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GRAVIDANZA , MATERNITÀ E VACCINO COVID

Da affari Italiani

Rischi? Benefici? Controindicazioni? Oppure solo cattiva informazione e allarmi ingiustificati? Il vaccino Covid in gravidanza fa discutere. L’Istituto Superiore di Sanità ribadisce che problemi per il nascituro non ce ne sono, a prescindere dalla fase della gravidanza (se cioè al principio o in fase avanzata).

Le Società di Ginecologia e Ostetricia (SIGO-AOGOI-AGUI-AGITE) portano all’attenzione pubblica e delle Istituzioni il momento di grandissima confusione e di scarsissima informazione che le donne vivono per tutto quello che riguarda l’evento riproduttivo e la vaccinazione anti Covid.

Ginecologi e ostetrici ricordano hanno ribadito che: – la gravidanza non è una controindicazione alla vaccinazione – il desiderio riproduttivo o la ricerca della gravidanza non sono una controindicazione alla vaccinazione – l’allattamento non è una controindicazione alla vaccinazione  – la contraccezione ormonale non è una controindicazione alla vaccinazione – non esistono indagini preliminari o terapie da praticare prima della vaccinazione in nessuna di queste situazioni  – le donne gravide dovrebbero essere invitate a vaccinarsi con maggiore premura rispetto alle donne non gravide della stessa età, perché la gravidanza è una condizione di fragilità.

Nonostante le nostre posizioni, dichiara il Prof. Antonio Chiantera Presidente SIGO, riceviamo quotidianamente sollecitazioni di donne confuse, che hanno avuto le informazioni più disparate, spesso non corrispondenti assolutamente al vero. Il Prof.  Nicola Colacurci Presidente AGUI, si appella al Ministro della Salute Roberto Speranza affichè recepisca le richieste e si faccia parte attiva, con il Ministero della Salute, di una campagna di corretta informazione che rassicuri le donne in età riproduttiva verso la vaccinazione anti-Covid.  Conclude la Presidente AOGOI Dott.ssa Elsa Viora affermando che: mantenere le donne in uno stato confusionale su tale argomento rappresenta un grosso deterrente alla natalità e spinge le coppie che vorrebbero avere figli a procrastinare tale evento, rendendo così ancora più drammatica la problematica “culle vuote” che  rappresenta il maggiore problema sociale della nostra Nazione.

REAZIONE AL FUOCO

Il capitolo S.1 del Codice è dedicato alla Reazione al fuoco.

Reazione al fuoco

Il capitolo S.1 del Codice è dedicato alla reazione al fuoco. La reazione al fuoco è una misura antincendio di protezione passiva che manifesta i suoi effetti nella fase di prima propagazione dell’incendio, con l’obiettivo di limitare l’innesco dei materiali e la propagazione stessa dell’incendio. Essa, pertanto, si riferisce al comportamento al fuoco dei materiali nelle effettive condizioni di applicazione, con particolare riguardo al grado di partecipazione all’incendio che essi mostrano in condizioni standardizzate di prova.



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Edizioni: Inail –  2021
Disponibilità: Sì – Consultabile anche in rete
Info: dcpianificazione-comunicazione@inail.it

  • Reazione al fuoco(.pdf – 12,4 mb)
  • Il Codice di prevenzione incendiIl Codice di prevenzione incendi si propone come promotore del cambiamento privilegiando un approccio prestazionale alla prevenzione incendi, in grado di garantire standard di sicurezza antincendio elevati, mediante un insieme di soluzioni progettuali sia conformi che alternative

