LEGISLAZIONE SICUREZZA

LAVORO AGILE -SMART WORKING SENTENZA N 45808

COME VALUTARE IL RISCHIO NEL LAVORO AGILE  SMART WORKING

L’Agenzia europea per la sicurezza e la salute sul lavoro sottolinea che “lo sviluppo della tecnologia ha ampliato la possibilità di “trasferire” il lavoro al di fuori dei luoghi ad esso tradizionalmente deputati e ha favorito la nascita di forme di organizzazione del lavoro del tutto nuove”.

Lavoro agile e sicurezza sul lavoro o smart working

su questa linea si pone la Legge 22 maggio 2017 n. 81 (Jobs Act autonomi), e il titolo dedicato al lavoro agile
In base all’art. 18, comma 1, secondo periodo, legge n. 81/2017, in caso di lavoro agile, “la prestazione lavorativa viene eseguita, in parte all’interno di locali aziendali e in parte all’esterno senza una postazione fissa.
Ma il datore di lavoro è tenuto a valutare i rischi connessi all’esecuzione della prestazione all’esterno di locali aziendali?

 Ecco L’analisi “illuminante” della Corte di Cassazione

Nella sentenza n. 45808 del 5 ottobre 2017, la Cassazione Penale illumina il caso e spiega che
“i doveri di valutazione del rischio e di formazione del lavoratore gravanti sugli imputati, in quanto datori di lavoro ‘mandanti’ (secondo un lessico già in uso nel mondo della produzione e dei servizi) sorgono dal generale obbligo del datore di lavoro di valutare tutti i rischi presenti nei luoghi di lavoro nei quali sono chiamati ad operare i dipendenti, ovunque essi siano situati (art. 15 D.Lgs. n. 81/2008) e dal parimenti generale obbligo di formare i lavoratori, in particolare in ordine ai rischi connessi alle mansioni (art. 37, comma 1, lett. b) D.Lgs. n. 81/2008)”.
Spiega che “la restrittiva nozione di ‘luogo di lavoro’ rinvenibile nell’art. 62 D.Lgs. n. 81/2008 (a mente del quale si intendono per luoghi di lavoro “i luoghi destinati ad ospitare posti di lavoro, ubicati all’interno dell’azienda o dell’unità produttiva, nonché ogni altro luogo di pertinenza dell’azienda o dell’unità produttiva accessibile al lavoratore nell’ambito del proprio lavoro”), è posta unicamente in relazione alle disposizioni di cui al Titolo II del citato decreto”. E ne desume che “ogni tipologia di spazio può assumere la qualità di luogo di lavoro, a condizione che ivi sia ospitato almeno un posto di lavoro o esso sia accessibile al lavoratore nell’ambito del proprio lavoro”.
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SMART WORK LAVORO AGILE

. Osserva la Sez. IV che, “mentre le attività in esterno da eseguirsi presso un luogo non classificabile come cantiere temporaneo o mobile richiedono la preliminare valutazione dei rischi delineata dall’art. 28 del decreto, quelle da eseguirsi presso un cantiere divengono oggetto della più articolata disciplina prevista dal menzionato Titolo IV”. E con riguardo al caso di specie, precisa che il datore di lavoro della disegnatrice “avrebbe dovuto provvedere ad elaborare la preliminare valutazione dei rischi connessi all’esecuzione di attività lavorativa presso il sito costituito dall’edificio oggetto dei lavori da progettare e a formare la lavoratrice in merito agli stessi”, e che l’obbligo di formazione gravava anche sul dirigente.
 “Ove l’insorgere del rischio (tipologico) di caduta dall’alto (per l’esistenza di aperture sul vuoto) fosse avvenuto in tempi successivi ad una valutazione dei rischi comunque eseguita – ma giustificatamente manchevole della considerazione dello specifico rischio – e di esso gli imputati fossero rimasti incolpevolmente all’oscuro, non potrebbe essere loro ascritto di non aver considerato un rischio che non avevano possibilità di conoscere”.
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LA SICUREZZA SUL LAVORO : VERIFICARE LA PROFESSIONALITA’ DEI FORMATORI

DA ” IL FATTO QUOTIDIANO ” DEL 20 APRILE DEL 2017ARTICOLO DI VALERIO VALENTINIRisultati immagini per IL FATTO QUOTIDIANO LOGOLa responsabile del settore nell’Azienda sanitaria di Milano: “C’è garanzia d’impunità: la legge ci impone di controllare appena il 5% delle aziende”. Così si moltiplicano gli illeciti. I reati vanno dalla contraffazione alla truffa, fino all’associazione a delinquere. Frequente la falsificazione degli attestati di formazione. Con il risultato che, per esempio, può risultare specializzato nella rimozione dell’amianto un operaio che non ha mai superato la prova di abilitazione

C’è chi falsifica i registri e chi i registri non li redige neppure. C’è chi subappalta i corsi a enti non autorizzati e chi tiene lezioni di primo soccorso senza alcuna esperienza in campo medico. Sono solo alcuni dei casi in cui si imbattono i responsabili della Ats(la ex Asl) di Milano nei loro controlli sui corsi di formazione sulla sicurezza nei luoghi di lavoro. Si tratta di seminari obbligatori, rivolti ai dipendenti di aziende e imprese di ogni settore per insegnare loro le misure da adottare per prevenire rischi di infortuni e reagire a situazioni di pericolo. Uno scopo, però, largamente disatteso. Accade un po’ in tutta Italia e la Lombardia non fa eccezione. Tanto che, tra i reati ipotizzati dagli ispettori negli ultimi anni, a Milano e dintorni, c’è di tutto: dalla contraffazione alla truffa, fino all’associazione a delinquere.

La denuncia della Atp: “Controlliamo solo il 5% delle aziende. La garanzia dell’impunità è molto alta” – Susanna Cantoni, responsabile di sicurezza sul lavoro nella Asl di Milano dal 1978, lo spiega così: “La legge del 2008 è stata molto utile: ha reso obbligatoria la formazione facendo chiarezza in un settore che prima vedeva ampie zone di ambiguità. Ma al contempo ha generato un mercato che ha fatto gola a tanti. Creare enti bilaterali o società fittizie attraverso cui fornire corsi farlocchi è diventato un business allettante”. A favorire la proliferazione degli illeciti, però, “è anche e soprattutto la garanzia d’impunità. La legge c’impone di controllare appena il 5%delle aziende”. Ciò significa che delle oltre 170mila imprese presenti nei registri della Ats nelle province di Milano e Lodi, dal 2013 ad oggi sono state appena 8.500 a subire dei controlli. “Intensificare le ispezioni sarebbe impossibile, data la penuria di risorse e personale a nostra disposizione”. Alla scarsità dei controlli, poi, bisogna aggiungere le lentezze della giustizia. I datori di lavoro scoperti a promuovere corsi di aggiornamento fittizi possono adeguarsi alle direttive dell’Ats e pagare una multa moderata. Quanto alle aziende che offrono formazione illegalmente, i loro abusi sono perseguiti seguendo i binari della normale giustizia penale, con i relativi ritardi. “Spesso questi procedimenti – afferma Cantoni – vengono considerati tutto sommato di minore gravità rispetto a quelli relativi ad altri reati, e quindi messi in coda. Sarebbe utile che invece a questo tipo di illeciti si riservasse maggiore attenzione”.

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