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DISTURBI OSTEOARTICOLARI PER DENTISTI ED IGIENISTI DENTALI

Odontoiatria 33: il portale dell'odontoiatra

I danni da lavoro ambulatoriale su schiena e collo di dentisti ed igienisti dentali

Una ricerca dell’Università di Bologna ha evidenziato i disordini muscoloscheletrici dei professionisti, il 60%  ne soffre, in particolare le donne. Le cause: poca considerazione dell’ergonomia e corretta postura.

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Che lavorare non faccia bene è certamente un luogo comune ma per certi mestieri anche una realtà, soprattutto se non si considera postura ed ergonomia. Odontoiatri, Igienisti dentali, ASO, ne sono la conferma riscontrando sempre più frequentemente problemi a collo, schiena, area lombare ma anche polsi, gomiti e caviglie. 

A quantificare “gli acciacchi” degli operatori odontoiatrici, sono stati i ricercatori della Clinica Odontoiatrica dell’Università di Bologna coordinati dalla Prof.ssa Maria Giovanna Gandolfi (nella foto) che hanno indagato il benessere muscolo scheletrico di un numeroso gruppo di odontoiatri ed igienisti dentali di diverse regioni italiane. Il lavoro è stato pubblicato sulla rivista scientifica International Journal of Environmental Research and Public Health. Lo studio dimostra che l’attività clinica espone odontoiatri ed igienisti dentali a numerosi rischi per la salute, tra i quali lo sviluppo di disordini e patologie a carico dell’apparato muscolo-scheletrico.  

La prolungata posizione mantenuta mediante attivazione isometrica della muscolatura posteriore del rachide, i movimenti statici in abduzione e/o elevazione delle braccia, le vibrazioni, le prolungate applicazioni di forza, le torsioni ed inclinazioni di testa e busto, ecc… -spiega ad Odontoiatria33 la professoressa Gandolfi- sottopongono i sistemi muscolare e scheletrico a prolungato sforzo, a ininterrotta tensione, a errata biomeccanica del movimento ed a notevole stress/affaticamento fisico e mentale”. 

i dati raccolti non sono certo rassicuranti visto che il 59.9% del campione soffre di dolori lavoro-correlati al collo, il 52% all’area lombare, il 43.3% alle spalle, il 37.7% all’area dorsale ma che anche polsi, gomiti e caviglie sono colpiti da problematiche algiche.L’incidenza delle problematiche, spiegano i ricercatori, è proporzionale al numero di ore di attività ambulatoriale, con maggiore incidenza per 30-40 ore settimanali, al numero di anni di attività professionale, con maggiore incidenza per operatori in attività da 21-40 anni.

Tuttavia anche i neolaureati in fase di apprendimento e consolidamento delle competenze odontoiatriche ne sono particolarmente colpiti. Le operatrici donne presentano sempre disordini muscoloscheletrici di portata quasi doppia rispetto agli uomini.

Il 60% degli Odontoiatri ha sofferto di problematiche algiche al collo negli ultimi 12 mesi ed il 45-56% alla zona lombare. Il 15.4% ha riportato importanti problematiche al collo negli ultimi 12 mesi che hanno costretto alla sospensione temporanea della professione. Il 17.8% degli Igienisti Dentali ha invece presentato criticità alla zona lombare.   

Problemi che potrebbero essere se non del tutto evitati, in buona parte certamente attenutati se i professionisti adottassero una corretta posizione ergonomica durante le ore di lavoro ed effettuassero specifica attività fisica.
Per questo alla Clinica Odontoiatrica di Bologna hanno pensato di “educarli” fin da subito, attivando un progetto ad hoc. 

La prevenzione, intesa come acquisizione universitaria delle capacità professionali mai disgiunta dalla conoscenza delle linee guida dell’ergonomia odontoiatrica e dalla applicazione delle stesse durante l’apprendimento universitario, rappresenta un potente mezzo di riduzione del rischio”, ricorda la prof.ssa Gandolfi .