VACCINO E ALCOOL

Gli alcolici vanno evitati nei giorni vicini alla vaccinazione anti Covid-19: è la raccomandazione della Società Italiana di Alcologia (Sia), suggerita da quanto è recentemente accaduto nel centro vaccinale di Messina, dove si è tentato di avvicinare i giovani alla vaccinazione attraverso l’offerta di birra artigianale. «La Società Italiana di Alcologia e l’Osservatorio Alcol dell’Istituto Superiore di Sanità (Iss) da diversi mesi raccomandano di non consumare alcolici nei giorni precedenti e successivi la vaccinazione», rileva la società scientifica in una nota. 
«La raccomandazione – osserva il presidente nazionale della Sia, Gianni Testino – è di astenersi dal consumo alcolico almeno 15 giorni prima e 15 giorni dopo ogni vaccinazione, o per lo meno di non superare i dosaggi che rientrano nel ‘basso rischiò», pari a «una unità alcolica al giorno». 
E’ una misura di precauzione necessaria, considerando che il consumo di alcol, anche a bassi dosaggi, «riduce l’attività del sistema immunitario acquisito e innato», al punto che per alcune funzioni, come quelle delle cellule T, «si ripristina un’ottimale azione dopo circa 30 giorni di astensione» e delle cellule dendritiche che hanno il compito di catturare l’antigene dando il via al processo di generazione degli anticorpi. Il consumo di alcol ha riflessi anche sulle piastrine, componenti del sangue che contribuiscono alla coagulazione, e la situazione normale viene ripristinata nell’arco di una settimana. 


Queste osservazioni, pubblicate nel sito Epicentro dell’Iss, si sommano al fatto che «il consumo di alcolici attraverso la costituzione di ‘un organismo infiammatò» possa aggravare un’eventuale infezione Covid-19. (da gazzetta di Parma)

FORSE NON NECESSARIA UNA TERZA DOSE.

Da il Giornale

Non c’è fretta per un’eventuale terza dose del vaccino. Oramai è certo: se ci sarà bisogno di un ulteriore richiamo dell’antidoto, questo non verrà inoculato prima dell’autunno del prossimo anno. Il presidente dell’Aifa Giorgio Palù ha dichiarato al quotidiano la Nazione: “Si sta studiando la durata della risposta immunitaria; potrebbe essere richiesto un richiamo per fasce di popolazione specifiche. Ogni decisione sarà presa in base a dati certi, che si renderanno via via disponibili”. Guido Rasi, professore di microbiologia a Roma e direttore scientifico Consulcesi, è convinto che la terza dose sia una ipotesi da valutare con prudenza. “Appare logico prevedere una protezione duratura per chi ha avuto il Covid e ha fatto una dose di vaccino – ha dichiarato l’ex numero uno dell’Ema, agenzia regolatoria europea dei medicinali – ma anche tutti quelli che hanno completato il ciclo vaccinale delle due dosi potrebbero essere protetti verosimilmente per più di un anno. Vedremo più avanti cosa succede in casi particolari (immunodepressi, non responder), ma anch’ io escluderei categoricamente una nuova vaccinazione di massa a settembre”. Crolla, quindi, una certezza: nessuna terza dose il prossimo autunno. In quel periodo si deciderà come procedere.

Magari ci si renderà conto che un altro richiamo possa essere utile nella lotta contro il Covid-19 e soprattutto per combattere le pericolose varianti, ma tutto ciò sarà eventualmente programmato per il 2022. La pensa allo stesso modo Massimo Ciccozzi, epidemiologo dell’Università Campus Biomedico di Roma, il quale è dell’idea che stiamo imparando a convivere con il virus e che, per il futuro, si potrà pensare a una profilassi bivalente (influenza più Coronavirus) da consigliare eventualmente nei soggetti fragili, ipertesi, con diabete, o sopra i sessant’ anni. L’attenzione di tutti, adesso, è riposta sulla campagna che deve avere una Accelerata

