RISCHIO CHIMICO

COME PROTEGGERSI DAI MICROINQUINANTI ALLA GUIDA

Gli inquinanti atmosferici tossici come l’anidride carbonica e l’ossido di azoto non sono presenti solo nell’aria esterna: anche  all ‘interno delle nostre auto possiamo inalare micro inquinanti che possono nuocere alla nostra salute.

Esistono modalità preesistenti per filtrare l’aria della cabina della tua auto, in particolare con le impostazioni sul cruscotto della tua auto. La velocità della ventola, la modalità di ventilazione e le opzioni di ricircolo dell’aria in cabina possono proteggere la salute respiratoria, ma in questo caso non filtrano molte delle particelle più piccole e pericolose presenti nell’aria.

Una ricerca dell’Università della California, Riverside, sta studiando quali metodi potrebbero  filtrare al meglio l’aria della cabina e proteggere la salute respiratoria.

I filtri abitacolo sono stati originariamente progettati per rimuovere grandi particelle come polline e polvere dall’aria della tua auto. Di conseguenza, non sono funzionali a filtrare le particelle submicrometriche più piccole dalle emissioni dei veicoli come l’anidride carbonica (espirata dai passeggeri) e l’ossido di azoto (dalle emissioni dei veicoli). Questi gas, se inalati, possono provocare differenti  effetti negativi sulla salute

Altri fattori che possono influenzare o esacerbare il rischio di inquinanti nell’abitacolo sono il traffico intenso, la velocità della ventola di ventilazione, le sostanze inquinanti nell’aria esterna e il numero di passeggeri nell’auto.

I conducenti nelle città  più trafficate corrono un rischio particolarmente elevato di esposizione a microinquinanti . Nel corso di un lungo viaggio in auto, la cabina della tua auto può accumulare livelli di particolato e gas.

L’articolo sullo studio dell’Università della California spiega come questi particolati penetrino nella cabina della tua auto. Descrive la cabina dell’auto come una “scatola con piccoli fori per lo scambio di gas”. Ciò significa che la cabina “alla fine sarà ventilata o equilibrata, con l’aria esterna”. Questo può richiedere da un minuto a un’ora.

Inoltre, le auto si differenziano per la capacità di filtrare gli inquinanti atmosferici e mantenere la qualità dell’aria nella cabina pulita. Tuttavia, non esisteva un metodo o un indice di prova standard per quantificare queste tossine, fino ad ora.

Heejung Jung, professore di ingegneria meccanica per UC Riverside, studia come l’inquinamento esterno penetri all’interno delle auto e identifica i modi per migliorare la qualità dell’aria in cabina. Jung ha lavorato con la società di consulenza Emissions Analytics per sviluppare un metodo di prova standard per la qualità dell’aria nelle auto.

Il primo passo dello standard verso l’approvazione dell’agenzia di regolamentazione è stato nel corso di un seminario del Comitato europeo di normalizzazione nel novembre del 2019. Durante questo seminario, il team ha testato 100 veicoli e sta usando i dati per costruire un database che aiuterà i futuri conducenti a proteggere la loro salute respiratoria includendo la qualità dell’aria in cabina è un fattore identificabile che gli acquirenti possono considerare quando acquistano un’auto.

Il sistema più semplice per ridurre  il particolato nella cabina della tua auto è quello di chiudere i finestrini e scegliere l’impostazione di ricircolo del sistema di ventilazione dell’auto. Il ricircolo e una bassa ventilazione rimuovono la maggior parte delle nanoparticelle ultrafine  .

Tuttavia, questa impostazione contribuisce a una maggiore inalazione  di anidride  carbonica, un normale sottoprodotto della respirazione umana. Poche auto hanno la tecnologia per ridurre l’anidride carbonica.

Il gruppo di Jung ha studiato i modi per inclinare le alette di ricircolo in una certa direzione per controllare lo scambio tra aria di ricircolo e aria fresca. Questo metodo ha lo scopo di ridurre l’esposizione all’anidride carbonica e gestire i livelli di particolato.

Questo metodo, noto come “ricircolo d’aria frazionata”, è un’opzione praticabile per le case automobilistiche per migliorare i sistemi di filtrazione dell’aria che minimizzerebbero il particolato, l’anidride carbonica e l’ossido di azoto.

Tuttavia, fino a quando tale sistema non sarà incorporano nei  nuovi modelli di auto, i conducenti possono esclusivamente sperimentare questo metodo da soli. I conducenti possono regolare le modalità in base alla velocità con cui guidano, al numero di passeggeri, alla tenuta dei finestrini dell’auto e all’efficienza del sistema di filtraggio dell’aria della cabina dell’auto.  Jung e Emissions Analytics stanno preparando un database per dare indicazioni su oltre 2.000 modelli di auto.

“Quando  ti imbatti in una strada congestionata con molti camion di fronte a te, scegli la modalità di ricircolo e regola la velocità della ventola. Il ricircolo completo con una bassa  velocità della ventola  non deve essere utilizzato per più di qualche minuto poiché l’anidride carbonica si accumula rapidamente all’interno della cabina “, ha dichiarato Jung.

Se è necessario mantenere attiva la modalità di ricircolo per più di qualche minuto, Jung consiglia di aumentare la velocità della ventola di ventilazione. Una velocità della ventola più elevata, sebbene rumorosa, può comportare un po ‘più di ventilazione rispetto alla bassa velocità. I produttori possono anche incorporare il ricircolo frazionario nei loro progetti di ventilazione.

