CANCEROGENI E MUTAGENI

LE PATOLOGIE CORRELATE ALL’AMIANTO.

da inail.it

L’opuscolo nasce dalla necessità di divulgare dati statistici riguardanti le malattie asbesto-correlate riconosciute dall’ Inail e le rendite a favore dei soggetti colpiti dalle suddette malattie e dei loro superstiti, nonché le prestazioni del Fondo per le vittime dell’amianto.

Immagine Le malattie asbesto correlate

L’analisi dell’andamento delle malattie da amianto e delle variabili tipo di malattia (classe ICD-10), genere, grado di menomazione, settore di attività e territorio fornisce un quadro statistico fruibile dai soggetti coinvolti a vario titolo nella “ questione amianto”. I dati fanno riferimento agli archivi Open Data Inail e ai Monitoraggi Inail del Fondo per le vittime dell’amianto.

Prodotto: Opuscolo
Edizioni: Inail – 2022
Disponibilità: Consultabile solo in rete
Info: dcpianificazione-comunicazione@inail.it

LA PROGETTAZIONE DI AMBIENTI PER LA MANIPOLAZIONE DI RADIOFARMACI O DI SORGENTI NON SIGILLATE.

da inail.it

Il volume si è posto l’obiettivo di aggiornare e ampliare le indicazioni di un triennio fa, allineandole al quadro normativo attuale. A corredo sono stati anche identificati degli indicatori utili alla realizzazione di liste di controllo da proporre quali schede di autovalutazione per le strutture interessate.

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Prodotto: volume
Edizioni: Inail 2022
Disponibilità: Consultabile solo in rete
Info: dcpianificazione-comunicazione@inail.it

LE SOSTANZE REPROTOSSICHE NEI LUOGHI DI LAVORO.

da inail.it

Le sostanze chimiche rientrano tra fattori di rischio per la salute riproduttiva in ambiente di lavoro. La pubblicazione della nuova direttiva 2022/431 del parlamento europeo e del Consiglio, del 9 marzo 2022, il cui recepimento è previsto entro febbraio 2024, va ad inserire i reprotossici in ambiente di lavoro all’interno della direttiva cancerogeni e mutageni, prevedendo misure di gestione del rischio più stringenti e tutelanti.

Immagine sostanze chimiche reprotossiche in ambiente di lavoro

Nella normativa per la tutela dei lavoratori è stata posta molta attenzione alla tutela della donna in gravidanza, ma finora la possibile esposizione a sostanze reprotossiche sembra sia stata ampiamente sottostimata.

Prodotto: Fact sheet
Edizioni: Inail 2022
Disponibilità: Consultabile solo in rete
Info: dcpianificazione-comunicazione@inail.it 

AMIANTO E MESOTELIOMA

Un tipo di tumore, il mesotelioma della pleura, che lega il suo nome con un colpevole spesso ricorrente: l’amianto. La correlazione si conosce da tempo. E nel corso degli anni si sono prese le dovute misure di prevenzione e di bonifica ambientale, ma la lunga latenza della malattia, possono passare anche 20-30 anni dall’esposizione, sta determinando un ritardo sul raggiungimento dell’effetto positivo sperato. Il mesotelioma rimane comunque un tumore raro, anche se nelle aree più industrializzate come la Lombardia i casi sono più concentrati.

Il mesotelioma pleurico è una forma tumorale che origina dal mesotelio pleurico, la sottile membrana che riveste e protegge i polmoni. È un tumore in costante aumento che colpisce più frequentemente gli uomini. In Italia si verificano 3,4 casi di mesotelioma ogni 100.000 uomini e 1,1 ogni 100.000 donne. È difficile riscontrarlo prima dei 50 anni e presenta un picco d’esordio attorno ai 70. 