.Intanto in Italia si sta vaccinando di buona lena. L’altro ieri sono state effettuare 600mila vaccinazioni in 24 ore. Il Bel Paese è al secondo posto in Europa in termini di coperture, superato solo dalla Germania. La risposta dei giovani è molto positiva; i ragazzi si stanno vaccinando in massa e questo lascia ben sperare. Sono state distribuire, fono a questo momento, 42 milioni di dosi tra Pfizer, Moderna, AstraZeneca e Janssen e l’88% degli antidoti è stato già somministrato. In altre nazioni si è molto indietro e questo preoccupa Luca Pani, farmacologo dell’Università di Modena e Reggio Emilia. “Solo immunizzando la popolazione a livello globale – ha detto – usciremo dall’assillo delle varianti”. Gli scienziati, intanto, sono al lavoro sul cosiddetto vaccino universale, che oltre a colpire la proteina Spike punta a inceppare regioni virali meno soggette a cambiamenti repentini. Solo allora potremo essere certi di essere a buon punto nella lotta al Covid-19.

Immunità naturale contro Sars-CoV 2

Due trial evidenziano che l’immunità sviluppata dopo l’infezione è robusta. Se rinforzata da una (sola) vaccinazione, sembra diventare anche definitiva

L’immunità naturale contro Sars-CoV 2 è di lunga durata, a differenza di quella contro i 4 coronavirus che causano solo un raffreddore, ed evolve nel tempo adattandosi, almeno in parte, alle varianti. Inoltre, se rinforzata da una (sola) vaccinazione, potrebbe essere virtualmente definitiva.

Due studi sull’immunità post infezione

Sono molto promettenti le notizie che giungono da due studi pubblicati quasi in contemporanea su un tema al centro dell’attenzione da mesi. Ci si chiede infatti da tempo se l’immunizzazione naturale e quella vaccinale siano più simili a quella che si ottiene con il vaccino antinfluenzale, da rinnovare e stimolare ogni anno, oppure a quella data da vaccini come quello contro il morbillo, da fare una volta nella vita. E ora sembrano giungere le prime risposte: quella sviluppata dopo un’infezione da Sars-CoV2 sembra essere un’immunità particolarmente robusta e duratura e, quando amplificata da una sola dose di vaccino, addirittura una superimmunità.

Il ruolo delle cellule B

I Linfociti B sono cellule del sistema immunitario con un ruolo importante

Che sia così lo si è visto analizzando le cellule B, ovvero le progenitrici degli anticorpi che mantengono la memoria immunitaria anche una volta che questi ultimi sono scomparsi. Queste cellule, infatti, maturano e si trasformano costantemente, restando però sempre pronte a innescare la formazione di nuovi anticorpi, qualora l’organismo entri in contatto con il virus.

Lo studio della Washington University

Nel primo studio, pubblicato su Nature, gli immunologi della Washington University di Saint Louis hanno verificato che cosa era successo agli anticorpi di 77 persone che avevano avuto un Covid 4 mesi prima, e hanno constatato un loro lento declino. Ma hanno anche visto che, dopo 11 mesi, era comunque presente una piccola quantità di questi anticorpi, che rimaneva stabile nel tempo.

Si sono chiesti da dove venissero, gli anticorpi rimasti, e per rispondere hanno analizzato il midollo osseo di alcuni pazienti, ovvero il bioreattore naturale in cui nascono le cellule B. E hanno trovato, in 15 dei 19 campioni studiati, piccole ma stabili quantità di cellule B pronte a diventare anticorpi anti Sars-CoV 2.

Ciò significa che Sars-CoV 2 lascia tracce importanti nel sistema immunitario. Le stesse cellule, del resto, anche se in quantità minori, si vedono anche in chi non ha avuto la malattia, ma è stato vaccinato. I dati hanno poi mostrato anche che una percentuale minoritaria di malati non ha una risposta che possa durare. Sarebbe quindi teoricamente necessario verificare la risposta di ciascuno, per avere certezze sulla durata dell’immunità del singolo, ma sembra evidente che la stragrande maggioranza degli ex malati è protetta.

