ambiente

FAI LA COSA GIUSTA ALLA FIERAMILANOCITY!

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Anche per il 2019 torna a Milano Fa’ la cosa giusta!. La fiera nazionale del consumo critico e degli stili di vita sostenibili giunta ormai alla sedicesima edizione si terrà dall’8 al 10 marzo a fieramilanocity.

Inquinamento ambientale, differenza di genere, accoglienza, sono queste le principali tematiche che verranno affrontate durante la tre giorni a Milano.

All’interno dello spazio espositivo, suddiviso in dieci sezioni tematiche, centinaia di realtà, aziende, associazioni presenteranno servizi, prodotti e tecnologie per ridurre l’impatto della nostra vita quotidiana.

Tra le novità dell’edizione 2019 di Fa’ la cosa giusta! ci sarà Plurale Femminile: uno spazio dedicato al ruolo delle donne nella società e nel mondo del lavoro, di cui molto spesso non viene riconosciuto il valore..

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All’interno de Il Porto di Fa’ la cosa giusta! verrà trattato inoltre il problema dei rifiuti, nei mari e sulle spiagge che sta assumendo proporzioni preoccupanti. Secondo le stime del Consiglio Generale della Pesca nel Mediterraneo (Fao) infatti oltre sei milioni di tonnellate di materiali solidi e pericolosi di origine umana vengono scaricati ogni anno nei mari del mondo. Durante il panel scienziati, geografi, pedagogisti, esploratori e giornalisti, racconteranno, dello stato di salute dell’ecosistema marino, dei corsi d’acqua e delle acque interne, delle emergenze in atto e delle buone pratiche per risolverle.

Un’attenzione particolare verrà data all’impatto delle macro e microplastiche e si discuterà degli interventi messi a punto per limitarne la diffusione e per rendere possibile il recupero di quelle già disperse in mare.

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Per approfondire il tema dell’accoglienza, fondamentale per la realtà in cui viviamo, in fiera si confronteranno famiglie e associazioni che ospitano e affiancano minori stranieri non accompagnati e titolari di protezione internazionale.

Anche quest’anno tornerà poi il salone Sfide. La scuola di tutti con un programma di incontri, laboratori e seminari che affronteranno argomenti come la didattica tra museo e scuola, la parità di genere in ambito scolastico e della ricerca, l’educazione alla giustizia sociale. Nel 2018 avevano preso parte al programma di incontri proposti in 4000 tra dirigenti scolastici, genitori e studenti.

Troverete tutte le informazioni sul programma della manifestazione qui.

Da greenme.it

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NUOVA BANCA DATI EU OSHA AGENTI CHIMICI PERICOLOSI

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Lavorate con sostanze pericolose o gestite persone che lo fanno? Avete bisogno di ulteriori informazioni su come valutare e gestire i rischi? In questo caso, date un’occhiata alla nuova e completa banca dati sugli strumenti pratici e la guida sulle sostanze pericolose, con collegamenti a risorse e strumenti audiovisivi chiave degli Stati membri, dell’UE e oltre. Nella banca dati troverete nuovi studi di caso creati per l’attuale campagna «Ambienti di lavoro sani e sicuri», che forniscono esempi di vita reale di buone pratiche nella gestione di sostanze pericolose.

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Le centinaia di voci di cui è composta la banca dati riguardano argomenti quali formazione o valutazione del rischio, agenti cancerogeni e sostituzione. Inoltre, grazie alla facilità di consultazione della banca dati, se siete interessati alle risorse su un determinato paese, settore, mansione o pericolo, potete trovare esattamente ciò che cercate in modo semplice e veloce.

Effettuate adesso una ricerca nella banca dati delle sostanze pericolose

Per saperne di più sulla campagna «Salute e sicurezza negli ambienti di lavoro in presenza di sostanze pericolose» 

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ECOMONDO 2018 A RIMINI

BASSA PRODUTTIVITA’ IN UFFICIO CON ALTI LIVELLI DI ANIDRIDE CARBONICA

da:http://www.paginemediche.it

L’ambiente e l’aria che si respira in ufficio può influire significativamente sulle performance dei lavoratori e sulla produttività. È la conclusione cui è giunto uno studio pubblicato sulla rivista Environmental Health Perspectives.

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I ricercatori hanno ricreato tre micro-ambienti con diverse concentrazioni di anidride carbonica (il primo con 550 ppm, simile a quella presente negli spazi aperti), il secondo con 945 ppm (la quantità di CO2 presente nella maggior parte degli uffici) e 1400 ppm (cioè una quantità elevata che in alcuni uffici può anche essere raggiunta).

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Gli studiosi delle università di Harvard e Syracuse hanno quindi misurato con appositi test le performance professionali di 24 volontari che dovevano svolgere dei compiti nei diversi habitat.

