (soot e IPA) sono azzerati, il CO appena presente in quantità trascurabile nell’ordine di 1 – 2 ppm. La conversione delle sostanze combustibili risulta così quantitativa in CO2 e H2O. L’alta ed uniforme temperatura fonde le ceneri (incombustibili), soggette a coalescenza e separazione quantitativa nel combustore, che inglobano i metalli pesanti volatili. Diventano perle vetrificate, senza residui di incombusti e con i metalli pesanti sotto forma di ossidi misti, a zero leaching, totalmente inerti, e che hanno già ricevuto la qualifica di “End of Waste” (D.Lgs 152/06).


Dal combustore esce un gas già largamente al di sotto dei limiti di legge, composto da vapor d’acqua e CO2, quest’ultima recuperabile pura con costi molto bassi. Tale tecnologia costituisce un “unicum” nel panorama tecnologico, dimostrando validità per qualsiasi tipo di combustibile gas, liquido, solido. E’ stata protetta con 10 brevetti, sui quali la Presidenza del Consiglio ha esercitato la ‘Golden Power’ nel 2020, e sono in corso collaborazioni con i più importanti player di settore.
Ha diverse applicazioni (e.g. Bonifiche Siti di interesse Nazionale, chiusura ciclo dei Rifiuti di Origine Urbana, fine linea per Rifiuti Industriali, per le quali ha ottenuto il riconoscimento europeo di BAT (Best Available Technology).

La tecnologia ‘Eggplant’

Lo smaltimento di reflui industriali e l’inquinamento di materie plastiche a base idrocarburi sono problemi cruciali ed attuali. Allo stesso tempo, le attuali plastiche biodegradabili sono prodotte a partire da materie prime food-related (e.g. mais, vegetali, zucchero di canna), entrando in competizione con la catena alimentare. La tecnologia di Eggplant, start up specializzata nel settore, trasforma entrambi i problemi in un’opportunità, producendo una avanzata bioplastica (PHA, poliidrossialcanoati) da reflui industriali, con elevate performances meccaniche e termiche, ispirandosi ai principi di biomimetica e di blue economy, mediante un processo di filtrazione tangenziale seguita da una fermentazione batterica che metabolizza le frazioni zuccherine producendo PHA. Si ottengono poi sottoprodotti ad alto valore aggiunto (acqua pura, proteine, polifenoli, ecc.); una resa superiore rispetto allo stato dell’arte, ridotti (-75%) volumi di fermentazione; riproduciblità. Tutto ciò ottenendo un prodotto che può essere processato sugli attuali impianti di produzione delle plastiche fossili, e con caratteristiche ad essi equivalenti. La proprietà intellettuale è protetta in oltre 50 Paesi e sono state avviate collaborazione con importanti industrie alimentari per il trattamento dei rifiuti e la produzione di bioplastiche.

I polimeri superassorbenti biodegradabili

I polimeri superassorbenti, principalmente ottenuti da poliacrilati di sodio, hanno ampia applicazione industriali come prodotti assorbenti per l’igiene personale (e.g. pannolini), rilevante percentuale dei rifiuti solidi urbani. Una ricerca, avviata al Dipartimento di Ingegneria dei Materiali dell’Università di Napoli ‘Federico II’, poi confluita in una start up biotecnologica (Gelesis, Inc.) per altri fini, ha consentito di ottenere un superassorbente completamente biodegradabile, a base di derivati della cellulosa, in tutto equivalente ai prodotti acrilici attuali. Ulteriori applicazioni sono nel trattamento dei rifiuti sanitari ed industriali, in campo agricolo, per il rilascio continuo di umidità e/o sostanze nutritive. In generale possono essere usati anche per l’azione di soil remediation additivandoli con sostanze e/o batteri in grado di utilizzare determinati inquinanti trasformandoli in composti innocui. Fra gli altri usi vi è anche quello della separazione/rimozione di oli o altri inquinanti da acqua che possono rimuovere o se hanno caratteristiche oleofile o tramite la rimozione dell’acqua per assorbimento. (Articolo originale di Maria Teresa Perrotta da cronachedi)

DOSAGGIO PSA NELLE DONNE ED INQUINAMENTO

Il dosaggio del Psa, indicatore di una patologia prostatica del maschio, nella donna può invece indicare un rischio da inquinamento ambientale. 

