CANCEROGENI E MUTAGENI

AUMENTO RISCHIO CANCRO NEGLI ASSISTENTI DI VOLO

Le persone che lavorano a bordo di un aereo hanno più probabilità di sviluppare un tumore.

Pericolo di cancro per tutti gli individui che di professione fanno le hostess o gli steward. Secondo una ricerca condotta presso l’università Harvard T.H. Chan School of Public Health, infatti, il rischio di sviluppare una qualsiasi forma di tumore aumenta a causa di vari fattori tra cui le radiazioni dovute all’altitudine e l’irregolarità dell’orologio biologico per via dei turni di lavoro.

«Il nostro studio è tra i più vasti che siano mai stati effettuati in relazione agli assistenti di volo ed una vasta gamma di tumori», ha dichiarato la dottoressa Irina Mordukhovich. «I nostri risultati confermano ciò che già sapevamo da ricerche passate, ovvero che la prevalenza di tumori al seno e della pelle tra le hostess e gli steward è maggiore rispetto a quella della popolazione generale. Sono risultati molto sorprendenti, dato il basso tasso di sovrappeso e di fumatori in questa categoria professionale».

Per lo studio sono stati presi in esame oltre 5mila assistenti di volo impiegati in America: ad uno su 7 è stato diagnosticato un tumore.

Il rischio per loro è del 3.4% per il cancro al seno, rispetto al 2.3% per la popolazione generale; lo 0.15% contro lo 0.13% per un carcinoma dell’utero, l’1% contro lo 0.7% per i carcinomi della cervice; lo 0.47% contro lo 0.27% per i tumori all’intestino, e alla tiroide lo 0.67% contro lo 0.56%.

Tra gli altri fattori presi in considerazione, la cattiva qualità dell’aria all’interno della cabina, le radiazioni ad elevata altitudine, lo squilibrio dell’orologio biologico, i pattern di lavoro irregolari e anti-sociali.

La ricerca è stata pubblicata nella rivista scientifica Environmental Health.

______________________________________________________________________________________

TECO MILANO :

Quando si parla di sicurezza sul lavoro, ambiente, medicina del lavoro e formazione Teco Milano srl è il riferimento giusto per chi cerca un partner adatto.

info@tecomilano.it      Telefono 02 48958304

AGENTI CANCEROGENI :quali sono i passi in avanti della direttiva 2019/130?

Un intervento riporta l’attenzione sull’importanza delle recenti modifiche alla direttiva 2004/37/CE sui rischi derivanti da un’esposizione ad agenti cancerogeni o mutageni. Le novità nella lista dei cancerogeni e nei valori limite di esposizione.

Milano, 11 Feb – Nel 2016 la Commissione Europea ha segnalato che la prima causa di morte correlata al lavoro sono i tumori e che il numero di morti attribuibili ai tumori professionali nell’Unione Europea supera addirittura i centomila all’anno.

Di fronte a questi dati, e in relazione alla necessità di migliorare la prevenzione, il nostro giornale torna periodicamente a parlare delle novità normative in materia di agenti cancerogeni e mutageni.

Torniamo dunque a parlare della recente Direttiva (UE) 2019/130, che ha modifica la Direttiva 2004/37/CE sulla protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti da un’esposizione ad agenti cancerogeni o mutageni durante il lavoro, con riferimento ad un intervento al workshop “La nuova Direttiva cancerogeni 2019/13” che, organizzato dalla Associazione Ambiente e Lavoro e dalla Consulta CIIP, si è tenuto a Milano il 6 giugno 2019.

 

Nell’articolo ci soffermiamo in particolare sui seguenti argomenti:

Le novità normative in materia di agenti cancerogeni o mutageni

Nell’intervento “Le novità introdotte dalla nuova Direttiva cancerogeni”, a cura dell’Ing. Gianandrea Gino (Studio SIRT Milano, membro del Consiglio direttivo AIDII), si ricorda che la Direttiva (UE) 2019/130 “modifica la 2004/37/CE sulla protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti da un’esposizione ad agenti cancerogeni o mutageni”.

Inoltre la direttiva:

  • “è destinata ad avere un importante impatto igienistico-occupazionale sotto diversi profili e in molteplici attività produttive
  • dovrà essere recepita entro il 2021, modificando il D.Lgs 81/2008 (Titolo IX Capo II)
  • da subito è raccomandabile l’adeguamento programmatico dei sistemi di gestione SSL e DVR”.

Prendiamo dall’intervento uno schema relativo alle variazioni apportate al previgente testo della direttiva 2004/37/CE e alle corrispondenze nel D.Lgs. 81/2008:

Si ricorda poi la presenza di 31 considerando, che hanno la funzione di motivare le norme dell’atto legislativo, e si sottolinea la formazione del supporto tecnico-scientifico:

  • “SCOEL – Comitato scientifico per i limiti d’esposizione professionale
  • CCSS – Comitato Consultivo per la Sicurezza e la Salute sul lavoro (tripartito Governi + Sindacati + Datoriali)
  • IARC – Agenzia Internazionale di Ricerca sul Cancro”.

