MEDICINA DEL LAVORO

VISITA INAIL PER LAVORATORI ” FRAGILI”

Fermo restando quanto previsto per lo svolgimento in sicurezza delle attività produttive e commerciali in relazione al rischio di contagio, l’art. 83 d.l. 34 del 19 maggio 2020 prevede che i datori di lavoro pubblici e privati assicurano la sorveglianza sanitaria eccezionale dei lavoratori maggiormente esposti al rischio, in ragione dell’età, della condizione da immunodepressione e di una pregressa infezione da Covid-19 ovvero da altre patologie che determinano particolari situazioni di fragilità del lavoratore”. È quanto sottolinea l’Inail sul proprio sito.

“L’attività di sorveglianza sanitaria eccezionale – ricorda l’Istituto – si sostanzia in una visita medica sui lavoratori inquadrabili come “fragili” ovvero sui lavoratori che, per condizioni derivanti da immunodeficienze da malattie croniche, da patologie oncologiche con immunodepressione anche correlata a terapie salvavita in corso o da più co-morbilità, valutate anche in relazione dell’età,  ritengano di rientrare in tale condizione di fragilità”.L’Inail specifica poi che “per i datori di lavoro che non sono tenuti, ai sensi dell’art. 18, co. 1 lett. a), d.lgs. 81/2008, alla nomina di un medico competente, fermo restando la possibilità di nominarne uno per la durata dello stato di emergenza, la sorveglianza eccezionale può essere richiesta ai servizi territoriali dell’Inail che vi provvedono con i propri medici del lavoro”.

Una volta inoltrata la richiesta dal datore di lavoro o da un suo delegato, viene individuato il medico della sede territoriale più vicina al domicilio del lavoratore.

All’esito della visita medica per sorveglianza sanitaria eccezionale, è espresso un “parere conclusivo riferito esclusivamente alla possibilità per il lavoratore di riprendere l’attività lavorativa in presenza nonché alle eventuali misure preventive aggiuntive o alle modalità organizzative atte a garantire il contenimento del contagio”.
Successivamente all’invio del parere conclusivo, il datore di lavoro riceve una comunicazione con l’avviso di emissione della relativa fattura in esenzione da iva per il pagamento della prestazione effettuata. In attesa dell’emanazione di un decreto interministeriale per la definizione della tariffa, l’Inail ha stabilito in via provvisoria l’importo di € 50,85.

