OCULISTICA E LAVORO

L ‘ILLUMINAZIONE GIUSTA NEI LUOGHI DI LAVORO

da suva.ch

Per essere più produttivi e non affaticarsi eccessivamente occorrono condizioni di luce favorevoli. Questa lista di controllo svela l’intensità dell’illuminazione necessaria a seconda della tipologia del lavoro svolto e dei locali ad esso adibiti: l’illuminazione necessaria per lavorare allo videoterminale, ad esempio, è maggiore di quella necessaria in un’area adibita alle spedizioni o all’imballaggio.

Per lavori (meccanici) di precisione l’illuminazione necessaria arriva a toccare i 500 Lux, mentre per quelli di grande precisione persino i 1000 Lux.

Questa lista di controllo analizza anche l’ambiente di lavoro: i mobili, il pavimento e le pareti sono privi di riflessi fastidiosi? È possibile inoltre proteggere i locali a sufficienza dalla radiazione solare? È importante assicurarsi che le lampade siano dotate di una protezione antiriflesso.

Questa lista di controllo analizza anche la possibilità di guardare all’esterno dei posti di lavoro permanenti. Sarà quindi possibile controllare nei dettagli la qualità e i requisiti concernenti l’illuminazione giusta di tutti i locali di lavoro.

PREVENIRE L’INFARTO GUARDANDO LA RETINA CON INTELLIGENZA ARTIFICIALE.

I vasi della retina possono aiutare a predire il rischio di infarto. Testato un sistema di screening basato sull’intelligenza artificiale

Prevedere l'infarto grazie alla retina (e all'intellligenza artificiale)

Guarda l’occhio e vedi il cuore. Alcuni scienziati hanno sviluppato un sistema di Intelligenza artificiale (Ai) che può analizzare le scansioni acquisite durante una normale visita da un oculista o un ottico e identificare i pazienti ad alto rischio di infarto.

DALL’OCCHIO AL CUORE: COME FUNZIONA

Niente magia: i ricercatori si sono resi conto che mutamenti nei minuscoli vasi sanguigni della retina sono indicativi di un più vasto disturbo vascolare, inclusi problemi col cuore. Nella ricerca, condotta dall’Università di Leeds (Regno Unito), una complessa serie di algoritmi detta “deep learning” (apprendimento approfondito) è stata impiegata per “allenare” il sistema di Intelligenza artificiale a leggere automaticamente le scansioni della retina e identificare quanti, nell’anno successivo, avrebbero potuto subire un attacco di cuore.

PRECISIONE: 70-80 PER CENTO

In un articolo apparso sulla rivista scientifica Nature Machine Intelligence, i ricercatori riferiscono che il sistema Ai raggiunge una precisione tra il 70 e 80 per cento. L’uso del deep learning nell’analisi delle scansioni della retina potrebbe cambiare il modo di fare screening ai primi segni di disturbo cardiaco. Il professor Alex Frangi, che ha la cattedra di Medicina computazionale all’Università di Leeds ed è “Turing Fellow” all’Alan Turing Institute, ha supervisionato lo studio e ha osservato: «I disturbi cardiovascolari, compresi gli infarti, costituiscono la principale causa di morte precoce nel mondo e sono il secondo maggiore killer in Gran Bretagna. Questa nuova tecnica può rivelarsi rivoluzionaria perché le scansioni della retina costano poco e vengono fatte di routine in diverse pratiche oculistiche. Come risultato automatizzato, i pazienti che sono a rischio di ammalarsi vengono indirizzati verso gli specialisti di problemi cardiovascolari. Inoltre le scansioni si possono impiegare anche per seguire l’andamento dei primi segni del disturbo cardiaco».

