INQUINAMENTO

PFAS ALLARME ACQUA POTABILE IN LOMBARDIA

PFAS ACQUA LOMBARDIA

da il salvagente

Il 19% dell’acqua potabile in Lombardia risulta contaminata da Pfas, composti poli e perfluoroalchilici, sostanze altamente persistenti – per queste soprannominate forever chemicalsinquinanti per sempre –  e associate a numerosi problemi per la salute, tra cui alcune forme tumorali. Il dato preoccupante sull’inquinamento dell’acqua immessa nella rete acquedottistica lombarda emerge dall’indagine di Greenpeace Italia condotta grazie a numerose richieste di accesso agli atti (Foia) indirizzate a tutte le Ats (Agenzia di tutela della salute) e agli enti gestori delle acque potabili lombarde. Dopo il Veneto quindi anche la vicina Lombardia deve ora fare i conti con la contaminazione delle acque da Pfas

Secondo quanto ottenuto da Greenpeace Italia, dei circa 4 mila campioni analizzati dagli enti preposti tra il 2018 e il 2022, circa il 19% del totale (pari a 738 campioni) è risultato positivo alla presenza di Pfas. Un inquinamento che rischia però di essere molto sottostimato, se si considera che le analisi condotte finora sono parziali e non capillari.

Greenpeace: “Emergenza sanitaria fuori controllo”

“L’indagine condotta in Lombardia svela l’esistenza di un’emergenza ambientale e sanitaria fuori controllo che le autorità locali e nazionali continuano a sottostimare, nonostante sia chiaro che la contaminazione da Pfas coinvolga migliaia di persone, spesso esposte al rischio in modo inconsapevole”, dichiara Giuseppe Ungherese, responsabile della campagna Inquinamento di Greenpeace Italia. “Chiediamo – prosegue – al governo, al Parlamento e ai ministeri competenti di assumersi le proprie responsabilità approvando in tempi brevi una legge che vieti l’uso e la produzione di tutti i Pfas, insieme all’adozione di adeguati provvedimenti di bonifica e all’individuazione di tutti i responsabili dell’inquinamento”.

A Milano un campione su tre è contaminato

Guardando ai dati provinciali, la percentuale più elevata di campioni contaminati riguarda la provincia di Lodi, con l’84,8% positivo alla presenza di Pfas; a seguire le province di Bergamo e Como, rispettivamente con il 60,6% e il 41,2%. L’area milanese si attesta a metà classifica, con un quinto delle analisi positive. Tuttavia, in termini assoluti, la provincia di Milano (dove si registra anche un numero più elevato di analisi effettuate) ha il triste primato del maggior numero di campioni in cui sono stati rilevati Pfas (ben 201), seguita dalle province di Brescia (149) e Bergamo (129). Particolari criticità emergono anche nei comuni di Crema (CR), Crespiatica (LO), Pontirolo Nuovo (BG), Rescaldina (MI) e nella zona di Cantù-Mariano Comense (CO).

Sotto la cartina elaborata da Greenpeace con in rosso i punti di analisi in cui è risultata la contaminazione.

Pfas, allarme in Lombardia: “Contaminata il 20% dell’acqua potabile”

Di enrico cinotti -19 Maggio 2023

PFAS ACQUA LOMBARDIA

L’indagine shock di Greenpeace: dopo il Veneto, l’emergenza Pfas nell’acqua ad uso potabile si scopre in Lombardia. I gestori si difendono: “Riduciamo i Pfas in falda: bevete serenamente dal rubinetto ” La replica dell’associazione: “Non è sempre indicato dove gli enti fanno i controlli”