MASCHERINE E DISAGIO TERMICO

LA PREVENZIONE DEL DISAGIO TERMICO CAUSATO DAI DISPOSITIVI DI PROTEZIONE DELLE VIE RESPIRATORIE

I dispositivi o apparecchi di protezione delle vie respiratorie (APVR) sono progettati per proteggere i lavoratori dall’inalazione di sostanze pericolose come polveri, fibre, fumi, vapori, gas, microrganismi e particolati che possono essere presenti nell’ambiente di lavoro e provocare patologie a carico delle vie respiratorie. Un’eccessiva esposizione a sostanze pericolose può causare danni significativi alla salute. I dati INAIL (INAIL, 2019) mostrano che nel 2019 le malattie professionali a carico dell’apparato respiratorio occupano il quarto posto per le denunce protocollate (2809), facendo registrare un trend in aumento rispetto al 2018 (2613).
Si ricorre all’uso dei dispositivi di protezione delle vie respiratorie (ovvero ai dispositivi di protezione individuale, DPI) quando non è possibile applicare mezzi di protezione collettiva (art.75 del D.Lgs. 81/2008) ovvero misure tecniche, organizzative e procedurali idonee ad eliminare l’esposizione dei lavoratori a sostanze pericolose.
La scelta del corretto dispositivo dovrebbe avvenire solo dopo il completamento della valutazione dei rischi e dovrebbe tener conto di diversi fattori. Secondo la UNI EN 529:2006, infatti, accanto agli aspetti connessi alla valutazione dell’adeguatezza (livello di protezione offerto) è necessario tener conto anche degli aspetti connessi alla valutazione dell’idoneità del dispositivo. Tra questi sono inclusi fattori ergonomici come, ad esempio, l’aspetto termico.
Al punto D.5 si pone l’attenzione sull’affaticamento termico che potrebbe causare il dispositivo di protezione delle vie respiratorie in zone come la testa, dovuto ad un effetto barriera rispetto agli scambi termici e che potrebbe determinare un discomfort per il lavoratore che lo indossa.
Questo fattore diventa più evidente in presenza di condizioni microclimatiche sfavorevoli e di attività lavorative più intense, e rappresenta un problema di interesse igienistico emergente alla luce dei cambiamenti climatici in corso e delle ondate di calore sempre più intense e frequenti. (WMO 2015).
Il discomfort dovuto all’accumulo di calore percepito sul viso, o sulla parte di esso coperto dal facciale è uno dei motivi di intolleranza per chi indossa il dispositivo (Roberge et al, 2012a; Laird et al. 2002; Radonovich et al. 2009). Tener conto di questo aspetto vuol dire ridurre i fattori di non accettabilità del dispositivo ed evitare che il lavoratore decida arbitrariamente di rimuoverlo e/o di non utilizzarlo o di utilizzarlo in maniera inappropriata
Nell’ambito della letteratura scientifica internazionale alcuni studi hanno evidenziato che il dispositivo di protezione delle vie respiratorie può avere un impatto sulla temperatura del viso o sulla parte di esso coperto dal facciale (Roberge et al. 2012a; Roberge et al. 2012b; Du Bois et al. 1990; Del Ferraro et al., 2017; Del Ferraro et al. 2020) ed un effetto molto minore sulla temperatura interna (Roberge et al. 2012b). Altri studi hanno cercato di correlare il giudizio soggettivo associato al discomfort con la temperatura superficiale del viso sotto la maschera quando il lavoratore indossa ed utilizza un tale dispositivo (Nielsen et al. 1987, Du Bois et al. 1990). I risultati ottenuti mostrano che il lavoratore percepisce come calde, e quindi non confortevoli, temperature della pelle del viso sotto la maschera superiori ai 34,5°C (Du Bois et al. 1990).
Un altro fattore che può aumentare la sensazione di discomfort durante l’utilizzo del dispositivo è il cambiamento del modo di respirare. In condizioni di riposo la maggior parte degli adulti ha una respirazione nasale (inspirazione ed espirazione attraverso il naso).
Con l’intensificarsi dell’attività fisica può accadere che la respirazione da nasale diventi oronasale. Questo cambiamento incide sulle due componenti degli scambi di calore legati alla respirazione (per evaporazione, Eres e convezione, Cres): la respirazione oro-nasale, infatti, prevede una maggiore dispersione del calore verso l’ambiente rispetto alla respirazione nasale. L’aria espirata rimane bloccata dal facciale e si percepisce maggiormente il calore a seguito dell’aumentata presenza di vapore acqueo.
Infine non va dimenticato il fattore psicologico, che può avere un impatto indiretto sul carico termico associato all’uso del dispositivo di protezione delle vie respiratorie. L’uso del dispositivo può causare una sensazione di claustrofobia. Alcuni soggetti affetti da disturbi di ansia mostrano un disturbo d’ansia “respiratorio”, caratterizzato da un’attività respiratoria intensa durante un attacco di panico che è probabilmente legata ad un falso allarme di soffocamento proveniente dal Sistema Nervoso Centrale (Roberge et al. 2012a; Freire et al., 2010) e sono molto sensibili agli aumenti dei livelli di CO2 nell’organismo.
La risposta abituale all’insorgenza di un attacco di panico o di una reazione claustrofobica, indipendentemente dall’evento scatenante, è una risposta simpaticomimetica provocata dal rilascio di neurotrasmettitori (ad es. catecolamine come l’adrenalina e la noradrenalina). Tale rilascio causa un aumento dell’attività metabolica che si manifesta con un’elevata frequenza cardiaca e respiratoria, palpitazioni, pressione sanguigna elevata, ecc. Una sensazione di calore associata a questi eventi può essere dovuta all’aumento dello sforzo respiratorio dovuto ad una maggiore resistenza respiratoria percepita del dispositivo, oppure all’aumento della sudorazione nel microambiente del facciale dovuto allo stress psicologico che potrebbe aumentare la temperatura di quella zona del viso.
Una delle strategie che può essere messa in atto per alleviare l’impatto dell’uso del dispositivo delle vie respiratorie è il raffreddamento del viso, che risulta essere una delle più efficaci, insieme ad una attenta programmazione di pause di recupero e reidratazione durante il lavoro.
Prima della pandemia l’uso dei dispositivi delle vie respiratorie era previsto per un numero limitato di attività professionali. La recente emergenza sanitaria da COVID 19 ha reso obbligatorio o consigliato l’uso dei DPI (maschere) nella maggior parte degli ambienti di lavoro al chiuso o all’aperto.
È da evidenziare che attività lavorative che in assenza di DPI non presentano particolari criticità di natura ergonomica o termica possono diventare critiche sotto tale aspetto, soprattutto per soggetti particolarmente sensibili.
È pertanto indispensabile che l’introduzione di tali dispositivi negli ambienti di lavoro sia sempre accompagnata da un’attenta valutazione dell’accettazione e delle potenziali ricadute sulle condizioni ergonomiche dell’attività lavorativa svolta, prendendo in esame:
  • l’adattabilità dei DPI alle caratteristiche fisiche e alle condizioni individuali di tutte le lavoratrici e lavoratori, con particolare riferimento ai soggetti sensibili;
  • il comfort termico del DPI, in considerazione della durata dell’impiego e del contesto d’uso.
Si raccomanda l’istituzione di procedure ad hoc relative all’impiego del DPI che prevedano tra l’altro:
  • graduale adattamento all’impiego del DPI in relazione alla tipologia di attività svolta
  • effettuazione di specifiche pause durante il lavoro per la rimozione del DPI e la reidratazione;
  • individuazione di adeguate aree di riposo al fresco ove togliere il DPI e rinfrescare il viso;
Un elenco non esaustivo di soggetti particolarmente sensibili per cui potrebbe essere richiesto di istituire procedure ad hoc relative all’uso del DPI delle vie respiratorie è di seguito riportato:
  • Gravidanza
  • Ipertensione e malattie cardiovascolari
  • Disturbi della coagulazione
  • Patologie neurologiche o assunzione di psicofarmaci
  • Disturbi della tiroide
  • Malattie respiratorie croniche
  • Claustrofobia o attacchi di panico.