I numerosi stress meccanici e fisiologici non possono essere completamente esclusi per la tipologia di attività, che richiede precisione in aree scarsamente visibili e con tipologia di manovre che influiscono sulla fisiologia e sul benessere dell’odontoiatra”. 
Lo studio, promosso dal Progetto Ergonomia, Posturologia e Yoga therapy svolto per il Corso di Laurea in Odontoiatria e Protesi Dentaria e per il Corso di Laurea in Igiene Dentale dell’Università di Bologna, ha inoltre evidenziato la scarsa conoscenza dell’ergonomia odontoiatrica, delle cause anatomico-funzionali dello sviluppo del dolore e della mancata conoscenza di tecniche di mobilizzazione compensatoria, di detensionamento muscolare e decompressione scheletrica.  

All’interno di un Dipartimento dedicato alle Scienze Biomediche e NeuroMotorie (DIBINEM, Dipartimento di Eccellenza MIUR diretto dalla Prof.ssa Lucia Manzoli), non poteva mancare una particolare attenzione agli aspetti neuromotori ed anatomico-funzionali correlati alla salute ed al benessere dei nostri studenti, futuri professionisti odontoiatrici.  

Nella Clinica Odontoiatrica di Bologna -dice la prof.ssa Gandolfo- gli studenti di Odontoiatria e di Igiene Dentale partecipano al Progetto inserito nel programma curriculare, apprendendo – anche tramite una fondamentale attività esperienziale (pratica fondamentale del programma per acquisire consapevolezza corporea e capacità di auto-analisi) – il razionale che sottende l’ergonomia odontoiatrica. In tal modo costruiscono le proprie capacità e conoscenze professionali con consapevolezza e controllo posturale”.

E’ un Progetto innovativo – conclude- che ha ricevuto l’appoggio del Direttore vicario Prof. Lorenzo Breschi e del Decano della Clinica Odontoiatrica Prof. Carlo Prati – che la Prof.ssa Gandolfi sta programmando di estendere anche nei corsi post-laurea dell’Alma Mater come i Master universitari. Obiettivo importante dei percorsi formativi in Dentistry presso l’Università di Bologna vuole essere l’attenzione al benessere ed alla salute degli odontoiatri ed igienisti dentali”. 

EFFETTI POSITIVI DELLA LUCE BIANCA ARRICCHITA DA LUCE BLU IN LAVORATORI NOTTURNI

The Effect of Blue-enriched White Light on Cognitive Performances and Sleepiness of Simulated Shift Workers

A Randomized Controlled Trial.

Autori:

Canzone, Yanping MPH; Lv, Xinrui MM; Qin, Wei MM; Dang, Weimin MM; Chen, Zhizhong D Phy; Nie, Jingxin D Phy; Liu, dottore in Baohua; Dong, medico di Wentian

Il lavoro a turni è associato a prestazioni ed efficienza ridotte, l’attuale studio mirava a indagare se la luce bianca arricchita di blu potesse migliorare le prestazioni dei lavoratori.

Metodi: 

Lo studio, che ha adottato uno studio randomizzato controllato, è stato condotto su 48 turnisti simulati. I partecipanti hanno svolto attività di attenzione sostenuta, attività di memoria di lavoro e attività di sonnolenza durante il lavoro a turni di notte. I dati sono stati analizzati utilizzando ANOVA a misura ripetuta a due vie.

Risultati: 

I risultati hanno mostrato  che, rispetto alla luce convenzionale, le risposte corrette dei partecipanti all’attenzione sotto sforzo sono aumentate significativamente quando sono stati esposti a luce bianca arricchita di blu, di conseguenza, gli errori di esecuzione e di omissione  sono diminuiti. Inoltre, la luce bianca arricchita di blu ha avuto  significativo  effetto sulla diminuzione della sonnolenz., la memoria di lavoro non è stata influenzata in modo significativo.