Il principale fattore causale e di rischio è l’esposizione all’amianto (o asbesto): la maggior parte di questi tumori riguarda infatti persone che sono entrate in contatto con questa sostanza. L’amianto è pericoloso per la salute in quanto le fibre che lo compongono, oltre mille volte più sottili di un capello umano, possono essere inalate. Possono così, anche se non in tutti i casi di contatto, causare vari tipi di problemi, tra cui il mesotelioma. Va sottolineato che possono passare anche più di 20 anni tra l’inalazione dell’amianto e l’insorgenza del tumore e che il rischio non diminuisce una volta eliminata completamente l’esposizione, ma rimane costante per tutta la vita.

Il primo contatto

Spesso i primi segnali sono di natura non specifica, cioè possono essere uguali a quelli causati da altre malattie che colpiscono, ad esempio, l’apparato cardio-respiratorio. In generale si tratta di sensazione di “fiato corto” (dispnea), dolore al petto o al dorso, tosse persistente e perdita di peso ingiustificata.

La diagnosi

Nella maggior parte dei casi i sintomi respiratori sono causati da un eccessivo accumulo di liquido (versamento) nello spazio compreso tra i due foglietti pleurici o dall’inspessimento dei foglietti stessi. Questo porta ad una compressione dei polmoni, che non riescono così ad espandersi adeguatamente durante la respirazione. Alcuni pazienti, infine, possono non manifestare alcun disturbo pur presentando la malattia, che invece viene scoperta occasionalmente, con esami radiologici condotti per altre motivazioni. 
Per la diagnosi non è sufficiente la sola radiografia del torace o gli altri esami radiologici, come la TAC, la PET e la risonanza magnetica. Le immagini possono descrivere qualcosa di anomalo, ma non consentono di identificare la natura del tumore. Per questo l’esame indispensabile per la diagnosi di mesotelioma è la biopsia del tessuto ammalato che viene eseguita per via endoscopica, con la toracoscopia. L’accesso avviene attraverso una singola incisione di un centimetro a livello dello spazio intercostale. Una volta introdotta l’ottica si esplora il cavo pleurico, si aspira tutto il liquido in eccesso e si eseguono una serie di biopsie multiple della pleura, così da assicurarsi una diagnosi istologica.

Le terapie mediche e radioterapiche

La scelta della terapia dipende dalla stadiazione e dalle caratteristiche del caso. L’approccio da intraprendere emerge da un confronto multidisciplinare tra l’oncologo, il chirurgo toracico, lo pneumologo, il radiologo e il radioterapista. Nelle forme iniziali, generalmente, il piano di cura prevede tre cicli di terapia medica per via endovenosa (chemioterapia).
Oggi questa terapia di induzione può contare su farmaci moderni come pemetrexed e platino ed è generalmente ben tollerata.

La terapia chirurgica

Se la crescita della malattia è controllata dalla chemioterapia, si procede con l’intervento chirurgico che consiste nell’asportazione di tutta la pleura (pleurectomia e decorticazione).
In alternativa, quando le condizioni del paziente lo consentono, si procede con l’asportazione in blocco della pleura del polmone, del diaframma e del pericardio (pleuropneumonectomia en bloc). Questo intervento è molto invasivo e deve essere fatto solo in centri altamente qualificati. Ma è proprio la sua radicalità che permette, in casi selezionati, di ottenere successi significativi con una buona sopravvivenza a distanza.

da ospedaleniguarda.it

INDUSTRIA CUOIO E CANCEROGENI

L’industria calzaturiera è stata associata al rischio cancerogeno da molto tempo dall’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC). Da studi epidemiologici eseguiti nell’ultimo trentennio è emerso, infatti, che le polveri di cuoio sono responsabili dell’insorgenza di manifestazioni tumorali delle fosse nasali e dei seni paranasali e, quindi, sono da considerarsi agenti cancerogeni. Le lavorazioni interessate sono quelle più polverose quali scarnitura, smerigliatura, cardatura, fresatura, levigatura e carteggiatura di calzature finite o di altri manufatti in cuoio. Anche i coloranti organici a base azoica, presenti in numerosi materiali utilizzati per la produzione calzaturiera, o presenti nei prodotti di finissaggio e guarnitura, così come le ammine aromatiche impiegate come antiossidanti nella gomma, sono tra i prodotti ipotizzati come responsabili di casi di tumore vescicale.