Sono stati presi in considerazione nove fattori per valutare le funzioni cognitive dei volontari e la produttività
Risultato:

  • quelli che lavoravano nell’ambiente con 945 ppm di anidride carbonica mostravano performance del 15% in meno rispetto a chi lavorava in ambienti con 550 ppm.
  • Le performance scendevano addirittura del 50% per chi si trovava a lavorare in un ambiente con 1400 ppm di CO2.

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La conclusione, dunque, è che l’aria viziata e l’inquinamento indoor hanno ripercussioni davvero notevoli sulle funzioni cognitive dei lavoratori e ciò si ripercuote sulla produttività e sul rendimento in ufficio.

Ma perché in alcuni uffici la concentrazione di anidride carbonica può arrivare a vette così alte? Molti elementi concorrono a questo fenomeno: numero di porte e finestre, impianti di ventilazione, numero di persone che condividono l’ambiente, luogo dell’immobile…

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…L’anidride carbonica (CO2) è un gas presente nell’atmosfera terrestre in quantità (misurata nel 2013) di 399 parti per milione (ppm), anche se la sua distribuzione non è uniforme: nell’emisfero nord sono presenti terre emerse in maggior quantità che nell’emisfero sud, con conseguente maggior estensione della vegetazione e quindi maggior attività di fotosintesi clorofilliana, che comporta l’utilizzo di CO2 per produrre i carboidrati necessari alla pianta.

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Nonostante la sua concentrazione veramente molto piccola, la CO2 riveste un ruolo importante nel mantenimento dell’atmosfera terrestre, dal momento che assieme al metano e al vapore acqueo “cattura” gli infrarossi della luce solare e li ribalta verso la superficie terrestre, provocando il cosiddetto “effetto serra”, utile in quanto riduce gli sbalzi termici che, in mancanza, si verificherebbero tra giorno e notte. Il primo effetto di un’aumentata concentrazione di CO2 è quindi un aumento dell’effetto serra, con la conseguenza del surriscaldamento del pianeta.

Ma l’aumento di CO2 provoca anche effetti fisici al corpo umano, dato che una sua concentrazione nell’aria ambientale superiore a 5.000 ppm comporta l’insorgenza di vertigini, mal di testa, tachicardia, senso di soffocamento fino ad uno stato di incoscienza.

Oltre a questi noti effetti negativi, adesso, in base allo studio dell’Università di Harvard e di quella di Syracuse, si è dimostrato che l’aumento anche lieve del CO2 nell’aria ambientale si ripercuote sulla salute psichica, dal momento che le persone che lavorano in un ambiente ben ventilato, con ricambio d’aria e un livello basso di anidride carbonica, mostrano una maggiore capacità di pensare, comprendere, ricordare e imparare. Inoltre, una buona qualità dell’aria nell’ambiente di lavoro favorirebbe un impatto positivo sul processo decisionale e sulle prestazioni dei lavoratori. Gli autori della ricerca spiegano che il limite accettabile del livello di CO2 è di 5.000 ppm, anche se i limiti di legge sono fissati tra 1.000 e 1.500 ppm. Questi sono valori che indicano la pericolosità dell’ambiente, ma anche a concentrazioni molto minori la CO2 provoca dei cambiamenti nel corpo umano, soprattutto a livello psichico.

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Questi effetti sono stati verificati constatando che i lavoratori esposti ad ambienti con bassi livelli di CO2 ottengono mediamente un punteggio superiore del 61% rispetto a chi lavora in edifici tradizionali con un’aria ambientale non ottimale, più ricca di CO2, anche se al di sotto dei limiti di legge. Ad essere influenzato in modo particolare è il problem solving, cioè l’abilità di usare le informazioni, di rispondere alle crisi e di elaborare strategie in quelle situazioni che presuppongo una rapida analisi della situazione e un’adozione di provvedimenti in caso di necessità. Insomma, si ottengono dei lavoratori meno “brillanti”, il che può costituire un problema se il compito del lavoratore necessita di un’elevata dose di concentrazione e di performance mentali.

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Quindi, per rendere gli ambienti di lavoro sempre maggiormente rispettosi del corpo umano, oltre all’attenzione sull’illuminazione, sulla postura dei lavoratori, sui carichi di lavoro, sui problemi legati alla vista, sulla temperatura della stanza e sulla rumorosità, è necessario anche fare in modo che dove persone permangono per 7-8 ore giornaliere non vi sia aumento della CO2, realizzando un’adeguata ventilazione e scambi gassosi con l’aria esterna, installando se necessario impianti di aerazione, proibendo il fumo, evitando il sovraffollamento e dotando gli ambienti di qualche pianta da appartamento, in grado di catturare la CO2 per la sua fotosintesi.
La miglior “resa” dell’impiegato si accompagna in tal modo ad una migliore qualità di vita del lavoratore stesso.(dott.E.Brizio)