 

Conclusioni

I dispositivi di protezione delle vie respiratorie sono introdotti per proteggere i lavoratori dall’inalazione di sostanze pericolose che possono essere presenti nei luoghi di lavoro, quando non è possibile ricorrere ad altri metodi tecnici, organizzativi e procedurali efficaci ai fini della protezione. La scelta del corretto dispositivo dovrebbe avvenire solo a seguito di un’attenta valutazione dei rischi. Accanto agli aspetti connessi alla valutazione dell’adeguatezza (livello di protezione offerto) è necessario tener conto anche degli aspetti connessi alla valutazione dell’idoneità del dispositivo, tra cui i fattori ergonomici, termici.

 

L’utilizzo del dispositivo può determinare un accumulo di calore percepito sul viso, o sulla parte di esso coperto dal facciale, che può causare disagi di varia natura, e può comportare l’insorgenza di stress termico in relazione alla tipologia di attività svolta, all’ambiente termico e alle condizioni individuali della lavoratrice o del lavoratore.

 

E’ importante tener presente che attività lavorative generalmente non considerate critiche sotto il profilo microclimatico possono diventare tali se è richiesto l’impiego protratto e continuativo di DPI delle vie respiratorie, soprattutto in ambienti indoor privi di condizionamento adeguato, in caso di ondate di calore o in presenza di condizioni di suscettibilità individuale.

 

E’ indispensabile che l’impiego dei DPI delle vie respiratorie sia sempre accompagnato da una idonea formazione volta al corretto impiego degli stessi ed a migliorarne l’accettabilità e l’adattabilità alle condizioni individuali di ciascun lavoratore.