Lo studio della Rockfeller University

Il secondo studio, condotto dai ricercatori della Rockfeller University di New York, e per ora pubblicato sul sito BioRXiv in attesa di revisione, ha controllato la maturazione, nel tempo, delle stesse cellule B di 63 ex malati, 26 dei quali vaccinati con una dose di vaccino a mRna. In questi ultimi gli anticorpi neutralizzanti sono rimasti stabili per 6-12 mesi, a riprova di una risposta che gli autori hanno definito impressionante, 50 volte più elevata rispetto a quella di chi non è stato vaccinato (ma ha comunque contratto la malattia).

Tutto ciò autorizza a ritenere che, per chi è stato malato, una vaccinazione sia più che sufficiente probabilmente a garantire un’immunità permanente. Chi invece ha solo l’immunità indotta dal vaccino potrebbe aver bisogno di un richiamo sia per stimolare le cellule B ulteriormente, sia contro le varianti, perché le cellule B prodotte in risposta alla vaccinazione reagiscono solo contro la proteina S e non contro molte e diverse proteine, come accade in chi incontra l’intero virus.

da ilsole24ore.com

MEDICI DI FAMIGLIA FARMACISTI E CARTA VERDE

Da dottnet.it

Mentre i medici di famiglia protestano contro l’eccessivo carico di lavoro amministrativo, il Governo predispone il Green pass, il certificato che consentirà di spostarsi senza problemi, anche all’estero. E un ruolo importante lo avranno proprio i medici di medicina generale che, insieme ai farmacisti, dovranno consegnare il documento a quanti – soprattutto anziani – non hanno dimestichezza con l’informatica.  Il lasciapassare si potrà scaricare su un sito web che l’azienda di Stato Sogei sta approntando oppure sull’app IO. Ma sarà possibile, come detto, anche rivolgersi al medico di base o alle farmacie. Vediamo innanzitutto come funzionerà il sistema e chi potrà avere il green pass: dal primo luglio gli italiani avranno su ‘Io’, la App della Pubblica Amministrazione, il certificato per circolare liberamente in tutta Europa, come ha annunciato il ministro per l’Innovazione Vittorio Colao in vista dell’entrata in vigore il 1° luglio del green pass europeo, il certificato che per un anno consente di viaggiare liberamente in tutta Europa e che viene rilasciato se si è concluso il ciclo vaccinale (ma c’è anche l’ipotesi è di renderlo valido già 15 giorni dopo la prima dose, così come previsto per il green pass italiano), se si ha un certificato di guarigione dal covido se si ha un tampone negativo effettuato nelle 24 ore precedenti.

Fermo restando che la durata del certificato cambierà a seconda del tipo di certificato rilasciato. Il green pass, per ora solo cartaceo, sarà a disposizione degli italiani in versione digitale su ‘Io’, la App della Pubblica Amministrazione già scaricata per poter usufruire del cashback e che nasce proprio per rendere fruibili tutti i servizi pubblici in modo semplice e immediato. Ad oggi sono 11 milioni che l’hanno scaricata, e 20milioni gli Spid attivati.

Ci sarà un sito ad hoc, collegato al sistema Tessera Sanitaria, dove gli utenti potranno inserire le cifre della tessera sanitaria, la scadenza e un codice temporaneo (OTP, one time password) corrispondente al certificato. Potranno quindi scaricare il documento come pdf o inviarlo per posta elettronica o per la stampa. Potranno fare la stessa operazione per i figli minorenni (con i relativi numeri di tessera e la password associata ai loro certificati). La password arriverà al cellulare del genitore una volta che diventa disponibile il certificato dei figli Per averne diritto devono passare 15 giorni dalla prima dose di vaccino, oppure serve essere guariti dal coronavirus o avere fatto un tampone con esito negativo da non oltre 48 ore. Una volta soddisfatta una di queste condizioni, il sistema genera il certificato e manda la relativa password temporanea all’interessato. In alternativa al sito ad hoc, nelle intenzioni del Governo, i cittadini potranno inserire la password usa e getta su app Immuni per scaricare il proprio certificato e quello dei figli.