Il 19% dell’acqua ad uso potabile in Lombardia risulta contaminata da Pfas, composti poli e perfluoroalchilici, sostanze altamente persistenti – per queste soprannominate forever chemicalsinquinanti per sempre –  e associate a numerosi problemi per la salute, tra cui alcune forme tumorali. Il dato preoccupante sull’inquinamento dell’acqua immessa nella rete acquedottistica lombarda emerge dall’indagine di Greenpeace Italia condotta grazie a numerose richieste di accesso agli atti (Foia) indirizzate a tutte le Ats (Agenzia di tutela della salute) e agli enti gestori delle acque potabili lombarde. Dopo il Veneto quindi anche la vicina Lombardia deve ora fare i conti con la contaminazione delle acque da Pfas

Secondo quanto ottenuto da Greenpeace Italia, dei circa 4 mila campioni analizzati dagli enti preposti tra il 2018 e il 2022, circa il 19% del totale (pari a 738 campioni) è risultato positivo alla presenza di Pfas. Un inquinamento che rischia però di essere molto sottostimato, se si considera che le analisi condotte finora sono parziali e non capillari.

Greenpeace: “Emergenza sanitaria fuori controllo”

“L’indagine condotta in Lombardia svela l’esistenza di un’emergenza ambientale e sanitaria fuori controllo che le autorità locali e nazionali continuano a sottostimare, nonostante sia chiaro che la contaminazione da Pfas coinvolga migliaia di persone, spesso esposte al rischio in modo inconsapevole”, dichiara Giuseppe Ungherese, responsabile della campagna Inquinamento di Greenpeace Italia. “Chiediamo – prosegue – al governo, al Parlamento e ai ministeri competenti di assumersi le proprie responsabilità approvando in tempi brevi una legge che vieti l’uso e la produzione di tutti i Pfas, insieme all’adozione di adeguati provvedimenti di bonifica e all’individuazione di tutti i responsabili dell’inquinamento”.

A Milano un campione su tre è contaminato

Guardando ai dati provinciali, la percentuale più elevata di campioni contaminati riguarda la provincia di Lodi, con l’84,8% positivo alla presenza di Pfas; a seguire le province di Bergamo e Como, rispettivamente con il 60,6% e il 41,2%. L’area milanese si attesta a metà classifica, con un quinto delle analisi positive. Tuttavia, in termini assoluti, la provincia di Milano (dove si registra anche un numero più elevato di analisi effettuate) ha il triste primato del maggior numero di campioni in cui sono stati rilevati Pfas (ben 201), seguita dalle province di Brescia (149) e Bergamo (129). Particolari criticità emergono anche nei comuni di Crema (CR), Crespiatica (LO), Pontirolo Nuovo (BG), Rescaldina (MI) e nella zona di Cantù-Mariano Comense (CO).

Sotto la cartina elaborata da Greenpeace con in rosso i punti di analisi in cui è risultata la contaminazione

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La mappa consente di verificare quanti campioni di acqua a uso potabile non rispettano i valori limite più cautelativi vigenti o proposti in altre nazioni come la Danimarca o gli Stati Uniti. Analizzando i risultati dei campioni inviati a Greenpeace Italia si nota come parte dell’acqua della Lombardia sarebbe considerata non potabile secondo i nuovi parametri proposti negli Stati Uniti (il 13,1%) o quelli vigenti in Danimarca (il 13,4%).

Risultati inquietanti sono emersi anche nella città di Milano, dove quasi un campione su tre è risultato contaminato. Prossimamente, Greenpeace Italia pubblicherà un approfondimento sulla situazione a Milano, con una mappatura delle zone più contaminate, dettagli sui quartieri del capoluogo lombardo e le rispettive concentrazioni di Pfas.

I gestori: “Bevete serenamente dal rubinetto”. Ma molti dati aprono scenari meno rassicuranti

Contattata dal Corriere della Sera, Water Alliance, la rete che unisce i gestori regionali, replica all’analisi dei Greenpeace: “Sono proprio i costanti controlli effettuati dalla rete dei laboratori dei singoli retisti a consentire di conoscere con precisione la qualità dell’acqua. Da tempo i gestori del servizio idrico sono impegnati sul fronte della sicurezza e della riduzione dei Pfas nell’acque di falda che non va confusa con quella che beviamo: prima di uscire dal rubinetto, l’acqua viene infatti sottoposta a un capillare processo di potabilizzazione che esclude qualsiasi danno per la salute. Bevete serenamente l’acqua del rubinetto”.

