INFORTUNI

VADEMECUM PER LA SCELTA DI UNA SCARPA ANTINFORTUNISTICA

Scarpa antinfortunistica base della sicurezza

Che il lavoro coinvolga un turno in fabbrica, o una conta di materiale pesante, o magari semplicemente del lavoro intenso in un campo, la presenza di una buona scarpa antinfortunistica è probabilmente uno dei fattori chiave per evitare molti incidenti.

Non solo la scarpa antinfortunistica garantisce la resistenza a eventuali oggetti in caduta, o allo sversamento di liquidi corrosivi e altre situazioni di rischio, ma se di buona qualità, la suola viene studiata appositamente per essere resa antiscivolo, con dei coefficienti di attrito più alti del normale e con diverse qualità aggiuntive, a seconda della tipologia di lavoro che si va a svolgere: impermeabili, ignifughe, antistatiche o resistenti al caloree in grado di reggere nel tempo a usi prolungati e intensivi.

Ma come scegliere la scarpa giusta? Come capire quando è di buona qualità?

Tipi e livello di sicurezza

Al pari di ogni altra norma di sicurezza dettata da disposizioni di legge, anche le scarpe antinfortunistiche rispettano delle classificazioni di vario livello con degli standard da rispettare piuttosto specifici. Ovviamente il livello di sicurezza è molto dipendente dall’impiego che si svolge, ma è una realtà che ormai le calzature anti infortunio siano necessarie in praticamente qualsiasi ambito.

I tipi di scarpe si dividono in:

Basse: coprono solo il piede, senza superare la caviglia.

Alte: questo tipo arriva a proteggere la caviglia o, nel caso di stivali, possono arrivare al ginocchio.

Sandali: è il modello che non ha lacci per chiudere, ma solo una cinghia in velcro per aprirli facilmente.

Zoccoli: è il classico tipo di scarpa usato in ambiente sanitario o alimentare, come le cucine, sono aperte sul retro tramite una piccola cinghia.

Ogni tipo è ovviamente adatto a un ambito lavorativo specifico, come appunto nel caso degli zoccoli i quali è facile vedere dentro gli ospedali o nella cucina di una mensa universitaria.

Diversamente, ogni tipo di calzatura ha poi una classificazione a livello europeo per indicare gli standard di sicurezza che è in grado di rispettare:

SB (Sicurezza Base): questo livello rispetta le norme EN345 richiedenti un puntale di acciaio resistente fino a 200 Joule. Spesso prevedono anche una suola antiscivolo per oli e idrocarburi di vario tipo.

S1/S1P: il livello di queste calzature è leggermente superiore all’SB, possedendo una suola antistatica e un puntale di acciaio per le dita dei piedi. È il tipico modello indossato da magazzinieri e operatori alberghieri o dell’industria alimentare.

Le scarpe con classificazione S1P hanno l’aggiunta della lamina antiperforazione per oggetti contundenti e perforanti, quindi adatti a cantieri edili o settori industriali dove si lavora legno e metallo, ma anche settori alimentari dove sono in uso macchinari pesanti oppure coltelli particolarmente pericolosi.

S2: seguendo tutte le misure precauzionali dello standard S1, l’S2 aggiunge l’impermeabilità della tomaia, adottando pelle o altri materiali idonei a resistere all’acqua per 60 minuti. Molto usati in ambito di trasporti e stoccaggio materiali, vengono usate limitatamente in quanto sprovviste di suola antiforo e altri sistemi di sicurezza come l’S3.

S3: includendo tutte le precedenti dotazioni, le calzature S3 hanno la suola antiforo, per evitare di ferirsi con schegge, chiodi o altri oggetti contundenti, è idrorepellente ed è la tipologia più utilizzata in quasi tutti gli ambiti lavorativi.

Il campo di applicazione tipico di questo livello sono le officine, l’edilizia e l’agricoltura, risultando quindi anche il tipo su cui porre più attenzione al momento dell’acquisto.

S4 e S5: questi livelli di protezione prevedono un’impermeabilità del 100% per ogni durata di tempo e la versione S5 è provvista di lamina antiperforazione. I campi di applicazione sono molteplici e prevedono spesso il rischio o la presenza costante di oli o acqua, come nel caso di cantieri edili, impianti di lavaggio o siti di lavorazione dove vi è presenza di acidi.

È evidente come, dalla classificazione, sia necessario capire quali standard devono essere rispettati sul proprio sito di lavoro. La classificazione europea è un ottimo modo per stabilire facilmente se il modello che si sta andando ad acquistare o che è stato messo a disposizione sia più o meno adatto e in linea con le norme vigenti.

Scegliere quella giusta

Oltre che alla classificazione europea, però, è necessario capire che non ogni tipo di scarpa è uguale all’altro, anche nel rispetto dello stesso standard di sicurezza. Così al momento dell’acquisto diventa essenziale considerare alcuni fattori per niente secondari, i quali dovranno essere valutati sulla base del lavoro che si svolge: se si dovrà stare molte ore in piedi, sarà necessario che la suola sia confortevole e se il tipo di lavoro costringe a stare piegati o inginocchiati per diverso tempo, di certo servirà che la calzatura sia elastica e non troppo rigida.