Conclusione

L’esposizione alla luce bianca arricchita di blu può migliorare l’attenzione prolungata e ridurre la sonnolenza.Copyright © 2021 American College of Occupational and Environmental Medicine.

ELENCO FARMACI IMMUNOSOPPRESSIVI PER ACCESSO ALLA 3 DOSE

La lista non è esaustiva, ma solo indicativa dei principali farmaci la cui assunzione, contemporaneamente o nei sei mesi antecedenti la somministrazione delle dosi precedenti del vaccino, possa averne ridotto la risposta anticorpale

L’Agenzia Italiana del Farmaco pubblica l’elenco dei principali farmaci ad attività immunosoppressiva (clicca qui per scaricare l’elenco completo) da considerare ai fini della selezione dei soggetti per i quali può essere indicata la dose addizionale di vaccino anti COVID-19.

La lista non è esaustiva, ma solo indicativa dei principali farmaci la cui assunzione, contemporaneamente o nei sei mesi antecedenti (ove non specificatamente dettagliato) la somministrazione delle dosi precedenti del vaccino, possa averne ridotto la risposta anticorpale. Pertanto la lista di farmaci pubblicata deve essere utilizzata nell’ambito di una valutazione clinica che tenga conto non solo dei farmaci utilizzati, ma anche della specifica diagnosi, della storia clinica e dello stato attuale del singolo paziente.

Si ribadisce, infine, che la decisione di somministrare una dose addizionale di vaccino deve essere presa in rapporto alle caratteristiche cliniche del paziente, non in base al dosaggio degli anticorpi anti spike in quanto non è attualmente disponibile uno standard di riferimento e non è stata definita una concentrazione considerata ottimale/adeguata. da dottnet.it

VACCINI COVID FATTI ALL’ESTERO: QUELLI VALIDI.

una circolare del ministero della Salute riconosce altri tre vaccini somministrati all’estero ai fini del green pass.

Si tratta di:
– Covishield (Serum Institute of India), prodotto su licenza di AstraZeneca;
– R-CoVI (R-Pharm), prodotto su licenza di AstraZeneca;
– Covid-19 vaccine-recombinant (Fiocruz), prodotto su licenza di AstraZeneca.

La circolare firmata dal direttore generale della Prevenzione del ministero, Giovanni Rezza, precisa che questi vaccini “sono considerati validi ai fini dell’emissione della Certificazione verde Covid a favore dei cittadini italiani (anche residenti all’estero) ai i loro familiari conviventi e ai cittadini stranieri che dimorano in Italia per motivi di lavoro o studio, indipendentemente dal fatto che siano iscritti al Servizio Sanitario Nazionale o al Sasn (Assistenza Sanitaria al Personale Navigante), nonché tutti i soggetti iscritti a qualunque titolo al Servizio Sanitario Nazionale che sono stati vaccinati all’estero contro il Sars-CoV-2″.

Inoltre, fatto salvo quanto previsto dalla normativa vigente in materia di ingressi transfrontalieri, “le certificazioni di vaccinazione rilasciate dalle autorità sanitarie nazionali competenti estere, a seguito di vaccinazione con vaccini autorizzati da Ema o con i vaccini equivalenti di cui sopra, sono considerate come equipollenti alla certificazione verde Covid per le finalità previste dalla legge”.

Queste certificazioni dovranno riportare almeno i seguenti contenuti:
– dati identificativi del titolare (nome, cognome, data di nascita);
– dati relativi al vaccino (denominazione e lotto);
– data/e di somministrazione del vaccino;
– dati identificativi di chi ha rilasciato il certificato (Stato, Autorità sanitaria).

Le certificazioni vaccinali, in formato cartaceo e/o digitale, dovranno essere redatte almeno in una delle seguenti lingue:
– italiano;
– inglese;
– francese;
– spagnolo;
– tedesco.

