News

NUOVO PROTOCOLLO 6 APRILE 2021 PER IL CONTRASTO AL COVID

Il nuovo protocollo per la sicurezza e il contrasto al Covid all’interno delle aziende è stato firmato il 6 aprile. Ecco cosa prevede: Particolare attenzione per il distanziamento: all’interno degli spazi condivisi i dispositivi di protezione sono individuati in base al rischio della mansione. La mascherina chirurgica è da adottare fatto salvo la necessità di dispositivi di livello superiore. Le trasferte sono possibili dopo una valutazione con il medico delle condizioni epidemiologiche delle destinazioni. Riammessi stage e tirocini formativi, sospesi nella prima fase della pandemia. Nuovamente concesse le attività formative in presenza, ma rimane possibile anche effettuarle a distanza. Nuova centralità al medico competente: potrà suggerire alle aziende testing e screening che ritiene utili per limitare la diffusione del virus. Le imprese che lo vorranno potranno organizzare la vaccinazione per i dipendenti che lo desiderano. Rimane necessario un tampone negativo per il rientro al lavoro dopo la positività. Il test molecolare va eseguito dopo 10 giorni per gli asintomatici e dopo 3 giorni senza sintomi e almeno 10 di isolamento per i sintomatici.

Trasporto pubblico e contagio: come si trasmette il Covid nei mezzi pubblici

Il principale veicolo è respiratorio con il droplet o attraverso le particelle che a volte rimangono sospese nell’aria. Meno significativo il contatto con le superfici

È tornato centrale il dibattito sulla sicurezza nel trasporto pubblico dopo la campagna di controlli dei Nas condotta in varie città italiane. Sebbene in casi limitati, tracce di Sars-Cov-2 sono state rinvenute su treni con il mancato o parziale rispetto delle norme di comportamento anti contagio. Dei modi di trasmissione del coronavirus, a un anno dallo scoppio dell’epidemia, per una parte non esiste dubbio tra gli scienziati mentre su alcuni aspetti mancano evidenze univoche che consentano di mettere un punto definitivo alla discussione.

Coronavirus, la babele di regole sui mezzi pubblici: ecco come si viaggia  nelle regioni e dove sono cadute le norme di distanziamento - Il Fatto  Quotidiano

La trasmissione per via respiratoria

Ammontano a quasi settecento i veicoli ispezionati dai carabinieri tra autobus urbani ed extraurbani, metropolitane, scuolabus, collegamenti ferroviari locali e di navigazione, e anche biglietterie, sale di attesa e stazioni metro. In sessantacinque casi sono stati evidenziate irregolarità, principalmente connesse con l’inosservanza delle misure di prevenzione tra cui l’assenza di distanziatori posti sui sedili il numero massimo di persone ammesse a bordo. Purtroppo almeno un terzo delle persone contagiate dal coronavirus rimane asintomatico ed è forse il più significativo ostacolo a un’azione di contrasto realmente risolutiva dell’epidemia. Il principale veicolo di trasmissione è respiratorio, con il droplet, ossia le particelle prodotte con saliva e starnuti da una persona infetta in un ambiente chiuso, ad una distanza inferiore a 1,8 metri, o il droplet o particelle che a volte rimangono sospese nell’aria per vario tempo ad una distanza maggiore o minore di quella. È dimostrato che la mascherina, da sola, può non essere sufficiente a fermare il Sars-Cov-2 se non si rispetta anche il distanziamento, a maggior ragione in presenza di tosse o raffreddore.

Presenza di materiale genetico sulle superfici

I militari del Comando Carabinieri per la Tutela della Salute hanno eseguito 756 tamponi di superficie su mezzi di trasporto e stazioni (obliteratrici, maniglie e barre di sostegno per i passeggeri, pulsanti di richiesta di fermata e sedute), rilevando 32 casi di positività per la presenza di materiale genetico riconducibile al virus all’interno di autobus, vagoni metro e ferroviari. Le analisi hanno «rilevato con certezza il transito e il contatto di individui infetti a bordo del mezzo, determinando la permanenza di una traccia virale» anche se questa non è «indice di effettiva capacità di virulenza o vitalità» di Sars-Cov-2. Per fortuna effettivamente meno comune è il contagio per contatto con le superfici e, malgrado il virus si presenti anche nei fluidi corporei, molto probabilmente il loro ruolo nella trasmissione risulta minimale rispetto a quello respiratorio.