OBIETTIVO PREVENZIONE

Allo studio di Leeds hanno collaborato scienziati di tutto il mondo mentre la Biobanca del Regno Unito ha fornito i dati. Uno dei ricercatori inglesi, Chris Gale, ha osservato che con questo strumento di Ai «si potrebbero iniziare prima i trattamenti di prevenzione per eventuali disturbi cardiovascolari». Durante il processo di deep learning il sistema Ai ha analizzato le scansioni della retina e quelle del cuore di oltre cinquemila persone identificando le associazioni tra la patologia della retina e i cambiamenti nel cuore dei pazienti. Lo stesso sistema Ai, spiegano gli autori, potrebbe calcolare la dimensione e l’efficienza nel pompaggio del ventricolo sinistro, uno delle quattro camere del cuore, grazie alle scansioni della retina. Un ventricolo allargato è legato a maggior rischio di disturbo cardiaco. Con questi dati allargati ad altre caratteristiche dei pazienti, compresi età e sesso, il sistema Ai è in grado di fare una previsione sul rischio di un infarto nei successivi 12 mesi. Abitualmente la misura e la sufficienza nel pompaggio del ventricolo sinistro di un paziente si ottiene con l’ecocardiografia o la risonanza magnetica imaging del cuore. Queste tecniche diagnostiche tuttavia possono essere costose oppure poco disponibili.

VASI RETINICI E STATO VASCOLARE

Nel commento alla ricerca di Leeds il professor Claudio Tondo, direttore del Dipartimento di Aritmologia all’Istituto cardiologico Monzino di Milano, premette che non si tratta di una novità. «Per lo meno non lo è che la valutazione dello stato dei vasi sanguigni a livello retinico possano suggerire la presenza di una patologia vascolare o comunque la probabilità che l’individuo possa essere considerato a rischio di sviluppare una cardiopatia e/o vasculopatia». Poi spiega: «I vasi retinici possono essere valutati in tempo reale e dare un’indicazione dello stato vascolare del soggetto. Questo studio di Leeds è l’ennesima dimostrazione di come l’Intelligenza artificiale possa essere d’aiuto al medico per migliorare le azioni di prevenzione e anticipare strategie terapeutiche, oltre a mettere in atto misure di profilassi cardiovascolare su larga scala»

da fondazione Veronesi

UNA SENTENZA EUROPEA SULLE LENTI DEI VIDEOTERMINALISTI .

da lavorosi.it

Con la sentenza emessa, il 22.12.2022, nella causa C-392/21, la Corte di Giustizia UE afferma che il datore deve farsi carico del costo dei dispositivi per la vista acquistati dai propri dipendenti addetti al videoterminale, attraverso il rimborso delle spese sostenute o mediante la fornitura diretta di lenti o occhiali.

Il fatto affrontato

Il dipendente ricorre giudizialmente al fine ottenere dal datore la fornitura di occhiali resisi necessari a causa del peggioramento della sua vista ricollegabile all’uso continuo del videoterminale nel luogo di lavoro.
Il Tribunale rumeno – investito della questione – chiede alla CGUE, mediante un rinvio pregiudiziale, se tale diritto sia contemplato dalla Direttiva89/392 (che promuove il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori) e/o dalla Direttiva 90/270 (che richiede il rispetto delle prescrizioni minime finalizzate a garantire un migliore livello di sicurezza per i posti di lavoro dotati di videoterminali).

La sentenza

La Corte di Giustizia rileva, preliminarmente, che l’art. 9 della Direttiva 90/270 prevede che i lavoratori addetti ai videoterminali beneficino di un adeguato esame degli occhi e della vista, sia prima di iniziare l’attività che durante l’esecuzione della stessa, in modalità periodica e nel caso in cui subentrino disturbi visivi.

Per la sentenza, al diritto di visita agli occhi, se occorre, è necessario associare la fornitura di dispositivi di correzione, senza oneri a carico dei dipendenti interessati.

Su tali presupposti, la CGUE afferma che, in tali circostanze, il datore è obbligato a fornire direttamente il dispositivo di correzione (lenti o occhiali) resosi necessario o a rimborsare il relativo costo nel caso in cui la spesa sia stata già sostenuta dal lavoratore.

OCCHIALI INTELLIGENTI PER IPOVEDENTI.

da 01health.it

Biel Glasses e Panasonic hanno presentato per la prima volta gli occhiali intelligenti: un ausilio ottico per le persone ipovedenti, frutto di una collaborazione nata nel 2021.

Startup con sede a Barcellona, Biel Glasses è stata fondata da un medico e un ingegnere nel tentativo di migliorare la vita del figlio Biel, ipovedente dalla nascita, e progetta occhiali intelligenti per risolvere i problemi di mobilità delle persone ipovedenti, con l’obiettivo di renderle maggiormente autonome.