“Questo principio si applica a tutti gli ambienti chiusi come aeroplani, autobus, treni, metropolitane ed edifici”, ha detto Jung. “Siamo in grado di ridurre significativamente l’esposizione agli inquinanti atmosferici in alcuni ambienti in cui le persone trascorrono più tempo con i sistemi di circolazione dell’aria che includono il ricircolo frazionario”.

da ohsonline liberamente tradotto ed adattato  da dott Alessandro Guerri medico specialista in medicina del lavoro

I CINQUE SETTORI A MAGGIOR RISCHIO DI MESOTELIOMA NEGLI STATES

L articolo evidenzia  le  cinque attività lavorative più colpite negli USA dal mesotelioma – una malattia che si sviluppa da 20 a 40 anni dopo l’esposizione a una sostanza tossica nota come amianto. Autore :Nicole Winch, Liberamente tradotto ed adattato da dott Alessandro Guerri medico specialista in medicina del lavoro

13 dicembre 2019
Il mesotelioma è ,come noto, una malattia che si sviluppa da 20 a 40 anni dopo l’esposizione ad amianto. Questo minerale è stato per molto tempo impiegato in ambito industriale  fino agli anni ’80.

Tuttavia, molte industrie hanno continuato a utilizzare questa sostanza per gran parte del 20 ° secolo, nonostante la conoscenza dei pericoli che rappresentavano per i loro dipendenti. Sfortunatamente, la maggior parte dei lavoratori non era a conoscenza degli effetti che l’esposizione all’amianto avrebbe avuto sui loro corpi decenni dopo.

Oggi, nonostante le normative, l’uso commerciale dell’amianto non è vietato negli Stati Uniti ( mentre lo è in Europa). Purtroppo ci sono molti casi di potenziali esposizioni perché  i lavoratori oggi interagiscono con edifici e altre strutture che sono state costruite con amianto in passato

Qui di seguito le cinque attività lavorative con il maggior numero di casi di mesotelioma in Usa.

1. Lavoratori ferroviari

I lavoratori  del settore ferroviario lavoravano quotidianamente con l’amianto poiché veniva utilizzato per l’isolamento, in particolare per le attrezzature ferroviarie e le parti della locomotiva. Caldaie, motori, tubi e quadri elettrici erano coperti con questa sostanza tossica. Questo utilizzo ha esposto meccanici ,operatori di treni, conduttori o capicantiere  al pericolo di inalazione di fibre di amianto per periodi di tempo prolungati.

Nonostante l’Amministrazione per la sicurezza e la salute sul lavoro (OSHA) ha limitato l’uso di prodotti fabbricati con l’amianto, alcune compagnie ferroviarie hanno continuato a utilizzare l’amianto e hanno nascosto i pericoli dei propri dipendenti.

2. Costruttori navali


Grandi navi commerciali e navali furono costruite  in passato con l’amianto a causa delle sue proprietà ignifughe e isolanti. La Marina degli Stati Uniti, in particolare, ha usato questa sostanza per costruire molte delle sue navi fino alla seconda metà del 20 ° secolo. L’amianto è stato principalmente utilizzato per aumentare la durata in materiali come guarnizioni, isolamento e alcuni filtri. I costruttori navali hanno anche usato l’amianto per isolare i tubi di queste navi. Anche le imbarcazioni costruite per uso turistico potrebbero aver incluso questa sostanza tossica. L’amianto è stato utilizzato per l’isolamento di cavi elettrici, sigillanti e sigillanti. I costruttori navali sono  a rischio di inalazione di queste fibre quando vi è un deterioramento dei materiali con possibile aerodispersione.

3. Operai

L ‘ industria ha prodotto una infinità di macchinari  realizzati con l’amianto nel corso del 20 ° secolo. Le macchine di produzione e i nastri trasportatori sono stati realizzati con parti contenenti questa sostanza tossica. Quando queste macchine si usurano per il costante uso , le particelle di amianto possono ovviamente disperdersi nell’aria. Le persone che lavoravano all’interno di queste fabbriche sono potenzialmente esposte  ad alte concentrazioni di polvere di amianto.

Piccoli spazi di lavoro e pochissima ventilazione hanno contribuito ad aggravare il rischio  . Sebbene le condizioni siano migliorate nel corso degli anni ,tutt’oggi  gli operai affrontano ancora la minaccia dell’esposizione all’amianto.

4. Operai edili

Oltre agli evidenti pericoli fisici associati alla costruzione, l’esposizione all’amianto è stata un pericolo nascosto per decenni. Falegnami, imbianchini, carpentieri e manovali erano tutti ad alto rischio di esposizione. Questa sostanza è stata aggiunta infatti a cartongesso, scandole, tegole, piastrelle e miscele di calcestruzzo. Quando le persone installano, rimuovono o sostituiscono questi materiali, le fibre vengono rilasciate nell’aria e inalate dagli operai vicini.

Il governo consente ancora l’uso di prodotti di amianto purché rispettino alcune linee guida federali. Oggi, la demolizione di case costruite prima del 1970 comporta il rischio di rilasciare fibre nell’aria. Pertanto, chiunque lavori in demolizioni o ristrutturazione di case è a rischio di esposizione.

5. Minatori


L’amianto, che è un minerale che è stato estratto negli Stati Uniti per molti anni. L’amianto crisotilo, che è spesso legato all’esposizione professionale e al mesotelioma, è stato estratto negli Stati Uniti fino al 2002. Nel 2019 è stata chiusa l’ultima miniera di amianto crisotilo. I minatori erano spesso esposti alle minuscole particelle mentre questo veniva estratto e trasformato in materie prime.

L’estrazione sotterranea è ad altissimo rischio a causa della scarsa ventilazione, che rendeva inevitabile l’inalazione di particelle libere.

REFERENCES
1. Past exposure to asbestos among active railroad workers. National Center for Biotechnology Information. Retrieved:  https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/3674028  Accessed: 12/09/19
2. Kara Franke & Dennis Paustenbach (2011) Government and Navy knowledge regarding health hazards of asbestos: A state of the science evaluation (1900 to 1970), Inhalation Toxicology, 23:sup3, 1-20, DOI: 10.3109/08958378.2011.643417 Retrieved: https://www.tandfonline.com/doi/pdf/10.3109/08958378.2011.643417Accessed: 12/09/19
3.U.S. Geological Survey. (2005). Reported Historic Asbestos Mines, Historic Asbestos Prospects, and Natural Asbestos Occurrences in the Eastern United States. Retrieved from: https://pubs.usgs.gov/of/2005/1189/pdf/Plate.pdfAccessed: 12/10/19
4. Asbestos: mining exposure, health effects and policy implications. The National Center for Biotechnology Information.Retrieved: https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC2323486/Accessed: 12/10/19

GESTIONE DEL RISCHIO CHIMICO E CANCEROGENO IN SANITÀ ALLA CLINICA DEL LAVORO DI MILANO

Segnaliamo il convegno “GESTIONE DEL RISCHIO CHIMICO E CANCEROGENO IN SANITÀ “ che si terrà presso la Clinica del Lavoro di Milano il giorno 28 novembre 2019.