La normativa di riferimento
In relazione alle disposizioni specifiche contenute nel Titolo IX “Sostanze pericolose” del D.Lgs 81/2008, il riferimento attuale per le polveri di cuoio è il Capo I “Protezione da agenti chimici”. Infatti, le polveri di cuoio non sono classificate e non rispondono ai criteri di classificazione quali categorie cancerogene 1 o 2 dell’Unione Europea, né l’attività calzaturiera è ricompresa nell’allegato XLII.
Tuttavia, i tumori delle cavità nasali ed i tumori dei seni paranasali in lavoratori addetti alla “Fabbricazione e riparazione delle calzature” sono malattie la cui denuncia è obbligatoria ai sensi e per gli effetti dell’articolo 139 del D.P.R. 1124/1965 e successive modificazioni ed integrazioni: infatti nel D.M. 14 gennaio 2008 sono comprese nella Lista I “Malattie la cui origine lavorativa è di elevata probabilità” (Gruppo 6 – punto 28). Nel D.M. 9 aprile 2008 “Nuove tabelle delle malattie professionali nell’industria e nell’agricoltura”, gli stessi tumori delle cavità nasali e dei seni paranasali sono inseriti alla voce 68 “Malattie neoplastiche causate da polveri di cuoio” – “Lavori che espongono a polveri di cuoio”, attribuendo un ruolo causale netto alle polveri di cuoio. Ciò detto in applicazione dell’art. 225 comma 1 lettera c) del D.Lgs 81/08 e s.m.i.

Gli obblighi a carico dei datori di lavoro
Essendo, secondo le attuali evidenze scientifiche, il rischio elevato e non potendo ridurre, mediante la sostituzione o l’eliminazione, l’esposizione a polveri di cuoio, devono essere applicate le misure di protezione personale.( Da confindustrifirenze.it)

IL GLIFOSATO NON È CANCEROGENO PER L’ECHA.

da dottnet.it

Il parere è stato anticipato dall’agenzia Ue in una nota e si inserisce nell’ambito di una più ampia valutazione della sostanza.

Il glifosato “provoca gravi lesioni oculari ed è tossico per gli organismi acquatici con effetti di lunga durata”, ma non ci sono prove sufficienti per classificarlo come “tossico” per specifici “organi bersaglio o come sostanza cancerogena, mutagena o tossica per la riproduzione”. È questo il parere della European Chemicals Agency (Echa), agenzia UE deputata alla sorveglianza delle sostanze chimiche, in merito al noto erbicida. Il parere è stato anticipato dall’agenzia Ue in una nota e si inserisce nell’ambito di una più ampia valutazione della sostanza, i cui risultati complessivi saranno trasmessi alla Commissione europea e all’Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa) entro metà agosto. 

A sua volta, “l’Efsa effettuerà la sua valutazione del rischio del glifosato, che dovrebbe essere pronta nel luglio 2023″, fa sapere l’Echa. Sulla base di questi dati, continua l’agenzia Ue, “la Commissione presenterà quindi agli Stati membri una nuova relazione e un progetto di regolamento sulla possibilità di rinnovare o meno l’approvazione del glifosato”.  La nuova valutazione dell’Echa stride con quella dell’International Agency for Research on Cancer (Iarc), che nel 2015 ha classificato il glifosato come “probabilmente cancerogeno per l’uomo”. La classificazione, spiega lo Iarc, “si basava su prove limitate di cancro negli esseri umani e prove sufficienti di cancro negli animali da esperimento”.