La tecnologia di Biel Glasses sfrutta l’intelligenza artificiale e la robotica per comprendere l’ambiente circostante e la realtà mista per adattarlo alla visione residua degli utenti.

Unendo gli occhiali leggeri per realtà virtuale compatibili con HDR 5.2K di Panasonic con le tecnologie per ipovisione di Biel Glasses è nato un prodotto che riduce le difficoltà motorie causate da gravi disturbi della vista, come la perdita della vista periferica o visione a tunnel, che colpisce chi soffre di condizioni tra cui glaucoma, retinite pigmentosa e altri problemi e permette agli utenti di muoversi in modo sicuro e indipendente grazie a feedback su ostacoli e altri pericoli.

Principali caratteristiche degli occhiali intelligenti

Tra le principali caratteristiche, Biel Glasses e Panasonic sottolineano innanzitutto il supporto al movimento autonomo.

L’intelligenza artificiale e la robotica analizzano in tempo reale i contenuti della scena catturati dalle fotocamere e dai sensori individuando potenziali pericoli per la mobilità, come ostacoli, gradini, buche e così via, che vengono percepiti dagli utenti grazie alle indicazioni grafiche fornite dalla realtà mista e adattate alla loro visione residua.

Come secondo punto, c’è il supporto alla visione in base alle caratteristiche visive.

Le funzioni degli occhiali intelligenti vengono adattate alle condizioni e alle esigenze specifiche dei pazienti dagli optometristi che intervengono su zoom, adattamento all’illuminazione e miglioramento del contrasto, per ottenere un’elaborazione dell’immagine ottimale.

Terzo punto è il comfort visivo.

Grazie ai pannelli μOLED e alle lenti pancake per la visualizzazione delle immagini, gli occhiali intelligenti hanno un consumo energetico ridotto e risultano estremamente compatti e leggeri per favorire l’indipendenza e il comfort di chi li indossa.

LA LUCE ROSSA PUÒ RIGENERARE LA RETINA?

  • Dal sito
Notizie scientifiche.it

Declino della vista, scienziati scoprono che è contrastabile con luce rossa

Declino della vista, scienziati scoprono che è contrastabile con luce rossa negli occhi

Secondo uno studio condotto dall’University College di Londra, il solo fissare una luce rossa intensa per un periodo breve (intorno ai tre minuti) ogni giorno può apportare notevoli benefici alla vista in declino.
Nello studio, pubblicato su Journals of Gerontology, si parla di quella che potrebbe essere una nuova terapia di facile attuabilità che potrebbe aiutare milioni di persone le quali debbono sopportare un degradamento progressivo del loro livello visivo con l’aumentare dell’età.

Con il passare degli anni, infatti, a causa dell’invecchiamento della retina, sono milioni le persone che incorrono in degradamenti del livello visivo e ciò accade in particolare superati i quarant’anni. A diminuire sono la sensibilità retinica e la percezione dei colori, come spiega Glen Jeffery, ricercatore dell’istituto di oftalmologia dell’UCL. Queste diminuzioni sono causate soprattutto dai mitocondri delle cellule nelle retine la cui funzione cellulare, essenzialmente quella di produrre energia (ATP), comincia a venire meno.

Sempre Jeffery spiega che un modo per arginare o contrastare questo processo potrebbe essere il riavvio delle cellule che tendono ad invecchiarsi nelle retine con brevi raffiche di luce ad onde lunghe.
I ricercatori hanno fatto esperimenti sui topi, sui bombi e sui moscerini della frutta sottoponendoli ad una luce rossa profonda ad una lunghezza d’onda di 670 nanometri proiettata negli occhi. I ricercatori riscontravano in tutti e tre gli animali miglioramenti significativi nelle funzioni base dei recettori.

“I mitocondri hanno caratteristiche di assorbimento della luce specifiche che influenzano le loro prestazioni: lunghezze d’onda più lunghe che vanno da 650 a 1000nm vengono assorbite e migliorano le prestazioni mitocondriali per aumentare la produzione di energia”, spiega ancora Jeffery.

I ricercatori hanno effettuato anche un esperimento su 24 esseri umani (12 maschi e 12 femmine) con un’età compresa tra i 28 e i 72 anni che non mostravano particolari patologie oculari. A tutti partecipanti era stata consegnata una piccola torcia LED che dovevano utilizzare a casa proiettando il fascio di luce rosso intenso negli occhi per tre minuti ogni giorno per due settimane.

