TECNOLOGIA

REALTÀ VIRTUALE NELLA FORMAZIONE IN CANTIERE

 

Non si tratta di videogiochi ma della applicazione della realtà virtuale nella formazione del personale

Il sistema di simulazione LiSIM grazie al quale l’utilizzo di gru a torre, escavatori a fune, gru cingolate fino a 300 tonnellate e macchine per fondazioni speciali in ambiente virtuale ora è possibile in condizioni ancora più realistiche. Vengono infatti  simulate condizioni ambientali come vento, nebbia, pioggia nei diversi momenti della giornata, giorno e notte, in modo del tutto fedele alla realtà, al fine di aumentare la sicurezza e la produttività nell’impiego reale.

Grazie all’utilizzo di componenti delle macchine originali come la cabina, la consolle di comando e il quadro elettrico, è possibile riprodurre dati reali attraverso comandi veri. In questo modo l’addestramento per gli operatori e i tecnici del servizio di assistenza risulta più efficace e privo di qualsiasi tipo di rischio.

Nel simulatore Liebherr (paragonabile a un simulatore di volo) i finestrini rivestiti di pellicola della cabina costituiscono, in combinazione con gli occhiali per la realtà virtuale, una superficie di proiezione. Grazie a questa tecnologia, l’utente è in grado di vedere, oltre all’ambiente del cantiere virtuale, anche il vano cabina.  I dati che riguardano la gru, vengono elaborati e visualizzati su schermi piatti “full HD” e gli altoparlanti surround trasmettono suoni che sono abitualmenet presenti nella cabina del conducente. Tutto questo  procura una sensazione di guida realistica e riproduce il comportamento della gru a torre in tempo reale.

Nel simulatore LiSIM gli operatori delle gru vivono esperienze pratiche in situazioni estreme che vanno ben oltre le conoscenze teoriche. I montatori imparano in condizioni di impiego realistiche, il cosiddetto Teach-in, la programmazione della delimitazione dell’area di lavoro e il controllo del sovraccarico.

centroI simulatori sono disponibili in diverse configurazioni: integrati in un ambiente di addestramento, come soluzioni cabina a ingombro zero o su container container facile da trasportare. Ognuno di questi modelli è dotato di una stazione multifunzione per l’istruttore…

Da macchinedilinews

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ESOSCHELETRI NEL FUTURO DELLA MOVIMENTAZIONE MANUALE

L’impatto dell’uso degli esoscheletri sulla sicurezza e salute sul lavoro
Keywords:Emerging risks

Il documento di discussione esamina il ruolo che gli esoscheletri possono avere nell’ambiente lavorativo del futuro e l’impatto del loro utilizzo sulla sicurezza e salute dei lavoratori. Esso analizza il possibile ruolo degli esoscheletri nella prevenzione dei disturbi muscoloscheletrici, affrontando nel contempo i rischi potenziali
che potrebbe comportare il loro impiego in diversi ambiti.

Il documento riconosce le incertezze in merito ai loro effetti a lungo termine sulla salute e le difficoltà nella creazione di una certificazione uniforme, e rileva la necessità di studi più esaustivi. È inoltre oggetto di discussione la gerarchia delle misure di prevenzione da considerare nella progettazione dei luoghi di lavoro futuri, piuttosto che basarsi sugli esoscheletri al fine di creare ambienti di lavoro ergonomici.

https://osha.europa.eu

Scarica l’articolo previsionale sull’innovazione sociale in ambito lavorativo

Leggi l’articolo previsionale sull’uso emergente di esoscheletri

Consulta la sezione web dell’EU-OSHA dedicata ai rischi emergenti

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ECG IN 30 SECONDI

UN ECG IN 30 SECONDI

Con  Smartheart  è possibile eseguire un ecg in soli 30 secondi  una minima parte del tempo richiesto per L esecuzione di un ecg nella maniera tradizionale . Il nuovo strumento non richiede neanche particolari training professionali e permette di eseguire facilmente un tracciato

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GESTIRE GLI ECG

L’accesso , la registrazione , L analisi del tracciato possono avvenire in pochi secondi in modo sicuro è comodo

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Esiste ovviamente anche la possibilità di ricevere una diagnosi non automatica grazie a sistemi di telemedicina.

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INNOVAZIONE IN CARDIOLOGIA E MEDICINA DEL LAVORO

Si tratta quindi di  una sofisticata evoluzione della tecnologia informatica applicata alla cardiologia . L’innovazione continua permetterà di monitorare in maniera sempre più diffusa e precisa pazienti con patologie cardiologiche. Questa strumentazione è inoltre potenzialmente utile per un utilizzo nell ambito delle attività di prevenzione nella medicina del lavoro è come sofisticato strumento nella gestione delle emergenze anche in specifici luoghi di lavoro ( grandi imprese, cantieri complessi, centri commerciali, stazioni aeroporti )

DEFIBRILLATORI NEGLI UFFICI PUBBLICI E SUI MEZZI DI TRASPORTO

La cultura della prevenzione segna un successo politicamente trasversale. In questi giorni arriva nell’Aula della Camera una norma che rende obbligatoria la presenza dei defibrillatori negli uffici pubblici con più di 15 dipendenti, nei porti, aeroporti e stazioni, ma anche su alcuni mezzi di trasporto.

La norma prevede anche l’introduzione dell’insegnamento della rianimazione cardiopolmonare di base e di utilizzo del Dae (defibrillatori automatici esterni) nelle scuole medie e superiori.

Il testo – che per diventare definitivamente legge dovrà essere approvato anche in Senato, probabilmente in autunno – ha raccolto il favore di tutte le forze politiche e parte dall’assunto che  in condizioni di emergenza derivanti da un arresto cardiaco, gli elementi fondamentali in grado di garantire la sopravvivenza sono rappresentati dalla capacità di eseguire manovre di rianimazione cardiopolmonare utili a guadagnare tempo in attesa dell’arrivo dei soccorsi, nonché dalla defibrillazione precoce.

Risorse per 14 milioni di euro

Per l’attuazione dei nuovi obblighi introdotti, come contributo dello Stato, la norma ha previsto risorse nei limiti di 4 milioni di euro per il 2020 e 2 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2021 al 2025, anno entro il quale le strutture sono tenute ad adeguarsi.