MA GLI AMBIENTALISTI INSORGONO…

https://www.today.it/europa/ambiente/glifosato-non-cancerogeno-ue.html

31 MAGGIO 2022. GIORNATA MONDIALE SENZA TABACCO

Il 31 maggio si celebra la giornata mondiale senza tabacco, ma purtroppo in Italia vi è stato un aumento dei fumatori nell’ultimo anno.

da aiponet.it il sito della associazione pneumologi ospedalieri

Ogni anno l’Organizzazione Mondiale della Sanità lancia una campagna in occasione della ricorrenza. Il tema di quest’anno “Tobacco: Threat to our environment – Tabacco: una minaccia per il nostro ambiente” intende sensibilizzare il pubblico sull’impatto ambientale del tabacco, dalla coltivazione, alla produzione, alla distribuzione e ai rifiuti, dando ai consumatori di tabacco un motivo in più per smettere di fumare.

Anche le piante, infatti, “muoiono” a causa del fumo: ogni anno 600 milioni di alberi vengono abbattuti per produrre sigarette e, sempre a questo scopo, si consumano 22 miliardi di litri d’acqua.

Il fumo, poi, è collegato all’emissione di 84 milioni di tonnellate di CO2. Insomma, se non riusciamo a farlo per noi, facciamolo almeno per gli altri e per il pianeta. Ecco alcuni consigli per capire come smettere.

Un fumatore su due morirà proprio per ragioni collegate a questa pessima abitudine, che è anche la prima causa di morte evitabile e la seconda causa di morte complessiva. Smettere di fumare è un modo per prendersi cura non solo di noi stessi e delle persone che ci circondano, ma anche dell’ambiente.

Il fumo è responsabile di malattie mortali che potrebbero essere evitate. Tra le patologie più diffuse tra i fumatori, ci sono il tumore del polmone, del cavo orale e della gola, del pancreas, del colon, della vescica, del rene, dell’esofago, del seno e di alcune leucemie.

Secondo la Fondazione AIRC per la Ricerca sul Cancro, nel nostro Paese il tumore del polmone è la prima causa di morte per neoplasia, con 34mila decessi stimati solo per il 2021.

Come smettere di fumare? Ecco i 10 consigli del Ministero della Salute

A stilare i 10 consigli per smettere di fumare è il Ministero della Salute. Un vademecum da seguire magari proprio in vista della Giornata mondiale senza tabacco.

  1. Smettere di fumare è possibile.
  2. Il desiderio impellente della sigaretta dura solo pochi minuti.
  3. I sintomi dell’astinenza si attenuano dopo sette giorni.
  4. Già dopo 20 minuti dalla cessazione del fumo ci sono effetti benefici.
  5. Smettere di fumare non significa ingrassare.
  6. Quando si smette di fumare, è meglio bere molto, ridurre il consumo di zuccheri e grassi, aumentare il consumo di frutta e verdura, e fare lunghe passeggiate.
  7. Se non si riesce a smettere di fumare, è meglio parlarne col medico di famiglia.
  8. Il medico di famiglia può indirizzare anche al più vicino Centro Anti Tabacco.
  9. Le ricadute non devono scoraggiare.
  10. Non fumare non arricchisce solo in salute, ma anche economicamente.

Nonostante le campagne d’informazione, in Italia ci sono ancora 11 milioni di fumatori – circa il 20% della popolazione nazionale. In Italia un ragazzo su cinque tra i 13 e i 15 anni fuma quotidianamente e il 18% fa uso di sigarette elettroniche, spesso percepite come meno nocive rispetto alle sigarette tradizionali. In realtà, i dati ad oggi disponibili suggeriscono che si tratti di prodotti sfavorevoli sia per quanto concerne la sicurezza sia per la salute pubblica.

Strumenti di supporto per smettere di fumare:

I Centri Antifumo sono servizi che offrono trattamenti integrati (terapie farmacologiche e supporto psicologico individuale o di gruppo) per smettere di fumare. L’Istituto Superiore di Sanità censisce e aggiorna dal 2000 la rete dei Centri Antifumo per offrire al cittadino informazioni sempre aggiornate sui dati anagrafici dei Centri, l’offerta assistenziale, la modalità di accesso ai servizi. Tutti i servizi presenti in questa mappa appartengono al Servizio Sanitario Nazionale (SSN), alla Lega Italiana Lotta contro i Tumori (LILT) o al privato sociale.
Per la mappa dei centri Antifumo: https://smettodifumare.iss.it/it/centri-antifumo/