Nel caso in cui il certificato non fosse stato rilasciato in una delle cinque lingue indicate, è necessario che venga accompagnato da una traduzione giurata. La validità dei certificati vaccinali è la stessa prevista per la certificazione verde Covid-19 (Certificato Covid digitale dell’Ue) emessa dallo Stato italiano. Da Fortuneita.com

FIRMATO IL PROTOCOLLO PER LE AREE SCIISTICHE

22 Settembre 2021

© Fotografia – Bardonecchia

Fisi, Andef, Federfuni, Amsi e Colnaz, ovvero la Federsci, le due associazioni degli impiantisti e i rappresentanti dei Maestri di sci, hanno firmato oggi a Milano il protocollo che normerà la riapertura delle ski area e l’utilizzo degli impianti di risalita. L’accordo, arrivato quest’anno in tempi utili, arriva nelle stesse ore in cui la Camera ha approvato il Decreto Green Pass Bis, che prevede l’utilizzo del “passaporto vaccinale” per gli impianti di risalita.

protocollo fisi

Le località turistiche non possono permettersi di vivere un altro inverno senza sci, dato che proprio dal turismo bianco e in particolare dalle attività legate allo sci alpino e alla sua filiera arriva la maggior parte degli incassi legati al turismo montano.

Nel protocollo sono elencate le prescrizioni per l’accesso agli impianti e le pratiche per garantire la sicurezza di lavoratori e turisti. Oltre a vari accorgimenti per garantire il distanziamento e i flussi di persone, si accederà agli impianti con la certificazione verde covid 19 e si dovrà utilizzare la mascherina almeno chirurgica. Per quanto riguarda la portata degli impianti sarà dell’80% negli impianti chiusi: funivie, cabinovie e seggiovie con cupola e del 100% su seggiovie e skilift.  Da dovesciare.it

Qui il protocollo integrale.

Pensioni, i nuovi lavori usuranti: per 500mila persone l’assegno Inps arriva prima

Mezzo milione di lavoratori potranno (forse) andare in pensione in anticipo grazie alla revisione dei cosiddetti lavori gravosi.

Contributi Inps: dal 25 le domande per l'esonero - Metropolitano.it

Oggi sono 15 i lavori considerati gravosi, ma questo elenco di persone che possono andare in pensione in anticipo è destinato ad allargarsi, probabilmente già con la prossima riforma del sistema previdenziale. La commissione sui “lavori gravosi” ha infatti chiuso l’istruttoria per revisionare l’elenco delle professioni particolarmente pesanti che danno diritti a ritirarsi dal lavoro in anticipo. Nella proposta che ora passerà ora al vaglio dei ministeri dell’Economia e del Lavoro guidati da Daniele Franco e Andrea Orlando si passa da 15 a 57 gruppi e da 65 a 203 mansioni.

La revisione operata dalla commissione – che sarebbe dovuta iniziare nel 2018 ma è iniziata solo nella scorsa primavera – ha tenuto conto della frequenza degli infortuni così come del numero di giornate medie di assenza per infortunio e malattia. Alla fine delle valutazioni se le indicazioni troveranno attuazione la platea si allarghera a mezzo milione di lavoratori.

Mezzo milione di lavoratori in pensione in anticipo

L’obiettivo – in vista dell’addio a Quota 100 a fine 2021 – è quello di estendere l’elenco dei lavori gravosi consentendo a più lavoratori di anticipare la pensione usufruendo dell’indennità della cosiddetta Ape sociale. Negli ultimi 4 anni il 61% delle richieste è stato bocciato proprio perché chi lo aveva richiesto non rientrava non nelle mansioni gravose.