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OLI RIGENERATI : ITALIA PRIMA DELLA CLASSE

Il Conou ha rilevato 182.000 tonnellate raccolte e rigenerate al 98%: con il recupero degli oli risparmiati oltre 52 milioni di euro per un bilancio ambientale positivo

da adn cronos

In Italia il 98% degli oli raccolti vengono rigenerati, un dato che fa del nostro Paese il leader europeo in questo particolare settore della Green Economy: la Spagna rigenera il 68% degli oli, la Francia il 60%, la Germania il 50% e il Regno Unito solo il 14%, privilegiando la combustione per produrre energia.

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“L’Italia ha già superato, con ben 8 anni di anticipo, la soglia dell’85% richiesta dall’Europa – ha spiegato il presidente del Consorzio Paolo Tomasi – nel 2016 in Italia sono state avviate a rigenerazione ben 110.400 tonnellate di oli usati provenienti dal settore dell’auto: il 65% di queste (72.000 tonnellate) sono diventate nuove basi lubrificanti, il 12% (13.300 tonnellate) bitume e l’8% (8.800 tonnellate) gasolio”.

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il 2% circa di oli che ancora sfugge alla raccolta del Consorzio si concentra sia nel settore industriale sia nel ‘fai da te’ in autotrazione, nautica e agricoltura. Il Conou raccomanda da sempre di affidarsi, per il cambio dell’olio, alle autofficine e alle stazioni di servizio, dove questa attività viene svolta da professionisti, in tutta sicurezza e nel rispetto dell’ambiente.

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“A quelli che non vogliono rinunciare al fai da te – ha continuato Tomasi – ricordiamo di indossare un paio di guanti impermeabili, utilizzare un contenitore resistente agli urti e a chiusura ermetica e non mescolare l’olio con altre sostanze”.

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L’olio usato, infine, non va assolutamente disperso: basta chiamare il numero 800 863 048 o visitare il sito www.conou.it per conoscere l’indirizzo del centro di raccolta comunale più vicino al quale i cittadini possono consegnarlo gratuitamente.

da ingegneri.info:

Nel 2016 la raccolta si era fermata a 177.000 tonnellate e l’aumento del 3,5% ha avuto importanti ricadute in termini di salvaguardia ambientale: se fossero state tutte sversate in acqua, queste 5.000 tonnellate in più avrebbero potuto inquinare una superficie pari a 25 volte il Lago di Garda.  Il 98%degli oli usati raccolti è stato conferito alle imprese di rigenerazione operanti nel sistema consortile per la produzione di nuove basi lubrificanti; questa percentuale record rafforza ilprimato europeo dell’Italia in questo settore.
Il sistema Conou

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L’olio usato è un rifiuto pericoloso. Se smaltito in modo scorretto o impiegato in maniera impropria, può esserealtamente inquinante. Se versato in terra, l’olio usato penetra nel terreno avvelenando la falda acquifera che fornisce l’acqua potabile e quella per l’irrigazione delle colture. Se disperso in acqua galleggia formando una pellicola impermeabile che determina la morte, per mancanza di ossigeno, di tutto ciò che vive al di sotto di essa. Se bruciato impropriamente, l’olio usato immette nell’atmosfera sostanze inquinanti in grado di determinare intossicazioni e malattie.

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Il Conou è formato dalle imprese della filiera degli oli minerali: quelle che producono, importano o mettono in commercio oli base vergini, quelle che producono oli base mediante un processo di rigenerazione, quelle che effettuano il recupero e la raccolta degli oli usati, e quelle che effettuano la sostituzione e la vendita degli oli lubrificanti. Due ministeri (Ambiente e Tutela del Territorio e del Mare e Sviluppo Economico) sono rappresentati negli organi della governance consortile (Collegio Sindacale), mentre la responsabilità gestionale è privatistica.
Oltre ad assicurare su tutto il territorio nazionale la raccolta degli oli lubrificanti usati, che vengono destinati in via prioritaria all’industria della rigenerazione, il Consorzio si occupa anche dell’informazione e della sensibilizzazione dell’opinione pubblica sulle tematiche della corretta gestione degli oli usati, che sono rifiuti pericolosi.