Si stabilisce, poi, che gli enti territoriali incentivino, anche attraverso l’individuazione di misure premiali, l’installazione di Dae nei centri commerciali, nei condomini, negli alberghi e nelle strutture aperte al pubblico nel rispetto della normativa vigente.

Non a caso, sono previste campagne di informazione e sensibilizzazione, soprattutto con studenti e genitori.

L’importanza della formazione

Vengono introdotte anche alcune modifiche alla legge 120 del 2001 che norma l’utilizzo dei defibrillatori semiautomatici in ambiente extraospedaliero.

In particolare, a poter usare i defibrillatori automatici – accanto a quelli semiautomatici – potrà essere anche il personale sanitario non medico, nonché il personale non sanitario che abbia ricevuto una specifica formazione nelle attività di rianimazione cardio-polmonare.

Inoltre, la norma dispone che, in assenza di personale sanitario o non sanitario formato, nei casi di sospetto arresto cardiaco è comunque consentito l’uso del defibrillatore semiautomatico o automatico anche a una persona non in possesso dei requisiti citati.

Viene poi espressamente sancita la non punibilità delle azioni connesse all’uso del defibrillatore, nonché alla rianimazione cardiopolmonare, intraprese dai soggetti che agiscano in stato di necessità nel tentativo di prestare soccorso a una vittima di sospetto arresto cardiaco.

Defibrillatori anche dove ci si allena

Infine, vengono apportate alcune modifiche in tema di dotazione e utilizzo dei defibrillatori da parte delle società sportive dilettantistiche e professionistiche. Si specifica, infatti, che l’obbligo di possederne uno sussiste durante le competizioni, ma anche durante gli allenamenti, nonché nelle altre attività come i trasferimenti e i ritiri.

Così come chiedeva da tempo anche la Fondazione di ricerca scientifica “Giorgio Castelli”, impegnata da 13 anni nel divulgare e promuovere la cultura dell’emergenza e del primo soccorso

Maria Chiara Furlò su Enpam.it

La norma

MAGLIETTE INTELLIGENTI PER IL MONITORAGGIO DELLA SALUTE

È realizzata in tessuto elasticizzato con sensori in fibra ottica e può acquisire in tempo reale dati respiratori e sulla frequenza cardiaca, facilitando sia le indagini cliniche che la valutazione delle prestazioni sportive. La nuova maglietta “intelligente” è stata sviluppata da ENEA e Università Campus Bio-Medico di Roma.

Abbiamo utilizzato sensori in fibra ottica già in commercio e li abbiamo incapsulati all’interno di particolari materiali polimerici”, ha spiegato il ricercatore ENEA Michele Caponero. “Testata su ciclisti in allenamento simulato, la maglietta ci ha permesso di monitorare i parametri degli atleti, in particolare i volumi compartimentali e la frequenza respiratoria, che possono risultare utili per ottimizzare il training e migliorare le prestazioni”, ha aggiunto Emiliano Schenadell’Università Campus Bio-Medico di Roma.

Secondo i ricercatori, la maglietta “smart” può offrire vantaggi significativi anche per le indagini cliniche, ad esempio monitorando i parametri respiratori durante le risonanze magnetiche, in cui i sensori di tipo elettrico risultano disturbati dal campo magnetico. I ricercatori, inoltre, prevedono di sfruttare questa tecnologia anche per altre possibili applicazioni.

Possiamo usare questi sensori per il monitoraggio della temperatura nelle procedure di ablazione laser per la rimozione dei tumori, in modo da salvaguardare i tessuti sani. Inoltre, stiamo investigando la possibilità di utilizzare questa tecnologia per monitorare il livello di umidità nell’aria erogata dal ventilatore polmonare prima che questa raggiunga le vie aeree del paziente”, ha affermato Daniela Lo Presti, dottoranda presso l’Università Campus Bio-Medico di Roma.

da researchitaly.it

UNA MAGLIETTA LETSISMORE TESTATA NELL ‘ACCIAIERIA TYSSEN DI TERNI

Una t-shirt che permetta di controllare i parametri vitali di chi la indossa.  Per ora Ecg, sudore e frequenza respiratoria, ma altri sono in via di sviluppo.

Let’s for Thyssen!

 

 

LA REALTA ‘ AUMENTATA AL LAVORO

Cinque dispositivi progettati per le aziende

La realtà aumentata si sta facendo strada nelle aziende come strumento di collaborazione e produttività. Ecco i migliori dispositivi AR per uso aziendale

Immagine correlata

La realtà aumentata (AR) sta entrando nelle aziende come strumento di collaborazione e produttività. Alcune imprese la usano per la formazione dei dipendenti, altre per offrire assistenza remota ai tecnici sul campo. Ci sono chirurghi che usano dispositivi AR in sala operatoria.

I primi sistemi AR risalgono agli anni ’60 e oggi vengono utilizzati principalmente per sovrapporre oggetti virtuali e informazioni su ambienti fisici, utilizzando uno schermo incorporato in occhiali intelligenti o la fotocamera di smartphone e tablet (come nell’applicazione Pokemon Go).

Con l’evoluzione dell’AR, l’interesse delle imprese è cresciuto, una tendenza che dovrebbe continuare nei prossimi anni. La spesa globale combinata in realtà aumentata e realtà virtuale (VR) ha raggiunto 16,8 miliardi di dollari quest’anno, secondo un recente report di IDC, e la società di ricerca prevede che arriverà a 160 miliardi di dollari nel 2023. Si tratta di più del doppio delle stime di Markets and Markets che, pur prevedendo una crescita, prevede una spesa nel settore AR di 61,4 miliardi di dollari nel 2023.

Le imprese rappresenteranno una voce importante nel volume d’affari, secondo IDC. La domanda proveniente sia dai lavoratori in prima linea, che hanno bisogno di dispositivi informatici e mani libere, sia da chi lavora in ufficio, dove l’AR è vista come un vantaggio per la collaborazione dei dipendenti.