Testando la sensibilità dei coni degli occhi (sostanzialmente la capacità di rilevare i colori) i ricercatori notavano che migliorava fino al 20% in alcuni soggetti con un’età dai 40 anni in su. I ricercatori inoltre notavano miglioramento anche nella sensibilità dei bastoncelli (che sono alla base della capacità di poter vedere in condizioni di scarsa luce).
La tecnologia si rivelerebbe “semplice e molto sicura”, come spiega lo stesso Jeffery, in quanto la luce viene semplicemente assorbita dai mitocondri presenti nella retina.

Approfondimenti

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LA DIETA IDEALE PER LA SALUTE DELL’OCCHIO AL VIDEOTERMINALE .

Antiossidanti

Grossi vantaggi nella tutela della vista derivano da una dieta generosa in elementi antiossidanti, vitamina A, vitamine del gruppo B, vitamina E, e via dicendo. Parliamo di nutrienti che possono ridimensionare i fattori di rischio legati al passare degli anni, a partire dalla cataratta e dalla degenerazione maculare senile.

Luteina

“La retina – ha spiegato Matteo Piovella, presidente della Società italiana di oftalmologia (Soi) – si giova di sostanze come la luteina, molecole che il nostro organismo è incapace di produrre, ma che introduciamo con la dieta. Oltre allo yogurt, tra gli alimenti che contengono luteina (sostanza del gruppo delle xantofille, pigmenti naturali liposolubili) possiamo citare la frutta e gli ortaggi come spinaci, cavoli, broccoli e uova. La curcumina si trova nel curry e nello zafferano”.

Radicali liberi

Gli agrumi aiutano a combattere i radicali liberi e, specifica Piovella, citando uno studio recente, si evidenzia come la vitamina C contribuisca a mantenere efficienti le strutture del nervo ottico. Carote, zucca, patate dolci e meloni sono ricchi di beta-carotene. Peperoni gialli e arancioni, pesche sono ricchi di vitamina C e zeaxantina.

Aminoacidi essenziali

La soia, con i suoi derivati, è un formidabile antiossidante e contiene amminoacidi essenziali, fitoestrogeni, vitamina E che aiutano a mantenere gli occhi sani”. Anche gli Omega 3 contenuti nel pesce sono fondamentali, in particolare salmone, tonno, trota selvatica e sardine contengono grandi quantità di acido docosaesaenoico (acido grasso semiessenziale della serie omega). E ancora le sostanze contenute nel tè verde, nel tè nero e di Colong, sono altre utili risorse.

da quotidiano.net

LA MACULOPATIA È ASSOCIATA ALLE MALATTIE CARDIOVASCOLARI?

Con l’aumentare della vita media e la conseguente anzianizzazione della società è aumentata la frequenza di alcune malattie degenerative legate all’età. Fra queste le maculopatie, che colpiscono sempre più persone dopo i 65 anni.

Si tratta di una degenerazione maculare legata all’età che gli oculisti americani che la studiano chiamano Age-related macular degeneration (AMD). Colpisce la ‘macula’ che è parte centrale della retina, dove avviene la visione distinta. Essa non provoca una cecità totale, ma impedendo la visione di precisone, rende impossibili certe attività quotidiane come quella di guardare il telefono o la televisione, di schiacciare un pulsante, di scrivere, di leggere, di guidare ecc.

Degli scienziati del Mount Sinai Hospital (USA) hanno rilevato con uno studio su pazienti affetti da questa patologia che essi hanno anche una maggiore probabilità di andare incontro a malattie cardiovascolari come l’infarto, valvuolpatie e alcune forme di ictus. Essi hanno più frequentemente una forma di AMD legata a depositi drusenoidi subretinali che sarebbero responsabili anche di alcune malattie cardiovascolari..

Lo studio è stato condotto su un campione di 200 pazienti affetti da maculopatia. Quasi una metà aveva un eccesso di depositi drusenoidi subretinali e circa un quarto era stato anche colpito da malattie cardiovascolari.( Da Adige).