Coronavirus, i mezzi pubblici tornano un nodo critico: braccio di ferro tra  ministeri, aziende ed enti locali su smartworking e lezioni da casa - Il  Fatto Quotidiano

La resistenza nel tempo

Dai Nih americani, con le università di Princeton e della California, è stata condotta una ricerca l’anno scorso che ha misurato la persistenza del coronavirus sulle superfici scoprendo che il virus resta attivo fino a 4 ore sul rame e fino a 24 ore sul cartone. La sua vitalità si prolungherebbe fino a 72 ore su plastica (polipropilene) e acciaio inox, materiali che tuttavia sono più facili da pulire e disinfettare con disinfettanti con etanolo al 62-71%, acqua ossigenata allo 0,5% o ipoclorito di sodio allo 0,1%. Ad apparire invece refrattario al coronavirus è il rame. Al punto che una linea di prodotti di Kme Italy ha ottenuto la certificazione del laboratorio di virologia dell’Università di Pisa e potrà essere usata per sbarre di sostegno negli autobus, letti di ospedale, maniglie nei locali pubblici e desk condivisi, superfici solide e regolari che vengono toccate da più mani.

da https://www.ilsole24ore.com

Rita, l’app che ci mostra cosa sanno di noi i giganti del Web

Una nuova applicazione per iPhone si pone l’obiettivo di semplificare l’accesso ai dati personali, per mostrarci a colpo d’occhio il modo in cui i giganti del Web le usano per profilarci

Rita, l’app che ci mostra cosa sanno di noi Google e Facebook

Da fine marzo è disponibile su App Store una nuova app che semplifica l’accesso alle informazioni personali in possesso dei giganti del Web, in primis Google e Facebook. L’app si chiama Rita, dall’abbreviazione di “Right to Access”, cioè il diritto all’accesso ai propri dati garantito dalla GDPR. L’app non si limita a scaricare i dati sullo smartphone, salvandoli dagli account online, ma li organizza in grafici e liste facilmente comprensibili e consultabili anche da chi non possiede particolari conoscenze informatiche. Rita semplifica anche il processo di richiesta di rimozione dei dati personali automatizzando l’invio delle email agli inserzionisti pubblicitari che le hanno raccolte tramite gli strumenti di Facebook o Google (più avanti sarà possibile recuperare i dati anche da Instagram, Spotify e altri fra i servizi più diffusi). 

«L’app opera in totale trasparenza salvando le informazioni in locale, ma senza accedervi in alcun modo», spiega a La Stampa Guglielmo Schenardi, co-fondatore di Rita. «Il nostro modello di business si basa non sul tracciamento o sulla profilazione, ovviamente, ma sull’offerta di una versione premium dell’app che consente un controllo più avanzato dei dati».

Il team remoto
Rita nasce da un’idea di Schenardi e di John Arts, suo compagno di studi all’ESCP Business School. Oggi lavorano a Rita altre sette persone da Kazakistan, Brasile, Stati Uniti, Italia e Belgio, occupandosi chi di sviluppo, chi degli aspetti legali, chi della grafica e dell’esperienza utente, mentre i due fondatori mettono a frutto la propria esperienza di Business Developer. «John ed io abbiamo sempre seguito i temi legati alla privacy e alla protezione dei dati», spiega Schenardi. «L’arrivo della GDPR è stata una svolta importante, ma ci siamo accorti che riuscire a visualizzare i propri dati e capire come chiedere davvero alle varie aziende di rimuovere ciò che sapevano di noi rimane un processo alla portata di pochi. Con Rita vogliamo invece democratizzare questo passaggio, e consentire davvero a tutti di riprendere il controllo delle proprie informazioni personali». 

Rita, l’app che ci mostra cosa sanno di noi Google e Facebook

Per scaricare le informazioni all’interno di Rita basta selezionare uno dei servizi (Google o Facebook) al quale richiedere i dati ed effettuare l’accesso con le proprie credenziali. In qualche minuto la richiesta viene processata in automatico e Rita è in grado di scaricare ed elaborare il tutto generando un’interfaccia di facile consultazione.

La prova con i dati di Facebook
Nel caso dei dati ottenuti da Facebook, Rita mostra tre schermate principali. Data & Ads indica il valore monetario (stimato) dei nostri dati per Facebook nel corso dell’ultimo anno, il numero di pubblicità su cui abbiamo cliccato e le aziende con cui Facebook ha condiviso i nostri dati di profilazione. La schermata dedicata al tracciamento ci rivela invece a colpo d’occhio il numero di volte che siamo stati tracciati e i siti web che abbiamo visitato inviando informazioni a Facebook. La schermata sulla profilazione, infine, raccoglie ciò che Facebook crede di sapere di noi, cioè gli interessi che vengono assegnati al nostro account per affinare le pubblicità che ci vengono mostrate. 

Tutti questi dati, è bene dirlo, si possono in consultare e soprattutto scaricare manualmente anche dal sito di Facebook. L’accesso alla consultazione di ciò che si può vedere online però non è intuitivo, e dai dati scaricati è difficile inferire in maniera semplice il livello di profilazione e di diffusione dei nostri dati a fini pubblicitari. 