 

L’intervento si sofferma anche sul riconoscimento degli Accordi delle Parti Sociali:

  • “L’accordo sulla protezione della salute dei lavoratori attraverso la manipolazione e l’uso corretti della silice cristallina e dei suoi prodotti (NEPSI- European Network for Silica), e altri … costituiscono validi strumenti a complemento delle misure normative.
  • Anche se l’attuazione di detti accordi non dovrebbe costituire una presunzione di adempimento degli obblighi.
  • È opportuno che sul sito web dell’Agenzia europea per la sicurezza e la salute sul lavoro (EU-OSHA) sia pubblicato un elenco degli accordi”.

 

Riprendiamo a questo proposito il contenuto dell’articolo 13 bis (Accordi delle parti sociali) aggiunto alla direttiva 2004/37/CE: ‘Gli accordi delle parti sociali eventualmente conclusi nell’ambito della presente direttiva sono elencati nel sito web dell’Agenzia europea per la sicurezza e la salute sul lavoro (EU-OSHA). L’elenco è aggiornato periodicamente’.

 

Le novità nella lista degli agenti cancerogeni

Veniamo poi alla modifica dell’Allegato I “Elenco di sostanze, miscele e procedimenti”.

 

Il relatore segnala che si allunga l’elenco dei cancerogeni.

Infatti “vi sono sufficienti elementi di prova della cancerogenicità degli oli minerali usati nei motori a combustione interna per lubrificare e raffreddare le parti mobili all’interno del motore:

  • Lo SCOEL ha individuato la possibilità che tali oli siano assorbiti in misura significativa attraverso la pelle e concluso che l’esposizione professionale avviene per via cutanea …
  • Il CCSS ha convenuto che gli oli motore minerali usati dovrebbero essere aggiunti alle sostanze, miscele e procedimenti cancerogeni …”.

Inoltre “vi sono sufficienti elementi di prova della cancerogenicità delle emissioni di gas di scarico dei motori diesel derivanti dalla combustione di gasolio nei motori ad accensione spontanea:

  • Il CCSS ha convenuto che le emissioni di gas di scarico dei motori diesel tradizionali dovrebbero essere aggiunte alle sostanze, miscele e procedimenti cancerogeni e ha richiesto ulteriori indagini sugli aspetti scientifici e tecnici dei nuovi tipi di motori.
  • Lo IARC ha classificato i gas di scarico dei motori diesel come cancerogeni per l’uomo e ha precisato che, se è vero che l’entità di particolato e sostanze chimiche è ridotta nei nuovi tipi di motori diesel, non è però ancora chiaro in che modo le modifiche quantitative e qualitative possano incidere sulla salute.
  • Lo IARC ha precisato che il carbonio elementare, che costituisce una quota significativa di tali emissioni, è comunemente utilizzato come marcatore di esposizione.
  • Tenuto conto … e del numero di lavoratori esposti … definire un valore limite per le emissioni di gas di scarico dei motori diesel calcolato in base al carbonio elementare”.

Si ricorda poi – continua la relazione – che “le voci degli allegati … dovrebbero riguardare … tutti i tipi di motori diesel”.

Dunque, come indica la Direttiva 2019/130 nel primo articolo, all’allegato I della direttiva 2004/37/CE sono aggiunti i punti seguenti:

  • 7. Lavori comportanti penetrazione cutanea degli oli minerali precedentemente usati nei motori a combustione interna per lubrificare e raffreddare le parti mobili all’interno del motore.
  • 8. Lavori comportanti esposizione alle emissioni di gas di scarico dei motori diesel.

I valori limite di esposizione professionale

Veniamo infine ai valori limite di esposizione professionale (VLE).

Si segnala che, con riferimento alla direttiva 2019/130:

  • per la maggior parte degli agenti cancerogeni e mutageni “non è scientificamente possibile individuare livelli al di sotto dei quali l’esposizione non produrrebbe effetti nocivi”;
  • nonostante la fissazione di VLE non elimini i rischi per la salute e la sicurezza dei lavoratori (rischio residuo), contribuisce comunque ad una riduzione significativa dei rischi nell’ambito di un approccio graduale …
  • si introducono 2 tipologie di cancerogeni senza VLE inalatorio con il solo riferimento all’assorbimento cutaneo”.

Altre indicazioni relative ai valori limite di esposizione professionale:

  • “Individuati sulla base delle informazioni disponibili:
    • dati scientifici e tecnici
    • fattibilità economica,
    • valutazione approfondita dell’impatto socioeconomico
    • disponibilità di protocolli e tecniche di misurazione dell’esposizione
  • Principio di precauzione ove vi siano incertezze.
  • Gli Stati membri hanno facoltà di stabilire VLE vincolanti o altre misure di protezione più rigorosi”.