Note e approfondimenti

  1. New retinal examination can predict a heart a | EurekAlert!
  2. expert reaction to a conference abstract on retinal screening predicting risk of myocardial infarction | Science Media Centre

ALTE RESISTENZE AGLI ANTIBIOTICI NELLE INFEZIONI CORNEALI.

da dottnet.it

Fino al 90% delle infezioni della cornea è causata da batteri che non rispondono al trattamento antibiotico. Ciò avviene soprattutto a causa di un uso inappropriato dei farmaci antimicrobici; il fenomeno è inoltre aggravato dall’inquinamento e dai cambiamenti climatici. È l’allarme lanciato in vista della Giornata europea degli antibiotici, che ricorre il prossimo 18 novembre, dalla Società Italiana di Scienze Oftalmologiche (Siso).    Il fenomeno dell’antibiotico-resistenza nelle infezioni oculari è in aumento anche in ambito oculistico. Stafilococco, Streptococco e Pseudomonas Aeruginosa sono tra i super-batteri con livelli più alti di resistenza individuati in campo oftalmologico. “Questi patogeni interessano per la grande maggioranza infezioni corneali, che registrano le più alte resistenze agli antibiotici con 9 casi su 10 insensibili alle terapie”, spiega Vincenzo Sarnicola, membro del consiglio direttivo Sito.   Sul banco degli imputati soprattutto l’uso eccessivo di colliri antibiotici contro le congiuntiviti. “L’uso fai da te degli antibiotici è un grave errore”, avverte Scipione Rossi, direttore dell’Oftalmologia dell’ospedale San Carlo di Nancy di Roma e segretario tesoriere di Siso. “La maggior parte delle congiuntiviti infatti è di origine virale e gli antibiotici risultato inefficaci. Ma l’antibiotico-resistenza nelle infezioni oculari è anche il conto che si paga per le troppe prescrizioni degli antibiotici da parte del medico di base o del farmacista e per l’uso profilattico pre e post operatorio”, aggiunge Rossi. Ad aggravare la situazione il cambiamento climatico e l’inquinamento: “a causa dell’erosione del buco dell’ozono si rischia un’eccessiva esposizione alle radiazioni ultraviolette”, spiega Vincenzo Sarnicola. In particolare “le onde più lunghe indeboliscono la superficie oculare che è la sua maggiore difesa contro i microbi, rendendola più vulnerabile alle aggressioni dei patogeni esterni”. Inoltre, “il biossido di zolfo contenuto nelle polveri sottili rende più acido il film lacrimale rendendola più suscettibile alle infezioni batteriche”, conclude l’esperto.

LA SINDROME DELL’OCCHIO SECCO E LE NUOVE CURE.

da dottnet.it

Tra gli altri fattori che contribuiscono all’evoluzione dell’occhio secco ci sono anche problemi ambientali, patologie sistemiche e locali o farmaci.

Tra le cause più comuni dell’occhio secco (o ‘dry-eye’) ci sono l’invecchiamento e le variazioni ormonali. È per questo che le donne in gravidanza o in menopausa rappresentano il gruppo più numeroso tra i pazienti che soffrono di questa sindrome”. A farlo sapere il dottor Luigi Marino, referente di AIMO per la Regione Lombardia, in occasione di un incontro sul tema che si è svolto nell’ambito del 13esimo Congresso Nazionale dell’Associazione Italiana Medici Oculisti, il primo organizzato congiuntamente con la Società Italiana di Scienze Oftalmologiche (SISO). L’evento, che si è aperto oggi nella Capitale, è in programma fino a sabato 12 novembre presso le aule del Centro Congressi Europa dell’Università Cattolica del Sacro Cuore (Largo Francesco Vito, 1). Tra gli altri fattori che contribuiscono all’evoluzione dell’occhio secco, intanto, ci sono anche fattori ambientali, patologie sistemiche e locali o farmaci. Ma cosa si intende esattamente con il termine ‘dry-eye’? “Una serie di condizioni patologiche che causano la formazione di aree corneali o congiuntivali secche, asciutte (‘dry spots’), conseguenti ad una insufficiente lubrificazione della superficie oculare- ha spiegato Marino- Spesso il ‘dry eye‘ viene confuso con una congiuntivite, è quindi molto importante che sia formulata una diagnosi corretta e per una perfetta diagnosi ci vuole il medico oculista”.