Richiedere la cancellazione dei dati
Oltre a semplificare l’organizzazione e la lettura dei dati, Rita si prefigge di aiutare l’utente a richiedere la rimozione delle informazioni, come previsto dalla GDPR.
Da un menu dedicato si può limitare l’accesso delle aziende alle nostre informazioni, disiscriversi dalle email promozionali, e personalizzare i propri interessi in modo da scombinare la profilazione pubblicitaria di Facebook. Con la versione pro dell’app è possibile anche tenere traccia dell’aggiornamento dello stato delle richieste di rimozione dei dati. La versione avanzata di Rita per ora non si paga, ma si può sbloccare invitando altri tre amici a provare l’applicazione. Sulla base di questo processo e in funzione della quantità dei dati controllati dalle aziende, Rita calcola infine un punteggio, il Privacy Score, allo scopo di rendere più intuitivo il livello di diffusione dei nostri dati personali.

Rita è un’app ancora giovane, ci sono alcuni angoli da smussare nella user experience e qualche dettaglio da rivedere ma l’idea è promettente e il team determinato a portare avanti il progetto, aggiungendo nuovi servizi a cui accedere per scaricare le informazioni. «Oggi gli utenti non possiedono ancora i propri dati», conclude Schenardi. «Crediamo che semplificare tutte le procedure legate all’accesso ai dati sia fondamentale per consentire a chiunque di operare una scelta informata ed efficace sulle proprie informazioni. Sapere che i giganti del Web ci profilano e vedere in maniera chiara cosa questo significhi e cosa questo comporti sono due cose completamente diverse, anche per chi è già molto attento al tema della privacy».

da la lastampa.it

 

NUOVE REGOLE PROTOCOLLO E VACCINI IN AZIENDA

Da adnkronos.

Vaccini anti coronavirus in azienda, intesa raggiunta tra Governo, imprese e sindacati sull’aggiornamento del Protocollo per la sicurezza ed il contrasto al Covid 19. Il sì al termine di un confronto durato oltre 7 ore tra il ministro del Lavoro, Andrea Orlando, il ministro della Salute, Roberto Speranza, i leader delle associazioni datoriali e i segretari generali di Cgil, Cisl, Uil e Ugl.

Al via quindi la vaccinazione dei lavoratori in azienda con cui si potrà potenziare la campagna nazionale una volta che sarà entrata finalmente a regime. Un canale, quello aziendale, parallelo alla rete ordinaria e non già una procedura alternativa: costituirà infatti, si legge nel protocollo, un’attività di sanità pubblica nell’ambito del Piano strategico nazionale per la vaccinazione anti-Covid-19 predisposto dal Commissario Straordinario. E non si tradurrà in norme vincolanti: presupporrà l’adesione volontaria dei datori di lavoro e dei lavoratori. Tutte le aziende potranno candidarsi liberamente; non è previsto nessun requisito minimo di carattere dimensionale così come la vaccinazione sarà offerta a tutti i lavoratori, “a prescindere dalla tipologia contrattuale”.

Se la vaccinazione verrà eseguita in orario di lavoro, prosegue il Protocollo, il tempo necessario “sarà equiparato a tutti gli effetti all’orario di lavoro“. Esclusa inoltre espressamente la responsabilità penale degli operatori sanitari per eventi avversi nelle ipotesi di uso conforme del vaccino mentre i costi per la realizzazione e la gestione dei piani aziendali, inclusi quelli per la somministrazione, “sono interamente a carico del datore di lavoro”.

Restano invece ovviamente a carico dello Stato la fornitura dei vaccini, dei dispositivi per la somministrazione (siringhe/aghi) e la messa a disposizione degli strumenti formativi previsti e degli strumenti per la registrazione delle vaccinazioni eseguite. Il protocollo assicura la vaccinazione anche a quei lavoratori le cui aziende non sono tenute alla nomina del medico competente oppure non possano fare ricorso a strutture sanitarie private: possono infatti avvalersi comunque “delle strutture sanitarie dell’Inail” e, in questo caso, trattandosi di iniziativa vaccinale pubblica, gli oneri restano a carico dell’ente.

Governo, imprese e sindacati hanno poi firmato anche l’aggiornamento del Protocollo delle regole anti contagio, per il contrasto e il contenimento del Covid, cui devono uniformarsi datori di lavoro e lavoratori: il testo è stato adeguato ai cambiamenti intervenuti nel corso della pandemia. Sciolti anche gli ultimi nodi che sembravano aver riportato in discussione il documento. E’ stato reintrodotta la regola per cui “la mancata attuazione del Protocollo, che non assicuri adeguati livelli di protezione, determina la sospensione dell’attività fino al ripristino delle condizioni di sicurezza”. Risolti anche i capitoli relativi all’aggiornamento del documento di valutazione del rischio che non è più incluso nel testo mentre è stata semplificata la parte relativa alle parte mascherine, alle trasferte e al reingresso al lavoro dopo la positività.