L’antigene prostatico specifico, meglio conosciuto con appunto con l’acronimo Psa, proteina (callicreina 3, KLK3) sintetizzata dalle cellule della prostata e misurato nel sangue del maschio per valutare patologie prostatiche ed in particolare il rischio di cancro alla prostata, secondo uno studio appena pubblicato (Int. J. of Environmental Research and Public Health – Pubmed) può rappresentare un indicatore precoce di danno ambientale. La scoperta è il frutto di un lavoro tutto campano nell’ambito del progetto di ricerca EcoFoodFertility (www.ecofoodfertility.it) coordinato da Luigi Montano, UroAndrologo dell’Asl di Salerno e presidente della Società italiana di Riproduzione umana. 

Un progetto che da anni studia nei territori inquinati e in Terra dei Fuochi, indicatori precoci e predittivi di danno alla salute non solo riproduttiva. Finora era stato il seme maschile il principale sensore sentinella della qualità ambientale e generale. Ora è stato scoperto come il Psa dosato nel sangue delle donne, possa rappresentare invece un marcatore di danno ambientale. 

Fino a pochi anni fa – avverte – dichiara Salvatore Raimondo – primo autore dello studio, responsabile del Laboratorio di ricerca Gentile di Gragnano  – si riteneva che il Psa nel sangue delle donne fosse assente ma con l’avvento di Kit diagnostici più sensibili si è dimostrata la sua presenza in determinate malattie (tumore seno, colon ecc.) ed è stata individuata la sede della sua produzione nelle ghiandole di Skene (omologhe della prostata), ghiandole parauretrali dell’apparato genitale femminile esterno, capaci di secernere tale marcatore». 
Nello studio, secondo il disegno del progetto EcoFoodFertility, sono state reclutate 119 ragazze omogenee per età e stili di vita provenienti dall’area della Terra dei Fuochi ad alto inquinamento ambientale e dall’area sud di Salerno “Valle del Sele e parco del Cilento” a basso tasso di inquinanti. Il Psa è stato dosato in tre periodi ben precisi del ciclo mestruale (fase follicolare, fase ovarica e fase luteinica) ed è emersa una variabilità significativa, tra i due gruppi di ragazze. In sintesi, nelle ragazze residenti nell’area inquinata è stata evidenziata una scarsa oscillazione del Psa nelle tre fasi del ciclo mestruale, con valori in assoluto più alti e con un picco opposto in fase ovulatoria rispetto alle ragazze residenti nell’area del salernitano». 

Toxic pollutants inside the human body and eating pollutants as an open mouth ingesting industrial toxins with 3D illustration elements.

«I cambiamenti da noi riscontrati, durante le fasi del ciclo mestruale – spiega Montano – in donne residenti in aree a diverso impatto ambientale, suggeriscono che il Psa possa avere un ruolo oltre le funzioni descritte da altri autori nei processi antimicrobici, desquamazione epiteliale genitale e cervicale, e trasporto degli spermatozoi». «Il nostro lavoro è quindi destinato ad aprire uno scenario per uno studio più allargato – commenta Marina Piscopo, biologa molecolare dell’Università Federico II di Napoli, coautrice dello studio». 


«Come il seme maschile – conclude Luigi Montano – con il progetto EcoFoodFertility sul fronte maschile sta fornendo sempre più conferme come precoce indicatore di danno alla salute da inquinamento ambientale, scoprire un possibile indicatore al “femminile” con tale potenzialità, da confermare ora con campionamenti più estesi, rappresenta il completamento del progetto che punta proprio a suggerire i biomarcatori riproduttivi come nuovi strumenti di valutazione di impatto ambientale utili ai policy makers per avviare modelli innovativi per la sorveglianza sanitaria, la prevenzione primaria, integrando le politiche di sanità pubblica in particolare nelle aree a maggiore inquinamento».  Da il Mattino

ESPOSIZIONE PROFESSIONALE A FARMACI ANTINEOPLASTICI

Attualmente vengono utilizzati più di 100 farmaci antineoplastici di cui molti classificati come cancerogeni certi per l’uomo e fin dal 1970 studi epidemiologici condotti su infermieri che manipolavano farmaci antiblastici senza l’utilizzo di dispositivi di protezione hanno mostrato aumentato il rischio di tumori ed effetti sul sistema riproduttivo.