La realtà aumentata sta guadagnando quota nel mercato business grazie alla sua capacità di facilitare le attività, fornire accesso alle risorse e risolvere problemi complessi”, ha dichiarato Marcus Torchia, direttore di ricerca presso IDC. “Settori come la produzione, i servizi di pubblica utilità, le telecomunicazioni e la logistica stanno adottando in misura crescente l’AR per svolgere compiti di assemblaggio, manutenzione e riparazione”.

C’è un interesse crescente da parte delle grandi aziende e aumentano i progetti pilota con soluzioni di realtà aumentata e mista”, ha sottolineato Mark Sage, responsabile di Augmented Reality for Enterprise Alliance (AREA) . “L’offerta di hardware AR continuerà a migliorare ed evolvere, con design più confortevoli e prestazioni migliori, il che porterà a un’ulteriore adozione”.

Ecco una panoramica sui cinque sistemi AR già disponibili per le imprese.

Google Glass Enterprise Edition

I primi smartglass di Google sono arrivati nel 2013, e hanno segnato una pietra miliare nei dispositivi AR. Il dispositivo presenta un touchpad per la navigazione sul lato della montatura degli occhiali, una fotocamera e un display per informazioni che mostrano video, e-mail e altre notifiche.

Glass Enterprise Edition 2

Nonostante il clamore, i Google Glass sono stati considerati un flop, perché non hanno raggiunto una diffusione su larga scala. Ciò non vuol dire che la tecnologia non abbia mostrato risultati promettenti: Google ha successivamente ridimensionato le sue ambizioni e ha sviluppato i Glass esclusivamente per uso aziendale, lanciando nel 2017 l’Enterprise Edition nell’ambito della sua misteriosa divisione “X”.

L’idea è che gli smartglass siano più adatti ai lavoratori che hanno bisogno di computer e di avere le mani libere, come per esempio nella produzione e nella logistica.

Lo scorso mese è stata presentata una nuova Google Glass Enterprise Edition e la società ha annunciato che sta riportando lo sviluppo all’interno delle sue attività principali – un segnale, forse, delle intenzioni di Google riguardo alla tecnologia.

L’ultima versione di Glass utilizza il nuovo chip Qualcomm Snapdragon XR1, che supporta algoritmi di machine learning sul dispositivo e offre prestazioni migliorate di computer vision. Ci sono anche miglioramenti alla durata della batteria e una connessione USB-C per una ricarica rapida.

I Google Glass sono uno dei dispositivi AR più leggeri destinati agli utenti aziendali, sebbene le loro funzionalità siano più limitate rispetto ad altri dispositivi disponibili sul mercato. Tuttavia supportano una serie di funzioni, tra cui l’accesso a video per la formazione e immagini con annotate con istruzioni, e facilitano la collaborazione. Gli operatori in prima linea possono collegarsi con esperti remoti, per esempio, grazie allo streaming video in diretta dalla videocamera degli occhiali.

I dispositivi e il software associato costano 999 dollari e vengono venduti tramite i partner; i prezzi variano a seconda delle esigenze di personalizzazione e supporto.

Microsoft HoloLens 2

HoloLens, il dispositivo per realtà mista di Microsoft, è stato progettato fin dall’inizio per uso aziendale. Gli utenti possono interagire con oggetti proiettati sulla visiera colorata utilizzando una varietà di input, come comandi vocali, eye-tracking e gesti delle mani.

microsoft hololens-2

All’inizio di quest’anno, al Mobile World Congress, Microsoft ha annunciato una nuova versione degli HoloLens, più sottile e più potente della precedente, che gira sul processore Snapdragon 850 di Qualcomm. È anche più comoda da indossare per periodi prolungati, grazie ad un design più ergonomico e al telaio in fibra di carbonio.

Sebbene ci siano miglioramenti rispetto alla prima iterazione, HoloLens 2 non è privo di limiti. Nella sua recensione del dispositivo per Computerworld, l’analista Rob Enderle ha notato che l’occlusione – la capacità di nascondere oggetti virtuali dietro cose reali – richiede ancora miglioramenti.

HoloLens 2 supporterà una varietà di app Microsoft. L’elenco include il suo software aziendale Dynamics 365Guides, che offre formazione step by step, e Layout, uno strumento di progettazione 3D.

Microsoft sembra aver avuto il maggior successo in termini di adozione. Recentemente ha sconfitto la rivale Magic Leap stipulando un contratto da 480 milioni di dollari con l’Esercito americano, che potrebbe significare la distribuzione di 100.000 HoloLens 2 adattati per l’addestramento e il combattimento delle truppe.

Microsoft non ha ancora annunciato una data definitiva per il rilascio di HoloLens 2, anche se dovrebbe essere disponibile entro la fine dell’anno. Il dispositivo sarà meno costoso del suo predecessore, ma non è esattamente economico: l’ultima versione avrà un costo di 3.500 dollari al momento del lancio.

L’HoloLens originale- venduto inizialmente al prezzo di 5.000 dollari – ora costa 3.000 dollari, anche se nello store online di Microsoft è esaurito.

Lenovo ThinkReality A6

Il dispositivo AR di Lenovo prende spunto dal design di HoloLens, con una visiera mobile che sovrappone grafica 3D in ambienti reali.

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Poiché il peso può essere un inconveniente per i dispositivi AR e VR, il ThinkReality A6 è stato progettato per essere più leggero di altre opzioni. Le batterie rimovibili da 6,800 mAh possono essere sostituite per mantenere il dispositivo in azione per periodi di tempo prolungati; ogni batteria dura circa quattro ore.

Il ThinkReality A6 non è la prima incursione di Lenovo nel mondo VR. L’anno scorso, infatti, ha lanciato un dispositivo per Windows a realtà mista e il sistema standalone Mirage Solo. Tuttavia il ThinkReality A6 è il primo dispositivo Lenovo progettato specificamente per uso aziendale.

Come HoloLens 2, il dispositivo Lenovo supporta una serie di comandi di input, tra cui gesti delle mani, voce e eye-tracking. Utilizza un chip Qualcomm Snapdragon 845, che ha una velocità di clock leggermente inferiore rispetto al chip del dispositivo Microsoft.

Lenovo ha annunciato anche una piattaforma software indipendente dal dispositivo che supporta app AR e VR su una varietà di sistemi operativi. Per ora i prezzi non sono noti.