Per chi desidera smettere di fumare, è attivo dalle 10 alle 16 il Telefono Verde contro il Fumo 800554088 dell’Osservatorio fumo, alcol e droga dell’Istituto Superiore di Sanità. Si tratta di un servizio gratuito e anonimo che si rivolge a tutti: fumatori e loro familiari, ex fumatori, persone esposte a fumo passivo, e a chiunque voglia ricevere informazioni sul tema.
https://www.iss.it/numeri-verdi/-/asset_publisher/LXvuDqwiaG9G/content/telefono-verde-contro-il-fumo-2

Esiste inoltre la piattaforma web “smettodifumare” che facilita l’incontro tra la domanda dei cittadini e l’offerta dei servizi di cura sul territorio.
https://smettodifumare.iss.it/it/

Per chi ha un tumore e vuole porre una domanda a un esperto, la Lega Italiana per la Lotta contro i Tumori (Lilt) ha messo a disposizione il numero verde Sos Lilt, gratuito e anonimo, 800998877, dedicato ai pazienti alle loro famiglie. La linea vede la collaborazione di specialisti in ambito oncologico pronti a rispondere a domande e dubbi su prevenzione, diagnosi, terapie e riabilitazione. Il numero è attivo dal lunedì al venerdì dalle 10:00 alle 15:00; in alternativa si può scrivere una mail all’indirizzo sede.centrale@lilt.it.

 Ufficio Stampa AIPO-ITS

LE SOSTANZE REPROTOSSICHE

Da Dors

Si definiscono reprotossiche le sostanze tossiche per la riproduzione, in grado cioè di avere un’influenza negativa sulla capacità di uomini e donne di riprodursi e di alterare lo sviluppo del bambino durante la gestazione e dopo la nascita.

Fino ad oggi la protezione dei lavoratori esposti a sostanze reprotossiche (in Unione europea si stima possano essere tra i 2 e i 3 milioni) si limitava alle disposizioni di ordine generale della Direttiva 98/24/CE sugli agenti chimici. Tale direttiva, ad esempio, non imponeva misure preventive sulle lavoratrici gestanti prima che queste avessero informato il datore di lavoro. Da tempo si lavora per includere le sostanze reprotossiche nella più restrittiva Direttiva 2004/37/CE sugli agenti cancerogeni o mutageni.

Analogamente agli agenti cancerogeni o mutageni, le sostanze tossiche per la riproduzione sono sostanze estremamente preoccupanti, che possono avere effetti gravi e irreversibili sulla salute dei lavoratori.

Può essere quindi considerata una buona notizia l’entrata in vigore il 5 aprile 2022 della Direttiva (UE) 2022/431 del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la Direttiva 2004/37/CE con l’obiettivo di limitare l’esposizione dei lavoratori alle sostanze cancerogene, mutagene e, per la prima volta, alle sostanze reprotossiche. La stessa normativa stabilisce anche nuovi limiti di esposizione nei luoghi di lavoro di tutta l’Unione e affronta anche il problema degli HMP (Hazardous Medicinal Products), cioè i medicinali pericolosi la metà dei quali reprotossici: gli operatori sanitari che preparano HMP dovranno ricevere una formazione adeguata per maneggiare tali medicinali in modo sicuro.

APPROFONDISCI QUI SU DORS:

https://www.dors.it/page.php?idarticolo=3794

AGENTI CANCEROGENI E MUTAGENI : LA NUOVA DIRETTIVA EUROPEA.

Modificata la direttiva 2004/37/Ce per effetto della pubblicazione della direttiva (Ue) 2022/431. Rafforzati gli obblighi per i datori di lavoro.

Agenti cancerogeni o mutageni: novità per la legislazione. È l’effetto della pubblicazione della «direttiva (Ue) 2022/431 del Parlamento europeo e del Consiglio del 9 marzo 2022 che modifica la direttiva 2004/37/Ce sulla protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti da un’esposizione ad agenti cancerogeni o mutageni durante il lavoro» (in G.U.C.E. L del 16 marzo 2022, n. 88).