AMIANTO NATURALE E LAVORO

Da Inail.it

Amianto naturale e ambienti di lavoro

Nel lavoro si riporta lo stato dell’arte sulla presenza di amianto di originie naturale (NOA – Naturally Occurring Asbestos) in Italia, evidenziando le problematiche gestionali ad esso correlate e formulando le pricipali soluzioni di sicurezza applicabili a scala operativa.

Immagine Amianto naturale e ambienti di lavoro

In particolare, si forniscono indicazioni per le attività lavorative di settore, quali l’estrazione e lavorazione di pietre ornamentali e di pietrisco, le bonifiche di siti contaminati da amianto naturale, gli scavi per gallerie stradali e ferroviarie, gli scavi e opere di urbanizzazione, le lavorazioni agrarie e la rimozione e smaltimento/bonifica di ballast.


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LAVORO AGILE: STUDIO LONGITUDINALE DELL’ INAIL

La diffusione del lavoro agile ha avuto un notevole incremento con l’avvento della pandemia, configurandosi anche come un’efficace misura di contenimento del contagio.

Immagine L’esperienza di lavoro agile, gli impatti sul benessere e le condizioni di lavoro: i risultati del caso studio longitudinale condotto in Inail

Questo contributo illustra i risultati del caso studio condotto dal Dipartimento di Medicina, Epidemiologia e Igiene del Lavoro ed Ambientale (Dimeila) all’interno del “Progetto pilota lavoro agile in Inail”, promosso nel 2019 dalla Direzione centrale risorse umane (Dcru). Tali risultati offrono spunti di riflessione in questo momento di grande cambiamento al fine di identificare le opportunità ed eventuali limiti dell’applicazione del lavoro agile, nell’ottica della tutela della salute e del benessere dei lavoratori.


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DOMANDE E RISPOSTE DUL CERTIFICATO VERDE GREEN PASS

Da il sole 24 ore

Si chiama ufficialmente “certificazione verde”. È il pass, introdotto dal decreto anti-Covid del 22 aprile 2021 (modificato dal decreto del 18 maggio), necessario per potersi spostare in entrata e in uscita dalle Regioni in fascia arancione o rossa. Ma anche per partecipare a feste di nozze, maxiconcerti e probabilmente anche per entrare in discoteca. Ma vediamo più da vicino come funziona più nel dettaglio attraverso le risposte ad alcuni quesiti.

Si chiama ufficialmente “certificazione verde”. È il pass, introdotto dal decreto anti-Covid del 22 aprile 2021 (modificato dal decreto del 18 maggio), necessario per potersi spostare in entrata e in uscita dalle Regioni in fascia arancione o rossa. Ma anche per partecipare a feste di nozze, maxiconcerti e probabilmente anche per entrare in discoteca. Ma vediamo più da vicino come funziona più nel dettaglio attraverso le risposte ad alcuni quesiti.

Cosa è il green pass?

Si tratta della “certificazione verde” che dimostra di essere stati vaccinati o di essere guariti dal Covid-19 o di essersi sottoposti a tampone con esito negativo.

Quando serve

Il green pass serve per spostarsi tra le regioni in fascia arancione e rossa (anche se in questa fase l’Italia in realtà è tutta gialla), ma anche per visitare gli anziani nelle case di riposo (Rsa). E servirà dal 15 giugno per partecipare a feste e banchetti di nozze. Possibile il ricorso a questo certificato per presenziare ad altri eventi, come i concerti con capienza maggiore di quella attualmente consentita (fino a un massimo di mille spettatori in impianti all’aperto e fino a 500 al chiuso), ma anche per andare in discoteca.

Quale ruolo ha il green pass per spostarsi tra Paesi Ue?