Qui di seguito il programma:

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GUIDA OHS AL CONTROLLO DELLE DOCCE OCULARI DI EMERGENZA

Lo standard americano ANSI/ISEA Z 358.1 del 2014 indica i requisiti di posizionamento, funzionalità e manutenzione per docce di emergenza e colliri . Nella sua forma attuale, è lo strumento più chiaro e utile per proteggere i lavoratori da lesioni agli  occhi,  al viso e al corpo provocati da materiali corrosivi per fuoriuscite , schizzi etc.

La norma prevede che vengano condotti test rigorosi su base regolare per garantire  il corretto funzionamento delle apparecchiature  in caso di incidente. È però evidente che la conformità non è una condizione valida  una volta all’anno o una volta al mese in occasione dei controlli ma deve essere un requisito di tutti i giorni. Di conseguenza, lo standard ANSI / ISEA Z358.1-2014 richiede docce di emergenza e colliri  verificati  ​​settimanalmente e valutati più approfonditamente una volta all ‘anno. Questo requisito è stabilito nelle sezioni tra cui 4.6.2, 4.6.5.

Purtroppo sul campo questi dispositivi di emergenza per gli occhi sono controllati più superficialmente rispetto ad altri almeno per quel che concerne la cura della manutenzione . È ovvio che non si può accettare che vi sia una classifica nella cura dei dispositivi di sicurezza . Negli Stati Uniti gli aumenti dell’OSHA dell’80 per cento delle sanzioni per queste violazioni sul controllo dei dispositivi di lavaggio oculare e delle attrezzature per le docce di emergenza  hanno comportato sanzioni per oltre $ 100.000.

Requisiti di prestazione minimi settimanali ANSI
La norma stessa prevede tre requisiti minimi per le ispezioni settimanali:

1. L’attrezzatura di emergenza deve essere attivata settimanalmente. (È necessario attivare ogni componente dell’attrezzatura.)

2. L’attivazione deve garantire il flusso di acqua verso la (e) testa (e) del dispositivo. (Questo sarebbe sia per il colliri o il lavaggio occhi / viso, sia per il soffione.)

3. La durata dell’attivazione deve essere sufficiente a garantire che tutta l’acqua stagnante venga scaricata dall’unità stessa e da tutte le sezioni delle tubazioni che non fanno parte di un sistema di circolazione costante, noto anche come porzioni di “gamba morta”. (La durata è determinata dalla lunghezza della tubazione in cui potrebbe trovarsi acqua stagnante prima che raggiunga la testa o le teste dell’unità.)

Oltre all’elenco di controllo delle prestazioni minime settimanali sopra indicato richiesto da ANSI / ISEA, si consiglia di eseguire controlli funzionali settimanali aggiuntivi. Lo scopo di questi controlli aggiuntivi è quello di garantire che l’apparecchiatura funzioni correttamente e sia in grado di fornire un pronto soccorso adeguato in caso di emergenza.

Accesso

Il percorso  verso l’area  di sicurezza deve essere libero da ostacoli. Ciò potrebbe includere la presenza di tubi, scatole e porte. (Sezioni 4.5.2, 5.4.2, 6.4.2, 7.4.2)
Doccia

La doccia deve erogare un minimo di 75 galloni (75 galloni) al minuto. (Sez. 4.1.2, 4.1.4, 7.1)
La valvola deve passare da “off” a “on” in un secondo o meno e il fluido di lavaggio deve rimanere attivo senza l’uso delle mani dell’operatore. (Sez. 4.2, 7.1)
Lavaggio oculare / occhi / viso

Le prese devono essere protette da contaminanti presenti nell’aria. (Le coperture antipolvere devono essere in posizione.) (Sez. 5.1.3, 6.1.3, 7.1)
La valvola deve passare da “off” a “on” in un secondo o meno e il fluido di lavaggio deve rimanere attivo senza l’uso delle mani dell’operatore. (Sez. 5.2, 6.2, 7.2)
Il fluido di lavaggio di un collirio o di un lavaggio per occhi / viso deve coprire le aree tra le linee interne ed esterne di un manometro in un punto a meno di 20 cm (8 pollici) sopra l’ugello per il lavaggio degli occhi. (Sez. 5.1.8, 6.1.8, 7.1)
Deve fornire un mezzo di flusso controllato ad entrambi gli occhi contemporaneamente a una velocità abbastanza bassa da non essere dannoso. (Sez. 5.1.1, 6.1.1, 7.1)

Unità di combinazione

I componenti dell’unità devono essere in grado di funzionare contemporaneamente. (Quando viene attivato il lavaggio oculare o il lavaggio occhi / viso, quindi viene attivata la doccia.) (Sez. 7.3, 7.4.4)

Temperatura

Il liquido per la doccia oculare deve essere  tiepido. L’intervallo di temperatura richiesto è tra 16 ° C e 38 ° C (60 ° F – 100 ° F). (Sez. 4.5.6, 5.4.6, 6.4.6, 7.4.5)

Doccia idraulica e attrezzature per il lavaggio degli occhi
Come affermazione generale, tutte le apparecchiature devono essere ispezionate settimanalmente per assicurarsi che vi sia una scorta di fluido di lavaggio e che le apparecchiature siano in buono stato. Se l’apparecchiatura è di tipo idraulico, dovrebbe anche essere attivata settimanalmente per eliminare eventuali sedimenti e ridurre al minimo qualsiasi contaminazione microbica dovuta all’acqua stagnante.