Grazie alla revisione della platea oltre 500mila persone potrebbero accedere a questo anticipo pensionistico che prevede che si maturi l’assegno Inps a 63 anni con 36 di contributi a patto di aver svolto una mansione gravosa per 6 anni negli ultimi 7 o 7 negli ultimi 10. L’Ape sociale “rafforzata” viene corrisposta fino al raggiungimento dell’età prevista per la pensione di vecchiaia, ovvero fino al conseguimento della pensione anticipata o di un trattamento conseguito anticipatamente rispetto all’età per la vecchiaia.

Il presidente della commissione sui lavori gravosi, il giuslavorista Cesare Damiano, ha spiegato che all’enco Inail sono state aggiunte anche due liste Inps che comprendono tutte quelle mansioni gravose affini a quelle coperte dall’Ape sociale ma fin qui escluse.

Le nuove mansioni ritenute gravose

Ad andare in pensione in anticipo saranno quindi chi si occupa di lavori manuali svolti nel campo della manifattura, dell’edilizia e dell’agricoltura.

Nell’allargamento delle mansioni gravose, così come stilato dalla commissione, sono stati inseriti lavori come quello dei bidelli, dei saldatori, dei tassisti, dei falegnami, dei conduttori di autobus e tranvieri, dei benzinai, dei macellai, dei panettieri, degli insegnanti di scuole elementari, dei commessi e dei cassieri, degli operatori sanitari qualificati, dei magazzinieri, dei portantini, dei forestali, dei verniciatori industriali.

Quali sono i lavori usuranti

Come linea sono ritenuti gravosi chi si occupa di lavori manuali nelle categorie della:

  • manifattura;
  • edilizia;
  • agricoltura e operai forestali;
  • conduttori d’impianti e di macchinari pesanti;
  • il personale dei servizi sanitari e sociali.

Oggi sono ritenuti meritevoli di andare in pensione con l’ape social:

  • Gli operai dell’industria estrattiva, dell’edilizia e della manutenzione degli edifici;
  • Conduttori di gru o di macchinari mobili per la perforazione nelle costruzioni;
  • Conciatori di pelli e di pellicce;
  • Conduttori di convogli ferroviari e personale viaggiante;
  • Conduttori di mezzi pesanti e camion;
  • Personale delle professioni sanitarie infermieristiche e ostetriche ospedaliere con lavoro organizzato in turni;
  • Addetti all’assistenza di persone in condizioni di non autosufficienza;
  • Insegnanti della scuola dell’infanzia ed educatori degli asili nido;
  • Facchini, addetti allo spostamento merci e assimilati;
  • Personale non qualificato addetto ai servizi di pulizia;
  • Operatori ecologici e altri raccoglitori e separatori di rifiuti.

Fin qui erano categorie previste dalla legge 232/2016 cui si sono aggiunte quattro con la legge 205/2017

  • Siderurgici di prima e seconda fusione e lavoratori del vetro addetti a lavori ad alte temperature non già ricompresi nel perimetro dei lavori usuranti;
  • Operai dell’agricoltura, della zootecnia e pesca;
  • Pescatori della pesca costiera, in acque interne, in alto mare dipendenti o soci di cooperative;
  • Marittimi imbarcati a bordo e personale viaggiante dei trasporti marini e acque interne.

A questi come abbiamo visto si aggiungeranno tutti i lavoratori ritenuti affini. Per cui si aprirano le porte della pensione anticipata per

  • insegnanti delle scuole elementari;
  • bidelli;
  • badanti e colf;
  • saldatori;
  • tassisti;
  • conduttori di autobus e tranvieri;
  • benzinai;
  • commessi;
  • cassieri;
  • panettieri;
  • magazzinieri;
  • verniciatori industriali;
  • operatori sanitari qualificati;
  • portantini;
  • forestali;
  • falegnami;
  • valigiai.