Nei giorni scorsi il premier Mario Draghi ha annunciato che si potrà tornare a viaggiare in tutta Italia dall’estero con un “pass verde nazionale”, in attesa che entri in vigore il green pass europeo previsto per giugno. Il pass è di fatto identico alle “certificazioni verdi”, vale a dire i documenti che già ora gli italiani devono utilizzare per spostarsi per turismo tra regioni arancioni e rosse. Ma, per evitare fughe in avanti e non adottare decisioni diverse da quelle che l’Europa deve ancora concordare, il governo ha deciso di non accelerare. Indipendentemente dalla vaccinazione fatta o dalla guarigione dal Covid, per ora per entrare in Italia serve perciò sempre un tampone negativo, 48 ore prima della partenza. Con 10 giorni di quarantena all’arrivo se si proviene dai Paesi extra Ue (dal 16 maggio è stata abolita per chi proviene dai paesi Ue e dell’area Schengen, oltre che dalla Gran Bretagna e da Israele). Per chi deve andare all’estero, va precisato che ogni paese ha le proprie regole, diverse anche all’interno dell’Unione europea. In linea di massima, per ora, anche se vaccinati, serve ancora un tampone prima della partenza.

Chi rilascia il green pass?

Per i vaccinati «la certificazione è rilasciata, in formato cartaceo o digitale, dalla struttura sanitaria ovvero dall’esercente la professione sanitaria che effettua la vaccinazione». Per i guariti dal Covid la certificazione verde è rilasciata «in formato cartaceo o digitale, dalla struttura presso la quale è avvenuto il ricovero del paziente affetto da Covid-19, oppure, per i pazienti non ricoverati, dai medici di medicina generale e dai pediatri di libera scelta». Il risultato negativo del tampone viene attestato dalla farmacia o dal laboratorio privato in cui si effettua il test molecolare o antigenico.

Quando entra in vigore il green pass?

È già in vigore. I documenti rilasciati fino ad oggi (di avvenuta vaccinazione, guarigione dal covid ecc.) hanno valore di green pass nazionale. Contestualmente al rilascio, la struttura sanitaria, anche tramite i sistemi informativi regionali, provvede a rendere disponibile la certificazione nel fascicolo sanitario elettronico dell’interessato. Il Lazio è una delle regioni che si sono attivate per prime. Ma tutte le regioni si stanno attrezzando. Il certificato è attualmente cartaceo. Ma il ministro per l’Innovazione Vittorio Colao in vista dell’entrata in vigore il 1 luglio del green pass europeo, ha confermato che, sempre dal 1° luglio, il certificato digitale sarà a disposizione degli italiani su «Io», la App della Pa già scaricata da milioni di persone per poter usufruire del cashback.

Qual è la durata del certificato in generale?

La durata del green pass per i vaccinati è stata portata da 6 mesi a 9 mesi «a far data dal completamento del ciclo vaccinale». Non solo. È stato deciso di rilasciare la certificazione contestualmente alla somministrazione della prima dose di vaccino, «con validità dal «quindicesimo giorno successivo alla somministrazione fino alla data prevista per il completamento del ciclo vaccinale». La durata della certificazione verde in caso di guarigione resta di sei mesi a far data dall’avvenuta guarigione dal Covid. In caso di tampone negativo, il certificato ha una validità di quarantotto ore dall’esecuzione del test.

Qual è la durata in base al tipo di vaccino?

Di fatto per chi fa il vaccino di AstraZeneca (la seconda dose viene somministrata dopo circa tre mesi),il green pass ha una validità di quasi un anno. Per chi invece riceve la somministrazione di quello di Johnson&Johnson (una sola dose) la durata del documento è di 9 mesi. Per chi ricorre ai vaccini a Rna messaggero Pfizer Moderna (richiamo dopo 42 giorni) va calcolata una durata intermedia.

Quanto costa?