In particolare, si legge nel testo, “i lavoratori positivi oltre il 21 esimo giorno saranno riammessi al lavoro solo dopo la negativizzazione del tampone molecolare o antigenico effettuato in struttura accreditata o autorizzata dal servizio sanitario” mentre per le trasferte il datore di lavoro deve tenere in conto “il contesto associato alle diverse tipologie di trasferta/viaggio previste, anche in riferimento all’andamento epidemiologico delle sedi di destinazione”. Anche l’utilizzo del lavoro agile da parte dei datori di lavoro privati entra di diritto nell’aggiornamento del Protocollo che sollecita le imprese a garantire il massimo utilizzo di questa nuova forma di lavoro per quelle attività che possono essere svolte al proprio domicilio o in modalità a distanza, nonché per quelle non sospese.

lavoro privati entra di diritto nell’aggiornamento del Protocollo che sollecita le imprese a garantire il massimo utilizzo di questa nuova forma di lavoro per quelle attività che possono essere svolte al proprio domicilio o in modalità a distanza, nonché per quelle non sospese.

Orlando: “Accordi perfettibili ma importanti punti fermi”

“Penso che siano accordi perfettibili ma credo che oggi sia più importante mettere un punto fermo e poi riservarsi la possibilità di integrazione, piuttosto che attendere l’optimum ma che poi rischia di non arrivare”. Così il ministro del Lavoro, Andrea Orlando al termine della ‘maratona’ che ha approvato gli accordi. “Credo si sia evitata la sindrome che spesso caratterizza la politica: quella dell’anno zero. Mi auguro che questo spirito possa caratterizzare anche le prossime impegnativi appuntamenti che abbiamo di fronte: la riforma gli ammortizzatori sociali e le crisi industriali oltre alla gestione nel concreto delle riaperture e della ripartenza”, conclude.

Casasco: “Accordo non scontato, grande responsabilità”

“L’accordo siglato questa sera è molto importante in questo momento così delicato e complicato che vive il nostro Paese. Non è stato semplice arrivare a questa firma condivisa, ma ha prevalso il senso di responsabilità”. Lo ha dichiarato il presidente di Confapi, Maurizio Casasco dopo la firma.

“Confapi, portando avanti le istanze e gli interessi delle nostre Pmi, ha ritenuto doveroso intraprendere un’opera di mediazione. In questo momento così difficile per la nostra economia, l’Italia non può permettersi fratture tra le parti sociali: è necessario capire che l’avversario da combattere sono il covid e le sue varianti. E l’accordo va propria in questa direzione. Voglio dire grazie al ministro Orlando, per la serietà e la grande capacità messe in campo, al Ministero dello Sviluppo Economico e al Ministero per la Salute: con il contributo di tutti si è arrivati a un risultato per niente scontato ma davvero importante”, conclude.

Bombardieri: “Con doppia firma assicurata sicurezza e coerenza”

“Con la firma di questi accordi abbiamo ottenuto un grande risultato: la sicurezza prima di tutto. La pandemia costringe tutti a comportamenti corretti e coerenti. Non sono tollerabili differenziazioni sulla base di aree geografiche e di scelte politiche”. Così il leader Uil, Pierpaolo Bombardieri, commenta la doppia firma di stasera.

Sbarra: “Accordo segnale di grande responsabilità”

“È un segnale di grande responsabilità la sigla stasera del Protocollo nazionale sulle vaccinazioni nei luoghi di lavoro, così come anche, la revisione ed aggiornamento del Protocollo condiviso del 24 aprile 2020”. È quanto sottolinea il segretario generale della Cisl, Luigi Sbarra al termine del confronto con il governo e le imprese.

Landini: “Intesa importante”

“Un’intesa importante” quella raggiunta questa sera sul Protocollo e il piano vaccini, “in coerenza e nel rispetto delle priorità definite nel piano strategico nazionale di vaccinazione”. Così il leader Cgil, Maurizio Landini, commenta l’accordo tra il governo e le parti sociali. “Due protocolli che confermano la centralità del valore della protezione della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro e nel Paese e che con il contributo dell’Inail, dimostrano l’importanza di un lavoro condiviso per combattere e sconfiggere il virus”, ha concluso.