Tra le novità:

  • l’aggiunta di nuove lettere recanti le definizioni di «sostanza tossica per la riproduzione», «sostanza tossica per la riproduzione priva di soglia», «sostanza tossica per la riproduzione con valore soglia», «valore limite biologico» e «sorveglianza sanitaria»;
  • la nuova definizione di «valore limite»;
  • un rafforzamento degli obblighi in capo ai datori di lavoro;
  • l’articolo 16-bis «Identificazione delle sostanze tossiche per la riproduzione prive di soglia e con valore soglia»;
  • la sostituzione dell’art. 18-bis «Valutazione”

La direttiva (UE) 2022/431 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 9 marzo 2022 dovrà essere recepita in Italia entro il 5 aprile 2024 e contiene novità che impatteranno su molte imprese, al fine tutelare meglio i lavoratori esposti ad agenti cancerogeni o mutageni durante il lavoro. 

DOSSIER AMIANTO

in occasione della giornata mondiale delle vittime di amianto che viene celebrata il 28 aprile riportiamo uno speciale pubblicato dalla rivista Wired

A trent’anni dalla messa al bando in Italia della fibra minerale cancerogena, uno dei più pericolosi inquinanti, cosa è stato fatto? La mappatura dei siti contaminati resta incompleta, raddoppiano i morti causati dalle malattie asbesto-correlate. E le bonifiche vanno a rilento

Lo ha ribadito il Parlamento europeo, lo confermano gli ultimi dati epidemiologici raccolti in Italia. C’è un’altra “epidemia” in atto. È quella causata dall’amianto, minerale fibroso cancerogeno, usato in edilizia e nell’industria, ritenuto per troppo tempo indistruttibile ed “eterno”. Per aver respirato le sue fibre, mille volte più sottili di un capello, disperse dentro e fuori le abitazioni, scuole, ospedali, nei luoghi di lavoro, in Europa muoiono ogni anno almeno 80mila persone. In Italia, tra il 2010 e il 2016, sono stati 4.410 decessi all’anno, secondo quanto elaborato dall’Istituto superiore di sanità (Iss), attribuibili all’esposizione da amianto, detto anche asbesto per tumori cancerogeni maligni come il mesotelioma, causato esclusivamente dall’amianto e le cosiddette malattie dette “asbesto-correlate”.

Tra queste l’asbestosi e i tumori ai polmoni e alle ovaie, a cui si aggiungono con il giudizio di “possibile cancerogenicità” i tumori della faringe, dello stomaco e del colon-retto. Malattie che non è possibile prevenire se non attraverso l’eliminazione delle fibre nocive dall’aria che respiriamo. Il lunghissimo tempo di latenza dell’insorgenza delle neoplasie, che possono manifestarsi tra i venti e i quarant’anni dall’esposizione ambientale alla polvere d’amianto, rende impossibile ogni altra forma di prevenzione. Sebbene il nostro Paese sia uno dei primi al mondo ad averlo messo al bando con la legge 257 del 27 marzo 1992, resta tuttora quello con il maggior numero di casi di mortalità ascrivibili alla fibra killer.

L’inchiesta:

Un problema sottostimato

Anche in tempo di pandemia, i dati epidemiologici sono più che allarmanti e restano tuttora sottostimati, anche perché permane, come commentano gli stessi addetti ai lavori, una diffusa negligenza nelle diagnosi. Secondo i dati storici raccolti da Inail nel registro nazionale sui mesoteliomi (Renam), tumori unicamente causati dalle fibre d’amianto, che possono colpire i tessuti molli del nostro organismo come il peritoneo, la pleura e il pericardio, sono stati diagnosticati tra il 1993 e il 2018, ben 31.572 casi. Il 56,7% dei quali è concentrato in Lombardia (6653), Piemonte (5084), Liguria (3263) ed Emilia-Romagna (2873).