 

Si richiama infine quanto espresso dall’OMS (WHO, 2020) in merito agli aspetti di criticità legati all’impiego di DPI facciali per la popolazione generale, che è sempre opportuno siano tenuti sotto stretto controllo negli ambienti di lavoro, nell’ambito della valutazione dei rischi:

Potenziale rischio di auto-contaminazione a seguito della manipolazione della mascherina e successivo contatto delle mani contaminate con viso ed occhi;

  • Potenziale rischio di auto-contaminazione se non si provvede alla sostituzione di maschere inumidite o sporche;
  • Emicrania o difficoltà di respirazione in relazione alle caratteristiche individuali;
  • Sviluppo di lesioni cutanee o dermatiti o peggioramento di patologie dermatologiche;
  • Difficoltà di comunicazione verbale chiara, soprattutto per attività al pubblico;
  • Disagio termico, anche in relazione alle caratteristiche di suscettibilità individuale;
  • Difficoltà di comprensione della comunicazione verbale per persone con problemi uditivi per impossibilità di leggere il movimento delle labbra, anche in relazione alle caratteristiche acustiche dell’ambiente.
A cura di:
Vincenzo Molinaro, Tiziana Falcone, Simona Del Ferraro
INAIL Dipartimento di Medicina, Epidemiologia, Igiene del Lavoro ed Ambientale Laboratorio di Ergonomia e Fisiologia
Iole Pinto
Azienda Usl Toscana Sud-Est – Laboratorio Sanità Pubblica – Agenti Fisici
Francesco Picciolo
Dipartimento di Scienze della Terra, Fisiche e Naturali Università degli Studi di Siena

FOTO INVECCHIAMENTO CUTANEO E VIDEOTERMINALI

Da Dottnet.it

Rughe e colorito spento del viso e persino il collo che finisce vittima dell’utilizzo eccessivo di smartphone e tablet, con la formazione delle cosiddette “Collane di Venere”, linee che decorrono in parallelo, circolari, chiamate collane perché le mimano. Ecco alcuni degli effetti del digital aging, l’invecchiamento digitale, che per gli esperti rappresenta la “malattia del millennio e della generazione dei Millenials in particolar modo ” e che con il lockdown legato all’emergenza coronavirus ha visto un’amplificazione, legata al fatto che i device hanno rappresentato una forma quasi esclusiva di contatto con il mondo esterno, sia per lavoro che nella vita privata.

Oltre a interrompere i normali ritmi sonno-veglia, a,provocare dolore a collo, testa e spalle, persino problemi ai pollici legati alla digitazione, tablet e telefonini tendono quindi sempre più a invecchiare la pelle. “I danni- spiega Marco Iera, del team di Chirurgia Plastica e Ricostruttiva della Breast Unit dell’Ospedale Maggiore Policlinico Universitario di Milano, IRCCS Fondazione Cà Grande, che esercita anche presso L’Istituto Clinico Brera- sono provocati dalle radiazioni emesse da questi device che in pratica emettono una luce blu , che si può dire sia pericolosa quanto quella emessa dal sole. Ciò provoca un precoce invecchiamento cutaneo, perché penetra in profondo del derma provocando un grande sviluppo di radicali liberi dannosi”. Il danno, spiega l’esperto, e’ appunto multi organo: dalla pelle del viso su cui compaiono rughe, perché “le onde elettromagnetiche aumentano la temperatura dei tessuti, favorendo così il surriscaldamento dei tessuti stessi ricchi di acqua come il derma e portano a un deterioramento delle fibre collagene” al collo, con la comparsa di righe sempre più evidenti in virtù della postura che assumiamo. I rimedi sono vari, e vanno da un sano stile di vita ad alcuni possibili interventi del medico.