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La rete di raccolta degli oli usati

Ogni giorno, 74 aziende private di raccolta distribuite su tutto il territorio nazionale raccolgono i lubrificanti usati. In 34 anni di attività, il Consorzio ha raccolto 5,7 milioni di tonnellate di olio lubrificante usato, 5,1 milioni delle quali avviate alla rigenerazione. La rete è costituita da concessionari e raccoglitori indipendenti, in possesso di certificazione di qualità ISO 9001 e di quella ambientale ISO 14001, autorizzati dalle autorità competenti a raccogliere gli oli usati presso i detentori (industrie, stazioni di servizio, autoriparatori, isole ecologiche, ecc.).
Una volta stoccati nei depositi, gli oli usati vengono analizzati per determinarne le caratteristiche qualitative e decidere il corretto canale di smaltimento. La raccolta viene effettuatasenza oneri a carico del detentore. I costi della raccolta sostenuti dai raccoglitori sono coperti dal Consorzio. Il Conou inoltre fornisce anche un corrispettivo economico alle imprese di rigenerazione (legge n. 166 del 20 novembre 2009) per consentire loro di commercializzare le basi rigenerate a prezzi di mercato.

Riciclo e smaltimento

In base alla normativa, tutto l’olio lubrificante raccolto viene avviato al riciclo:
a) in via prioritaria tramite rigenerazione tesa alla produzione di basi lubrificanti;
b) nel caso in cui la rigenerazione sia impedita da effettivi vincoli di carattere tecnico, economico e organizzativo, tramite combustione o coincenerimento;
c) ove le alternative suddette non siano praticabili in ragione della natura dell’olio usato raccolto, tramite incenerimento o deposito permanente.
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Lo smaltimento può avvenire tramite:
  • Rigenerazione. L’olio usato viene trasformato in una base lubrificante con caratteristiche qualitative simili a quelle degli oli prodotti direttamente dalla lavorazione del greggio.
  • Combustione. Gli oli usati ritenuti non adatti alla rigenerazione vengono inviati a impianti autorizzati -come i cementifici – che li utilizzano come combustibile. Le lavorazioni in questo tipo di impianti raggiungono temperature altissime che neutralizzano la parte inquinante degli oli usati.
  • Termodistruzione. Nel caso in cui l’olio usato sia così inquinato da non poter essere avviato agli impianti di rigenerazione o di combustione, viene eliminato attraverso la termodistruzione; questo processo elimina definitivamente le sostanze nocive presenti nell’olio usato, salvaguardando l’ambiente.
Il recupero degli oli usati ha permesso di evitare la produzione di oli base da materia prima vergine, con un risparmio per il nostro Paese di oltre 52 milioni di euro sulle importazioni di greggio, ma anche di generare un bilancio ambientale netto positivo misurato attraverso le quattro impronte ambientali:
  • 40mila tonnellate di C02eq evitate (Carbon Footprint);
  • 473mila metri cubi di acqua risparmiata (Water Footprint);
  • 240mila tonnellate di risorse naturali, fossili e minerali non consumate (Material Footprint);
  • 717 ettari di terreno risparmiati (Land Footprint).

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AMBIENTI LAVORATIVI CON “PARTICOLARI RISCHI” A BOLOGNA IL 17-19 OTTOBRE 2018

DA UFFICIO STAMPA AIFOS

Come affrontare la gestione dei rischi in particolari ambienti lavorativi

Si terrà un convegno il 19 ottobre 2018 ad Ambiente Lavoro di Bologna per affrontare la sicurezza, le tutele per i lavoratori e i monitoraggi nelle attività che si svolgono in particolari ambienti lavorativi.

Nel mondo del lavoro sono molte le attività svolte in particolari ambienti lavorativi caratterizzati da criticità e specificità rilevanti per la tutela della salute e sicurezza dei lavoratori. Specificità e peculiarità che, in fase di valutazione dei rischi e nel pieno rispetto di quanto richiesto dalla normativa in materia di salute e sicurezza sul lavoro, devono essere analizzate per poter elaborare idonee strategie di prevenzione.

Il convegno sui particolari ambienti lavorativi Proprio per migliorare la prevenzione in molte attività lavorative caratterizzate da particolari rischi, l’Associazione Italiana Formatori ed Operatori della Sicurezza sul Lavoro (AiFOS) ha organizzato il 19 ottobre 2018, durante la manifestazione “Ambiente Lavoro” che si tiene a Bologna Fiere, il convegno “Rischi, tutele e monitoraggi in particolari ambienti lavorativi”.

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Ricordiamo che “Ambiente Lavoro”, manifestazione che si tiene a Bologna dal 17 al 19 ottobre 2018 presso il quartiere fieristico, è un momento di incontro tra operatori e aziende e uno spazio di promozione e diffusione di soluzioni e proposte per il presente e il futuro della prevenzione di incidenti e malattie professionali in Italia.

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Il convegno sui particolari ambienti lavorativi, organizzato da AiFOS, vuole porre l’attenzione in particolare sull’analisi dei rischi legati ad attività svolte in ambiente montano, sanitario e attività su strada. Le attività lavorative eseguite in ambiente montano Con il Gruppo di progetto AiFOS Montagna si affronteranno, ad esempio, specifiche tematiche di valutazione dei rischi, tutele e monitoraggi legate ad attività lavorative eseguite in ambiente montano.