Attrezzatura per lavaggio oculare e doccia autonoma
Le apparecchiature autosufficienti, spesso denominate “portatili”, vengono generalmente utilizzate in luoghi in cui non vi è alcun accesso all’acqua o in siti  in cui i pericoli sono “mobili”. Il requisito ANSI / ISEA per questo tipo di apparecchiatura deve essere ispezionato visivamente settimanalmente per determinare se il fluido di lavaggio deve essere sostituito o integrato. (Sezioni 4.6.3 e altre)

Le unità devono essere mantenute secondo le istruzioni del modello specifico del produttore. La maggior parte delle unità autonome che utilizzano acqua potabile offre la possibilità di utilizzare additivi specifici  batteriostatici sterili per impedire la proliferazione batterica nell’acqua . Per la maggior parte di questi prodotti additivi è necessario cambiare acqua e additivo ogni tre mesi, oltre a risciacquare l’unità . Se non viene utilizzato un additivo, l’acqua deve essere cambiata settimanalmente con una pulizia completa del serbatoio mensile. Su base annuale, le unità autonome devono sottoporsi al test completo proprio come fanno le unità idrauliche.

Chi dovrebbe condurre le ispezioni?

Spesso  ci si chiede se è necessario affidare tali controlli necessariamente ad una ditta esterna  . Fortunatamente, non ci sono prerequisiti o requisiti obbligatori per certificare l’avvenuto controllo Delle apparecchiature anche se il supporto delle aziende produttrici è sempre utile .  a garantire la conformità. Esistono vari strumenti di formazione anche  online per formare dei lavoratori all’uopo. Ciò consente al personale dell’azienda di acquisire maggiore  familiarità anche per poi condurre i test in modo appropriato. Molte aziende oggi scelgono di eseguire annualmente un’ispezione eseguita da enti terzi per fornire  una misura aggiuntiva di credibilità e garanzia del processo di revisione.

Le strutture che contengono centinaia di docce e lavaocchi dovrebbero cercare di creare il maggior numero possibile di esperti in materia. Una volta addestrati, i controlli settimanali possono essere completati piuttosto rapidamente. La creazione di mappe , la disponibilità di kit di test completi e la tenuta di corsi di formazione ricorrenti possono aiutare nel compito di controllo settimanale magari un po’ noioso ma cruciale.

La protezione dei lavoratori dovrebbe essere una priorità in ogni piano di sicurezza e non è sufficiente fornire semplicemente docce di emergenza e colliri. È necessario ispezionare, testare e monitorare la prontezza e le prestazioni delle apparecchiature per una risposta ottimale.

Da ohsonline.com

Articolo di Samantha Hoch

liberamente tradotto e adattato da dott Alessandro Guerri medico specialista in medicina del lavoro

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STOP AL PIOMBO!

Da dottnet.it

L’esposizione al piombo contenuto soprattutto nelle vernici avrebbe provocato 1,06 milioni di morti nel 2017. 24,4 milioni sarebbero gli anni persi a causa di disabilità e morte causati dagli effetti a lungo termine sulla salute, in particolare nei paesi in via di sviluppo. Lo ricorda l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) in occasione della Settimana internazionale di prevenzione contro l’avvelenamento da piombo, che si celebra dal 20 al 26 ottobre. Focus della campagna quest’anno sarà l’eliminazione delle vernici al piombo, ancora ampiamente diffuse e tuttora usate in molte regioni a scopi decorativi, pur essendo disponibili alternative non pericolose per la salute.

Anche se si tratta di un problema ormai riconosciuto e su cui molti paesi hanno preso provvedimenti, l’esposizione al piombo, soprattutto nell’infanzia, rimane una delle principali preoccupazioni per le autorità sanitarie. Nel 2011 si è formata l’Allenza globale per l’eliminazione del piombo per promuovere l’eliminazione delle vernici al piombo nella produzione e vendita. Un obiettivo da raggiungere con apposite leggi nazionali per bloccare produzione, importazione, esportazione, distribuzione, vendita e uso non solo di vernici, ma anche di prodotti ricoperti con queste sostanze. Il termine stabilito è che entro il 2020 tutti i paesi abbiano avviato questo percorso a livello regolatorio, ma secondo una rilevazione dell’Oms fatta lo scorso luglio, solo 72 governi (su 194 stati membri) hanno preso misure di controllo stringenti contro le vernici al piombo. Rimane dunque ancora molto da fare.

SOSTANZE PERICOLOSE:LA PROTEZIONE DEI LAVORATORI “VULNERABILI”

Alcuni gruppi di lavoratori sono più a rischio di altri quando sono esposti a sostanze pericolose. Ciò può essere dovuto al fatto che questi lavoratori sono inesperti, disinformati o fisicamente più vulnerabili. Altri motivi sono i frequenti cambi di occupazione, o il fatto di lavorare in settori in cui vi è una scarsa sensibilizzazione, o a causa di una maggiore o diversa sensibilità fisiologica.

Può rivelarsi utile la nuova scheda informativa dell’EU-OSHA sui lavoratori vulnerabili e sulle sostanze pericolose. Tale scheda spiega le responsabilità dei datori di lavoro, evidenzia quali gruppi di lavoratori sono particolarmente vulnerabili, come i giovani lavoratori, i migranti o le lavoratrici gestanti, e indica come tener conto delle loro esigenze attraverso la valutazione dei rischi e le misure di prevenzione

Visita il sito web della campagna Ambienti di lavoro sani e sicuri  

Ulteriori informazioni sui gruppi di lavoratori a rischio  

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SEGNALIAMO LA SEGUENTE INTERESSANTE GUIDA SEMPRE SULLA PROTEZIONE DEI LAVORATORI VULNERABILI QUI IN PDF

https://www.yumpu.com/en/document/read/45165773/protecting-vulnerable-workers-in-your-workplace-ohs-insider

FOCUS SULLA NORMATIVA RADON

Per quanto riguarda le abitazioni, in Italia non esiste ancora una norma che stabilisca una soglia limite alla concentrazione di Radon indoor.