Nella relazione è ripreso integralmente il contenuto dell’articolo 235 del D.Lgs. 81/2008:

Articolo 235 – Sostituzione e riduzione

1. Il datore di lavoro evita o riduce l’utilizzazione di un agente cancerogeno o mutageno sul luogo di lavoro in particolare sostituendolo, se tecnicamente possibile, con una sostanza o una miscela132 o un procedimento che nelle condizioni in cui viene utilizzato non risulta nocivo o risulta meno nocivo per la salute e la sicurezza dei lavoratori.

2. Se non è tecnicamente possibile sostituire l’agente cancerogeno o mutageno il datore di lavoro provvede affinché la produzione o l’utilizzazione dell’agente cancerogeno o mutageno avvenga in un sistema chiuso purché tecnicamente possibile.

3. Se il ricorso ad un sistema chiuso non è tecnicamente possibile il datore di lavoro provvede affinché il livello di esposizione dei lavoratori sia ridotto al più basso valore tecnicamente possibile. L’esposizione non deve comunque superare il valore limite dell’agente stabilito nell’ALLEGATO XLIII.

 

E si sottolineano alcune parti degli articoli 236 e 237:

  • Art. 236/81 – … La valutazione del rischio deve tener conto di tutti i possibili modi di esposizione, compreso quello in cui vi è assorbimento cutaneo.
  • Art. 237/81 – Il DdL … d) provvede alla misurazione di agenti cancerogeni o mutageni per verificare l’efficacia delle misure di cui alla lettera … con metodi di campionatura e di misurazione conformi alle indicazioni …

Questo il futuro dei VLE:

  • “Riesame alla luce del REACH
  • Pareri dell’Agenzia europea per le sostanze chimiche (ECHA)
    • RAC Comitato per la valutazione dei rischi
    • SEAC Comitato per l’analisi socioeconomica
  • Tener conto … , ove disponibili, dei DNEL – Livelli derivati senza effetto”

Riprendiamo dalle slide una sintesi della Direttiva:

 

In definitiva, conclude la relazione, siamo di fronte ad una direttiva importante che:

  • “riporta al centro dell’attenzione i rischi CMR (e non solo) per una valutazione senza banalizzazioni” (i rischi CRM sono i rischi associati all’esposizione a sostanze cancerogene, mutagene o tossiche per la funzione riproduttiva, ndr)
  • “oltre ad un impatto quali-quantitativo importante quanto pragmatico, introduce un’interessante prospettiva evolutiva correlata con le conoscenze scientifiche
  • da queste premesse emerge, ad esempio, la necessità di trovare un’identificazione condivisa, fondata, trasparente, autorevole, del confine fra esposti, potenzialmente esposti e non esposti”.

RTM
Scarica il documento da cui è tratto l’articolo:

“ Le novità introdotte dalla nuova Direttiva cancerogeni”, a cura dell’Ing. Gianandrea Gino (Studio SIRT Milano, membro del Consiglio direttivo AIDII), intervento al convegno La nuova Direttiva cancerogeni 2019/13” (formato PDF, 637 kB).

Scarica la normativa di riferimento:

Direttiva (UE) 2019/130 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 16 gennaio 2019 che modifica la direttiva 2004/37/CE sulla protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti da un’esposizione ad agenti cancerogeni o mutageni durante il lavoro

www.puntosicuro.it

I LIMITI DELLA RADIOPROTEZIONE NELLA ATTUALE NORMATIVA

da quotianosanità


16 febbraio
Di seguito il paragrafo dedicato al tema della radioprotezione per gli operatori della sanità tratto dal documento della Consulta Italiana Interassociativa della Prevenzione

La normativa in materia di radioprotezione non è stata inclusa nel D.Lgs. 81/08 per una serie di motivi che non analizzeremo in questa sede.

La mancata integrazione ha sicuramente creato problemi di coordinamento tra gli adempimenti previsti dalle due norme e tra le figure deputate ad assolverli, con duplicazione di interventi; basti pensare alla duplicazione degli accertamenti sanitari rispettivamente previsti dalle due norme e della relativa documentazione, alla duplicazione di documenti di valutazione dei rischi che, non integrandosi, fanno venir meno l’obbiettivo di completezza richiamato nell’art. 28 del D.Lgs 81/08.

In attesa della indispensabile integrazione e armonizzazione delle due norme è auspicabile che nella prassi quotidiana vengano messi in atto tutti i possibili accorgimenti perché i principi fondamentali del Titolo I del D.Lgs. 81/08 siano guida anche per gli adempimenti in materia di radioprotezione.