Vuzix M300 e M400

Fondata nel 1997, Vuzix ha una lunga storia nella creazione di dispositivi VR e AR per uso professionale.

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La sua gamma principale di occhiali intelligenti segue lo stesso percorso dei Google Glass, con hardware di calcolo, microfono, fotocamera e display integrati nella montatura. Il Vuzix M300 è arrivato nel 2017 ed è progettato per uso aziendale, come la maggior parte dei suoi smartglass. La società vende una gamma di accessori per l’M300, tra cui un kit in vetro di sicurezza, un supporto per il capo e una batteria esterna per un uso prolungato. Nel 2018 è stato lanciato l’M300XL, con fotocamera da 16MP migliorata, maggiore durata della batteria e migliore stabilizzazione ottica.

E’ già in arrivo la prossima iterazione, l’M400. Come l’ultimo Google Glass, l’M400 utilizzerà Snapdragon XR1 di Qualcomm, il primo chip progettato per applicazioni VR e AR. Il nuovo dispositivo, annunciato al MWC, sarà anche sostanzialmente più leggero e più potente del suo predecessore.

L’M300 è ora esaurito sul sito web di Vuzix, anche se la versione XL è ancora disponibile. L’M400 costerà 1.799 dollari, nell’ambito del programma di early adopter.

Leap One di Magic Leap

Negli ultimi due anni la startup specializzata in AR ha attirato una quantità impressionante di investimenti: fino ad oggi ha raccolto 2,6 miliardi di dollari, nonostante il suo primo dispositivo Leap One sia appena arrivato sul mercato.

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Gli occhiali Leap One, ispirati al filone fantascientifico steampunk, sono pensati per il segmento consumer, ma la società ha dichiarato che sarà destinato anche alle aziende.

A tal fine Magic Leap ha acquisito la società di “co-presenza” AR Mimesys. La tecnologia di videoconferenza della startup belga consente a un indossatore di cuffie Leap One di vedere una rappresentazione 3D di una persona durante una videochiamata. A differenza dell’app Avatar Chat, che Magic Leap offre già, Mimesys crea avatar che assomigliano alle persone che rappresentano. Ciò renderebbe più realistiche le riunioni d’affari virtuali.

Immagine correlata

La Creator Edition del dispositivo Leap One costa 2.295 dollari, ma al momento è disponibile solo in alcune città degli Stati Uniti, dove Magic Leap può organizzare il setup e la consegna: Chicago, Los Angeles, Miami, New York, San Francisco e Seattle.

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SMART GRID E BIOMASSE PROTAGONISTE DELLA RICERCA IN ITALIA

(Da nextville.it di Maria Antonietta Giffoni)

 

Breve Glossario:

SMART GRID

Rete elettrica dotata di sensori intelligenti che raccolgono informazioni in tempo reale ottimizzando la distribuzione di energia.

BIOMASSE
In ingegneria energetica una centrale a biomasse è una tipologia di centrale elettrica che utilizza l’energia rinnovabile ricavabile dalle biomasse  vegetali o animali estraendola attraverso diverse tecniche

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Energia da biomasse senza emissioni e a basso costo

L’ENEA ha dato il via al progetto BLAZE che ha come obiettivo quello di “sviluppare impianti a biomassa per produrre energia elettrica senza emissioni a meno di 0,10 €/kWh, con un’efficienza più che doppia rispetto alle tecnologie attuali (dal 20% al 50%) e a costi molto contenuti in termini di investimento ed esercizio”.


Il progetto sarà finanziato dal programma europeo Horizon 2020 e sarà incentrato sul’utilizzo della cogenerazione, che accoppia la gassificazione “a letto fluidizzato” con le celle a combustibile SOFC – (Solid Oxide Fuel Cell). L’obiettivo è valorizzare i residui della manutenzione di boschi, foreste e verde urbano, gli scarti agricoli e agroindustriali e la frazione organica secca dei rifiuti solidi urbani.


Nei laboratori del Centro Ricerche di Trisaia i ricercatori ENEA si occuperanno di selezionare gli scarti e i residui con le maggiori potenzialità energetiche nell’impiego di questo tipo di tecnologia.
“Attraverso l’utilizzo di metodi primari per la riduzione del carico di contaminanti direttamente nella fase di attuazione del processo di gassificazione – spiega la ricercatrice ENEA Donatella Barisano -, cercheremo di individuare materiali in grado di contribuire alla produzione di una corrente gassosa di alta qualità, in termini di composizione e potere calorifico, e di basso grado di contaminazione“.


Nei laboratori del Centro Ricerche ENEA di Casaccia verranno, invece, testate le prestazioni delle celle a combustibile SOFC in funzione della qualità del gas utilizzato.

2 milioni di euro per smart grid, accumulo e solare a concentrazione

I Cluster Teconologici Nazionali (CTN) sono stati lanciati nel 2012 a presidio di ambiti tecnologici prioritari, sui quali il Governo intende concentrare gli sforzi di politica di ricerca industriale. Al momento ne esistono 12 e uno di essi è dedicato all’energia.
Ieri l’ENEA ha annuciato l’avvio operativo del Cluster Energia, di cui presiederà il Consiglio Direttivo composto da Eni, Enel, Terna, GE, CNR, RSE, EnSiEL, Lombardy Energy Cleantech Cluster.
I primi due progetti-pilota approvati e finanziati con circa 2 milioni di euro complessivi riguardano lo sviluppo di tecnologie per smart grid e accumulo energetico da un lato e la produzione di energia elettrica e termica da solare a concentrazione dall’altro.
In futuro ne verranno realizzati altri “su tutte le tematiche dell’innovazione nel campo dell’energia su scala metropolitana/regionale” ha dichiarato Gian Piero Celata, presidente del Cluster e direttore del dipartimento Tecnologie energetiche dell’ENEA.

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RIFIUTI RAEE E RICICLO IN ITALIA

(Da Teleborsa) – Una nuova vita per i vecchi apparecchi elettronici ed elettrici grazie al riciclo che ha permesso di recuperare 45 milioni di tonnellate di rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE), di cui 2 in Italia.

È il risultato del progetto europeo “Critical Raw Material Closed Loop Recovery“, che vede tra i partner ENEA e Consorzio Ecodom, e che permette di guardare alla Giornata Mondiale dell’Ambiente, celebrata il 5 giugno in tutto il mondo, con nuove prospettive.