Tuttavia, come la tabella pubblicata da Greenpeace (clicca qui per consultarla), in molte realtà, come a Bergamo, la contaminazione da Pfas viene rilevata nel post trattamento, ovvero dopo che l’acqua è stata captata e sottoposta procedimenti per eliminare gli eventuali inquinanti. Dunque è possibile che i controlli svolti periodicamente dai gestori non avvengano tutti nello stesso punto.

Spiega Giuseppe Ungherese al Salvagente: “È proprio così: consultando i documenti che ci sono stati inviati, alcuni controlli vengono fatti nei pozzi, altri in una fase pre trattamenti, altri ancora in post trattamento. Tutti però sono stati realizzati sull’acqua ad uso potabile immessa nella rete acquedottistica lombarda. Chiediamo per questo alla Regione Lombardia di individuare tutte le fonti inquinanti e di avviare un piano di monitoraggio regionale sulla presenza di Pfas nelle acque potabili”.

Anche se trattata, l’acqua contiene ancora Pfas

Consultando alcuni dati raccolti in “post trattamento” quindi presumibilmente una volta che l’acqua è stata “depurata” da possibili inquinanti, i dati mostrano ancora una presenza di Pfas che supera abbondantemente, come nel caso di Bergamo (si veda la tabella sotto), i 200 nanogrammi per litro.

Come si spiega questa contaminazione? Viene usato un trattamento viene per eliminare i Pfas? E se sì quale? Sappiamo che nella zona rossa del Veneto l’abbattimento dei Pfas nelle acque potabili è stato possibile dopo che sono stati messi filtri al carbone attivo negli acquedotti.

RISCHI RESPIRATORI DEI SALDATORI.

Il mestiere del saldatore è fondamentale in numerose industrie, ma dietro la scintillante arte della saldatura si nascondono rischi polmonari che meritano attenzione. L’esposizione a fumi tossici, gas pericolosi e particelle sospese nell’aria può avere gravi conseguenze sulla salute respiratoria dei lavoratori. In questa serie di link informativi, esploreremo in dettaglio i rischi polmonari nei saldatori e le strategie di prevenzione per garantire un ambiente di lavoro più sicuro. Scopriremo come proteggere la salute dei saldatori e ridurre al minimo l’esposizione ai pericoli respiratori attraverso informazioni chiave, linee guida di sicurezza e misure preventive. Prendiamo in considerazione i seguenti collegamenti per saperne di più sui rischi polmonari nelle operazioni di saldatura e le strategie di prevenzione.
Unisciti a noi in questa esplorazione dei rischi polmonari nelle operazioni di saldatura e scopri come proteggere i lavoratori e garantire un futuro più sano per questa professione essenziale.

https://www.regione.piemonte.it/web/sites/default/files/media/documenti/2023-05/doc_buone_prassi_pmp_cancerogeni.pdf

https://spisal.aulss9.veneto.it/index.cfm?method=mys.apridoc&iddoc=2598

https://suva-p-001.sitecorecontenthub.cloud/api/public/content/76a75bcf45b64054bb72af73f2cea0e6?v=7173e482&download=true&download=true

https://www.ats-brescia.it/piano-mirato-di-prevenzione-applicazione-del-vademecum-per-il-miglioramento-della-sicurezza-e-della-salute-dei-lavoratori-nelle-attivita-di-saldatura-di-acciai-inox

EVOLUZIONE CELLULARE NEL MESOTELIOMA.

da doctornews33.it

Un nuovo studio pubblicato su Molecular Cancer fornisce preziose informazioni sulle interazioni multidimensionali che governano l’evoluzione clinica del mesotelioma pleurico maligno (MPM). Si tratta di una malattia che sfugge al modello genetico classico dell’evoluzione del cancro, ed è caratterizzata da ampia eterogeneità e plasticità trascrizionale. L’evoluzione clinica di tale patologia mostra una progressiva transdifferenziazione che converte cellule epitelioidi (E) ben differenziate in fenotipi sarcomatoidi (S) indifferenziati e pleomorfi.