Per quanto riguarda la sorveglianza sanitaria, è auspicabile che il DVR contenga anche la parte relativa alla radioprotezione e che il DVR così integrato costituisca la fonte di informazioni per il medico di Radioprotezione, al fine di renderlo edotto degli altri rischi specifici esistenti nelle attività lavorative così da poter formulare il proprio piano di sorveglianza sanitaria in forma coordinata anche con il piano di sorveglianza sanitaria per gli altri rischi. Indispensabile, ovviamente, lo stretto confronto con il Medico Competente anche per l’espressione dei giudizi di idoneità e dei provvedimenti conseguenti. Inoltre, anche la classificazione dell’esposizione dei lavoratori dovrebbe essere generata dalla valutazione integrata dei rischi.

Nell’ambito della sorveglianza dei lavoratori esposti alle radiazioni ionizzanti la classificazione necessita inoltre del contributo e parere tecnico dell’esperto qualificato come previsto dal comma 1 dell’art. 80 del D.Lgs. 230/95.

Per quanto riguarda l’esposizione occupazionale a radiazioni ionizzanti, se da una parte è nell’esperienza di molti medici competenti osservare una sovrastima della effettiva possibilità di ricevere dosi significative nei lavoratori di gruppo B ( spesso i controlli di dose su questi lavoratori mostrano esposizioni sovrapponibili a quelle della popolazione generale), dall’altra parte si sono sviluppate nell’ultimo ventennio, soprattutto in campo medico (ma non solo), molteplici attività che comportano, proprio per la tipologia e le finalità di utilizzo delle radiazioni, nonché per le particolari modalità di lavoro, livelli di esposizione dei lavoratori spesso elevati fino ai limiti stabiliti dalla normativa, con rilevanti problemi sanitari e medico-legali da gestire per il medico addetto alla sorveglianza.

Si ricordano, in particolare e a titolo di esempio, attività mediche in grande espansione come quelle dei cardiologi interventisti, degli endoscopisti interventisti, dei medici/tecnici di medicina nucleare o di terapia del dolore. Vale inoltre ricordare che, per il rischio da radiazioni ionizzanti, viene primariamente considerato il rischio espositivo potenziale in relazione alle aree e modalità di esposizione e che una vera valutazione individuale del rischio si può oggettivare solo a posteriori con il calcolo periodico (su base semestrale o annuale) delle dosi espositive rilevate.

D’altra parte, l’obbligo della sorveglianza medica in radioprotezione non è correlato necessariamente all’effettivo assorbimento di una dose, piccola che sia, quanto piuttosto alla suscettibilità di ricevere una dose (D.Lgs. n. 230/1995).

Pertanto, ai fini della sorveglianza medica della Radioprotezione1 è importante individuare tutte quelle condizioni di predisposizione, di meiopragia e di patologia conclamata che possono comportare il manifestarsi di una malattia da radiazioni o un peggioramento della salute di chi lavora. Il medico incaricato della Radioprotezione, nell’ambito dello specifico esercizio professionale, dovrebbe infatti confrontarsi con i due grandi capitoli della radiopatologia: i danni deterministici (graduati, a soglia o reazioni tissutali) e i danni stocastici (probabilistici).

Per i primi è possibile attuare una prevenzione totale, mantenendo le dosi a livelli inferiori alla dose soglia; per i secondi, ammettendo una relazione di causalità lineare senza soglia, si può ipotizzare soltanto la limitazione degli stessi.

Nella scelta degli accertamenti diagnostici riguardanti i danni deterministici non si può prescindere dal confronto tra i dati dosimetrici comunemente osservati e le specifiche soglie di dose.

Di grande importanza sono al riguardo i valori soglia indicati nelle pubblicazioni ICRP n. 41 del 1984 e n. 60 del 1990″ per l’esposizione singola di breve durata e per l’esposizione protratta e frazionata, sia annuale che totale. Per quanto riguarda gli effetti stocastici, va rilevato che il sistema di protezione radiologica (art. 2 del D.Lgs. n. 230/1995) è strettamente correlato all’ipotesi di relazione di tipo lineare senza soglia tra dose e probabilità di accadimento: ogni tipo di esposizione alle radiazioni ionizzanti dovrebbe essere mantenuto ai livelli più bassi ragionevolmente ottenibili, nell’assunzione che il danno stocastico si possa limitare riducendo le dosi, ma mai prevenire del tutto.

A questo va aggiunto il fatto che il danno stocastico radioindotto di tipo somatico (leucemie e tumori solidi) è aspecifico, a comparsa casuale e tardiva nella popolazione esposta e non è dimostrabile alle basse dosi attraverso l’evidenza epidemiologica.