LOMBARDIA AL VIA LE PRENOTAZIONI

Si va per classi di età. Ma più spediti. E si parte tra poche ore (questo 2 aprile) con il nuovo sistema di prenotazione del vaccino anti-Covid grazie alla collaboprazione tra Regione Lombardia e Poste Italiane.

La cosiddetta «fase massiva» parte con chi ha tra i 75 e i 79 anni. Prima la prenotazione e poi, «A partire dal 12 aprile, alle 8» i vaccini. «Questa categoria sarà vaccinata con una media di 35mila dosi al giorno. Si tratta di una platea di 450mila lombardi, i quali potranno iniziare a prenotarsi già da domani. La prima dose per questa categoria potrebbe essere somministrata entro il 26 di aprile»: lo ha spiegato il coordinatore della campagna vaccinale Guido Bertolaso, nel corso dell’illustrazione del piano di vaccinazione massiva e del nuovo sistema di prenotazione

Dal 15 aprile apriremo poi le prenotazioni per 70-74enni, che sono 546mila e che saranno tutti vaccinati entro il 12 maggio, ma se avremo ulteriori forniture di vaccino, come è verosimile, pensiamo di salire alle 65mila somministrazioni al giorno – ha aggiunto Bertolaso -. Apriremo quindi la prenotazione per la fascia tra i 60 e 69 anni, che sono 1,2mln».
«Inizieremo il 12 aprile la fase massiva, perché vogliamo prima finire gli over 80 e poi aprire alle categorie più giovani. Andiamo rigorosamente per classi di età, a differenza di altre regioni che invece hanno spalmato le diverse categorie. Partiremo con 35mila dosi al giorno su 76 centri sparsi in tutta la Regione, con una media di 12 persone all’ora per ogni linea vaccinale, nell’arco di 12 ore al giorno, per poi passare a 65mila nella fase successiva».

«Ad inizio di maggio – ha continuato Bertolaso -, quando ci saranno forniture maggiori di vaccini, arriveremo ad avere pronte 1.000 linee vaccinali e più di 144mila vaccini al giorno». 

«Il portale che abbiamo messo in campo è studiato appositamente per questa regione, che non ha eguali in Italia come numero di somministrazioni» ha aggiunto il chief digital technology operating officer di Poste Italiane Mirko Mischiatti, nel corso dell’illustrazione del piano di vaccinazione massiva e del nuovo sistema di prenotazione. «Il cuore del portale è la parte di prenotazione, strutturata su quattro canali differenti – ha aggiunto -: quello digitale, che sarà attivo a partire da domani, che consente la prenotazione via web, quello attraverso il call center, il canale dei Postamat, che sono mille in Lombardia e i postini, 4.100 in Lombardia, che attraverso smartphone rilasceranno una ricevuta. La prenotazione sarà diretta e questo significa che la persona avrà in mano direttamente la prenotazione e attraverso un apposito algoritmo sarà indirizzata verso un centro il più vicino possibile».

«La Lombardia è pronta a partire con la vaccinazione anche nelle aziende. C’è un tavolo tecnico in corso con la commissione salute e ci sarà un ulteriore confronto il prossimo 7 aprile, mentre l’8 il tema verrà portato in Conferenza Stato-Regioni. La nostra pozione è di vaccinare in azienda solo i dipendenti e non i famigliari. Noi siamo pronti, ma siamo in attesa di avere il piano vaccinale che ci darà il commissario» ha sottolineato la vice presidente di Regione Lombardia, Letizia Moratti..

Da “il giornale di Brescia”

SOSPENSIONE DELLE MANSIONE PER I MEDICI NO VAX E SCUDO PENALE

Da Dottnet.it

La sospensione “mantiene efficacia fino all’assolvimento dell’obbligo vaccinale o, in mancanza, fino al completamento del piano vaccinale nazionale e comunque non oltre il 31 dicembre 2021”. Anaao e Fnomceo: un provvedimento deludente

Vaccinazioni | Fondazione Umberto Veronesi

La bozza del nuovo dl Covid (clicca qui per scaricare il testo completo) approvata ieri prevede la sospensione dalla mansione per i sanitari che non si saranno vaccinati e anche il rischio di sospensione dello stipendio nel caso non sia possibile assegnare al lavoratore compiti alternativi. All’articolo 4 della bozza si legge infatti:

“Decorsi i termini” previsti “l’azienda sanitaria locale competente accerta l’inosservanza dell’obbligo vaccinale e ne da’ immediata comunicazione all’interessato, al datore di lavoro e all’Ordine professionale di appartenenza. L’adozione dell’atto di accertamento da parte dell’azienda sanitaria locale determina la sospensione dal diritto di svolgere prestazioni o mansioni che implicano contatti interpersonali o comportano, in qualsiasi altra forma, il rischio di diffusione del contagio da SARS-CoV-2″. L’Ordine professionale di appartenenza “comunica immediatamente la

sospensione”.