«Cogliere il modo in cui avviene questa transizione è necessario per capire come si sviluppa e progredisce il mesotelioma pleurico maligno, ed è fondamentale per migliorare la gestione e l’aspettativa di vita dei pazienti» spiegano gli autori dello studio, diretti da Federica Torricelli, dell’Azienda Unità Sanitaria Locale IRCCS di Reggio Emilia. Gli approcci trascrittomici di massa, pur fornendo una panoramica significativa, non sono riusciti a spiegare questa evoluzione e a identificare la gerarchia degli eventi molecolari attraverso i quali avviene la transizione.

Per meglio comprendere la situazione, i ricercatori hanno applicato un approccio trascrittomico ad alta dimensionalità.Gli esperti hanno profilato139 regioni in 8 MPM bifasici (B-MPM) utilizzando il GeoMx™ Digital Spatial Profiler per ricostruire il contesto posizionale delle attività trascrizionali e la topologia spaziale delle interazioni delle cellule MPM. La convalida è stata condotta su un’ampia coorte indipendente di 84 MPM.Ebbene, l’analisi dei dati ha dimostrato l’esistenza di un complesso ecosistema circolare in cui, all’interno di un forte ambiente infiammatorio che si crea su spinta dell’amianto, il mesotelioma pleurico maligno e le cellule immunitarie si influenzano a vicenda per supportare la S-transdifferenziazione. Inoltre, gli autori hanno osservato che i macrofagi favoriscono l’evasione immunitaria, e che l’espressione di TGFB1 è correlata a una ridotta probabilità di sopravvivenza.

«I nostri risultati aprono nuove prospettive per migliorare l’uso dell’immunoterapia in questa malattia» concludono gli esperti.

Molecular Cancer 2023. Doi: 10.1186/s12943-023-01816-9
https://doi.org/10.1186/s12943-023-01816-9

PFAS PRIMO STUDIO COMPARATIVO

L’esposizione a queste sostanze chimiche artificiali, ampiamente utilizzate, viene conservata a livello molecolare sia in diversi tessuti che in diverse specie, con effetti cancerogeni e conseguenze negative sulla fertilità, sulla ris

Si chiamano PFASsostanze perfluoroalchiliche: sono composti chimici ampiamente utilizzati in un gran numero di prodotti e materiali per le loro capacità di resistenza e proprietà ignifughe. Ma sono anche da tempo sotto indagine per gli effetti negativi che la loro persistenza nell’ambiente produce sulla salute di animali e persone.

Un’analisi comparativa trascrizionale – pubblicata sulla rivista Toxics e realizzata da studiosi dell’Università di Bologna e dell’Università di Padova – ha ora confermato che gli effetti dell’esposizione ai PFAS vengono conservati a livello molecolare sia in diversi tessuti che in diverse specie, e produce conseguenze sia nell’uomo che in altre specie animali.

“Dalla nostra analisi abbiamo identificato e riportato diversi geni che mostrano una risposta trascrizionale coerente ed evolutivamente conservata ai PFAS”, dice Federico Manuel Giorgi, professore al Dipartimento di Farmacia e Biotecnologie dell’Università di Bologna, che ha coordinato lo studio. “Questi risultati mostrano per la prima volta che diverse molecole di PFAS influenzano vie ormonali e vie metaboliche, aumentando ad esempio i meccanismi di accumulo degli acidi grassi e indebolendo il sistema immunitario”.