Il progetto infatti ha l’obiettivo di aumentare il recupero di alcune delle 27 materie prime critiche dai RAEE, sperimentando nuove tecniche e individuando nuove linee guida per il riciclo corretto di materiali delicati e critici.

Nei tre anni e mezzo del progetto, Ecodom ed ENEA, insieme ai partner della sperimentazione RecyclingBorse, Asekol, Axion Consulting e Re-Tek, hanno testato diverse modalità di recupero, tra cui il trattamento meccanico e i processi chimici per incrementare il recupero dai rifiuti tecnologici di alcune delle 27 materie prime critiche (CRM), in particolare antimonio, berillio, cobalto, fluorite, indio, gallio grafite, tantalio, terre rare, oro, argento, metalli del gruppo del platino e rame.

Da qui sono nate 5 linee guida per favorire e aumentare la raccolta e il recupero di queste materie prime che prevedono: ridisegnare e armonizzare le infrastrutture di raccolta; aumentare la consapevolezza dei cittadini su raccolta e trattamento corretti dei RAEE; introdurre incentivi per favorire le buone pratiche; promuovere la ricerca e l’innovazione nel campo del recupero incoraggiando una maggiore collaborazione internazionale; introdurre standard nel trattamento dei RAEE.

Oggi – ricorda ENEA – in Europa solo il 30% dei RAEE è riciclato correttamente. Se lo fossero tutti, dalle circa 10 milione di tonnellate prodotte ogni anno si potrebbero recuperare 186 tonnellate di argento, 24 tonnellate di oro e 7,7 tonnellate di platino.

L’obiettivo del progetto è “aumentare il tasso di riciclo delle materie prime essenziali contenute nei RAEE del 5% entro il 2020 e del 20% entro il 2030”, spiega Luca Campadello, Projects & Researches Manager di Ecodom.

TLB courtesy: 03/11/2016 – Ansa|

“Dentro i piccoli elettrodomestici si possono recuperare alcune delle principali materie prime di difficile reperimento in natura, ma che hanno un ruolo fondamentale in moltissimi settori, dall’aeronautica all’elettronica di consumo, dall’industria automobilistica alle energie rinnovabili come eolico e fotovoltaico”, ricorda Dario della Sala, responsabile della Divisione tecnologie e processi dei materiali per la sostenibilità – Dipartimento Sostenibilità dei Sistemi Produttivi e Territoriali di ENEA.

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SMARTWATCH MEDICINA E SALUTE

Da 01health.it

Il recente sblocco della funzione ECG sugli Apple Watch Series 4 ha riportato d’attualità un tema sul quale a breve si giocherà la partita nel mondo smartwatch.

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Consolidata l’utenza di base, ora la grande sfida è elevare l’applicazione dei wearable alla medicina. Rendere cioè le funzioni di un dispositivo affidabili in fase di analisi clinica.

Una scommessa sulla quale da qualche tempo punta apertamente anche Fitbit. Come tutti gli altri al di fuori di Apple, al momento ancora in svantaggio. La sfida però, è appena iniziata e non c’è ancora niente di deciso. «Sempre più spesso i wearable vengono utilizzati anche in ambito sanitario, per ora come strumenti in grado di modificare gli stili di vita in meglio – osserva Lorena Landini, country marketing manager di Fitbit  -. Per questa ragione ne auspichiamo l’impiego in un percorso assistenziale e di prevenzione

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Negli ultimi anni in effetti, sotto questo punto di vista la tecnologia ha compiuto passi importanti. Praticamente tutti gli smartwatch di ultima generazione son dotati di alcuni sensori, come il Vo2 max per misurare la saturazione dell’ossigeno nel sangue, per la cui attivazione manca solo il via libera delle autorità sanitarie.

«Nel frattempo, il nostro focus si concentra sulla prevenzione – riprende Landini -. Se si conduce uno stile di vita sano, si possono evitare problemi di salute cronici come l’obesità, le condizioni che aumentano rischio di incorrere in diabete, malattie cardiovascolari».

Attualmente, rispetto a quelli prettamente medici, i dispositivi consumer come gli smartwatch hanno nel percepito del paziente un effetto differente. Più curati sotto il profilo estetico e lontani dalle forme di uno strumento di cura, risultano meno stressanti.

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Inoltre, possono essere utilizzati per un periodo anche lungo senza essere legati direttamente a una patologia specifica. «Grazie al gran numero di informazioni fornite dall’app, qualsiasi utente potrà individuare nuove tendenze in grado di aiutarlo a gestire al meglio la propria salute e il proprio benessere. Insieme ai dati infatti, offriamo consigli e guide personalizzate che coinvolgono l’utente e lo incentivano ad assumere uno stile di vita sano.

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Il tempo delle certificazioni non è ancora maturo

Per ora però si resta ancorati a misurazioni di base, per quanto credibili, da considerare puramente indicative sotto il profilo clinico. Le funzioni più diffuse  consentono di registrare alcuni paramenti quali il battito cardiaco in movimento e a riposo, il monitoraggio del sonno e del consumo di calorie. «Stime in grado di fornire indicazioni utili a conoscersi meglio e prendere decisioni più informate– precisa Landini -. Indossando uno smartwatch o un tracker per tutto l’arco delle 24 ore si ha la possibilità di raccogliere una mole di dati completa e nel lungo periodo offrire  una analisi dello stato dell’utilizzatore molto più dettagliata».

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Certamente, non esiste ancora un dispositivo consumer in grado di sostituire strumenti medici o scientifici. Le potenzialità non mancano e non è da escludere come diversi wearable, non solo Fitbit, siano già in grado di assolvere il compito. Le necessarie certificazioni però sono conseguenza anche di studi di una certa durata e da questo punto di vista l’evoluzione del settore si scontra apertamente con i tempi tecnici.

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«Strada facendo, i dati raccolti saranno sempre più affidabili e potranno essere integrati e utilizzati in un piano medico, affiancandosi a esami medici e terapie, potendo offrire un monitoraggio continuo e costante nel quotidiano, laddove sarebbe complesso essere monitorati da dispositivi medici con continuità».