da www.today.it

STRESS E RISCHI CARDIOVASCOLARE:UN NUOVO STUDIO

Da dottnet.it

Un nuovo studio conferma che lo stress fa male alla salute: quando è troppo aumenta il rischio di ammalarsi di pressione alta e problemi cardiovascolari. Lo rivela una ricerca sulla rivista Hypertension, la prima a valutare l’impatto dello stress su persone inizialmente sane. Lo studio è stato condotto da Kosuke Inoue, epidemiologo all’Università di Kyoto in Giappone. Gli ormoni dello stress norepinefrina, epinephrina, dopamina e cortisolo aumentano quando siamo colpiti da eventi stressanti legati ad esempio al lavoro, ai rapporti con gli altri, ai soldi. I quattro ormoni, infatti, rispondono ai livelli di stress percepiti, aumentando quando lo stress sale.  In questo studio gli ormoni dello stress sono stati misurati con il test delle urine in 412 adulti di età 48-87 anni. È emerso che su un periodo medio di 6 anni e mezzo ogni qualvolta che le concentrazioni dei 4 ormoni dello stress raddoppiano, il rischio di sviluppare pressione alta cresce del 21-31%. Inoltre, è emerso che durante un periodo medio di oltre 11 anni c’è un aumento del 90% del rischio di eventi cardiovascolari ogni volta che la concentrazione di cortisolo raddoppia. Lo studio conferma che lo stress è un fattore di rischio chiave per lo sviluppo di ipertensione e eventi cardiovascolari, conclude Inoue. 

Spunta il vaccino italiano a Dna: ecco come funziona

Prodotto da Takis e Rottapharm Biotech, il vaccino a Dna è il primo ad essere approvato per l’Europa: già efficace contro virus e varianti, ecco come funziona e quale potrebbe essere il suo uso al di là del Covid

Avanzamenti nei vaccini del DNA contro COVID-19

Covid-eVax, il primo vaccino europeo a Dna, parla italiano: sviluppato dall’azienda Takis con sede a Castel Romano e Rottapharm Biotech con sede a Monza e Brianza, si trova già a buon punto con le sperimentazioni in fase 1.

“Immunità al 90%”

Il nuovo vaccino “è risultato ben tollerato e ha indotto una risposta immunitaria (anticorpale e/o cellulare) a tutte le dosi testate (0.5 mg, 1 mg e 2 mg, somministrate in doppia dose», fanno sapere le aziende. La migliore risposta è stata osservata nel gruppo trattato al dosaggio più alto, “con l’induzione di una risposta immunitaria fino al 90% dei volontari». Particolarmente rilevante è stata la risposta di tipo cellulare, quella cioé generata dai linfociti T, che integra quella generata dagli anticorpi e impedisce la replicazione del virus nelle cellule umane infettate.

Cos’è il vaccino a Dna

Se abbiamo imparato a conoscere cos’è l’Rna messaggero dei vaccini Pfizer e Moderna, proviamo a capire quali sono le caratteristiche di un vaccino a DNA. Quello targato Takis-Biotech sviluppa l’elettroporazione, tecnologia sviluppata in collaborazione con l’azienda Igea di Carpi: grazie a brevi stimoli elettrici, media il passaggio del Dna all’interno delle cellule e attiva il sistema immunitario. Covid e-vax, poi, produce una rapida attivazione del sistema immunitario attraverso l’immissione nel muscolo di un frammento di Dna del virus contenente una porzione della proteina Spike che dà il via alla produzione degli anticorpi.

«È l’unico in sperimentazione clinica in Europa basato sul Dna, mentre quelli approvati al momento attuale sono basati su Rna messaggero o su vettori adenovirali», spiega a Sputnik Italia Luigi Aurisicchio, amministratore delegato e direttore scientifico di Takis Biotech. E poi, enormi vantaggio anche sul piano economico perché questo vaccino «non ha bisogno di complesse formulazioni, può essere prodotto in larga scala e non ha necessità della catena del freddo», affermano i ricercatori.