I PFAS, composti chimici molto resistenti, ignifughi e idrorepellenti, sono utilizzati da oltre 60 anni in rivestimenti antiaderenti, schiumogeni antincendio, tessuti impermeabili, pesticidi, materiali per l’edilizia e prodotti per la pulizia e l’igiene personale. L’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OECD) fa rientrare all’interno di questa categoria 4.730 diverse molecole, rendendo questo gruppo la più estesa famiglia di inquinanti emergenti.

A causa della loro alta stabilità molecolare, infatti, questi materiali finiscono per diffondersi ampiamente nell’ambiente, dove possono permanere per anni. In particolare, i PFAS si riversano in grandi quantità nei bacini idrici, da dove possono percorrere grandi distanze, entrando nell’ecosistema acquatico e risalendo la catena alimentare fino agli esseri umani. Tracce di queste sostanze sono state individuate nel latte materno, nella placenta, nel siero, nel liquido seminale e nei capelli.

Nonostante queste evidenze e le conseguenze negative dei PFAS per la salute umana messe in luce da diversi studi, fino ad oggi non era stata realizzata un’analisi complessiva di tutti i dati raccolti sul tema. Gli studiosi hanno quindi raccolto 2.144 campioni di sette diverse specie animali per esaminare le risposte a livello molecolare dell’esposizione ai PFAS.

“Il nostro obiettivo – spiega Giorgi – era evidenziare gli effetti molecolari indotti dai PFAS non solo al livello dei singoli geni, ma anche su varie vie molecolari e tipologie cellulari. La nostra ricerca offre così una visione completa dei meccanismi molecolari alla base della tossicità dei PFAS, in modo da offrire dati solidi su cui basare le scelte necessarie per la salvaguardia della salute pubblica e dell’ambiente”.

I risultati ottenuti confermano infatti una serie di effetti negativi sulla salute prodotti dall’esposizione ai PFAS. Ad esempio, una forte regressione del metabolismo e del trasporto dei lipidi e di altri processi correlati allo sviluppo ovarico, alla produzione di estrogeni, all’ovulazione e al funzionamento fisiologico del sistema riproduttivo femminile. Tutti elementi che possono spiegare gli effetti dannosi dei PFAS sulla fertilità e sullo sviluppo fetale.

I dati raccolti mostrano inoltre che l’esposizione ai PFAS produce una sovraregolazione del gene ID1, coinvolto nello sviluppo di vari tipi di cancro, tra cui leucemia, cancro al seno e al pancreas. I dati epidemiologici suggeriscono inoltre che un’elevata esposizione a questi materiali possa aumentare significativamente la mortalità di individui affetti da neoplasie maligne dei tessuti linfatici ed ematopoietici, come milza, fegato e midollo osseo.

Lo studio sembra inoltre confermare l’effetto tossico dei PFAS sul sistema immunitario. I ricercatori hanno infatti messo in luce il meccanismo che potrebbe spiegare l’indebolimento delle reazioni immunitarie, della produzione di anticorpi e delle risposte alle vaccinazioni, osservato in particolare nei bambini esposti ai PFAS durante il periodo prenatale e postnatale. L’esposizione ai PFAS aumenta anche la concentrazione nel siero dei marcatori di stress infiammatorio e ossidativo e favorisce così lo sviluppo di malattie sistemiche, come il danno epatico e le malattie cardiovascolari, tra cui l’aterosclerosi e gli eventi tromboembolici.

Attraverso l’analisi bioinformatica dei dati e grazie ai recenti sviluppi nel data mining dell’espressione genica, gli studiosi sono inoltre riusciti ad analizzare ulteriormente le possibili conseguenze dell’esposizione ai PFAS attraverso la previsione dei loro effetti sul metaboloma (l’insieme di tutte le piccole molecole presenti in una cellula coinvolte nei processi dell’organismo). In particolare, è emerso che le molecole di PFAS sono collegate a un aumento dei livelli di diversi tipi di lipidi: un’evidenza che conferma come l’esposizione a queste sostanze aumenti la concentrazione di trigliceridi e colesterolo nel sangue.