Immagine Esposizione occupazionale a farmaci antineoplastici in ambito sanitarioa

Il documento presenta una panoramica delle conoscenze attualmente disponibili sulla problematica relativa all’esposizione occupazionale a farmaci antineoplastici in ambito sanitario.


Prodotto: Fact sheet
Edizioni: Inail – 2021
Disponibilità: Consultabile solo in rete
Info: dcpianificazione-comunicazione@inail.it

Da Inail.it

AMIANTO NATURALE E LAVORO

Da Inail.it

Amianto naturale e ambienti di lavoro

Nel lavoro si riporta lo stato dell’arte sulla presenza di amianto di originie naturale (NOA – Naturally Occurring Asbestos) in Italia, evidenziando le problematiche gestionali ad esso correlate e formulando le pricipali soluzioni di sicurezza applicabili a scala operativa.

Immagine Amianto naturale e ambienti di lavoro

In particolare, si forniscono indicazioni per le attività lavorative di settore, quali l’estrazione e lavorazione di pietre ornamentali e di pietrisco, le bonifiche di siti contaminati da amianto naturale, gli scavi per gallerie stradali e ferroviarie, gli scavi e opere di urbanizzazione, le lavorazioni agrarie e la rimozione e smaltimento/bonifica di ballast.


Prodotto: Volume
Edizioni: Inail –  2021
Disponibilità: Sì – Consultabile anche in rete
Info: dcpianificazione-comunicazione@inail.it

POLVERI SOTTILI E SCLEROSI MULTIPLA

I ricercatori del NICO – Università di Torino hanno dimostrato per la prima volta gli effetti negativi dell’esposizione al PM sulle capacità rigenerative del tessuto nervoso
Secondo l’OMS causa la morte prematura di circa 4 milioni di persone nel mondo ogni anno. Ma l’esposizione cronica ad alti livelli di polveri sottili – il famoso PM (particulate matter) – è anche associata a una prevalenza della Sclerosi Multipla in alcune popolazioni.

In particolare nei grandi centri urbani, dove i picchi di PM precedono sistematicamente i ricoveri ospedalieri dovuti all’esordio o alla recidiva di patologie croniche autoimmuni, tra cui la Sclerosi Multipla, come dimostrano numerosi studi epidemiologici. A oggi restano tuttavia da chiarire i meccanismi con cui l’esposizione al PM eserciti un effetto sul sistema nervoso centrale.

Grazie a un progetto pilota finanziato da AISM e la sua Fondazione FISM – Fondazione Italiana Sclerosi Multipla, le ricercatrici del NICO – Neuroscience Institute Cavalieri Ottolenghi dell’Università di Torino hanno chiarito per la prima volta che l’esposizione al PM ha effetti negativi sulle capacità rigenerative del tessuto nervoso, e in particolare della mielina, il rivestimento degli assoni che – se danneggiato, come avviene nella SM – compromette la trasmissione delle informazioni fra i neuroni.
Lo studio è nato grazie alla collaborazione tra i ricercatori del NICO Enrica Boda, Roberta Parolisi, Annalisa Buffo (Gruppo Fisiopatologia delle Cellule Staminali Cerebrali), Francesca Montarolo e Antonio Bertolotto (Gruppo Neurobiologia Clinica – CRESM, Centro di Riferimento Regionale SM dell’Ospedale San Luigi Gonzaga di Orbassano, TO) con il gruppo di ricerca di Valentina Bollati dell’Università di Milano e Andrea Cattaneo dell’Università dell’Insubria.

I risultati della ricerca – pubblicati sulla rivista Neurochemistry International – dimostrano in un modello animale che l’esposizione al PM2.5 ostacola la riparazione della mielina, inibisce il differenziamento degli oligodendrociti e promuove l’attivazione degli astrociti e della microglia, cellule che di norma svolgono funzioni di sostegno per i neuroni ma che – quando attivate dal sistema immunitario come accade nella Sclerosi Multipla – contribuiscono alla neuroinfiammazione.