Ricevuta la comunicazione, “il datore di lavoro adibisce il lavoratore, ove possibile, a mansioni, anche inferiori, diverse” con “il trattamento corrispondente alle mansioni esercitate, e che, comunque, non implicano rischi di diffusione del contagio. Quando l’assegnazione a diverse mansioni non e’ possibile, per il periodo di sospensione”, “non e’ dovuta la retribuzione, altro compenso o emolumento, comunque denominato”. La sospensione “mantiene efficacia fino all’assolvimento dell’obbligo vaccinale o, in mancanza, fino al completamento del piano vaccinale nazionale e comunque non oltre il 31 dicembre 2021”.

UnitoNews :: L'impatto psicologico del Covid-19 e della sua gestione sui  Medici di Medicina Generale in Piemonte

Dunque, il vaccino Covid sarà obbligatorio per tutti i sanitari. Nel testo si spiega poi come, in considerazione della situazione di emergenza epidemiologica, fino al completamento del piano vaccinale nazionale e comunque non oltre il 31 dicembre 2021, al fine di tutelare la salute pubblica e mantenere adeguate condizioni di sicurezza nell’erogazione delle prestazioni di cura e assistenza per tutti gli esercenti le professioni sanitarie e gli operatori di interesse sanitario che svolgono la loro attività nelle strutture sanitarie e sociosanitarie pubbliche e private, farmacie, parafarmacie e studi professionali è obbligatoria e gratuita la vaccinazione per la prevenzione dell’infezione da Sars-CoV-2. La vaccinazione costituisce requisito essenziale per l’idoneità all’esercizio della professione e per lo svolgimento delle prestazioni lavorative. Vengono previste ipotesi di esenzione, temporanea o definitiva, dall’obbligo di vaccinazione in relazione a specifiche condizioni cliniche appositamente certificate.

Per quanto riguarda le tutele legali, via libera anche allo scudo penale per i sanitari vaccinatori. Viene esclusa la responsabilità del personale sanitario per i delitti di omicidio colposo e lesioni personali colpose, conseguenti alla somministrazione di un vaccino anti Sars-Cov-2, in caso di osservanza delle regole cautelari relative all’attività di vaccinazione. Viene stabilito in particolare che la punibilità sia esclusa quando l’uso del vaccino sia conforme alle indicazioni contenute nel provvedimento di autorizzazione all’immissione in commercio emesso dalle competenti autorità, alle circolari e alle raccomandazioni fornite al personale addetto dalle autorità sanitarie nazionali. La norma avrà efficacia retroattiva.

DURATA IMMUNITA’ DA COVID

Le persone arruolate in questo studio siero-epidemiologico longitudinale avevano vissuto a Wuhan per almeno 14 giorni, a partire da inizio dicembre 2019.

Su 9542 individui, appartenenti a 3556 famiglie, selezionati a caso, 532 (5-6%) partecipanti sono risultati positivi alle immunoglobuline contro il SARS-Cov-2, con una sieroprevalenza – aggiustata sulla popolazione totale – del 7% : al primo prelievo (aprile 2020) l’82% circa era asintomatico, il 13% era positivo agli anticorpi IgM, Il 16% alle IgA, il 100% alle IgG e il 40% era positivo al test per gli anticorpi neutralizzanti. La percentuale di individui che in aprile avevano anticorpi neutralizzanti è rimasta stabile nelle due visite successive effettuate a giugno e tra ottobre e dicembre 2020. Tuttavia, i titoli degli anticorpi neutralizzanti erano più bassi negli individui asintomatici rispetto ai casi confermati e ai sintomatici. Sebbene i titoli di IgG siano diminuiti nel tempo, la proporzione di individui che avevano anticorpi IgG non è diminuita sostanzialmente. I risultati fanno pensare che per l’immunità di popolazione è necessaria la vaccinazione di massa, al fine di prevenire la recrudescenza dell’epidemia.

Autori: Zhenyu He, Lili Ren, Juntao Yang et al

Dottnet.it

Covid: Crisanti, gli anticorpi resistono tra 9 e 10 mesi

Un’anticipazioni dello studio sulla popolazione del cluster di Vò, in Veneto, condotto dall’Università di Padova e dall’Imperial College di Londra, capofila della ricerca il professor Andrea Crisanti, microbiologo dell’Ateneo patavino.


Gli anticorpi prodotti dal Coronavirus restano in vita nell’organismo delle persone che sono state positive, o sono negative, ma risultano positive al test sierologico, dai 9 ai 10 mesi. E’ questa l’anticipazioni dello studio sulla popolazione del cluster di Vò, in Veneto, condotto dall’Università di Padova e dall’Imperial College di Londra, capofila della ricerca il professor Andrea Crisanti, microbiologo dell’Ateneo patavino.