“Questo studio è la più ampia analisi della risposta trascrizionale ai PFAS mai realizzata, con implicazioni significative per la comprensione dell’impatto dell’esposizione di queste sostanze sugli organismi viventi e sull’ambiente”, conclude Giorgi. “Riteniamo che i risultati ottenuti possano offrire una nuova prospettiva sulle risposte molecolari all’esposizione ai PFAS e ci auguriamo che possano fornire le basi per lo sviluppo di strategie di mitigazione degli effetti dannosi di queste sostanze”. Fonte: LE SCIENZE

LA “CITISINA “PER SMETTERE DI FUMARE.

da dottnet.it

Il primo studio clinico su larga scala negli Stati Uniti sulla citisiniclina ( CITISINA), guidato dal Massachusetts General Hospital (MGH), ha scoperto che questo nuovo farmaco per smettere di fumare e’ efficace e ben tollerato negli adulti. Nello studio di fase 3 pubblicato su “JAMA”, i ricercatori hanno riferito che la citisiniclina potrebbe offrire agli adulti che fumano una potenziale nuova opzione terapeutica. “Il fumo di sigaretta rimane la principale causa prevenibile di morte in tutto il mondo, eppure nessun nuovo farmaco per smettere di fumare e’ stato approvato dalla Food and Drug Administration statunitense per quasi due decenni”, afferma Nancy Rigotti, MD, direttrice del Tobacco Research and Treatment Center di MGH, e autrice principale dello studio.

La citisiniclina (storicamente nota come citisinae’ un alcaloide vegetale presente in natura che si lega selettivamente ai recettori nicotinici nel cervello che regolano la dipendenza da nicotina, alleviando la voglia di fumare e riducendo la gravita’ dei sintomi di astinenza da nicotina.

Il suo meccanismo d’azione e’ simile a quello della vareniclina, un aiuto per smettere di fumare approvato dalla FDA. Lo studio clinico randomizzato in 17 siti, noto come ORCA-2, ha testato la citisiniclina su 810 adulti che fumavano sigarette ogni giorno e volevano smettere. E’ il primo di due studi clinici di Fase 3 condotti da Achieve Life Sciences, Inc., il produttore del farmaco. ORCA-2 ha confrontato due durate del trattamento con citisiniclina – 6 e 12 settimane – rispetto a un placebo, con un follow-up fino a 24 settimane.

Il risultato primario e’ stato l’astinenza continua dal fumo per le ultime 4 settimane di trattamento. In particolare, per il gruppo di 12 settimane, il 32,6 per cento dei partecipanti che utilizzavano citisiniclina rispetto al 7 per cento che utilizzava il placebo si e’ astenuto dal fumare durante le settimane da 9 a 12. Per il gruppo di 6 settimane, l’astinenza era del 25,3 per cento per citisiniclina rispetto al 4,4 per cento per il placebo durante le settimane da 3 a 6.

I risultati

I partecipanti che assumevano citisiniclina hanno anche sperimentato un calo rapido e sostenuto del desiderio e della voglia di fumare durante le prime 6 settimane di trattamento. A lungo termine, ORCA-2 ha riscontrato un aumento statisticamente significativo dell’astinenza continua per 6 mesi per entrambe le durate del trattamento. L’astinenza dalle settimane 9 alla 24 per il gruppo di 12 settimane e’ stata del 21,1 per cento per la citisiniclina rispetto al 4,8 per cento per il placebo e per il gruppo di 6 settimane l’astinenza dalle settimane 3 alla 24 e’ stata dell’8,9 per cento per la citisiniclina rispetto al 2,6 per cento per il placebo. La citisiniclina e’ stata ben tollerata dai partecipanti, senza gravi eventi avversi correlati al farmaco riportati e bassi tassi di effetti collaterali tipici come nausea e insonnia.

ALTRI LINK: https://www.fondazioneveronesi.it/magazine/articoli/fumo/citisina-per-smettere-di-fumare-quando-sceglierla-e-come-ottenerla

INQUINAMENTO ATMOSFERICO ED ESITI FATALI NELLE BPCO.