Ne consegue che il medico dovrebbe confrontarsi, non soltanto con gli eventuali casi di tumore in eccesso dovuti all’irradiazione professionale, ma inevitabilmente e prevalentemente con i tumori cosiddetti “spontanei” o “naturali”, che si presentano nella comune popolazione con una mortalità del 30% ed oltre.

In questo contesto la sorveglianza medica della Radioprotezione acquisisce indubbiamente compiti istituzionali di tipo oncopreventivo.

NUOVE SVHC PER L’AGENZIA EUROPEA ECHA


Sono 4 le nuove sostanze che l’Agenzia europea delle sostanze chimiche (ECHA) ha inserito nel novero delle Substances of very high concern (SVHCs) (sostanze pericolose per i propri effetti su salute e ambiente).
Vediamo quali sono e le loro caratteristiche pericolose, mettendo anche in luce cosa succede ad una sostanza quando entra in questo novero di sostanze per le quali il mondo industriale dovrà richiedere specifica autorizzazione.

Il 16 gennaio l’ECHA ha aggiunto quattro nuove sostanze all’elenco di quelle candidate per l’autorizzazione: si tratta dell’elenco delle Substances of very high concern (SVHCs), sostanze che possono avere effetti gravi sulla salute umana o sull’ambiente, e che conta ora 205 voci.
Tre delle nuove quattro (Diisohexyl phthalate, 2-benzyl-2-dimethylamino-4′-morpholinobutyrophenone e 2-methyl-1-(4-methylthiophenyl)-2-morpholinopropan-1-one) sono state inserite per via del loro carattere di tossicità per la riproduzione.


La prima non era registrata al REACH, le altre sono utilizzate soprattutto nella produzione di polimeri.
La quarta sostanza (l’acido perfluorobutano solfonico (PFBS) e i suoi sali) è stata inserita vista la sua combinazione con altre proprietà problematiche e per i probabili e gravi effetti sulla salute umana e sull’ambiente, dando origine a un livello di preoccupazione equivalente a quello delle sostanze cancerogene, mutagene e reprotossiche (CMR), persistenti, bioaccumulabili e tossiche (PBT) e molto persistenti e molto bioaccumulabili (vPvB).
L’acido ed i suoi Sali sono per lo più usati come catalizzatori, additivi e reagentinella produzione di polimeri e in sintesi chimiche, o come ritardanti di fiamma nei policarbonati (per dispositivi elettronici).

Cosa vuole dire entrare nell’elenco delle Substances of very high concern (SVHCs)

Le sostanze presenti nell’elenco delle sostanze candidate all’autorizzazione sono anche note come sostanze “estremamente problematiche”: una volta inserite nell’elenco delle autorizzazioni, il mondo industriale dovrà richiedere l’autorizzazione per continuare a utilizzare la sostanza.
Anche le società devono tenere conto dell’inserimento di una sostanza nell’elenco delle SVHC in merito al suo utilizzo da sola, in miscele o articoli: i fornitori di articoli contenenti una delle sostanze pericolose al di sopra di una concentrazione dello 0,1% hanno obblighi di comunicazione verso i clienti e verso i consumatori. Inoltre, gli importatori e i produttori di articoli contenenti la sostanza hanno sei mesi dalla data della sua inclusione nell’elenco dei candidati (16 gennaio 2020) per notificarlo all’ECHA.

da insic.it

Per Echa clicca qui Link

——-

 

IL TUMORE ALLA VESCICA ANCHE ASSOCIATO ALLE ACQUE DI RUBINETTO

Da dottnet.it

In Europa uno su 20 sarebbe collegato a prodotti chimici presenti nell’acqua

CELLULARI E TUMORI : PER LA CORTE D ‘APPELLO ESISTE UN NESSO

Da la Stampa

TORINO. «Nuoce gravemente alla salute. A meno che non venga utilizzato correttamente». È questa l’etichetta che Roberto Romeo vorrebbe apporre sulle scatole dei cellulari.  Dipendente di Telecom Italia, ha passato la sua vita con il telefonino appiccicato all’orecchio. Anche per 4 o 5 ore al giorno. Poi si è ammalato. Ha scoperto di avere un neurinoma dell’acustico, tumore benigno, ma invalidante.

Il nesso
Tra le giornate passate al cellulare e il tumore al cervello c’è un nesso. Ad affermarlo è la Corte d’Appello di Torino che ha confermato la sentenza di primo grado del Tribunale di Ivrea con cui, nell’aprile 2017, i giudici avevano condannato l’Inail a corrispondere a Romeo una rendita vitalizia da malattia professionale. «Una sentenza storica, come lo era stata quella di Ivrea, la prima al mondo a confermare il nesso causa-effetto tra il tumore al cervello e l’uso del cellulare – spiegano gli avvocati Stefano Bertone e Renato Ambrosio dello studio Ambrosio&Commodo di Torino, che hanno seguito la vicenda – La nostra è una battaglia di sensibilizzazione sul tema. Manca informazione, eppure è una questione che interessa la salute dei cittadini».