“Staccare gli occhi dal monitor almeno ogni venti minuti- sottolinea Iera- una dieta ricca di antiossidanti che comprende soprattutto frutta e verdura, alimenti ricchi di omega 3 come il pesce azzurro, poi salmone, noci. Inoltre, e’ importante un’idratazione corretta della pelle : per questi problemi si consigliano dei sieri a base di vitamina C ed E e anche in medicina estetica quella che viene denominata biorivitalizzazione, che rallenta l’invecchiamento e riattiva il microcircolo, andando a nutrire”. Si può poi eseguire ginnastica facciale e muscolare per il collo, e sempre per il collo “vi è anche il mesobotox, procedura in chirurgia ambulatoriale, che prevede l’applicazione di una tossina botulinica più diluita rispetto al normale e infiltrata in un piano più superficiale con la funzione di distendere la pelle”.  Il sole, in generale ma soprattutto quest’anno che nei primi mesi di primavera si è usciti poco, va bene “in piccole dosi, meglio se non nelle ore centrali della giornata, perché innesca la produzione di vitamina d, sempre con una crema protettiva.  Dipende dal tipo di pelle si inizia in genere da una protezione 50 per poi scalare , ma è bene utilizzare anche creme anti aging DA giorno o notte, che hanno polipeptidi o fattori di crescita e che aiutano il processo di riparazione del danno cellulare”

MASCHERINA FFP3 CON APP QUALITÀ DEL FILTRAGGIO

Da Ilsole24ore

La indossi ed è subito effetto Bane, il cattivo del terzo capitolo del Batman di Christopher Nolan. Narvalo Urban Mask, è il primo prodotto della startup milanese Narvalo, incubata al Polihub. Tecnicamente è una mascherina protettiva FFP3, sigla che certifica il massimo livello di protezione per questo tipo di prodotti. E’ nata per essere bella esteticamente, progettata per proteggere dall’inquinamento, le polveri e i pollini e pronta per essere connessa allo smartphone per fornire una analisi della qualità dell’aria.

L’emergenza del Covid-19 e quindi i virus e i batteri hanno reso questi prodotti popolari e essenziali per girare all’aperto durante il lockdown. La mascherina è dotata di una valvola intelligente ad espirazione facilitata che ottimizzando il deflusso di aria impedisce l’accumulo di calore e di umidità. Filtra il 99,9% degli agenti inquinanti oltre a virus, batteri, polveri ed odori, grazie allo strato in carbone attivo. Allo stesso tempo, la confezione di Narvalo Urban Mask prevede un tappo “anti-Covid” che, se applicato, blocca la fuoriuscita di goccioline anche durante l’espirazione.

A partire dal 10 luglio arriverà la app con cui si interfaccia la mascherina per monitorare la qualità dell’aria e che ti dice quanto sei protetto da agenti inquinanti ecc. Per la fine dell’anno è inoltre previsto il rilascio della versione “Active” della maschera, con una valvola elettronica dotata di una ventola di estrazione intelligente e di sensoristica a bordo.
A questo punto l’effetto Bane è davvero assicurato. Il prezzo? 89 euro ma se fate il pre-order dal sito c’è uno sconto del 30%.

VENTILAZIONE E CLIMATIZZAZIONE : RAPPORTO ISS E COVID19

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L’adeguamento alle condizioni contingenti per contrastare la diffusione dell’epidemia di SARS-CoV-2 e per garantire una buona qualità dell’aria degli ambienti indoor necessita di appropriate risposte per il contenimento del rischio di trasmissione del virus. In questo ambito, nel documento presentato verranno descritti i principali componenti dei sistemi di ventilazione e di climatizzazione che possono favorire la movimentazione dell’aria in ambienti indoor all’interno di strutture comunitarie non sanitarie e di ambienti domestici e verranno altresì fornite raccomandazioni operative per la gestione di questi impianti.
Autori del documento: Gruppo di Lavoro ISS Ambiente-Rifiuti COVID-19

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RAPPORTO INAIL SU SILICE CRISTALLINA

Disponibile online sul sito dell’Istituto, il rapporto raccoglie i dati di venti anni di misurazioni personali di esposizione a silice libera cristallina nei luoghi di lavoro, di concentrazioni ambientali e del tenore di quarzo nei materiali e prodotti utilizzati nel mondo del lavoro. I campionamenti effettuati dall’Inail forniscono un quadro aggiornato e dettagliato dell’esposizione occupazionale a silice e a polveri respirabili in Italia