Ma partendo dal fattore età, man mano che questa avanza, tutto l’organismo ha delle trasformazioni, così anche la composizione delle lacrime varia. “Di fatto con l’invecchiamento si riduce il bisogno di bere, ha proseguito l’esperto- la pelle diventa rugosa e le palpebre lasse modificano la regolare forma ed architettura palpebrale. Inoltre, con il tempo, le patologie palpebrali modificano i dotti e alterano la produzione ghiandolare di Meibomio. Si avranno così lacrime con un ridotto contenuto di lipidi, che porteranno ad una rapida e precoce evaporazione della parte acquosa del film lacrimale, creando una condizione di squilibrio nelle lacrime e la sindrome da disfunzione del film lacrimale, appunto l’occhio secco”. Quanto alle variazioni ormonali, invece, alcuni ormoni (gli androgeni) stimolano la produzione di lacrime. “Per questo variazioni di livelli ormonali possono ridurre la normale produzione di lacrime. Stati fisiologici come la gravidanza e il ciclo mestruale- ha fatto sapere ancora Marino- influiscono sulla produzione di lacrime; infatti, in menopausa, si hanno quadri clinici oculari davvero drammatici”. È dunque abbastanza intuitivo capire perché l’occhio secco e tutte le patologie connesse siano “così comuni dopo i 50 anni, soprattutto se si è donna”.



Tra le cause dell’occhio secco, inoltre, c’è anche l’utilizzo di lenti a contatto, che si collocano sulla cornea sul film lacrimale assorbendo una grande quantità di film lacrimale. “L’uso (ma soprattutto l’abuso) di lenti a contatto concorre al provocare una sindrome da disfunzione del film lacrimale– ha aggiunto il dottor Marino- Questo succede specialmente quando non si impiegano lenti a contatto ‘usa e getta’ o giornaliere e per la corretta e necessaria igiene si impiegano soluzioni conservanti ricche di sostanze a lungo andare dannose”. Farmaci sistemici che hanno come effetto collaterale un ‘occhio secco’ sono invece gli ansiolitici, i sedativi, gli antidepressivi, gli antistaminici, i decongestionanti nasali, i contraccettivi orali o i diuretici. Diversi studi internazionali, infine, confermano che l’uso prolungato di un monitor, ma anche di un semplice smartphone o tablet, provoca la manifestazione di disturbi oculari come bruciore, arrossamento, lacrimazione, sensazione di secchezza oculare, fastidio alla luce, senso di affaticamento e annebbiamenti visivi transitori.

A prendere parte al Congresso, anche alcuni dei principali opinion leader internazionali nell’ambito del ‘dry-eye’, riuniti in una tavola rotonda con l’obiettivo di provare a costruire tutti insieme delle “semplici ma precise” Linee guida su questa sindrome: “L’occhio secco è una patologia multifattoriale piuttosto complessa, perché può avere molte sfaccettature e spesso non è facile impostare la giusta terapia- ha detto la dottoressa Romina Fasciani, Dirigente medico presso il Policlinico ‘A. Gemelli’ UCSC di Roma e membro del consiglio direttivo di AIMO- Molti oculisti pensano che sia sufficiente gestire questa sindrome con le lacrime artificiali, ma non è così scontato e il tema è in realtà molto più complesso. Per questo sarebbero necessarie delle indicazioni chiare su come orientarsi in un panorama complicato come quello dell’occhio secco. L’obiettivo della nostra tavola rotonda, allora, è proprio quello di riuscire ad elaborare delle Linee guida sul ‘dry eye’, cioè un documento condiviso che abbia un consenso il più largo possibile e sia naturalmente aperto, oltre che ai soci di AIMO e SISO, anche a tutta la popolazione oftalmologica italiana”.


Per il trattamento dell’occhio secco, intanto, sono a disposizione due nuove tecnologie. Ne ha parlato in occasione del Congresso il dottor Carlo Orione, socio fondatore di AIMO e referente dell’Associazione per la Regione Piemonte: “La prima è il Jett plasma, una nuovissima tecnologia che con un elettrodo d’oro decheratinizza il bordo palpebrale riaprendo le ghiandole- ha detto- e con quello d’argento le svuota dal Meibum solido e ripolarizza le cellule ghiandolari riattivandole. Utilizzando un elettrodo d’argento si agisce invece sulle ghiandole di Meibomio con tre risultati: il primo, si porta la temperatura a 45 gradi sciogliendo il Meibum; il secondo, si induce cambiamenti di polarità della membrana cellulare ionizzandole e migliorando così l’interscambio metabolico; il terzo è che solitamente le cellule hanno una carica negativa all’interno della loro membrana, per cui l’invecchiamento causa una distribuzione irregolare delle cariche elettriche con perdita del potenziale di membrana e altera i canali del sodio e del potassio, perdendo la sua capacità di assimilare sostanze nutritive. Stimolando quindi la depolarizzazione di membrana si ha una successiva ripolarizzazione con un aumento di perfusione sanguigna delle ghiandole che riprendono a produrre un Meibum oleoso”.