Il rischio
Basta usare il cellulare 30 minuti al giorno per otto anni per essere a rischio. «Le persone – aggiungono gli avvocati – devono conoscere le possibili conseguenze di un utilizzo prolungato del telefonino, così da poter analizzare con consapevolezza il loro rapporto, e quello dei loro figli, con i cellulari e altri strumenti dannosi per la salute».

La Codacons, che commenta la sentenza della Corte d’Appello, chiede di inserire sulle confezioni dei telefoni cellulari indicazioni sulla pericolosità per la salute umana, come viene fatto sui pacchetti di sigarette. «Ancora una volta – afferma il presidente Carlo Rienzi – viene confermata la pericolosità dei cellulari per la salute umana. Dallo Iarc all’Oms, passando per i recenti studi condotti dal National Toxicology Program degli Stati Uniti (NTP) e dall’Istituto Ramazzini, tutti gli enti di ricerca affermano senza ombra di dubbio come l’esposizione alle onde elettromagnetiche prodotte dai telefonini sia potenzialmente cancerogena». «I cittadini – conclude Rienzi – hanno ora il diritto di essere informati riguardo i rischi che corrono, e per tale motivo non basta avviare campagne informative: serve apporre sulle confezioni dei telefonini avvisi circa i rischi per la salute, al di pari di quanto già avviene con i pacchetti di sigarette».

Il parere dell’Istituto Superiore della Sanità
L’uso prolungato dei telefoni cellulari, su un arco di 10 anni, non è associato all’incremento del rischio di tumori maligni (glioma) o benigni (meningioma, neuroma acustico, tumori delle ghiandole salivari). E’ quanto è emerso dall’ultimo Rapporto Istisan “Esposizione a radiofrequenze e tumori” curato da Istituto superiore di sanità, Arpa Piemonte, Enea e Cnr-Irea, pubblicato lo scorso agosto che arriva ad una conclusione differente rispetto a quello della Corte d’Appello di Torino secondo cui l’uso prolungato del telefono cellulare può causare tumori alla testa.

I dati attuali, tuttavia, si precisa nello studio, «non consentono valutazioni accurate del rischio dei tumori intracranici e mancano dati sugli effetti a lungo termine dell’uso del cellulare iniziato durante l’infanzia». Si tratta del più recente studio pubblicato sul tema, ma le ricerche in merito all’eventuale nesso tra telefonini e tumori sono in corso da oltre 20 anni.

GESTIONE DEL RISCHIO CHIMICO E CANCEROGENO IN SANITÀ ALLA CLINICA DEL LAVORO DI MILANO

Segnaliamo il convegno “GESTIONE DEL RISCHIO CHIMICO E CANCEROGENO IN SANITÀ “ che si terrà presso la Clinica del Lavoro di Milano il giorno 28 novembre 2019.

Qui di seguito il programma:

_______________________________________________________________________________________

TECO MILANO :

Quando si parla di sicurezza sul lavoro, ambiente, medicina del lavoro e formazione Teco Milano srl è il riferimento giusto per chi cerca un partner adatto.

info@tecomilano.it      Telefono 02 48958304

SEMI DI UVA CONTRO IL MESOTELIOMA

I semi di Aglianico sono molto ricchi in proantocianine che sono in grado di indurre nel mesotelioma meccanismi di apoptosi

Nuove prospettive per la lotta al mesotelioma maligno, una forma rara e aggressiva di tumore che colpisce il mesotelio, tessuto che riveste gran parte degli organi interni. Uno studio di Enea, Cnr e Universita’ “Federico II” di Napoli (Unina) ha dimostrato che alcune molecole contenute nei semi degli acini (vinaccioli) delle uve di Aglianico e Falanghina sono capaci di bloccare la crescita di cellule di mesotelioma e potrebbero essere in grado di aumentare l’ efficacia delle terapie farmacologiche standard (chemioterapia) utilizzate per il trattamento di questo tumore. La ricerca e’ stata pubblicata sulla rivista Journal of Functional Foods”.

In particolare, dagli studi dell’ Enea volti a caratterizzare gli estratti metabolici ottenuti da bucce e vinaccioli delle due varieta’ di vite campane, e’ emerso che soprattutto i semi di Aglianico sono molto ricchi in proantocianine (speciali molecole dalle spiccate proprieta’ antiossidanti), che sono in grado di indurre nel mesotelioma meccanismi di apoptosi, cioe’ di morte cellulare, anche nei casi di linee tumorali che mostrano farmaco-resistenza. L’ indagine molecolare condotta dall’ equipe di genetisti del Dipartimento di Agraria dell’ Unina ha evidenziato una elevata attivita’ dei geni associati alla biosintesi delle proantocianidine. In accordo con i dati sui metaboliti, l’ espressione di tali geni e’ apparsa fortemente influenzata dal tessuto (maggiore nei vinaccioli anziche’ nelle bucce) e dal vitigno (superiore in Aglianico rispetto a Falanghina).