Il certificato è gratuito. A pagamento è solo il tampone. Il tampone molecolare rimane il “gold standard” per la diagnosi del Covid. Il costo varia tra i 60 e i 100 euro a seconda delle strutture e delle regioni. Il prezzo medio per fare un test rapido antigenico (eseguibile anche in farmacia) è di 30-40 euro.

FOCUS SUL GREEN PASS EUROPEO

Da 01health.it

I negoziatori del Parlamento europeo e del Consiglio hanno raggiunto un accordo provvisorio sul Certificato Covid digitale UE per facilitare la libera circolazione.

Il certificato sarà disponibile sia in formato digitale che cartaceo.

Attesterà se una persona è stata vaccinata contro il coronavirus o ha un risultato recente di test negativo o è guarita dall’infezione.

In pratica, si tratta dell’unione di tre certificati.

Il quadro comune dell’UE permetterà agli Stati membri di emettere tali certificati che saranno poi accettati negli altri paesi dell’UE.

Secondo l’accordo, il regolamento del Certificato Covid digitale UE resterà in vigore per 12 mesi.

Il certificato non sarà una precondizione per esercitare il diritto alla libera circolazione e non sarà considerato un documento di viaggio.

Il testo dell’accordo sarà ora sottoposto alla commissione parlamentare per le libertà civili (LIBE) e alla Plenaria per l’approvazione, nonché al Consiglio.

Il testo sarà votato dalla commissione LIBE il 26 maggio 2021.

Se confermato, sarà poi presentato per l’adozione in Aula durante la sessione plenaria di giugno I (7-10 giugno 2021).

L’entrata in vigore è prevista per il 1 luglio.

Le azioni a supporto del certificato Covid digitale europeo

Per sostenere la disponibilità di test abbordabili e accessibili, la Commissione europea si è impegnata a mobilitare almeno 100 milioni di euro nell’ambito dello Strumento di sostegno di emergenza per l’acquisto di test (tamponi) per l’infezione da SARS-CoV-2 allo scopo di rilasciare i certificati UE.

Di tale finanziamento dovrebbero beneficiare le persone che quotidianamente o frequentemente attraversano le frontiere per andare al lavoro o a scuola, visitare parenti stretti, cercare cure mediche, o per prendersi cura dei propri cari, così come i lavoratori essenziali.

I negoziatori europei hanno concordato che, se necessario, potrebbero essere mobilitati ulteriori finanziamenti oltre i 100 milioni, previa approvazione delle autorità di bilancio.

I Paesi UE non devono imporre restrizioni di viaggio, come la quarantena, l’autoisolamento o i tamponi, “a meno che non siano necessarie e proporzionate per salvaguardare la salute pubblica” in risposta alla pandemia di COVID, tenendo conto anche delle prove scientifiche disponibili, “compresi i dati epidemiologici pubblicati dal Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (ECDC)”.

Tali misure dovrebbero essere notificate agli altri Stati membri e alla Commissione al più tardi 48 ore prima.

I Paesi UE devono accettare i certificati di vaccinazione rilasciati in altri Stati membri per le persone che hanno ricevuto un vaccino autorizzato ndall’Agenzia europea dei medicinali (EMA) (attualmente Pfizer-BioNTech, Moderna, AstraZeneca e Janssen).

Spetterà ai Paesi UE decidere se accettare anche i certificati delle vaccinazioni effettuate con gli altri vaccini utilizzati in base alle procedure di autorizzazione di emergenza nazionali o con quelli elencati dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) per l’utilizzo di emergenza.

Protezione dati

I certificati saranno verificati per prevenire frodi e falsificazioni, così come l’autenticità dei sigilli elettronici inclusi nel documento.

I dati personali ottenuti dai certificati non possono essere immagazzinati negli Paesi UE di destinazione e non ci sarà una banca dati centrale stabilita a livello UE.

La lista delle entità che tratteranno e riceveranno i dati sarà pubblica, in modo che i cittadini possano esercitare i loro diritti di protezione dei dati in base al regolamento generale sulla protezione dei dati