 

L’impegno non manca

I primi risultati non sono poi così lontani come potrebbe sembrare. Se lo smartwatch Apple ha bruciato la concorrenza sul fronte ECG, i rivali non stanno a guardare. La stesa Fitbit è una delle nove aziende partecipanti al programma pilota FDA per la pre-certificazione di software digitali come dispositivi medici, e già collabora con diverse aziende in ambito sanitario, come United Healthcare, BlueCross Blue Shield, Dexcom, One Drop e Diplomat.

«Abbiamo preso parte a 675 studi di ricerca, dieci volte più di qualsiasi altro brand di dispositivi indossabili, e siamo registrati a ClinicalTrials, uno dei maggiori database di studi clinici al mondo fornito dalla Biblioteca Nazionale di Medicina degli Stati Uniti».

Un impegno sostenuto anche in Italia. Tra i principali progetti seguiti, l’azienda sta contribuendo alla realizzazione di uno studio della Fondazione IRCCS Ca’ Granda Ospedale Maggiore sulla bradicardia post-partum, con la fornitura di trenta tracker Alta HR utili amonitorare la frequenza cardiaca dei pazienti. Una conferma, neppure tanto indiretta, di un’affidabilità crescente nelle misurazioni. Anche perché ogni giorno che passa, aumentano i dati disponibili su cui lavorare. Sono ormai milioni gli utenti quotidianamente pronti ad alimentare il database.

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«Possiamo considerare già significativi i passi avanti compiuti di recente. Oggi lavoriamo con oltre 1.600 imprese nel settore sanitario in tutto il mondo e contribuiamo attivamente a cento piani sanitari per conseguire obiettivi in ambito salute».

Un altro fronte importante, anche se meno visibile per l’utente finale è quello delle applicazioni.  La scelta di offrire un SDK aperto e di integrare i dati Fitbit in ricerche mediche tramite API pubbliche, aprono scenari molto interessanti. «Gli istituti medici possono utilizzare i dati delle attività registrate dai nostri dispositivi e metterli insieme a i propri. Nella fattispecie è l’ente medico che realizza app per i nostri smartwatch ed è lui a certificarle, non noi».

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Inoltre, tornando negli USA, i recenti modelli Inspire e Inspire HR, sono parte di Fitbit Health Solution, progetti salutistici per aziende private ed enti pubblici aderenti al programma sanitario nazionale americano. Il modello HR, dotato di cardiofrequenzimetro ottico posto a contatto col polso se indossato giorno e notte fornisce un indice cardiovascolare, il Punteggio di stato di forma, sintomo e cartina di tornasole del proprio livello confrontato con persone simili per età e genere.

Risultati immagini per smartwatch salute

A tutt’oggi quindi, resta ancora prematuro associare uno smartwatch a uno strumento medico. D’altra parte, probabilmente neppure i progettisti più ambiziosi e lungimiranti avrebbero osato pensare a un’evoluzione in questa direzione. Eppure, la realtà sta dimostrando non solo quanto sia possibile, ma anche quanto possa rivelarsi vantaggiosa, sotto ogni punto di vista. «La tecnologia e la richiesta del mercato pubblico e privato si stanno indirizzando sempre di più verso quella direzione – conclude Landini -. Il futuro è più vicino di quanto possiamo aspettarci».

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SANITÀ DIGITALE TUTTI I SEGRETI DELLA CRESCITA

da sanitadigitale.it

Osservatorio Innovazione Digitale in Sanità – Nel 2018 la spesa per la sanità digitale cresce del 7%, raggiungendo un valore di 1,39 miliardi di euro e rafforzando il trend di crescita iniziato l’anno precedente, quando l’aumento era stato del 2%.

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Le strutture sanitarie sostengono la quota più rilevante della spesa, con investimenti pari a 970 milioni di euro (+9% rispetto al 2017), seguite dalle Regioni con 330 milioni di euro (+3%), dai Medici di Medicina Generale (MMG) con 75,5 milioni (+4%), pari in media a 1.606 euro per medico e dal Ministero per la Salute con 16,9 milioni di euro (contro i 16,7 milioni nel 2017). I sistemi dipartimentali e la Cartella Clinica Elettronica (CCE) sono gli ambiti di innovazione digitale che raccolgono i budget più elevati, rispettivamente 97 e 50 milioni di euro, e sono considerati prioritari dalle strutture sanitarie (indicati rispettivamente dal 50% e dal 58% delle aziende), mentre inizia a prendere piede l’Intelligenza Artificiale, con circa 7 milioni di euro di risorse stanziate e il 20% dei Direttori sanitari che la ritiene rilevante.

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Gli strumenti digitali entrano anche nella quotidianità dei medici, che li utilizzano per comunicare con i propri pazienti: l’85% dei Medici di Medicina Generale e l’81% dei medici specialisti utilizza la mail per inviare comunicazioni ai pazienti, mentre WhatsApp è usato dal 64% dei primi e dal 57% dei secondi per fissare o spostare appuntamenti e per condividere documenti o informazioni cliniche. Meno di un cittadino su cinque, invece, usa la mail o WhatsApp per comunicare col proprio medico, solo il 23% prenota online una visita specialistica e appena il 19% effettua il pagamento sul web. Pur limitato, l’accesso ai servizi digitali dei cittadini è aumentato significativamente nell’ultimo anno (nel 2018 l’11% prenotava online e il 7% pagava usando Internet) e nella fascia 35-44 anni registra valori elevati (45% e 27%). Oltre quattro cittadini su dieci (41%) usano App di coaching o dispositivi wearable per tenere sotto controllo la propria salute e migliorare il proprio stile di vita e lo smart watch, in particolare, è lo strumento che ha registrato l’incremento più significativo (dall’8% a circa un cittadino su tre).

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Sono alcuni dei risultati della ricerca dell’Osservatorio Innovazione Digitale in Sanità della School of Management del Politecnico di Milano, presentata questa mattina a Milano al convegno “Connected Care: il cittadino al centro dell’esperienza digitale”.