Per questo motivo, sarà utile delineare le principali direttive di riferimento, le leggi in vigore e capire come si fanno, a chi competono e quanto costano le misure dei valori di questo pericoloso gas.

Normativa radon, ecco i valori soglia

Per molti anni si è fatto riferimento alla Raccomandazione Euratom 143/90“Sulla tutela della popolazione contro l’esposizione al Radon in ambienti chiusi” della Commissione Europea, dove sono consigliati dei livelli soglia per le abitazioni esistenti (400 Bq/m3) e per quelle di nuova costruzione (200 Bq/m3). I livelli vanno intesi come valori medi annui di concentrazione di radon.

A seguito dei risultati dei numerosi studi epidemiologici effettuati negli ultimi 20 anni e della conseguente rivalutazione del rischio di tumore polmonare associato all’esposizione al radon nelle abitazioni, nel 2009 l’Oms ha pubblicato il rapporto “WHO Handbook on Indoor Radon: A Public Health Perspective”, nel quale si raccomanda che i Paesi adottino possibilmente un livello di riferimento di 100 Bq/m3 o comunque non superiore a 300 Bq/m3.

Il 17 gennaio 2014 è stata pubblicata la nuova direttiva della Comunità Europea “direttiva 2013/59/Euratom” dove si indica il livello di riferimento, oltre il quale si suggerisce di intraprendere azioni di risanamento. Tale livello è fissato a 300 Bq/m3 (sempre come media annua) per tutti gli ambienti chiusi, incluse le abitazioni.

Lo scorso luglio, la Commissione ha deferito l’Italia (unico paese UE a non aver adottato alcuna norma di recepimento) alla Corte di Giustizia UE per il mancato recepimento delle norme UE sulla radioprotezione. Il termine era già scaduto dal 6 febbraio 2018.

E nei luoghi di lavoro?

La legge che regola le concentrazioni di radon indoor negli ambienti lavorativi è il decreto legislativo n. 241 del 26 maggio 2000, “In materia di radiazioni ionizzanti”, che recepisce le direttive 89/618/Euratom, 90/641/Euratom, 92/3/Euratom e 96/29/Euratom, e che ha modificato i precedenti decreti 230/1995 e 187/2000.

Questa norma prevede, al capo III-bis, dall’art. 10-bis al 10-octies, disposizioni riguardanti le “attività lavorative nelle quali la presenza di sorgenti di radiazioni naturali conduce ad un significativo aumento dell’esposizione dei lavoratori”.

Tali attività comprendono:
– luoghi di lavoro interrati: attività lavorative durante le quali i lavoratori e, eventualmente, persone del pubblico sono esposti a prodotti di decadimento del Radon o del Toron, o a radiazioni gamma o ad ogni altra esposizione in particolari luoghi di lavoro quali tunnel, sottovie, catacombe, grotte e, comunque, in tutti i luoghi di lavoro sotterranei;
– luoghi di lavoro in zone a rischio Radon: attività lavorative durante le quali i lavoratori e, eventualmente, persone del pubblico sono esposti a prodotti di decadimento del Radon o del Toron (isotopo del Randon con peso atomico 220), o a radiazioni gamma o ad ogni altra esposizione in luoghi di lavoro diversi da quelli di cui alla lettera a) in zone ben individuate o con caratteristiche determinate;

– attività lavorative implicanti l’uso o lo stoccaggio di materiali abitualmente non considerati radioattivi, ma che contengono radionuclidi naturali e provocano un aumento significativo dell’esposizione dei lavoratori e, eventualmente, di persone del pubblico;
– attività lavorative che comportano la produzione di residui abitualmente non considerati radioattivi, ma che contengono radionuclidi naturali e provocano un aumento significativo dell’esposizione di persone del pubblico e, eventualmente, dei lavoratori;
– attività lavorative in stabilimenti termali o attività estrattive non disciplinate dal capo IV.

Nel decreto è imposta l’obbligatorietà delle misurazioni di radon indoor nei luoghi di lavoro in cui si svolgono le attività suddette, entro 24 mesi dall’inizio dell’attività: le misurazioni si intendono come concentrazioni di attività di radon medie in un anno.

I valori rilevati con tali misurazioni non devono superare il livello di azione fissato nell’allegato I-bis, ovvero 500 Bq/m3. Nel caso in cui i valori non superino il livello di azione, ma siano superiori all’80% di suddetto livello (quindi 400 Bq/m3), il datore di lavoro assicura nuove misurazioni nel corso dell’anno successivo.

Nel caso di superamento del livello di azione, l’esercente pone in essere azioni di rimedio idonee a ridurre le grandezze misurate al di sotto del predetto livello, e procede a nuove misurazioni al fine di verificare l’efficacia di tali azioni. Queste operazioni devono essere completate entro tre anni a partire dal rilascio della relazione tecnica redatta da un organismo riconosciuto.

Per le scuole

Il datore di lavoro non è tenuto alle azioni di rimedio se dimostra, avvalendosi di un esperto, che nessun lavoratore è esposto ad una dose superiore a quella indicata nell’allegato I-bis (3 mSv/anno); questa disposizione non si applica per gli esercenti di asili nido, scuola materna e scuola dell’obbligo, per i quali rimane il limite di 500 Bq/m3 (art. 10-quinquies, comma 5).

A chi rivolgersi per la misura?

I cittadini possono rivolgersi direttamente ad organismi di misura idoneamente attrezzati sia pubblici che privati ( es teco milano 02 48958304) chiedendo misurazioni di lungo periodo (generalmente un anno) mediante dosimetri passivi. Per maggiori indicazioni è possibile contattare le ARPA locali.