“Non posso dire ancora nulla di più – spiega Crisanti – perché lo studio è sotto embargo, stiamo attendendo la valutazione del comitato scientifico della rivista ‘Nature’. Per il momento queste sono le uniche cose che posso dire in merito alla ricerca fatta sui cittadini di Vò”. La valutazione degli esperti di Nature arriverà tra un paio di settimane, ci vorrà un mese e mezzo per rendere pubblico un lavoro che potrebbe dare nuove e preziose informazioni su come combattere il Covid 19. Lo studio su Vò aveva coinvolto la stragrande maggioranza dei circa 3200 cittadini del paese che, a più riprese, si sottoposero al tampone e all’analisi sierologica.

da repubblica.it/

ESITI DI COVID: INDICAZIONI VALUTATIVE

Da Inail.it

Alla luce delle evidenze di letteratura e dei dati emersi dal territorio, nell’infortunato da SARS-CoV-2 può residuare un complesso menomativo connotato da un variegato e numeroso corollario di esiti. Tale fattispecie ha richiesto l’elaborazione di un metodo valutativo ad hoc che, pur fondato sulle Tabelle di legge, si connota come novità assoluta nel panorama valutativo medico-legale. Le indicazioni sull’attività di stima dei postumi giungono a supporto dell’operatore con l’obiettivo di uniformare il giudizio secondo il consolidato riferimento all’effettiva incidenza menomativa sullo spendimento della validità biologica. La rapidità comunicativa del modello editoriale scelto risponde alla necessità di una fruizione pragmatica e sintetica dei contenuti medico-legali dei temi trattati.


Prodotto: Fact sheet
Edizioni: Inail – 2021
Disponibilità: Consultabile solo in rete
Info: dcpianificazione-comunicazione@inail.it

Risiko dei vaccini, superpotenze si contendono la mappa anti covid

Mappa globale - Scarica Immagini Vettoriali Gratis, Grafica Vettoriale, e  Disegno Modelli

Sono gli Usa e la Gran Bretagna i Paesi che hanno per ora il primato della diffusione dei vaccini tra tutti gli Stati del mondo. A fronteggiarsi nel FarmaRisiko, dove le superpotenze stanno riscrivendo gli equilibri della geopolitica, al momento ci sono anche la Cina, la Russia e l’India. Ma attenzione, in questo gioco in cui in palio non ci sono solo le vite umane ma anche il ritmo e la consistenza della ripresa economica degli Stati, ciò che conta non è solo avere sviluppato un vaccino, ma anche aver contribuito a finanziarlo. Ed essere in grado di produrlo in massicce quantità, come fa l’India. Quella che segue è l’analisi della diffusione dei vaccini somministrati in 132 Paesi, equivalenti all’85% della popolazione mondiale.

Gli americani e i tre vaccini in campo: Pfizer, Moderna, Johnson & Johnson

Con tre vaccini in campo, gli Usa sono la vera superpotenza. Sono partiti per tempo, forti di cospicui finanziamenti pubblici e privati e dei migliori ricercatori, individuati anche fuori dai propri confini. È il caso dei coniugi tedeschi di origine turca Ugur Sahin e Özlem Türeci, fondatori di BioNTech. È l’azienda, specializzata nelle ricerche di immunoterapie contro i tumori, a cui l’americana Pfizer ha offerto un ricco accordo per lo sviluppo di un vaccino contro il Covid-19, finanziato anche dallo Stato tedesco e dalla Bei (la Banca europea degli investimenti). Il che spiega il favore riservatole dall’Ue e dalla Germania in particolare. Il vaccino Pzizer-BioNTech oggi è già somministrato in 77 Paesi, spesso in accoppiata con Moderna (presente in 32 Paesi): oltre a Usa, Canada, Australia e Nuova Zelanda, è stato scelto da tutti i Paesi europei, compresi quelli dell’Est, tranne la Moldavia e l’Ucraina che usano solo AstraZeneca, e San Marino che ha scelto il russo Sputnik. Questo vaccino è approdato anche alla Santa Sede.
È invece assente nel continente africano, tranne che in Rwanda, insieme con AstraZeneca e Moderna. Passando al Medio Oriente, Israele lo ha scelto con quello di Moderna, mentre è l’unico vaccino in Libano, Kuwait e Qatar. Così come in Giappone, Malesia e Singapore. Poco presente nel Centro-America (in Messico c’è ma con AstraZeneca e Sputnik), in Sud America non ha conquistato i Paesi più grandi, tranne la Colombia. Quanto alle isole, è la scelta esclusiva di Bermuda, Cayman e Turks e Caicos.