“Nelle prime fasi di malattia, la mielina può comunque essere riparata da cellule gliali presenti nel tessuto nervoso, chiamate oligodendrociti, il che contribuisce alla remissione – purtroppo spesso solo temporanea – dei sintomi. Le ricerche in corso nei nostri laboratori sono importanti perché permettono di capire quali fattori possono ostacolarne la riparazione – sottolinea la prof.ssa Enrica Boda del NICO, Università di Torino –  aggiungendo un tassello nella comprensione dei meccanismi di neurotossicità del PM. I nostri studi – continua – ora si focalizzano nell’identificare i meccanismi cellulari e molecolari che mediano il trasferimento del ‘danno’ dovuto all’inalazione del PM2.5 dai polmoni al sistema nervoso centrale. Riconoscere fattori di rischio ambientali modificabili – come l’inquinamento dell’aria – e i meccanismi che mediano le loro azioni può fornire informazioni importanti per prevenire le recidive della Sclerosi Multipla agendo su politiche ambientali, stile di vita e possibilmente, progettazione di nuovi strumenti di prevenzione e interventi terapeutici”. (Da università di Torino eLe scienze)

FOCUS SUI TUMORI NASO SINUSALI

Introduzione

I tumori maligni naso-sinusali (ICD-10: C30-C31; ICD-9:160) sono tumori rari con incidenza annuale in Italia di circa 1 per 100.000 (tasso standardizzato per età, su popolazione europea: 0,8 negli uomini e 0,3 nelle donne nel periodo 2005-09) (1). Rappresentano meno dell’1% di tutti i tumori e meno del 4% di tutti i tumori maligni della testa e del collo (2).

A fronte della bassa incidenza nella popolazione generale, si osserva invece una rilevante frazione di casi in popolazioni lavorative esposte a specifici agenti causali, identificando i tumori naso-sinusali (TuNS) di tipo epiteliale come neoplasia con maggiore quota di casi di origine professionale, dopo il mesotelioma maligno indotto da esposizione ad amianto.

Sulla base delle evidenze disponibili, l’Agenzia Internazionale di Ricerca sul Cancro ha valutato alcuni agenti o circostanze di esposizione con evidenza certa o limitata di cancerogenicità per l’uomo (gruppi 1 e 2A) per la sede TuNS: la produzione di alcol isopropilico, i composti del nichel, il fumo di tabacco, il radio 226- e 228 e i prodotti del loro decadimento, le polveri di cuoio e le polveri di legno, le attività di carpenteria e falegnameria, i composti del cromo esavalente, la formaldeide e le lavorazioni tessili (3).

In attuazione di quanto previsto dall’art. 244 del DLvo 81/2008, presso l’Istituto Nazionale per l’Assicurazione contro gli Infortuni sul Lavoro (INAIL), Dipartimento di Medicina, Epidemiologia, Igiene del Lavoro e Ambientale, è attivo il Registro Nazionale dei Tumori Naso-Sinusali (ReNaTuNS) (4). Il ReNaTuNS stima l’incidenza dei casi di TuNS in Italia, raccoglie le informazioni sulla pregressa esposizione ad agenti correlati al rischio di TuNS e rappresenta quindi una base informativa per studi analitici di epidemiologia occupazionale e per la definizione di informazioni relative all’esposizione a fini preventivi e medico-assicurativi. Obiettivo del presente articolo è descrivere le attività del ReNaTuNS, riferendo i dati aggregati acquisiti dalle esperienze di sorveglianza in corso.

Materiali e metodi

L’architettura del ReNaTuNS si basa sui Centri Operativi Regionali (COR), istituiti in analogia a quelli già da tempo sperimentati in Italia ai fini del Registro Nazionale Mesoteliomi (5). Attualmente sono attivi e hanno trasmesso i dati al ReNaTuNS, i registri regionali dei TuNS del Piemonte, Lombardia, Provincia Autonoma di Trento, Emilia-Romagna, Toscana, Marche e Lazio. Recentemente è stato istituito il registro nella Provincia Autonoma di Bolzano e sono in corso esperienze di sperimentazione in Sardegna, Campania e Puglia.

Il ReNaTuNS ha registrato una selezione di tutti i tipi di tumore maligno primitivo delle fosse nasali e dei seni paranasali, con diagnosi certa o probabile, dal 1989 al 2012. La definizione dell’esposizione si basa sulla raccolta dettagliata della storia lavorativa, extralavorativa e degli stili di vita del caso segnalato, sulla codifica del settore lavorativo e della mansione, e sulla revisione delle informazioni raccolte e la loro traduzione in termini di esposizione da parte degli esperti igienisti industriali (6).