Ma se quasi il 70% dei casi è riconducibile a coloro che hanno lavorato in ambienti di lavoro contaminati, il 10% è stato identificato tra chi ha respirato amianto solo per aver convissuto in ambito familiare con una persona esposta in ambito professionale, oppure per cause ambientali. Mentre per il 20% l’ambito di esposizione è completamente ignota.

Inoltre, gli epidemiologi dell’Iss hanno individuato la mortalità precoce per mesotelioma come “indicatore” di esposizione ambientale all’amianto nei bambini. Tra il 2003 e il 2016 sono stati registrati 487 decessi tra gli under 50, persone residenti in 357 comuni tra i circa 8.000 esistenti, situati all’interno delle regioni a maggior rischio per la presenza sul territorio di importanti sorgenti di asbesto, come il Piemonte, la Lombardia, la Liguria e il Friuli Venezia Giulia, ma anche nuove aree potenzialmente a rischio. Individui che hanno “respirato amianto” in età pediatrica senza saperlo. Ragione già di per sé sufficiente per accelerare mappatura e bonifiche.

Tra i lavoratori maggiormente colpiti rimangono poi quelli edili, visto la presenza massiccia di amianto negli edifici costruiti prima del 1992. Un ulteriore approfondimento epidemiologico segnala come ci sia un trend crescente di mesoteliomi tra i lavoratori nel settore costruzioni, passato dal 15.8% dei casi nel periodo tra il 1992 e il 1998 al 23.9% tra il 2014 e il 2018.

Il Green deal passa anche dalla bonifica dell’amianto

Proprio il Parlamento europeo lo scorso 20 ottobre ha emesso una risoluzione che Commissione e stati membri dovranno fare propria quanto prima, a partire dalla sorveglianza epidemiologica sui lavoratori e tra tutti coloro che, per vari motivi, ne sono e ne saranno ancora a contatto. Il testo prevede il riconoscimento e indennizzo delle malattie correlate all’amianto, oltre che la verifica della presenza della fibra killer prima dei lavori di ristrutturazione energetica e della vendita o locazione di un immobile. Norme basilari, anche alla luce dell’ondata di riqualificazione degli edifici, innescata dal Green deal europeo e dal programma Next Generation Europe.

Una cosa è certa: il largo uso di amianto per l’edilizia in Italia, prima del divieto, rende la probabilità di esposizione per gli addetti alle bonifiche una preoccupazione reale ancora oggi. In particolare, per coloro che lavorano nella manutenzione e nella rimozione di vecchi edifici, senza sapere di venir a contatto con l’asbesto.

La risoluzione sottolinea, inoltre, che l’Agenzia europea per le sostanze chimiche (Echa) riconosce che l’amianto è un agente cancerogeno senza un livello soglia, (basta quindi potenzialmente una singola fibra per essere esposti), mentre il regolamento Reach ha specificato che la fabbricazione, la vendita e l’uso di fibre di amianto e di prodotti contenenti tali fibre intenzionalmente aggiunte sono vietati e si dovrà garantire la completa eliminazione dei prodotti di amianto, dagli stati membri, a decorrere dal 1° luglio 2025.

La mappa dei siti contaminati che non c’è

L’amianto, quindi, non è solo una pesante eredità del nostro passato industriale, ma resta un dramma dei giorni nostri che ricade e ricadrà anch’esso, sulle spalle delle nuove generazioni. La diffusione della fibra minerale cancerogena, infatti, sembra ancora più estesa di quanto non avevamo scritto nel 2015, nell’inchiesta di Wired Italia Il prezzo dell’amianto. La mappatura dei siti contaminati, indispensabile per identificare le aree da bonificare con la massima urgenza tra cui scuole, ospedali, caserme, rimane ancora incompleta o non accessibile per i cittadini, le associazioni delle vittime e i giornalisti.