Da Inail.it

ROMA – L’impegnativo lavoro di monitoraggio e ricerca svolto dalla Consulenza tecnica accertamento rischi e prevenzione (Contarp) dell’Inail, con i risultati di oltre 8000 campioni prelevati dal 2000 al 2019 in stabilimenti, cantieri e opifici di tutta Italia, fa il punto sul quadro dei profili di esposizione dei lavoratori a polveri silicotigene. Di questo articolato impegno di ricerca igienistico-industriale e di analisi statistica dei dati è possibile sapere di più leggendo il presente Rapporto scientifico, realizzato in collaborazione con la Direzione centrale organizzazione digitale (Dcod) e disponibile online sul portale dell’Istituto.

La Banca dati esposizione silice. Il Rapporto rappresenta le informazioni raccolte in una Banca dati appositamente costruita con i dati dei campionamenti e delle analisi effettuate dall’Istituto, secondo i criteri proposti nella letteratura scientifica sull’argomento e grazie all’approfondimento delle esperienze di altri istituti di ricerca ed enti governativi internazionali.

Oltre 1000 le aziende monitorate. Degli 8028 campioni raccolti in 1041 aziende, la maggior parte (90%) deriva da campionamenti di tipo personale. I monitoraggi sono stati condotti in tutte le regioni italiane, con il maggior numero di campioni prelevati in Trentino Alto Adige, Lazio, Emilia Romagna, Veneto e Umbria. Le misurazioni si riferiscono a 30 tipologie di attività produttive, definite secondo una classificazione appositamente realizzata da Contarp nel 2016 e corrispondente a 62 codici di attività economica Ateco 2007, comprendenti i settori estrattivo, manifatturiero e delle costruzioni.

Una base di dati per la valutazione del rischio. Il Rapporto descrive profili di esposizione a silice cristallina riferiti a 470 mansioni (‘gruppi di esposizione similare’). Per 238 di queste mansioni sono disponibili almeno 6 misurazioni, mentre per 137 di esse il numero di misure è di almeno 12. I livelli di concentrazione di silice respirabile sono espressi in termini di valori della media geometrica, con relative deviazioni standard, e in termini di percentili di esposizione. Per ogni attività e per ogni mansione, sono riportati grafici di probabilità e percentuali di superamento delle concentrazioni ‘soglia’ di 0,1, 0,05, 0,025 e 0,012 mg/m3 di silice cristallina. Si tratta di una base di dati, sottolineano gli autori della ricerca, che costituisce una robusta fonte informativa, direttamente utilizzabile da tutti i soggetti che si occupano, a vario titolo, della valutazione del rischio silice.

Esposizione a silice: l’evoluzione nel tempo. Come viene osservato nel Rapporto, gli attuali livelli di esposizione a silice libera cristallina sono notevolmente più bassi rispetto ai valori misurati nel secolo scorso e descritti in letteratura, grazie alle misure di prevenzione del rischio adottate nel tempo dalle aziende italiane. Tuttavia, le misure effettuate nell’arco degli ultimi vent’anni non evidenziano ulteriori significative riduzioni nell’andamento delle esposizioni, indicando forse un generale abbassamento dell’attenzione verso questo agente chimico.

Dalla ricerca indicazioni per nuovi sviluppi di studio. Come auspica il Rapporto, le future elaborazioni sviluppate dalla Banca dati potranno essere utili all’accrescimento delle conoscenze in questa materia e alla costruzione di piani di prevenzione mirati, oltre che alla messa a punto di buone prassi nei comparti più critici. Per le ricerche future, sarà disponibile, sul portale Inail, l’applicativo da cui sono state estratte le elaborazioni statistiche di cui il Rapporto propone una sintesi.