Una precedente ricerca del Cnr di Napoli volto allo studio dell’ efficacia di un trattamento combinato di un antinfiammatorio con un chemioterapico, aveva evidenziato in specifiche cellule una marcata resistenza ai farmaci che ne limitava pesantemente l’ efficacia. Queste stesse cellule sono ora risultate sensibili al trattamento con gli estratti di vinaccioli. “Nonostante la rarita’ di questa malattia associata all’ esposizione alle fibre di amianto, l’ incidenza del mesotelioma aumenta nel mondo del 5,4 per cento l’ anno e la diagnosi e’ spesso tardiva, sia a causa della sintomatologia simile a quella di molte altre malattie, sia perche’ il tumore si sviluppa dopo un lungo periodo di latenza”, ha evidenziato Stefania Crispi del Cnr.

Dato che il mesotelioma mostra elevata chemio-resistenza, lo studio di nuovi approcci terapeutici basati sull’ uso di sostanze estratte dai vinaccioli in combinazione con chemioterapici puo’ rappresentare un nuovo strumento adiuvante nella lotta contro questa forma tumorale, soprattutto in considerazione della assenza di citotossicita’ nei confronti delle cellule sane“, aggiungono Gianfranco Diretto del Laboratorio Biotecnologie Enea e Riccardo Aversano del Dipartimento di Agraria dell’ Unina.

Da dottnet.it

fonte: Journal of Functional Foods

FOCUS SULLA NORMATIVA RADON

Per quanto riguarda le abitazioni, in Italia non esiste ancora una norma che stabilisca una soglia limite alla concentrazione di Radon indoor.

Per questo motivo, sarà utile delineare le principali direttive di riferimento, le leggi in vigore e capire come si fanno, a chi competono e quanto costano le misure dei valori di questo pericoloso gas.

Normativa radon, ecco i valori soglia

Per molti anni si è fatto riferimento alla Raccomandazione Euratom 143/90“Sulla tutela della popolazione contro l’esposizione al Radon in ambienti chiusi” della Commissione Europea, dove sono consigliati dei livelli soglia per le abitazioni esistenti (400 Bq/m3) e per quelle di nuova costruzione (200 Bq/m3). I livelli vanno intesi come valori medi annui di concentrazione di radon.

A seguito dei risultati dei numerosi studi epidemiologici effettuati negli ultimi 20 anni e della conseguente rivalutazione del rischio di tumore polmonare associato all’esposizione al radon nelle abitazioni, nel 2009 l’Oms ha pubblicato il rapporto “WHO Handbook on Indoor Radon: A Public Health Perspective”, nel quale si raccomanda che i Paesi adottino possibilmente un livello di riferimento di 100 Bq/m3 o comunque non superiore a 300 Bq/m3.

Il 17 gennaio 2014 è stata pubblicata la nuova direttiva della Comunità Europea “direttiva 2013/59/Euratom” dove si indica il livello di riferimento, oltre il quale si suggerisce di intraprendere azioni di risanamento. Tale livello è fissato a 300 Bq/m3 (sempre come media annua) per tutti gli ambienti chiusi, incluse le abitazioni.

Lo scorso luglio, la Commissione ha deferito l’Italia (unico paese UE a non aver adottato alcuna norma di recepimento) alla Corte di Giustizia UE per il mancato recepimento delle norme UE sulla radioprotezione. Il termine era già scaduto dal 6 febbraio 2018.

E nei luoghi di lavoro?

La legge che regola le concentrazioni di radon indoor negli ambienti lavorativi è il decreto legislativo n. 241 del 26 maggio 2000, “In materia di radiazioni ionizzanti”, che recepisce le direttive 89/618/Euratom, 90/641/Euratom, 92/3/Euratom e 96/29/Euratom, e che ha modificato i precedenti decreti 230/1995 e 187/2000.

Questa norma prevede, al capo III-bis, dall’art. 10-bis al 10-octies, disposizioni riguardanti le “attività lavorative nelle quali la presenza di sorgenti di radiazioni naturali conduce ad un significativo aumento dell’esposizione dei lavoratori”.