«Il Covid-eVax è un vaccino “di precisione” perché produce solo una porzione specifica della proteina Spike, fondamentale per l’ingresso del virus nelle nostre cellule – ha sottolineato Emanuele Marra, Direttore del dipartimento Malattie infettive della Takis – I dati ottenuti indicano un alto livello di sicurezza e potenziale efficacia». Per quanto riguarda le varianti, gli studi effettuati mostrano che gli anticorpi generati dal vaccino «sono in grado di neutralizzare SARS-CoV-2 e le sue varianti più preoccupanti a livelli similari», ha aggiunto Giuseppe Roscilli, direttore del dipartimento di generazione e produzione degli Anticorpi monoclonali, di Takis. Ma la corsa di questo vaccino guarda anche verso altre tipologie di utilizzo.

“Utile anche in campi diversi”

Il vaccino a Dna apre anche nuove frontiere che guardano al di là della pandemia da Covid-19. «I risultati preliminari sono favorevoli – ha dichiarato Lucio Rovati, Presidente e Direttore Scientifico di Rottapharm Biotech – Riteniamo che i dati generati in questo studio siano una validazione dell’efficacia della nuova piattaforma tecnologica dei vaccini a dna, diversa rispetto a quelle già disponibili a RNA messaggero o a vettore virale, e potenzialmente utile anche in campi diversi, come ad esempio per il trattamento di alcune patologie oncologiche». Purtroppo, la sperimentazione ha subìto ritardi enormi: da aprile 2020 a marzo 2021 per cause di forza maggiore: adesso sono pronti a partire con fase 2 e 3 a patto che ci siano i giusti finanziamenti. «Noi abbiamo fatto tutto ciò che ci era possibile, non possiamo andare avanti. Per la seconda fase servirebbero circa 20 milioni di euro, per la 3 altre decine, o forse centinaia. Con le risorse necessarie saremmo in grado di concludere il prossimo anno, garantendo la disponibilità del vaccino», afferma Rovati a Repubblica.

Pregliasco: “Bisogna finanziare il lavoro”

Il tema del sostegno alla ricerca ricorre anche nei discorsi di Fabrizio Pregliasco, virologo dell’Università degli Studi di Milano, il quale spiega sempre a Repubblica che se il nuovo vaccino italiano vuole vedere la luce, serve un’organizzazione che finanzi il proseguimento del lavoro. «La fase 1 è la prima sperimentata sull’uomo, e fa da filtro – spiega il virologo – la 2 e la 3 sono quelle in cui si stabiliscono, fra le altre cose, il dosaggio e la sicurezza. Durano mediamente 3-4 mesi. Sempre che, però, possano essere sostenute economicamente». Tempo e denaro, insomma: ma più si va avanti con le vaccinazioni, più sarà difficile reperire volontari per le sperimentazioni: una nuova strada potrebbe essere quella di cercarli a livello internazionale, anche se ciò comporta una certa spesa. «In ogni caso è una strada che andrebbe percorsa perché possiamo dare ancora molto per combattere questa pandemia, che ci sta mettendo alla prova anche oggi».

da www.ilgiornale.it

GREEN PASS E IDONEITÀ: LA NOTA DI ANMLA

 Da ANMLA

Pubblichiamo la nota Associativa, redatta dal Gruppo di Lavoro COVID-19, in merito alle problematiche che molti tra i Soci stanno incontrando in relazione alla Certificazione verde COVID-19.

Come recita la premessa del documento constatata una qual certa confusione in materia, lo scopo è in sostanza fornire elementi per chiarire che il MC non è generalmente coinvolto nelle procedure relative al controllo dell’assolvimento dell’obbligo vaccinale, né dal (inesistente) collegamento tra Green Pass ed idoneità lavorativa.

File Allegati:

DOSAGGIO PSA NELLE DONNE ED INQUINAMENTO

Il dosaggio del Psa, indicatore di una patologia prostatica del maschio, nella donna può invece indicare un rischio da inquinamento ambientale. 