Prodotto: Volume
Edizioni: Inail – 2019
Disponibilità: Si – Consultabile anche in rete
Info: dcpianificazione-comunicazione@inail.it

IL RUOLO DEL MEDICO COMPETENTE AI TEMPI DEL CORONAVIRUS

Nella gestione della Pandemia da CoViD-19 la Medicina del Lavoro assume un ruolo di grande responsabilità. Il presente testo spazia seguendo un percorso che va da un nuovo approccio all’ organizzazione del lavoro, alle procedure ed iniziative per il contenimento del contagio, descrivendo le misure organizzative e di prevenzione e protezione, l’informazione e formazione, la sorveglianza sanitaria, la gestione dei casi sospetti e confermati. La trattazione poi definisce il lavoratore fragile in base a norme e letteratura e specifica lo stato dell’arte sui test sierologici tra letteratura scientifica ed indicazioni regionali. Viene poi trattato il ruolo del medico competente come figura a metà tra consulente globale e disability manager. Infine viene trattata la collaborazione tra organo di vigilanza, medico competente e medico di medicina generale. Il testo, centralizzato sul ruolo del medico competente, si rivolge per i contenuti a pieno titolo a tutti gli attori della prevenzione.

Disponibile in edizione cartacea ed e-BOOK

Edizioni EPC

INQUINAMENTO E MALATTIE NEURODEGENERATIVE

Lo smog e l’aria inquinata non favorirebbero solo l’insorgere di tumori, ma anche dell’Alzheimer. Secondo due distinti studi riportati dalla Stampa, quello che respiriamo inciderebbe in maniera decisiva sullo stato del nostro cervello. La prima ricerca, dell’istituto svedese Karolinska di Stoccolma e pubblicata su Jama Neurology, afferma che “l’esposizione allo smog aumenta il rischio di sviluppare demenza”. E questo in un ambiente come il centro di Stoccolma in cui “il livello medio annuo di particolato di Pm2,5 è ben al di sotto del limite in Europa e negli Usa”. Anche in condizioni dell’aria tutto sommato buone, insomma, “sono emersi effetti dannosi sulla salute: il rischio di demenza aumenta del 50% per un aumento di 0,88 microgrammi al metro cubo della concentrazione di Pm2.5 e del 14% per un incremento di 8,35 microgrammi al metro cubo della concentrazione di ossidi di azoto”.

Il peggioramento delle capacità cognitive “è mediato dagli effetti vascolari: quasi il 50% dei casi di demenza da inquinamento era dovuto a ictus“. In altre parole, le sostanze inquinanti sono “neurotossiche”, danneggiano il cervello ed hanno uno stretto legame con le malattie neurovascolari e neurodegenerative

Conferme in questo senso dal secondo studio, pubblicato su Neurology e realizzato in un contesto decisamente diverso, confrontando i residenti nell’area Nord di Manhattan e nei quartieri di Inwood e Washington Heights a New York: più la qualità dell’aria peggiora e più è evidente e rapido il deterioramento cognitivo. Secondo la responsabile dello studio, Erin Kulick della Brown University School of Public Health, questi risultati “sollevano la questione se i limiti imposti per legge siano sufficientemente bassi da proteggere la salute delle persone”. Nove cittadini europei su 10, ricorda la Stampa, “è esposta a concentrazioni di polveri fini superiori ai valori stabiliti dall’Oms e, secondo l’Agenzia Europea per l’Ambiente, l’Italia è la peggiore d’Europa con 76mila morti premature correlate all’inquinamento atmosferico da Pm2.5, ozono e biossido di azoto”. Da il giornale.it

NUOVE FACT SHEET DI INAIL SULL’AMIANTO

Nelle nuove pubblicazioni INAIL un elenco dettagliato delle misure di prevenzione e protezione da adottare nei siti inquinati e un approfondimento sulle nuove modalità per il riconoscimento delle diverse tipologie di minerale sviluppate con tecnologie innovative

L’INAIL ha pubblicato due nuove fact sheet su ricerca e innovazione tecnologica finalizzate alla tutela del lavoratore e degli ambienti di vita in relazione all’amianto:

  1. focus sulle misure di sicurezza per i lavoratori e per gli ambienti da adottare durante gli interventi di riqualificazione dei siti contaminati;
  2. nuove modalità̀ di riconoscimento e caratterizzazione di materiali contenenti amianto (mca) mediante l’impiego di tecnologie innovative non invasive e non distruttive, sviluppate nell’ambito del Bando di ricerca in collaborazione dell’Inail (Bric ID 58 – Programma speciale amianto).