Il terzo vaccino Usa: Johnson & Johnson

Le recenti autorizzazioni del terzo vaccino Usa, lo Janssen di Johnson & Johnson, ne vedono l’utilizzo al momento solo negli Stati Uniti e in Sud Africa, ma molti Paesi lo hanno autorizzato, tra cui l’Italia.

Il vaccino inglese di AstraZeneca: il più utilizzato al mondo (merito del prezzo basso)

Sviluppato dallo Jenner Institute dell’Università di Oxford, prodotto e distribuito dall’azienda farmaceutica anglosvedese AstraZeneca, il vaccino inglese è al momento il più utilizzato al mondo, forte del prezzo più basso. Tra i 78 Paesi che ne stanno già facendo uso ci sono quasi tutti gli europei, anche dell’Est. A differenza degli americani, AstraZeneca è molto opzionato in Africa, dove ha conquistato sette sui 13 Paesi che hanno in corso le vaccinazioni, tra cui l’Angola, il Ghana, il Kenia, il Marocco (con il cinese SinoPharm), il Rwanda e l’Uganda.
È poco presente in Medio Oriente, tranne in Arabia Saudita con Pfizer-BioNTech, e nel Bahrain e negli Emirati (che hanno opzionato tutti i maggiori vaccini).
In Asia è stato adottato in India, Myanmar, Nepal, Bangladesh, Pakistan, Sri Lanka, Thailandia, Vietnam e Mongolia. Tra le isole, Antigua, Barbados, Maldive, Mauritius.

Il russo: il vaccino Sputnik è stato il primo registrato al mondo

È stato il primo vaccino al mondo registrato contro il Covid-19 nell’agosto scorso, grazie alla ricerca che il Centro Gamaleya aveva già fatto sull’Ebola e sulla Mers. Lo Sputnik al momento è stato autorizzato in quasi 50 Paesi ma è operativo in 18. L’Autorità europea (Ema) non gli ha dato il nullaosta: politicamente non c’è la volontà di foraggiare il regime di Vladimir Putin. Al momento viene iniettato oltre che a San Marino anche in Montenegro, in Serbia e in Ungheria, l’unico Paese al mondo in cui si utilizzano tutti i vaccini in circolazione. Sono molti i Paesi con regimi autoritari che l’hanno scelto: Algeria e Tunisia, Iran e Venezuela. È presente anche in Argentina, Bolivia e Paraguay.
L’Italia è l’unico Paese europeo che ha siglato un accordo per la produzione di dieci milioni di dosi di Sputnik. Questa rottura del fronte antirusso è stata accolta con freddezza dai maggiori Paesi Ue.
I dieci miliardi di dollari che la Russia incamererebbe dalla vendita ipotetica di un miliardo di dosi in tutto il mondo inquietano, considerando che eguagliano quasi il valore delle sue esportazioni di armi dello stesso periodo. Intanto il laboratorio siberiano Vektor ha registrato il secondo vaccino russo: l’EpiVacCorona.

I vaccini cinesi

Turchia, Egitto, Ungheria. Basterebbero questi tre Stati, che hanno accolto i vaccini cinesi SinoPharm e SinoVac, a dare la misura di come la Cina si muova offrendo alleanze a Paesi-chiave in quadranti strategici. In Sud America le esportazioni riguardano colossi come Argentina, Brasile e Perù. Nella propria area ha conquistato le Filippine, in rotta con l’alleato Usa per non avere avuto le dosi promesse di Pfizer-BioNTech, e l’Indonesia, altro partner Usa deluso, accanto a Thailandia, Laos e Cambogia. L’offensiva è tale che Stati Uniti e Giappone sono pronti a finanziare un miliardo di dosi, da produrre in India e far distribuire dall’Australia in tutto il Sud-Est asiatico.

L’india: due vaccini «nazionali» e la produzione del 60% dei vaccini mondiali

L’India ha elaborato un paio di vaccini con cui sta mettendo in sicurezza la propria popolazione (1,3 miliardi di abitanti) ma produce il 60% dei vaccini distribuiti nel mondo, in particolare AstraZeneca. Questo ne fa una potenza sullo scacchiere dei vaccini.

I vaccini e le tentazioni «autarchiche»

Una notazione a proposito dell’India, Cina e Stati Uniti: il fatto che la Cina produca la maggior parte delle molecole e dei principi attivi, che l’India produca il 60% dei vaccini mondiali e che gli Usa monopolizzino il settore dei bioreattori e dei materiali plastici necessari per i vaccini, spiega perché una loro torsione autarchica sarebbe foriera di seri problemi soprattutto per l’incauta Europa.

da il corriere.it