Da ediltecnico.it

ESPOSIZIONE A CADMIO E PIOMBO E IPOACUSIA

Il piombo e il cadmio sono stati identificati come fattori di rischio per la perdita dell’udito in studi su animali, ma  studi su larga scala della popolazione umana generale sono rari. Questo studio è stato condotto per studiare la relazione tra le concentrazioni di metalli pesanti nel sangue e i deficit uditivi.

metodi

I partecipanti allo studio comprendevano 6409 coreani di età pari o superiore a 20 anni, inclusi nel quinto e sesto sondaggio nazionali sulla salute e la nutrizione (KNHANES 2010–2013). La compromissione dell’udito è stata classificata in due tipi, la compromissione dell’udito a bassa e alta frequenza, utilizzando l’audiometria tonale . È stata definita una menomazione dell’udito a bassa frequenza con una media bilaterale di soglie uditive per 0,5, 1 e 2 kHz superiore a 25 dB e una menomazione dell’udito ad alta frequenza con una media bilaterale di soglie uditive per 3, 4 e 6 kHz superiore a 25 dB. I livelli ematici di metalli pesanti (piombo e cadmio) sono stati classificati in quartili. L’associazione trasversale tra danno uditivo e il livello di metalli pesanti (piombo e cadmio) è stata esaminata in entrambi i sessi. La regressione logistica multivariata è stata utilizzata per ottenere rapporti di probabilità adeguati (OR) e intervalli di confidenza al 95% (EC).

risultati

Tra gli uomini, la prevalenza di disturbi dell’udito sulle basse e alte frequenze era rispettivamente del 13,9% e 46,7%, che era superiore alla prevalenza tra le donne (rispettivamente 11,8% e 27,0%). Per quanto riguarda il piombo, l’OR aggiustato della compromissione dell’udito ad alta frequenza per il gruppo di livello ematico più elevato rispetto al gruppo più basso era significativo sia negli uomini (OR = 1,629, IC 95% = 1,161–2,287) sia nelle donne (OR = 1,502, IC 95% = 1.027–2.196), dopo aggiustamento per età, indice di massa corporea, istruzione, fumo, consumo di alcol, esercizio fisico, diagnosi di diabete mellito, ipertensione ed esposizione al rumore (rumore professionale, forte, arma da fuoco). Non sono stati trovati collegamenti tra i livelli di piombo nel sangue e problemi di udito sulle basse frequenze , o tra i livelli di cadmio nel sangue e problemi di udito sia  su basse che alte frequenze in entrambi i sessi.

conclusioni

I risultati del presente studio suggeriscono che anche l’esposizione a piombo a basse concentrazioni è un fattore di rischio per la perdita dell’udito sulle alte frequenze . Dovrebbe essere condotto uno studio epidemiologico prospettico per identificare la relazione causale tra la salute umana e l’esposizione ai metalli pesanti, e gli sforzi per ridurre l’esposizione ai metalli pesanti nella popolazione generale dovrebbero continuare.

https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC5905116/

Liberamente tradotto da dott Alessandro Guerri medico del lavoro

 

RISCHIO ANTIMONIO NELL ‘AMBIENTE

Da quanto tempo non si sentiva parlare di antimonio? Il suo simbolo chimico, Sb, deriva dal latino Stibium ed è un metallo che vanta gli utilizzi più svariati e grotteschi: da colorante per le decorazioni del palazzo di Nabucodonosor a pillole dagli effetti lassativi, da sostanza con effetti afrodisiaci a medicinale per trattare la febbre elevata. Potrebbe addirittura essere stato la causa, tra le varie ipotizzate, della morte di Wolfgang Amadeus Mozart.

Nonostante fin dall’antichità sia nota l’elevata tossicità, l’antimonio triosside viene ancora oggi ampiamente utilizzato e, da alcuni anni a questa parte, è tornato al centro dell’attenzione per la sua possibile cancerogenicità per gli esseri umani. La preoccupazione maggiore è data dal fatto che anche moltissimi oggetti di uso comune lo contengono, tra questi i giochi e i tappetini di plastica per i bambini, oltre ai ritardanti di fiamma utilizzati nella composizione dei materiali plastici, all’imballaggio usato per gli alimenti e al materiale a base di BPA (bisfenolo A), come le bottiglie dell’acqua minerale e delle bibite.

Proprio queste sono entrate nel novero delle leggende, di cui l’antimonio vanta un’antica tradizione, essendo utilizzato come catalizzatore per la polimerizzazione nella plastica.

Secondo un messaggio allarmistico di parecchi anni fa, ancora in circolazione e attribuito a Sheryl Crowe, star della scena musicale pop sopravvissuta a un cancro al seno, bere l’acqua contenuta nelle bottiglie di plastica dopo l’esposizione al sole provoca il cancro: “Se sei una di quelle persone che lascia la sua bottiglia di plastica in macchina durante i giorni caldi e bevi l’acqua dopo, quando torni in macchina, corri il rischio di ammalarti di cancro al seno! … Sheryl Crow ha detto, nel corso del programma di Ellen, che in questa maniera aveva contratto il cancro al seno. I medici hanno spiegato che il caldo fa sì che la plastica emetta tossine tossiche [sic!] che portano a contrarre il cancro al seno”.

Alcuni studi scientifici hanno da tempo dimostrato che le bottiglie in BPA rilasciano antimonio se esposte al sole, ma la cancerogenicità dell’antimonio presente negli alimenti non è ancora stata dimostrata.

Cosa dicono gli ultimi studi

Un recente studio condotto in Qatar e apparso su Environmental Monitoring and Assessment ha misurato la quantità di antimonio presente nelle bottiglie di plastica esposte al sole tra i 24 °C e i 50 °C. Le analisi sono state condotte su 66 marche di acqua in bottiglia: la concentrazione di antimonio variava dai 0.168 ai 2.263 μg/L a 24 °C e dai 0.240 ai 6.110 μg/L a 50 °C. Quindi, il rilascio di antimonio è maggiore all’aumentare della temperatura e, a 50 °C, supera il limite raccomandato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) che è di 6.11 μg/L..

Uno studio analogo, pubblicato su Environmental Science and Pollution Researchè stato condotto in Cina giungendo a conclusioni sovrapponibili: la marca con minor quantità di antimonio nella plastica ha aumentato in maniera sensibile la concentrazione di Stibium nell’acqua dopo 24 ore di esposizione a temperature superiori ai 40° C. Per questo, conservare le bottiglie d’acqua a temperatura normale non rappresenta un rischio di contaminazione da antimonio.