La Società Italiana di Pneumologia – Italian Respiratory Society SIP/IRS ha incrociato i dati di diversi studi in Italia e all’estero e il verdetto è inequivocabile: l’inquinamento atmosferico è con certezza la prima causa di “decessi anticipati” per malattie respiratorie croniche.
Un recente rapporto dell’American Thoracic Society ha concluso che l’esposizione all’inquinamento atmosferico provoca il rimodellamento delle vie aeree, che può portare all’insorgenza di asma o BPCO, nonché a fenotipi asmatici che peggiorano dopo l’esposizione a lungo termine agli inquinanti atmosferici, nello specifico il particolato fine (PM2.5) e l’ozono (O3).
Anche in Italia studi recentissimi hanno portato ancora nuove evidenze sull’associazione fra inquinamento e ospedalizzazione e mortalità per malattie respiratorie non solo nelle aree urbanizzate, ma anche nelle suburbane. Gli stessi studi hanno mostrato incrementi statisticamente significativi di pazienti affetti da rinite allergica e asma a causa dell’esposizione a particolato (il 17% e il 25%, rispettivamente) e a NO2 (7% per entrambe le malattie) e di bronchite cronica/BPCO per esposizione a NO2 (22%). Infine, è stata confermata l’associazione fra esposizione cronica a PM10 e un rischio di 2,96 di sviluppare la BPCO e fra esposizione a PM2.5 e un rischio di 2,25 di sviluppare la rinite e di 4,17 di sviluppare espettorato cronico. (fonte : doctor33.it )

IMPATTO AMBIENTALE E LINFOMI

da dottnet.it

Durante il Convegno Nazionale AIL “Impatto ambientale e rischio sanitario”, abbiamo intervistato Vincenzo Pavone, Responsabile Ematologia e Trapianto Azienda Ospedaliera Panico di Tricase, che ci ha parlato di come prevenire il rischio di sviluppare malattie oncologiche a causa dell’ambiente: “Osserviamo negli ultimi anni l’incidenza incrementata di patologie neoplastiche del sistema, soprattutto di linfomi e mielomi. Una serie di studi dimostrano che l’incidenza è data dal tipo di vita lavorativa e dall’uso di sostanze chimiche, oppure la vicinanza a sorgenti di radiazioni ionizzanti ed eletromagnetiche, che possono danneggiare il DNA”.

DOTTNET | 05/05/2023

PFAS E INQUINAMENTO ACQUE POTABILI IN LOMBARDIA

da greenpeace.it

In Lombardia nell’acqua destinata al consumo umano sono presenti PFAS (composti poli e perfluoroalchilici), sostanze chimiche artificiali altamente persistenti prodotte da alcune attività industriali. Si tratta di un ampio gruppo di molecole (oltre 10 mila) associate a numerosi impatti sulla salute, tra cui alcune forme tumorali, talmente pericolose che diversi Stati in Europa hanno deciso di chiederne la messa al bando. Per rispondere a richieste crescenti della popolazione, Greenpeace Italia, tramite istanza di accesso agli atti, ha ottenuto i risultati di analisi fatte dai gestori e dalle autorità sanitarie lombarde su campioni di acqua destinata ad uso potabile. I risultati evidenziano un quadro allarmante: in Lombardia è stata registrata la presenza di PFAS in quasi il 20% delle analisi condotte dalle autorità a partire dal 2018. Ma non solo: in diversi casi le autorità erano al corrente da anni di questa contaminazione, eppure non risultano campagne informative rivolte alla popolazione, che non è stata quindi avvertita dei rischi a cui è esposta.