Secondo i calcoli della direzione prevenzione del ministero della Salute, per bonificare in un anno gli oltre 23 milioni di tonnellate da amianto, quantificate nel 1992, occorrerebbero circa un milione e 700mila operatori. Mentre attualmente gli addetti alle bonifiche in Italia sono meno di 30mila. Come a dire che, di questo passo, ci vorranno ancora tra i sessanta e cento anni per completare le bonifiche nel nostro Paese.

I dati che mancano

A oggi, le stime ufficiali riportate nelle sezioni del sito web del ministero della Transizione ecologica (Mite), sia quella dedicata ai siti contaminati di interesse nazionale (Sin) che quella dedicata al Piano nazionale amianto (Pna), varato nel 2012 e mai messo davvero in pratica, parlano ancora di 108mila siti contaminati e solo 7.905 siti bonificati al 30 dicembre 2020. Eppure già nel 2018 Legambiente con il rapporto Liberi dall’amianto era riuscita a quantificare, proprio dai dati ottenuti mediante dei questionari somministrati alle stesse regioni, una stima di 370mila siti contaminati, pari circa a 57 milioni di metri quadrati di coperture di cemento-amianto.

Dati che dovrebbero essere comunicati puntualmente dalle amministrazioni regionali al Mite il 30 giugno di ogni anno. Ma, mentre alcune regioni, come il Piemonte, hanno reso disponibili i dati in formato open data e geolocalizzato, in alcuni casi non sono mai stati aggiornati negli ultimi 5 anni, come per la Lombardia che pure da sola aveva quantificato, già nel 2013. Circa 149mila siti. Solo parzialmente, quindi, i cittadini possono reperire informazioni sui siti delle regioni, delle agenzie regionali per l’ambiente (Arpa) e del proprio comune di residenza, nell’attesa che il nuovo portale Info amianto pa, avviato nel 2020 dal Mite venga reso disponibile e aperto alla consultazione.

Secondo Nicola Pondrano, già presidente nazionale del Fondo nazionale vittime amianto e responsabile della sezione previdenza dell’Associazione familiari e vittime dell’amianto di Casale Monferrato, come riferito recentemente in audizione al senato, una stima reale, conteggiando tutti gli immobili industriali, potrebbe essere, circa un milione di siti contaminati.

Tuttora, infatti, è in corso alla Corte di cassazione di Novara, uno dei processi Eternit Bis, che vede sul banco degli imputati il magnate svizzero Schmidheiny, patron della multinazionale, per la morte di 392 cittadini e lavoratori di Casale Monferrato. Procedimento avviato nel 2015, dopo che, un anno prima, la prescrizione aveva invalidato il primo processo per disastro innominato con 2889 parti lese. È invece dello scorso 6 aprile la sentenza di condanna per omicidio colposo in primo grado, a suo carico, per un solo lavoratore, deceduto a causa del mesotelioma per l’Eternit di Bagnoli (Napoli), dove esisteva un’altra sede dello stabilimento, così come a Cavagnolo (Torino) e Rubiera (Reggio Emilia).

Lo scheletro della Fibronit di Bari non esiste più

Bari, lo scheletro della Fibronit, copertina dell’inchiesta Il prezzo dell’amianto, è stato abbattuto. Finalmente, come abbiamo appreso dal Comitato cittadino Fibronit, verranno avviati i lavori per la realizzazione del “Parco della rinascita”, intitolato alle vittime.

Broni, in Lombardia, minuscola cittadina della provincia pavese, ma con la più alta incidenza di mortalità per mesotelioma d’Italia, cinquanta vittime all’anno per poco più di novemila abitanti nel 2021, è stata completata la messa in sicurezza dello stabilimento Fibronit. Oltre altri due importanti poli contaminati, quali l’ospedale e il polo scolastico Biffi. Solo qualche anno fa, i ragazzi si recavano ancora a scuola nelle aule ricoperte d’amianto. Bologna, invece, a causa dell’inquinamento da asbesto alle Officine Grandi Riparazioni, di proprietà di Ferrovie dello Stato, è stata anch’essa riconosciuta come sito di interesse nazionale. Ma le bonifiche devono ancora iniziare.