“Come tutte le materie plastiche, i materiali e gli oggetti in PET (comprese le bottiglie) rientrano nel regolamento quadro sui materiali a contatto con gli alimenti 1935/2004 e in particolare nel regolamento (UE) 10/2011 sulle materie plastiche” dichiara a OggiScienza un portavoce dell’EFSA.

“In base a tale regolamento, il triossido di antimonio è autorizzato per la produzione di materie plastiche con un limite massimo di migrazione specifica (LMS), ovvero la quantità rilasciata, di 0,04 mg per kg di prodotto alimentare. Va notato che, conformemente a tale regolamento, gli ‘aiuti alla polimerizzazione’ non inclusi nell’elenco dell’Unione possono essere presenti negli strati plastici di materiali o oggetti di plastica”.

In arrivo una revisione della letteratura scientifica

Per quanto riguarda la valutazione della sicurezza del triossido di antimonio effettuata dall’EFSA, l’ultima è stata effettuata dal gruppo di esperti AFC (Food Additives, Flavourings, Processing Aids and Materials in Contact with Food) nel gennaio 2004. “La valutazione si è conclusa con una restrizione di 40 µg/kg di prodotto alimentare che è stato utilizzato per fissare il limite massimo di migrazione specifica. Tale restrizione consentirebbe di assegnare il 10% della DGA (dose quotidiana ammissibile) ai materiali destinati al contatto con gli alimenti” conclude EFSA.

Sulla cancerogenicità dell’antimonio triosside, la forma più pericolosa, è in corso dal 2017 un processo di revisione della letteratura e dei dati degli esperimenti condotti su animali da parte del National Toxicological Program (NTP) su indicazione del National Institute of Occupational Safety and Health (NIOSH).

Amy Wang, responsabile del progetto di valutazione dell’antimonio al NTP, spiega a OggiScienza che “il documento elaborato dal suo gruppo di ricerca basa il proprio razionale sulla potenziale diffusione a livello di esposizione occupazionale e su un database di esperimenti su animali per valutare la cancerogenicità dell’antimonio. Negli Stati Uniti, la fonte più importante per l’esposizione lavorativa all’antimonio la troviamo nella produzione di ritardanti di fiamma alogenati utilizzati nella gomma e nei tessili, nel processo di produzione dei materiali a base di PET, negli impianti di produzione chimica, nelle fonderie e impianti di lavorazione dei metalli. Inoltre, come additivo, nella lavorazione del vetro, nei pigmenti colorati, nei quadri, nella ceramica e nel cemento”.

L’esposizione quotidiana

Per quanto riguarda la tossicità dell’antimonio a livello alimentare, Wang precisa che “la forma di antimonio presente negli alimenti non è l’antimonio triosside. L’esposizione nell’ambito della vita quotidiana è legata all’inalazione di aria contaminata, dai fumi di impianti o alla presenza nella polvere all’interno delle case”.

Una valutazione in linea con quanto rileva l’OMS che, nel report Antimony on drinking water(2003) indicava come, a livello mondiale “i livelli di antimonio, misurati attraverso l’analisi del sangue e delle urine, sono diminuiti nel tempo. Tuttavia, livelli di antimonio nelle urine si riscontrano nelle fasce più povere e deprivate della popolazione, che lo assorbono soprattutto per inalazione, sia di aria ambientale che nelle case”.

La conclusione a cui è giunto il NTP nel 2017 è la raccomandazione che questa sostanza, l’antimonio triossido, sia inserito nel Report on Carcinogens (RoC) come ‘ragionevolmente atteso cancerogenico per l’uomo’ (Reasonably Anticipated to Be A Human Carcinogen). La decisione finale dipenderà dalle valutazioni del Segretario americano del Dipartimento della Salute. “Noi” conclude Amy Wang “auspichiamo possa essere presa entro il 2019”.

da agorabox.it

 

LANA DI VETRO: QUALI RISCHI SULLA SALUTE ?

Arch. Mariangela Martellotta da architetturaecosostenibile

La lana di vetro e la lana di roccia sono Fibre Artificiali Vetrose (FAV) e risultano tra i prodotti più diffusi per l’isolamento termico e acustico degli edifici. Il motivo della loro vasta diffusione è da rintracciare nelle loro ottime prestazioni termiche e acustiche, economicità e reperibilità, inattaccabilità da umidità, microrganismi e agenti chimici.

La sicurezza della lana di vetro e di roccia

Di recente il Ministero della Salute  ha fatto luce sulla sicurezza dei materiali isolanti maggiormente diffusi al mondo, con la redazione di un testo dal titolo: “Le Fibre Artificiali Vetrose  (FAV) – Linee guida per l’applicazione della normativa inerente ai rischi di esposizioni e le misure di prevenzione per la tutela della salute”.

Al momento non esistono prove certe che la lana di vetro e la lana di roccia siano sostanze cancerogene, tanto è vero che negli ultimi anni sono stati condotti diversi studi sugli addetti alla produzione delle lane minerali ma questi non dimostrano né patologie correlate all’apparato respiratorio né altri sintomi collegati a tumori. Anche l’International Agency for Research on Cancer (IARC) ha classificato le lane minerali come non cancerogene per gli esseri umani, ma ha classificato la lana di vetro per scopi speciali come possibile cancerogeno per gli esseri umani.

I requisiti di sicurezza delle fibre artificiali vetrose

Per verificare se una fibra artificiale vetrosa è o meno cancerogena, il Regolamento (CE) n.1272/2008 ha definito due parametri: il fattore della bio-solubilità e il diametro geometrico medio ponderale.

  • Il fattore della bio-solubilità 

Il fattore della bio-solubilità è descritto nella “Nota Q” del Regolamento CE. È stato stabilito che le fibre classificate come “bio-solubili” – quelle con alta concentrazione di ossidi alcalini e alcalino-terrosi – sono smaltite dall’organismo prima che causino effetti nocivi perché, come dice anche il termine, sono decomponibili in natura. Quando le fibre minerali rispondono in maniera positiva ai test di bio-solubilità vengono classificate come “non cancerogene”. Bisogna fare attenzione anche al contenuto di sostanze chimiche fra le quali gli ossidi alcalino terrosi che, sebbene come detto poc’anzi contribuiscano alla “bio-solubilità” delle lane, devono essere contenuti in quantità inferiori al 18%.