“La crescita della spesa per l’innovazione digitale in Sanità è un segnale confortante che conferma il ruolo strategico del digitale per innovare i processi del sistema sanitario – afferma Mariano Corso, Responsabile scientifico dell’Osservatorio Innovazione Digitale in Sanità -. Il digitale sta modificando tutte le fasi della presa in carico del paziente, dalla prevenzione alla cura, fino al post-ricovero, attraverso strumenti come la Cartella Clinica Elettronica, la Telemedicina, l’Intelligenza Artificiale e le Terapie Digitali. Ma per sfruttarne appieno le opportunità bisogna ripensare l’organizzazione e la governance del sistema, sviluppare le competenze del personale e rivedere la relazione fra operatori e pazienti in modo da mettere il cittadino al centro dei processi di prevenzione e cura e consentire un migliore e più rapido accesso alle informazioni e ai servizi sanitari”.

Cittadini sempre più digitali

L’uso di Internet e degli strumenti digitali fra i cittadini italiani per reperire informazioni e accedere ai servizi sanitari è in aumento rispetto alla scorsa edizione della ricerca, soprattutto nelle fasce più giovani della popolazione, ma il canale fisico è ancora quello privilegiato dalla maggior parte della popolazione. Lo rivela il sondaggio condotto dall’Osservatorio in collaborazione con Doxapharma su un campione di mille cittadini statisticamente rappresentativo della popolazione italiana. Fra i cittadini che non soffrono di malattie croniche o problemi di salute di lunga durata, oltre un terzo cerca sul web informazioni generiche sulla salute, come malattie, sintomi e cure (38%) e su corretti stili di vita e alimentazione (37%), il 15% si informa sui vaccini (il 25% fra le donne 25-44enni). Queste percentuali si riducono all’aumentare dell’età del campione, ma anche fra gli over 65 più di uno su quattro (27%) cerca informazioni online. I canali più utilizzati dai cittadini sani sono i siti web istituzionali (52%), seguiti dai portali dedicati alla medicina e alla salute (30% in media), mentre App, blog e social network sono ritenuti meno affidabili e sono usati prevalentemente per informarsi sui corretti stili di vita e sull’alimentazione (23%).

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Le App e i wearable stanno ormai entrando nella quotidianità dei cittadini, con il 41% che utilizza una applicazione di coaching o un dispositivo indossabile per il monitoraggio dello stile di vita. Tra i giovani sotto i 35 anni sono ancora più diffuse (55%), mentre l’uso diminuisce oltre i 55 anni (29%). Lo strumento più presente è lo smart watch, utilizzato da un cittadino su tre, con un vero e proprio boom rispetto all’8% registrato nel 2018. Tuttavia, ben il 75% dei cittadini che usa le App non invia né comunica al proprio medico i dati raccolti, che rimangono quindi spesso inutilizzati.

“Nel caso in cui i cittadini non possano rivolgersi a un medico per ricevere consigli su prevenzione e stili di vita in base a dati raccolti, potrebbe giocare un ruolo fondamentale un coach virtuale in grado di fornire in modo proattivo, e sulla base delle evidenze scientifiche disponibili, consigli su come migliorare i propri comportamenti sulla base dei parametri monitorati, come l’alimentazione e gli allenamenti – afferma Emanuele Lettieri, Responsabile scientifico dell’Osservatorio Innovazione Digitale in Sanità -. Ad oggi questa opportunità desta, tuttavia, un moderato livello di interesse da parte dei cittadini, così come la chat con un assistente virtuale o un assistente vocale (es. Amazon Alexa o Google Home) per chiedere informazioni sulla salute e sullo stile di vita, probabilmente perché ancora poco note e dai benefici difficilmente valutabili per la maggior parte dei cittadini”.

Anche i medici hanno sempre maggiore dimestichezza con gli strumenti digitali, che impiegano per comunicare o condividere informazioni e documenti con i pazienti. Secondo il sondaggio condotto su un campione di 602 MMG e su 1.720 medici specialisti, la mail è il canale più usato (rispettivamente 85% e 81%), seguito da WhatsApp (64% e 57%) e dagli SMS (65% e 40%). Aumenta l’utilizzo da parte dei cittadini: il 19% usa la mail (+4% rispetto al 2018), il 17% WhatsApp (+5%) e il 15% gli SMS (+2%). La maggior parte dei cittadini (52%) usa la App di messaggistica per chiedere al medico di fissare o spostare una visita e nel 47% dei casi per comunicare lo stato di salute.

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Circa la metà del campione trova online informazioni sui medici (51%) e su strutture e prestazioni sanitarie (44%), ma se si analizza l’accesso ai servizi sanitari i cittadini appaiono molto meno digitali: solo il 23% ha prenotato online le prestazioni (21% tramite sito web e 2% tramite App) e il 19% le ha pagate via web (15% tramite sito e 4% tramite App), con punte però del 45% e del 27% fra i 35-44enni. Si tratta di tassi di utilizzo ancora limitati, ma in forte crescita rispetto all’11% delle prenotazioni via web e al 7% dei pagamenti online emersi nel 2018. La farmacia gioca un ruolo ancora marginale nell’ambito delle prenotazioni (9%) e dei pagamenti di visite o esami (10%), mentre la maggior parte della popolazione preferisce ancora recarsi di persona presso la struttura sanitaria (rispettivamente 53% e 78%). Chi non ha utilizzato i canali digitali dichiara che preferisce il contatto fisico personale (67%) o ammette di non essere capace di utilizzarli (19%). Il canale personale risulta molto rilevante anche nella scelta dello specialista a cui affidarsi: i cittadini considerano il parere del MMG come fondamentale nella scelta del medico specialista (il 43% lo indica come canale molto rilevante), seguito dal parere di parenti e amici. Le informazioni trovate sui siti istituzionali sono ritenute per nulla rilevanti dal 25% dei cittadini, così come le opinioni e recensioni su siti web (28%).

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“Il digitale sta cambiando i tradizionali punti di contatto della Sanità, introducendone di nuovi, come siti web, App e chatbot – afferma Chiara Sgarbossa, Direttore dell’Osservatorio Innovazione Digitale in Sanità -. Le nuove tecnologie devono essere impiegate per riprogettare l’esperienza degli utenti affinché possano accedere più facilmente e velocemente a informazioni e servizi secondo modelli di cura innovativi e sostenibili. Sarà importante da questo punto di vista superare barriere e diffidenze, riconoscendo la specificità dei diversi profili di cittadini e sapendo progettare percorsi differenziati in grado di superare il potenziale “digital divide”, che rischierebbe di escludere proprio quelle fasce di popolazione che hanno maggiore bisogno di sostegno”.