La situazione in Italia

Durante gli interventi di riqualificazione dei siti contaminati è necessario adottare specifiche misure di prevenzione e protezione, per garantire la minima dispersione di fibre di amianto nell’ambiente.

L’Inail evidenzia che sui 41 siti da bonificare di interesse nazionale (sin) identificati in Italia dal Ministero dell’Ambiente, 11 sono principalmente contaminati da amianto, mentre in altri cinque esiste una contaminazione secondaria, accertata e quantificata, che riguarda una porzione significativa del perimetro. Inoltre, sono stati rilevati più di 12mila siti di interesse regionale (sir) e altri di competenza comunale (sic). Fino al 1992, anno in cui sono stati banditi sia l’estrazione sia l’impiego del minerale, l’Italia è stata tra i maggiori produttori mondiali di amianto e mca.

Le misure di prevenzione

  • l’intera area da bonificare deve essere delimitata su tutti i lati del perimetro con una recinzione idonea, per impedire l’accesso agli estranei. Possono entrare, infatti, soltanto gli operai addetti alle lavorazioni e gli enti preposti al controllo.
  • tra le misure di prevenzione indicate nella fact sheet, oltre alla cartellonistica obbligatoria, che riguarda, tra le altre cose, l’adozione dei dispositivi di protezione individuale (dpi) e il pericolo di inalazione di fibre pericolose, si consiglia di installare, all’ingresso all’area di lavoro, un’unità di decontaminazione personale (udp) costituita almeno da quattro locali.
  • nel caso di interventi su aree vaste, devono essere previste due udp, una all’ingresso del sito e una in prossimità dell’area in lavorazione.

Misure di protezione

Le misure di protezione comprendono i dispositivi di protezione collettiva (dpc) e i dpi.

Nel caso dell’amianto, i dpc come le reti anticaduta e le linee vita risultano una soluzione efficace durante i lavori di bonifica delle coperture in cemento amianto, per la riduzione del rischio di caduta dall’alto per sfondamento delle lastre.

Nelle aree di bonifica, tutti coloro che accedono al cantiere devono sempre essere dotati di dispositivi di protezione individuale idonei. Il datore di lavoro deve quindi porre massima attenzione nella scelta della tipologia, delle misure e delle quantità dei dpi da fornire ai lavoratori, e prima di scegliere deve effettuare una specifica valutazione del rischio, realizzata anche sulla base dell’analisi delle mansioni degli operatori.

Riconoscimento mediante analisi d’immagine iperspettrale

La seconda pubblicazione illustra le nuove modalità di riconoscimento e caratterizzazione di materiali contenenti amianto sviluppate nell’ambito del bando Bric.

In particolare, è stata realizzata la mappatura 2D delle superfici dei materiali mediante analisi in microfluorescenza a raggi X (micro-Xrf) e imaging iperspettrale (hsi).

Sono state analizzate diverse tipologie di materiali, caratterizzati da matrici di natura differente (cementizie, resinoidi, cellulosiche, etc.) e dalla presenza di varie tipologie di minerali di amianto (crisotilo, crocidolite, amosite, tremolite, antofillite, actinolite).

I campioni esaminati sono stati prelevati da cantieri di bonifica in diverse regioni.(dai genio-web.it)

LE DUE FACT SHEET INTEGRALI SONO SCARICABILI IN FORMATO PDF

Fonte: INAIL

LA NUOVA CIRCOLARE SU RICERCA E CONTATTI COVID 19

Ecco in sintesi la nuova circolare:

Tre gli interventi: rapida identificazione di caso probabile

1. fornire informazioni e indicazioni alle persone che sono entrate in contatto con soggetti positivi

2.tampone ma solo a chi sviluppa i sintomi.

3. Agli asintomatici solo a fine quarantena e se ci sono le risorse. Preminente il ruolo dei Dipartimenti di Prevenzione delle Asl.

LA CIRCOLARE