Clean water (healthy concept)

È quanto ha scoperto l’Unità Investigativa di Greenpeace Italia in un’inchiesta condotta grazie all’invio, tra ottobre 2022 e gennaio 2023, di numerose richieste di accesso agli atti generalizzato (FOIA), indirizzate a tutte le ATS (Agenzia di Tutela della Salute) ed enti gestori delle acque lombarde. Grazie a questa campagna di trasparenza e di accesso all’informazione, per la prima volta è stato possibile visionare le analisi eseguite sugli acquedotti lombardi. E il risultato è sconcertante: si può dire con certezza che sono migliaia i cittadini lombardi che, dal 2018, hanno inconsapevolmente bevuto acqua contenente PFAS, usata anche per cucinare o irrigare campi e giardini. Ma non solo: non si può escludere che queste contaminazioni stiano andando avanti tuttora.

Scarica l’elenco dei cento comuni in cui sono stati trovati i valori di contaminazione più elevati

Scarica la classifica delle province lombarde

Leggi il briefing “PFAS: GLI INQUINANTI ETERNI

AGENTI CANCEROGENI: OLI MINERALI USATI NEI MOTORI A SCOPPIO E FUMI DI DIESEL.

Alessandro Guerri Medico Specialista in Medicina del Lavoro .

Sono state apportate ulteriori modifiche al Testo Unico D.Lgs. 81/08 nella sezione “agenti cancerogeni”, con l’aggiunta di nuove lavorazioni a specifico rischio cancerogeno. Per le attività svolte in officine di riparazione meccaniche sono stati aggiunti nuovi lavori a rischio cancerogeno, tra cui quelli che comportano la penetrazione cutanea degli oli minerali utilizzati nei motori a combustione interna per lubrificare e raffreddare le parti mobili all’interno del motore. Inoltre, a partire dal 21/02/2023, sarà necessario dimostrare che l’esposizione lavorativa alle emissioni di gas di scarico dei motori diesel sia inferiore a 0.05 mg/m3.

Si tratta di agenti cancerogeni accertati: gli esami condotti dall’IARC ( https://www.iarc.who.int/)hanno classificato il rischio di tumore al polmone come accertato per i gas di scarico dei motori diesel, mentre gli oli utilizzati sono stati classificati come cancerogeni accertati per le neoplasie cutanee e altri tipi di tumore.

Data la pericolosità e l’impossibilità di eliminare completamente tali esposizioni, è fondamentale valutare correttamente il rischio e applicare tempestivamente misure di prevenzione e protezione, considerando il tipo di lavoro svolto.Per la valutazione del rischio, la legge prevede che il datore di lavoro valuti le concentrazioni presenti in ambiente di lavoro tramite campionamenti specifici, al fine di dimostrare il rispetto dei limiti previsti per le emissioni di gas di scarico.

Elenchiamo alcune misure di protezione attuabili sin da ora per ridurre o eliminare l’esposizione ad agenti cancerogeni: Per gli oli minerali, è obbligatorio utilizzare rigorosamente e correttamente guanti in nitrile durante tutte le attività a rischio di contatto con oli esausti (cambio motore, gestione rifiuti, ecc.), rispettando le norme igieniche, effettuando una corretta pulizia degli indumenti da lavoro (tute, ecc.) e gestendo adeguatamente gli stracci usati per pulirsi e pulire i pezzi.

Per le emissioni di gas di scarico, in tutte le attività di prova motore o nelle riparazioni che prevedono l’accensione, il riscaldamento del motore e quindi la produzione di emissioni all’interno dell’officina, è obbligatorio utilizzare un sistema di aspirazione collegato direttamente al tubo di scappamento che possa espellere i gas di scarico all’esterno dell’ambiente di lavoro.

Non è sufficiente lavorare a portoni aperti.

È importante fornire formazione, informazione e addestramento ai lavoratori sulle misure di protezione da adottare e sulla corretta gestione degli agenti cancerogeni.

Infine, è opportuno effettuare una sorveglianza sanitaria per il rischio chimico non irrilevante per la salute e mantenere un registro degli esposti ad agenti cancerogeni.In questo modo, è possibile ridurre il rischio di esposizione ad agenti cancerogeni e tutelare la salute dei lavoro.