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L’Intelligenza Artificiale

L’Intelligenza Artificiale è un ambito ancora marginale in termini di investimenti (7 milioni di euro) e di interesse dei direttori sanitari (il 20% lo ritiene prioritario), ma sta prendendo piede. Le strutture sanitarie hanno adottato applicazioni di AI, anche se nella maggior parte dei casi si tratta di prime sperimentazioni, soprattutto basate sull’elaborazione delle immagini per effettuare attività di supporto alla decisione diagnostica (presenti nel 40% delle aziende del campione) e del testo libero (24%). Sono queste ultime le applicazioni che i medici specialisti utilizzano maggiormente (30% e 26%) e che CIO e Direttori ritengono avranno un maggior impatto sul settore sanitario nei prossimi cinque anni. Allo stesso tempo i medici specialisti indicano l’elaborazione delle immagini come l’applicazione di AI più utile nel supporto della propria pratica clinica (36%) e l’ambito più promettente nel prossimo quinquennio (28%).

Risultati immagini per sanita' digitale intelligenza

Secondo i Direttori, i medici specialisti, i dirigenti infermieristici e i MMG, le principali difficoltà legate allo sviluppo di soluzioni di AI sono le limitate risorse economiche disponibili e l’alta complessità nell’implementare questi progetti. Gli operatori sanitari, tuttavia, non sembrano essere spaventati che l’AI possa sostituirli, anzi, vedono in questi sistemi dei potenti alleati capaci di migliorare l’efficienza dei processi clinici (49% dei medici specialisti, 66% dei dirigenti infermieristici e 46% dei MMG), ridurre la probabilità di effettuare errori clinici (48%, 50% e 50%) e aumentare l’efficacia delle cure in termini di precisione e personalizzazione (43%, 45% e 52%).

“L’utilizzo dell’Intelligenza Artificiale in alcuni sistemi informativi ospedalieri in Italia ha una buona presenza, in particolare per l’elaborazione delle immagini, ma oggi iniziano a esserci sperimentazioni significative anche nell’interpretazione del linguaggio naturale, scritto e parlato – afferma Paolo Locatelli, Responsabile Scientifico dell’Osservatorio Innovazione Digitale in Sanità -. È importante sottolineare che l’applicazione di Intelligenza Artificiale in Sanità richiede, però, che le informazioni da elaborare siano raccolte in digitale, e quindi la presenza di Cartelle Cliniche Elettroniche e sistemi aziendali di gestione delle immagini diagnostiche è un prerequisito”.

Le terapie digitali

Uno dei nuovi trend nell’ambito della sanità digitale è rappresentato dalle terapie digitali, soluzioni tecnologiche (principalmente app) che devono essere clinicamente certificate e autorizzate dagli enti regolatori e che aiutano i pazienti nell’assunzione di un farmaco (di solito prescritte dal medico in combinazione a un farmaco o in sua sostituzione). Le soluzioni più interessanti secondo i Direttori e i medici sono quelle che supportano il paziente nel monitoraggio dell’aderenza alla terapia, considerate molto interessanti dal 47% dei Direttori, dal 45% dei medici specialisti, dal 63% dei dirigenti infermieristici e dal 49% dei MMG), mentre risultano meno interessanti quelle che propongono un intervento medico. Le App per il monitoraggio dell’aderenza rappresentano anche l’ambito che avrà un maggior impatto nei prossimi cinque anni. Il principale ostacolo che impedisce la diffusione di queste tecnologie in Italia è la scarsa conoscenza della validità clinica, seguita dalla difficoltà a comprendere le opportunità offerte e dall’assenza di rimborsabilità da parte del Servizio Sanitario Nazionale.

La telemedicina

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La telemedicina può giocare un ruolo fondamentale nell’integrazione fra ospedale e territorio e nelle nuove forme di aggregazione delle cure primarie. Anche quest’anno però la spesa in innovazione digitale delle strutture sanitarie si è concentrata soprattutto nel supporto digitale dei processi ospedalieri, con una minore attenzione all’integrazione ospedale-territorio. Nel 2019 si registra una sostanziale stabilità in termini di diffusione rispetto a quanto rilevato in passato, con i servizi che coinvolgono il paziente come la Telesalute – i sistemi e i servizi che collegano i pazienti con i medici per assistere nella diagnosi, monitoraggio, gestione, responsabilizzazione degli stessi – e Teleassistenza – un sistema socioassistenziale per la presa in carico della persona anziana o fragile a domicilio, tramite la gestione di allarmi, di attivazione dei servizi di emergenza, di chiamate di supporto da parte di un centro servizi – presenti solo con progetti pilota (rispettivamente nel 27% e 22% delle aziende).

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La scarsa diffusione si rispecchia nell’utilizzo di tali servizi da parte degli operatori sanitari che operano nelle strutture sanitarie, che dichiarano di utilizzare principalmente soluzioni in fase di sperimentazione. Da sottolineare, tuttavia, un elevato livello di interesse all’utilizzo, con oltre la metà che vorrebbe usufruirne. Allo stesso modo, anche tra i MMG la Telemedicina fatica a diffondersi, con solo il 4% del campione che utilizza soluzioni di Teleassistenza e il 3% di Televisita e Telesalute. Più alta, invece, la diffusione di servizi di Telerefertazione, in particolare in alcune attività diagnostiche di primo livello quali ad esempio la spirometria (21%) e l’elettrocardiografia (19%).

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Il processo di procurement è sentito dalle aziende sanitarie come un processo critico soprattutto per la sua struttura rigida (barriera espressa dal 41% dei Direttori Amministrativi), legata a una complessa normativa di riferimento (24%). La barriera più sentita è però rappresentata dalla mancata conoscenza degli strumenti con cui comprare tecnologie digitali (47%) che impedisce, quindi, di accedere anche a forme innovative di procurement che potrebbero facilitare sia l’azienda sanitaria sia il fornitore nel portare avanti un progetto di innovazione.

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