Tali attività comprendono:
– luoghi di lavoro interrati: attività lavorative durante le quali i lavoratori e, eventualmente, persone del pubblico sono esposti a prodotti di decadimento del Radon o del Toron, o a radiazioni gamma o ad ogni altra esposizione in particolari luoghi di lavoro quali tunnel, sottovie, catacombe, grotte e, comunque, in tutti i luoghi di lavoro sotterranei;
– luoghi di lavoro in zone a rischio Radon: attività lavorative durante le quali i lavoratori e, eventualmente, persone del pubblico sono esposti a prodotti di decadimento del Radon o del Toron (isotopo del Randon con peso atomico 220), o a radiazioni gamma o ad ogni altra esposizione in luoghi di lavoro diversi da quelli di cui alla lettera a) in zone ben individuate o con caratteristiche determinate;

– attività lavorative implicanti l’uso o lo stoccaggio di materiali abitualmente non considerati radioattivi, ma che contengono radionuclidi naturali e provocano un aumento significativo dell’esposizione dei lavoratori e, eventualmente, di persone del pubblico;
– attività lavorative che comportano la produzione di residui abitualmente non considerati radioattivi, ma che contengono radionuclidi naturali e provocano un aumento significativo dell’esposizione di persone del pubblico e, eventualmente, dei lavoratori;
– attività lavorative in stabilimenti termali o attività estrattive non disciplinate dal capo IV.

Nel decreto è imposta l’obbligatorietà delle misurazioni di radon indoor nei luoghi di lavoro in cui si svolgono le attività suddette, entro 24 mesi dall’inizio dell’attività: le misurazioni si intendono come concentrazioni di attività di radon medie in un anno.

I valori rilevati con tali misurazioni non devono superare il livello di azione fissato nell’allegato I-bis, ovvero 500 Bq/m3. Nel caso in cui i valori non superino il livello di azione, ma siano superiori all’80% di suddetto livello (quindi 400 Bq/m3), il datore di lavoro assicura nuove misurazioni nel corso dell’anno successivo.

Nel caso di superamento del livello di azione, l’esercente pone in essere azioni di rimedio idonee a ridurre le grandezze misurate al di sotto del predetto livello, e procede a nuove misurazioni al fine di verificare l’efficacia di tali azioni. Queste operazioni devono essere completate entro tre anni a partire dal rilascio della relazione tecnica redatta da un organismo riconosciuto.

Per le scuole

Il datore di lavoro non è tenuto alle azioni di rimedio se dimostra, avvalendosi di un esperto, che nessun lavoratore è esposto ad una dose superiore a quella indicata nell’allegato I-bis (3 mSv/anno); questa disposizione non si applica per gli esercenti di asili nido, scuola materna e scuola dell’obbligo, per i quali rimane il limite di 500 Bq/m3 (art. 10-quinquies, comma 5).

A chi rivolgersi per la misura?

I cittadini possono rivolgersi direttamente ad organismi di misura idoneamente attrezzati sia pubblici che privati ( es teco milano 02 48958304) chiedendo misurazioni di lungo periodo (generalmente un anno) mediante dosimetri passivi. Per maggiori indicazioni è possibile contattare le ARPA locali.

Da ediltecnico.it

EFSA : “RIVEDERE LA DOSE TOLLERABILE DEI PFAS NEI CIBI”

L’Efsa, l’Autorità europea per la sicurezza alimentare,  ha proposto di rivedere le assunzioni tollerabili di due contaminanti chimici, Pfoa e Pfos i per- e polifluoroalchilici più conosciuti come Pfas, a cui i consumatori sono esposti attraverso la catena alimentare a causa dell’inquinamento ambientale. La contaminazione è particolarmente acuta in diverse province del Veneto dove, a causa dello sversamento delle lavorazione della Miteni oggi chiusa, ha esposto la popolazione e la catena alimentare a un rischio prolungato

L’Authority, spiega in una altra nota ha acquisito la prima delle due valutazioni su queste sostanze e pertanto le conclusioni sono  provvisorie: “Questo primo parere scientifico riguarda i principali Pfas, noti come perfluoroottano sulfonato (Pfos) e acido perfluoroottanoico (Pfoa), due prodotti chimici artificiali, ampiamente utilizzati nelle applicazioni industriali e di consumo dalla metà del 20° secolo. Persistono nell’ambiente perché si degradano lentamente. Inoltre, possono accumularsi nel corpo umano, il che significa che possono essere necessari molti anni per eliminarli“.

La Commissione europea ha chiesto all’Efsa di riesaminare i rischi che i Pfas pongono alla salute umana utilizzando i dati resi disponibili dalla sua valutazione iniziale nel 2008. La produzione, l’immissione sul mercato e l’uso di Pfos sono regolati dalle leggi della Ue sugli inquinanti organici persistenti (Regolamento CE 850/2004). Le restrizioni relative alla fabbricazione e all’inserimento sul mercato di Pfoa entreranno in vigore il 4 luglio 2020, a seguito di valutazioni scientifiche dell’Agenzia europea per le sostanze chimiche (Echa).

__________________________________________

TECO MILANO :

Quando si parla di sicurezza sul lavoro, ambiente, medicina del lavoro e formazione Teco Milano srl è il riferimento giusto per chi cerca un partner adatto.

info@tecomilano.it      Telefono 02 48958304