Risultati

L’archivio del ReNaTunS comprende, a dicembre del 2012, informazioni relative a 1.352 casi di TuNS. Il 79% dei soggetti ha un’età compresa tra 55 e 84 anni. L’età media alla diagnosi è di 66,2 anni senza differenze apprezzabili per genere (66,5 anni nelle donne e 66,1 negli uomini). Il rapporto di genere (U/D) è pari a 2,7. Il 73,4% dei 1.352 casi archiviati è di genere maschile (n. 992), mentre il 26,6% è di genere femminile (n. 360). Nell’intero archivio i casi con una diagnosi di TuNS certo sono il 98,6%. Le sedi anatomiche delle lesioni più frequenti sono le cavità nasali (41,6%), il seno etmoidale (20,6%) e il seno mascellare (16,8%). Le morfologie più diffuse sono i carcinomi a cellule squamose (34,3%) e gli adenocarcinomi di tipo intestinale (21%) (Tabella). Il tasso medio di incidenza nel periodo 2010-11 è 0,86 (casi per 100.000) negli uomini e 0,31 nelle donne. L’esposizione è stata definita per 900 casi (66,6% del totale). Nell’insieme dei casi con esposizione definita il 67% presenta un’esposizione professionale, lo 0,9% familiare, il 3,6% per un’attività extra lavorativa di svago o hobby. Per il 28,5% dei casi l’esposizione è improbabile o ignota (Tabella). Gli agenti cancerogeni più frequenti sono le polveri di legno (49,4% dei periodi di esposizione lavorativa definiti per agente) e di cuoio (39,6%), seguiti da solventi (11,4%), cromo (4,9%) e formaldeide (4,5%). I settori di attività maggiormente coinvolti nell’esposizione a polveri di legno sono la fabbricazione di mobili in legno e di serramenti in legno. Per quanto riguarda le polveri di cuoio, i settori prevalenti riguardano la produzione di calzature.Ingrandisci la tabella Rimpicciolire la tabella

Discussione

Il sistema di sorveglianza epidemiologica dei casi incidenti di TuNS con metodi di ricerca attiva e di analisi standardizzata delle storie professionali, residenziali e familiari dei soggetti ammalati è di particolare rilevanza in Italia, dove il numero di esposti ai fattori di rischio è piuttosto elevato (in molti casi con scarsa consapevolezza). I tassi di incidenza negli uomini sono quasi tre volte quelli delle donne, probabilmente a causa delle differenze nelle pregresse esposizioni a cancerogeni. Si è osservato che i tumori nasali originano prevalentemente nelle cavità nasali, e con meno frequenza nei seni etmoidale e mascellare. La morfologia più frequente è il carcinoma a cellule squamose. Questi risultati sono in linea con le stime riportate da altri studi (7). La percentuale di esposti professionalmente sul totale dei soggetti con esposizione definita è quasi il 75% negli uomini e più del 40% nelle donne (Tabella), valori non trascurabili anche in queste ultime, che sottolineano l’importanza di approfondire la storia espositiva dei casi di TuNS. Sono state identificate esposizioni significative per i lavoratori nei settori della lavorazione del legno e delle pelli, ma anche in altri ambiti occupazionali inattesi. I risultati suggeriscono infine l’approfondimento dei casi con esposizione definita “ignota”, al fine di identificare fattori di rischio misconosciuti o non valutati e proporre nuove ipotesi eziologiche. Tuttavia rimangono aperte numerose questioni critiche. Una rilevante parte di territorio nazionale a oggi non dispone del registro, e la capacità di analisi epidemiologica dei dati aggregati e la dimensione degli approfondimenti di ricerca a partire dai dati nazionali è ancora limitata. È auspicabile che la ricerca attiva dei casi di TuNS e l’analisi dell’esposizione diventino un’attività sistematica e coordinata, uno strumento fondamentale per la prevenzione della malattia, la tutela dei diritti dei soggetti ammalati e dei loro familiari e la corretta gestione delle risorsedi sanità pubblica.

Link:

https://www.inail.it/cs/internet/comunicazione/pubblicazioni/catalogo-generale/pubbl-renatuns-sorv-epid-tumori-naso-sinusali-manuale.html

Tratto da:

https://www.epicentro.iss.it/ben/2016/novembre-dicembre/2