Risultati immagini per MONTAGNA AIFOSSi affronteranno, in questo caso, le caratteristiche del lavoro svolto spesso in condizioni critiche su terreni accidentati, in aree disagiate in zone di montagna, su pendenze elevate e in spazi ristretti dove si riduce il livello di meccanizzazione del lavoro ed aumentano le operazioni svolte direttamente dal lavoratore. Le attività gravose e gli ambienti lavorativi

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Alcuni fattori descritti per le attività lavorative eseguite in ambiente montano possono essere, in realtà, trasversali in attività anche molto differenti tra loro e che coinvolgono numerosi lavoratori quali: addetti degli impianti a fune, addetti del settore agricolo, operatori impegnati in lavori e turni notturni, addetti al settore forestale, addetti alla produzione di energia elettrica, 

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Durante il convegno e con l’aiuto degli esperti di medicina del lavoro si affronteranno le tematiche legate a quelle attività cosiddette gravose che possono portare all’insorgenza di malattie professionali importanti.

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Durante il convegno si cercherà di capire quali siano i rischi, le tutele ed i monitoraggi relativi a queste attività e quali potranno essere le prospettive future. Infine, attraverso un focus relativo all’ergonomia, si approfondiranno anche i rischi derivanti dalle posture scorrette dei lavoratori nelle professioni sanitarie infermieristiche e in altri settori lavorativi.

 

Il link per avere ulteriori informazioni:

http://aifos.org/home/eventi/fiere/ambiente_lavoro_2018_int/eventi_ambiente_lavoro_2018/rischi_tutele_e_monitoraggi_in_particolari_ambienti_lavorativi

L’incontro, riservato a massimo 100 partecipanti, è valido per il rilascio di n. 2 crediti di aggiornamento per la figura di formatore alla sicurezza (area tematica 2), RSPP/ASPP.

Segnaliamo che per la partecipazione al convegno organizzato da AiFOS è gratuita, ma è necessaria la registrazione agli eventi e il pagamento della quota d’ingresso ad Ambiente Lavoro.

Per informazioni: Sede nazionale AiFOS: via Branze, 45 – 25123 Brescia c/o CSMT, Università degli Studi di Brescia tel.030.6595031 – fax 030.6595040 www.aifos.it – info@aifos.it – convegni@aifos.it “

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EMOB 2018, 2^ CONFERENZA DELLA MOBILITA’ ELETTRICA

Da regione.lombardia.it

Tutti ai nastri di partenza rigorosamente però con veicoli elettrici a Milano . Infatti  quest ‘ anno , la Conferenza nazionale della mobilità elettrica si svolgerà nella città meneghina presso Palazzo Lombardia con tre giorni di conferenze, workshop, eventi.

Si parte giovedì 27 settembre con la presentazione della “Carta Metropolitana della Mobilità Elettrica”, il documento conclusivo dell’edizione 2017 contenente soluzioni pratiche per rendere i Comuni a misura dei veicoli a batterie.

Venerdì 28 settembre sarà dedicato ai workshop operativi per un futuro pulito: una giornata tecnico-scientifica con i responsabili di atenei, associazioni, centri di ricerca e di un qualificato comitato scientifico per illustrare e definire le soluzioni più efficaci per migliorare la qualità dell’aria delle nostre città.


Tra i temi dibattuti nei convegni ci saranno l’analisi dei costi di “rifornimento” e delle modalità di pagamento in Europa, nonché la disamina di norme e regolamenti comunali per consentire il diritto alla ricarica pubblica e privata.

Altre tematiche affrontate riguarderanno la logistica urbana con veicoli a zero emissioni, le proposte di condivisione dei mezzi di trasporto e le soluzioni per sfruttare le batterie dei veicoli elettrici come supporto alla rete energetica e per garantire un corretto riutilizzo o riciclo degli accumulatori a fine vita.

La manifestazione si chiude sabato 29 settembre con il raduno elettrico e i test drive di alcune macchine elettriche.
Nelle sale di Palazzo Lombardia si potrà dialogare con esperti e possessori di veicoli elettrici per scoprire i modelli elettrici che verranno, gli incentivi diretti e indiretti disponibili, le modalità di ricarica e i vantaggi del guidare con la “scossa”.

Nella piazza e nelle aree adiacenti ci sarà la possibilità di ammirare le 500 vetture a emissioni zero attese per il raduno nazionale. Ma si potrà pure accedere ai test drive di auto, moto, scooter e bici a pedalata assistita per provare in prima persona il piacere di viaggiare in silenzio nel rispetto dell’ambiente e della salute.