La seconda tecnologia è la ‘Dry Eye Dual System’, che secondo l’esperto è “l’unico strumento che permette di utilizzare contemporaneamente due tecnologie – ha aggiunto- e la novità è quella di usarla direttamente. La luce pulsata si utilizza anche per l’epilazione, ed è proprio per quello che si è iniziato ad utilizzarla indirettamente per evitare il contatto sulle ciglia; ma se noi utilizziamo i filtri a 530 micron siamo sicuri di non danneggiare il bulbo pilifero che si trova a 640 micron di profondità. Importantissima in questo senso è la protezione dell’occhio con appositi gusci colorati o meglio ancora neri”. La IPL causa dunque la “riduzione dei vasi sanguigni teleangectasici, che rilasciano fattori infiammatori all’occhio (citochine e chemochine): se chiudiamo le teleangectasie il ciclo infiammatorio si riduce. La IPL inibisce quindi le citochine, che vengono rilasciate dai neovasi ed infiammano le GHM, e opprime l’attività delle metalloproteinasi, una famiglia di enzimi la cui funzione principale è la degradazione delle proteine della matrice extracellulare”. È stato dimostrato, tramite biopsia, che l’IPL riduce “drasticamente” il Demodex e “sembra che l’IPL agisca danneggiandone la membrana citoplasmatica. Nel 2019, infine, è stato pubblicato un lavoro su ‘The Ocular Surface‘, che dimostra come i neuroattivatori possano stimolare la ghiandola lacrimale e le ghiandole del Meibomio”. Ed è per questo motivo che “abbinando la radiofrequenza alla luce pulsata il risultato è migliore”, ha concluso infine l’esperto

LO SPORT COMBATTE L’ OCCHIO SECCO.

da iapb.it

L’occhio secco è una sindrome purtroppo molto diffusa che si aggrava con l’età e con l’uso di videoterminali. È stato confermato da uno studio dell’Università di Waterloo che l’attività fisica, grazie all’incremento della produzione lacrimale, può essere considerata come un rimedio per l’occhio secco.I nostri occhi sono coperti da un film lacrimale composto da tre strati che lavorano sinergicamente per idratare la superficie oculare e proteggere l’occhio da agenti esterni che potrebbero provocare irritazione, come la polvere o lo sporco.Quando il film lacrimale si secca, l’occhio avverte una sensazione di prurito o di bruciore causando, appunto, l’insorgenza della patologia dell’occhio secco (DED).“La maggior parte delle attività della nostra vita sono correlate all’utilizzo degli schermi digitali e, per tale motivo, i sintomi dell’occhio secco stanno diventando sempre più comuni”, ha affermato Heinz Otchere, dottorando in scienze della vista presso l’Università di Waterloo “Invece di utilizzare colliri o altri trattamenti lubrificanti, il nostro studio voleva comprendere se l’esercizio fisico fosse in grado di sostituire la somministrazione di medicinali”.

La ricerca ha preso in esame 52 soggetti che sono stati suddivisi in due gruppi: atleti e non sportivi.Durante il periodo di studio, gli atleti si sono allenati almeno cinque volte a settimana mentre i non sportivi non più di una volta. I ricercatori, che includevano esperti dell’Università di Cape Coast in Ghana, hanno eseguito visite oculistiche prima e cinque minuti dopo ogni sessione di esercizi prendendo in esame la funzione lacrimale e riscontrando un cospicuo aumento del flusso lacrimale dopo ogni sessione di esercizio, riportando così una maggiore stabilità del film lacrimale.“I nostri risultati mostrano come l’attività fisica possa essere davvero importante non solo per il nostro benessere generale, ma anche per la nostra salute oculare” conclude Otchere.

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