  • Il diametro geometrico medio ponderale

Altro parametro cui far riferimento è il diametro geometrico medio ponderale che determina la respirabilità delle fibre: più piccole sono e più facilmente penetrano nelle vie respiratorie. Tale parametro è trattato nella “Nota R” del Regolamento per cui il valore del diametro geometrico medio ponderale deve essere superiore ai 6 micron.

In sintesi le fibre artificiali vetrose non sono considerate cancerogene se superano il fattore della bio-solubilità e hanno diametri geometrici medi ponderali superiori ai 6 micron.

Le prescrizioni per chi manipola lane di vetro o di roccia

La produzione della lana di vetro inizia con la fusione a 1400°C di composto di vetro riciclato (80%), silice, calcare, carbonato di sodio e boro. Dopo il passaggio nel forno, il mix viene centrifugato, impastato con resine ed inserito in un forno di polimerizzazione per consentire l’indurimento delle resine.

La produzione della lana di rocciainizia con la fusione a 1500°C di roccia basaltica, calcare, coke e “briquette” (che deriva dal mix di lana di roccia di riciclo con una pasta cementizia). L’impasto fuso è trasformato in fibre e cosparso di resina e olio e poi inserito in un forno di polimerizzazione dove il legante si indurisce.

In entrambi i casi, dopo il passaggio nel forno di polimerizzazione, la lana, sia di vetro che di roccia, può essere tagliata e imballata e inviata ai cantieri dove gli operatori si occuperanno della messa in opera.

Chi lavora in stabilimenti in cui si produce lana di vetro e di roccia e chi si occupa della messa in opera di questi materiali o chiunque debba manipolare lane minerali rispondenti alla “Nota Q” o alla “Nota R” (classificate come “non pericolose”), deve adeguarsi alle norme base di prudenza indicate dalle linee guida secondo le quali l’operatore deve indossare guanti e occhiali protettivi e idonei indumenti, oltre a una maschera protettiva contro la possibile inalazione di particolato. 

Per quanto riguarda la fase di smaltimento delle lane minerali le Linee guida del Ministero attestano che tali rifiuti, se classificati come bio-solubili non rientrano nella casistica dei rifiuti pericolosi ma verranno trattati come “rifiuti speciali non pericolosi” – a volte anche gestibili in maniera ecosostenibile –  il cui deposito deve avvenire in apposita discarica in celle simile a quella per i rifiuti inerti.

Come prescritto dalle Linee guida del Ministero della Salute, in occasione di eventuali lavori di ristrutturazione o di demolizione di parte di immobili, per essere sicuri che le lane minerali rinvenute non siano pericolose bisogna conoscerne la composizione chimica (tenore degli ossidi alcalino e alcalino terrosi e diametro delle fibre). In questi casi il progettista o l’impresa devono poter accertare la sussistenza di pericolosità dei materiali presenti in un cantiere pertanto, in diverse regioni d’Italia, vige la prassi che ci si possa rivolgere a laboratori pubblici e ad Agenzie Regionali per la Protezione dell’Ambiente per avere riscontri utili e attendibili.

Il parere del medico del lavoro

Dott  Domenico Spinoso da medicitalia.it

Prendendo spunto da un recente consulto a cui ho risposto dal quale si evidenzia un diffuso timore, vorrei dare alcuni chiarimenti sulla paventata cancerogenicitá delle cosiddette fibre artificiali vetrose e nello specifico la lana di vetro e la lana di roccia che oggi risultano tra i prodotti più diffusi per l’isolamento termico e acustico.

L’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC) nel 2002 ha inserito le lane minerali nel Gruppo 3, cioè fra le sostanze “non classificabili quanto alla cancerogenicità per l’uomo”

Il Ministero della Salute ha redatto un testo dal titolo: “Le Fibre Artificiali Vetrose (FAV) – Linee guida per l’applicazione della normativa inerente ai rischi di esposizioni e le misure di prevenzione per la tutela della salute”.

Anche il Ministero conclude che al momento non esistono prove certe che la lana di vetro e la lana di roccia siano cancerogene.

Per verificare se una fibra artificiale vetrosa è o meno cancerogena, bisogna rifarsi a due parametri definiti dal Regolamento (CE) n.1272/2008: il fattore della bio-solubilità e il diametro geometrico medio ponderale.

Il fattore della bio-solubilità, descritto nella “Nota Q” del regolamento, stabilisce che le fibre classificate come “bio-solubili”, quelle cioè con alta concentrazione di ossidi alcalini e alcalino-terrosi, vengono smaltite dall’organismo prima che causino effetti nocivi.

Il diametro geometrico è il parametro che determina la respirabilità delle fibre: più piccole sono e più facilmente penetrano nelle vie respiratorie. 

Tale parametro, trattato nella “Nota R” del Regolamento, deve essere superiore ai 6 micron per garantirne la sicurezza.

Quindi le fibre artificiali vetrose non sono considerate cancerogene se rispettano il fattore della bio-solubilità e hanno diametri geometrici medi ponderali superiori ai 6 micron.

In conclusione possiamo dunque dire che chi lavora in aziende di produzione, chi si occupa della posa in opera o comunque chi manipola lane di vetro o di roccia conformi alla “Nota Q” o alla “Nota R” (e quindi classificate come “non pericolose”), deve soltanto rispettare le norme base di prudenza (indossare guanti e occhiali protettivi e idonei indumenti, oltre a una maschera protettiva contro la possibile inalazione di particolato).

Anche in ambito hobbystico e del bricolage è necessario che gli interessati in fase di acquisto del materiale si assicurino che questo risponda ai requisiti di non pericolosità sopra richiamati e segua durante l’utilizzo, le norme base di prudenza come per gli operatori professionali.

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