Durante tutta la manifestazione in Piazza Città di Lombardia saranno esposte auto, mezzi da lavoro, mezzi di trasporto pubblico, mezzi nautici, tutti rigorosamente ad alimentazione elettrica.

OBIETTIVI DELLA CONFERENZA

Le statistiche evidenziano l’arretratezza del nostro Paese nel settore e rendono ancora più urgenti l’avvio di iniziative per favorire la conversione verso i modello a zero emissioni.

Immatricolazioni auto elettriche Europa - Fonte Cei-Cives
Immatricolazioni auto elettriche Europa – Fonte Cei-Cives

Con l’elettrico è un altro “clima”

In tema di cambiamenti climatici l’obiettivo fissato dall’Unione Europea con l’Accordo di Parigi è di ridurre entro il 2030 le emissioni di gas serra del 40% rispetto al 1990 per mantenere il surriscaldamento globale entro 1,5-2 gradi centigradi nei confronti dell’era pre-industriale.
Un traguardo al quale il settore trasporti italiano potrebbe contribuire con un taglio del 35,3% delle emissioni di CO2 con una serie di soluzioni, compresa la conversione elettrica del parco veicoli.
A rendere evidente i possibili vantaggi della diffusione di veicoli elettrici è il grafico con riportate le emissioni equivalenti di CO2 per ogni tecnologia calcolate in base al sistema WTW (well to whell, dal pozzo alla ruota), ossia comprensiva non solo delle emissioni di scarico, ma pure di quelle rilasciate durante l’intero ciclo produttivo del carburante, dall’estrazione, alla trasformazione e al trasporto.

Emissioni di CO2 per tecnologia di auto – Fonte RSE
Emissioni di CO2 per tecnologia di auto – Fonte RSE

Liberare le città dagli inquinanti

Più rilevante il contributo della mobilità elettrica nel miglioramento della qualità dell’aria delle nostre città. Secondo ricerche citate da Utilitalia il traffico urbano è tra le principali cause di inquinamento atmosferico con la mobilità privata a contribuire per il 50% delle emissioni di NO2 (biossido di azoto) e per il 13% di quelle di PM2.5 (particolato fine).


Con l’esito che molte delle nostre città sono fuorilegge per concentrazioni di elementi nocivi come rimarca il Rapporto Mal’Aria 2018 di Legambiente: in 39 capoluoghi di provincia si sono registrati superamenti del limite europeo di 35 giorni oltre la soglia 50 microgrammi/metro cubo di concentrazione di polveri sottili. E il rilevamento per gli altri inquinanti non è molto più confortante per la salute pubblica.

Lo conferma pure lo studio dell’Agenzia Europea dell’Ambiente che vede l’Italia detenere il primato europeo dei decessi prematuri dovuti all’inquinamento atmosferico con oltre 80mila casi/anno.
Un contesto nel quale sostituire l’attuale parco circolante, composto per oltre il 90% da veicoli a benzina e diesel (dei quali oltre 9 milioni di veicoli Euro 0, Euro 1 ed Euro 2, e oltre 6 milioni di Euro 3), con modelli a batterie potrebbe fornire un contributo rilevante al miglioramento della qualità dell’aria come dimostra il grafico che riportiamo.

Emissioni inquinanti per tecnologia di auto - Fonte RSE
Emissioni inquinanti per tecnologia di auto – Fonte RSE

La seconda vita delle batterie

Con la diffusione delle auto elettriche a destare preoccupazione ambientale è l’elevato numero di batterie da smaltire a fine vita. Un problema che Cobat vuole tramutare in opportunità creando un percorso virtuoso di economia circolare. Le strade previste a fine vita delle batterie sono due: il riciclo e il riuso.


Sul primo fronte Cobat sta lavorando con il Consiglio Nazionale delle Ricerche per individuare una tecnologia ambientalmente ed economicamente sostenibile per il riciclo le batterie al litio. Aggiornamenti sugli studi in corso, che dovrebbero concludersi entro la fine del 2018, saranno svelati a e_mob, dove si parlerà pure della possibilità di allungare la vita delle batterie.
Un progetto condotto con Enel e Class Onlus e con il supporto di CNR e Politecnico di Milano, per riutilizzare gli accumulatori che, pur avendo ormai una capacità di carica troppo bassa per alimentare un’automobile, possono essere ripristinati e riassemblati in pacchi per lo stoccaggio di energia da fonti rinnovabili.
Una strategia che può divenire un’opportunità visto che secondo Avicenne Energy nel 2025 in Italia sarà disponibile un quantitativo di batterie tali da coprire una potenza di 50 MWh con un trend di 150 MWh per il 2030.