L’antigene prostatico specifico, meglio conosciuto con appunto con l’acronimo Psa, proteina (callicreina 3, KLK3) sintetizzata dalle cellule della prostata e misurato nel sangue del maschio per valutare patologie prostatiche ed in particolare il rischio di cancro alla prostata, secondo uno studio appena pubblicato (Int. J. of Environmental Research and Public Health – Pubmed) può rappresentare un indicatore precoce di danno ambientale. La scoperta è il frutto di un lavoro tutto campano nell’ambito del progetto di ricerca EcoFoodFertility (www.ecofoodfertility.it) coordinato da Luigi Montano, UroAndrologo dell’Asl di Salerno e presidente della Società italiana di Riproduzione umana. 

Un progetto che da anni studia nei territori inquinati e in Terra dei Fuochi, indicatori precoci e predittivi di danno alla salute non solo riproduttiva. Finora era stato il seme maschile il principale sensore sentinella della qualità ambientale e generale. Ora è stato scoperto come il Psa dosato nel sangue delle donne, possa rappresentare invece un marcatore di danno ambientale. 

Fino a pochi anni fa – avverte – dichiara Salvatore Raimondo – primo autore dello studio, responsabile del Laboratorio di ricerca Gentile di Gragnano  – si riteneva che il Psa nel sangue delle donne fosse assente ma con l’avvento di Kit diagnostici più sensibili si è dimostrata la sua presenza in determinate malattie (tumore seno, colon ecc.) ed è stata individuata la sede della sua produzione nelle ghiandole di Skene (omologhe della prostata), ghiandole parauretrali dell’apparato genitale femminile esterno, capaci di secernere tale marcatore». 
Nello studio, secondo il disegno del progetto EcoFoodFertility, sono state reclutate 119 ragazze omogenee per età e stili di vita provenienti dall’area della Terra dei Fuochi ad alto inquinamento ambientale e dall’area sud di Salerno “Valle del Sele e parco del Cilento” a basso tasso di inquinanti. Il Psa è stato dosato in tre periodi ben precisi del ciclo mestruale (fase follicolare, fase ovarica e fase luteinica) ed è emersa una variabilità significativa, tra i due gruppi di ragazze. In sintesi, nelle ragazze residenti nell’area inquinata è stata evidenziata una scarsa oscillazione del Psa nelle tre fasi del ciclo mestruale, con valori in assoluto più alti e con un picco opposto in fase ovulatoria rispetto alle ragazze residenti nell’area del salernitano». 

Toxic pollutants inside the human body and eating pollutants as an open mouth ingesting industrial toxins with 3D illustration elements.

«I cambiamenti da noi riscontrati, durante le fasi del ciclo mestruale – spiega Montano – in donne residenti in aree a diverso impatto ambientale, suggeriscono che il Psa possa avere un ruolo oltre le funzioni descritte da altri autori nei processi antimicrobici, desquamazione epiteliale genitale e cervicale, e trasporto degli spermatozoi». «Il nostro lavoro è quindi destinato ad aprire uno scenario per uno studio più allargato – commenta Marina Piscopo, biologa molecolare dell’Università Federico II di Napoli, coautrice dello studio». 


«Come il seme maschile – conclude Luigi Montano – con il progetto EcoFoodFertility sul fronte maschile sta fornendo sempre più conferme come precoce indicatore di danno alla salute da inquinamento ambientale, scoprire un possibile indicatore al “femminile” con tale potenzialità, da confermare ora con campionamenti più estesi, rappresenta il completamento del progetto che punta proprio a suggerire i biomarcatori riproduttivi come nuovi strumenti di valutazione di impatto ambientale utili ai policy makers per avviare modelli innovativi per la sorveglianza sanitaria, la prevenzione primaria, integrando le politiche di sanità pubblica in particolare nelle aree a maggiore inquinamento».  Da il Mattino