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Per consultare il programma e iscriversi ai convegni www.emob2018.it 

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12 SETTEMBRE 2018 PLASTIC BAG FREE DAY

ANCHE TECO MILANO ADERISCE ALLA GIORNATA MONDIALE PLASTIC BAG FREE

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Ogni europeo usa in media 198 sacchetti l’anno per circa un massimo di 20 minuti. Il 90% dei sacchetti è monouso, finisce nell’immondizia e nell’ambiente anche per 1000 anni. Per produrli si consumano ingenti quantità di petrolio, hanno una vita breve anzi brevissima, sono difficili di smaltire e non sono biodegradabili. Causano la morte per soffocamento di numerosi animali e disintegrandosi a causa degli agenti atmosferici rientrano facilmente nella catena  alimentare.

Immagine correlataSono dappertutto: nelle case, per le strade, sulle spiagge, nei nostri mari. Le utilizziamo distrattamente, senza alcuna moderazione, eppure i danni che causano all’ambiente sono gravissimi. Stiamo parlando delle buste di plastica e del loro uso ed abuso.

proprio per tentare di CAMBIARE RADICALMENTE  questa abitudine, il 12 settembre a partire dal 2009 per iniziativa di MCS (The Marine Conservation Society), società inglese non profit dedicata alla conservazione dell’ecosistema marino, si celebra la Giornata internazionale senza sacchetti di plastica una giornata in cui tutti noi saremo invitati a non accettare o usare sacchetti in plastica e a servirci, per trasportare i nostri acquisti, di borse riutilizzabili.

 

Risultati immagini per giornata mondiale sacchetti di plasticaAnche il nostro paese si è reso conto della gravità del problema ed ha approvato il 9 novembre 2016 un decreto legislativo di attuazione della legge comunitaria del 2015. . A partire dallo scorso anno, in breve, nessun negoziante può più fornire buste di plastica ai propri clienti, che   vanno sostituite con sacchetti di cartone o buste 100% biodegradabili.

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Risultati immagini per giornata mondiale sacchetti di plastica 2018

Per aumentare l’efficacia del messaggio di questa giornata  è fondamentale, innanzitutto, incrementare la nostra consapevolezza su quello che è possibile fare nel nostro   piccolo.

1.Sacchetti lavabili e riutilizzabili

Tutta la frutta e la verdura che acquistiamo, sia al supermercato che nei mercati, ci viene spesso offerta in sacchetti di plastica che si rompono subito. Acquistate qualche sacchetto di rete da utilizzare per frutta e verdura ed individuate un piccolo scomparto della vostra borsa tutto per loro. In questo modo non li dimenticherete   e   anche   in   caso   di   spese   veloci   sarà   più   facile   averli   a   portata   di   mano.

2.Riutilizzate quelli che avete già

Alcune volte è impossibile averli a portata di mano: ce ne siamo completamente dimenticati o abbiamo cambiato borsa all’ultimo secondo. Bene, usate un sacchetto di plastica e fate in modo di non strapparlo una volta a casa in modo che possa essere utilizzato più e più volte. Una volta terminata la sua vita utile può   diventare   un   comodo   contenitore   per   il   riciclo.

3.Evitate cibi nelle confezioni di plastica

Preferite i mercati e scegliete cibi non confezionati. Ne gioverà l’ambiente e la vostra salute. Il packaging è   spesso   in   materiale   plastico   ed   incrementa   notevolmente   il   prezzo   finale.

4.Preferite il vetro

Conservate il vetro, lavatelo accuratamente e riutilizzatelo senza paura. Si tratta di un materiale più sostenibile della plastica e facilmente sterilizzabile. Acqua, succhi di frutta, bevande, pasta, riso, cereali: la maggior parte degli alimenti nelle nostre case può essere contenuti nel vetro e giovare del passaggio al vetro.

Giornata Mondiale della Terra del 22 aprile 2018: il WWF lancia la giornata senza plastica

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INQUINAMENTO E DIABETE

un altro imponente studio sulla relazione tra diabete ed inquinamento.

da dottnet.it

Studio su Lancet condotto su 1,7 milioni di persone, la situazione peggiore è in Cina e in India.

Risultati immagini per diabete nel mondo teco milano

diabete nel mondo

Vivere in città molto inquinate aumenta di circa il 15% il rischio di sviluppare diabete. La conferma del ruolo dello smog rispetto alla malattia arriva da un ampio studio pubblicato su The Lancet Planetary Health, che si è concentrato sul PM2,5, ovvero le particelle con diametro così piccolo (inferiore a 2,5 µm) da poter penetrare nei polmoni durante la respirazione. I ricercatori del Clinical Epidemiology Center a Saint Louis, in Missouri, hanno esaminato i dati di oltre 1,7 milioni di veterani statunitensi senza precedenti di diabete, che sono stati seguiti per 8,5 anni.

L’aumento del rischio per chi vive in aree con aree con alta concentrazione di PM 2,5 è stato in media del 15%, ma con una notevole variabilità geografica. E’ infatti maggiore nei paesi a basso reddito in cui non sono ancora sviluppate politiche per il miglioramento della qualità dell’aria, come Cina, India e Indonesia.Risultati immagini per DIABETE INQUINAMENTO TECO MILANO

Ciò non significa però che non abbia impatto in paesi con inquinamento minore. Il rischio, infatti, “è significativo anche a livelli di inquinamento atmosferico inferiori a quelli considerati sicuri dall’Environmental Protection Agency, l’ente per la protezione dell’ambiente e dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms)”, spiega Ziyad Al-Aly, autore dello studio. Quindi, aggiunge, “i livelli di guardia attuali non sono ancora sufficientemente sicuri e dovrebbero essere rafforzati”.

Risultati immagini per inquinamento e diabeteGli inquinanti, spiega Agostino Consoli, presidente eletto della Società Italiana di Diabetologia (Sid), “entrano nel flusso del sangue e arrivano ai tessuti, producendo effetti patologici. In particolare aumentano i livelli di infiammazione, e questi a loro volta sono i primi indagati sia per i danni cardiovascolari che per la diminuzione della capacità delle cellule beta pancreatiche di produrre insulina in maniera appropriata rispetto alle necessità. L’altra possibilità – prosegue – è che l’esposizione all’inquinamento sia collegata a stili di vita meno sani. Resta valido il consiglio di non fare attività sportiva in ore di punta e l’appello a contribuire, ognuno per le proprie possibilità, a dare un contributo per lo sviluppo di città più vivibili”.

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COSA DICE LA DIRETTIVA CANCEROGENI UE 2017/2398

La Comunità Europea ha  aggiornato la normativa cancerogeni con la nuova Direttiva (UE) 2017/2398 del 12/12/2017 riguardante la protezione dei lavoratori contro i rischi cancerogeni o /mutageni.La direttiva  è entrata in vigore il 17 gennaio 2018 e tutti i Paesi membri, tra cui l’Italia, dovranno recepirla entro il 17 gennaio 2020 .

Immagine correlata TECO MILANO DIRETTIVA UELe modifiche riguardano gli aggiornamenti dell’Allegato III della direttiva 2004/37/CE: le sostanze con valore limite di esposizione (ossia la quantità massima di sostanza alla quale i lavoratori posso essere esposti) passa da 3 (polveri di legno duro, benzene, cloruro di vinile) a 14 (di cui 10 agenti chimici, le fibre di ceramica refrattarie e la polvere di silice cristallina).

La direttiva aggiorna inoltre i valori limite relativi al cloruro vinile monomero e  alle polveri di legno duro.

Nella Direttiva viene già indicata la necessità di possibili ulteriori aggiornamenti dei valori limite in linea con l’evoluzione degli studi e delle evidenze scientifiche

NRisultati immagini per CANCEROGENI UE TECO MILANOella direttiva è indicato un elenco di moltissime sostanze potenzialmente responsabili di tumori professionali

Qui di seguito elenchiamo esclusivamente le più rilevanti :

  • Silice cristallina: i lavoratori maggiormente esposti sono gli addetti alla lavorazione dei minerali, dell’energia, dei metalli e delle costruzioni
  • Arsenico: responsabile di diversi tipi di tumore (alla cute, al polmone e alla vescica), entra nell’organismo attraverso le principali vie assorbimento (inalazione, ingestione, contatto)
  • Fumi di scarico diesel classificati come cancerogeni di gruppo 1 (solo nel 2012), sono responsabili per l’insorgenza di tumore al polmone e alla vescica.   I lavoratori esposti sono principalmente: addetti alle ferrovie e addetti ai trasporti
  • Amine aromatiche: associate ad un aumento di rischio per tumore (vescica, polmone), leucemia e linfomi, sono spesso usate in molte lavorazioni (verniciatura, raffinatura metalli, ecc.)
  • Formaldeideimpiegata nelle industrie tessili e plastiche, è causa di tumori al naso e leucemie mieloidi
  • Idrocarburi policiclici aromatici(IPA): associati ad un aumento di rischio per tumore del polmone e della cute; sono presenti nei processi di produzione del carbone
  • Benzene: derivato del petrolio, presente in vari processi di sintesi chimica, è causa di linfomi, leucemie linfocitarie e mielomi

I tumori professionali non si differenziano tanto dagli altri tipi di tumore, in termini clinici e biologici se non per il nesso causale legato a prevalente causa lavorativa.Risultati immagini per CANCEROGENI TECO MILANO

La prevenzione per tali esposizioni deve essere sempre massima perché , come noto , non esiste dose tossica per cancerogeni e teoricamente anche una singola esposizione a tali agenti  può portare allo sviluppo di forme neoplastiche.

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