Pensare di ignorare, o rendere triviale la valutazione di questi fattori, può non solo compromettere l’effettiva utilità della scarpa sul luogo di lavoro, ma anche esporre a problemi di salute, oltre che incidere sull’attività lavorativa stessa.

Quando si sta per usare una scarpa antinfortunistica, o si sta per effettuare l’acquisto di un paio, è bene quindi considerare innanzitutto la sicurezza,dopodiché il comfort e la comodità, valutando la leggerezza della scarpa (preferendo quindi una punta in materiale composito piuttosto che una più pesante di alluminio) la sua flessibilità, la calzata(ovvero la larghezza della pianta del piede) e la tomaia, la quale dovrebbe rispettare quantomeno dei requisiti di traspirabilità, impermeabilità e persino di protezione da acidi o sostanze corrosive .

conclusioni

Nonostante il prezzo non possa minimamente essere trascurato quando si parla d’investimento per svolgere il proprio lavoro, è di vitale importanza capire che il risparmio eccessivo, sacrificando la vestibilità della calzatura o le sue proprietà di sicurezza, può risultare una scelta davvero sbagliata, costringendo a un nuovo acquisto nel caso la calzatura risulti scomoda o non idonea alla mansione che si andrà a svolgere, ma, soprattutto, al bisogno di dover comprare un nuovo paio per via di qualche danno ingente arrecato alla calzatura da un agente esterno per cui la scarpa non era stata progettata.

da adnkronos

SAFETY EXPO 2019 DOMANI A BERGAMO

Domani inizia SAFETY EXPO 2019

Safety Expo 2019, l’evento sulla prevenzione incendi, la salute e sicurezza sul lavoro, che si svolgerà dal 18 al 19 settembre a Bergamo Fiera, si presenta con un ricco programma di eventi a cui parteciperanno le istituzioni ed i più qualificati esperti dei settori di riferimento.

Il padiglione di prevenzione incendi propone tre convegni, con interventi di rappresentanti delle istituzioni, in cui si parlerà di Codice e procedimenti di prevenzione incendi, nuove regole tecniche, normative italiane e straniere per progettare con la Fire Safety Engineering.

Il programma prevede inoltre una tavola rotonda sulla prevenzione incendi negli stoccaggi di rifiuti, 16 seminari di approfondimentodedicati a soluzioni innovative e case history di successo. Gli eventi del padiglione sono completati da 12 corsi di formazione.

Nel padiglione di salute e sicurezza sul lavoro i convegni saranno otto e affronteranno tematiche quali la Safety 4.0, il know-how dei professionisti della sicurezza, i nuovi orizzonti del Manger HSE, la norma UNI sulla protezione delle vie respiratorie, il Regolamento UE 2016/425 sul DPI, i rischi ambientali, l’ergonomia e la sicurezza e salute dei lavoratori in somministrazione.

I cinque seminari organizzati da INAIL permetteranno ulteriori approfondimenti e i 57 corsi di formazione, di cui 22 con attivitàpratica, offriranno opportunità di aggiornamento a professionisti e responsabili d’azienda.

https://aifos.org/home/eventi/fiere/fiere/safety_expo_2019

Molto attesi sono i tre eventi dedicati alla sicurezza in scena, con letture, musiche, storie che susciteranno emozioni e creeranno occasioni di riflessione. Queste iniziative, ormai tradizionali a Safety Expo, sono un modo efficace per fare cultura della sicurezza utilizzando il teatro, la musica e la letteratura.

Oltre alla parte convegnistica, Safety Expo 2019 registra la partecipazione di250 espositori, con un incremento di 50 aziende rispetto all’edizione dell’anno scorso. Un’occasione unica per conoscere le migliori aziende del settore, toccare con mano i loro prodotti e scoprire tutte le novità.

“Il programma degli eventi offre un panorama molto ampio delle tematiche relative alla prevenzione incendi e alla sicurezza sul lavoro – dichiarano gli organizzatori della manifestazione – La qualità dei relatori consentirà agli operatori del settore di essere aggiornati sulle ultime novità tecniche e normative per tramutare i due giorni a Safety Expo 2019 in un momento di grande aggiornamento professionale”.

Il programma aggiornato dei convegni di Safety Expo 2019 è consultabile all’indirizzo www.safetyexpo.it. Iscrizione obbligatoria su www.safetyexpo.it/registrazione

da bergamofiere.it

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PRIMO SOCCORSO NEI LAVORI IN QUOTA

Da insic.it

Come soccorrere adeguatamente un lavoratore impegnato in lavori in quota che possa trovarsi sospeso o caduto?
Risponde un nuovo factsheet INAIL su “Il primo soccorso nei lavori in quota”.
La pubblicazione indica i rischi per la salute e le misure di primo soccorso in caso di trauma e di sospensione con utili infografiche sulla sequenza ABCDE, oltre ai riferimenti normativi.


Il lavoro in quota o in altezza riguarda tutte le attività lavorative che portano il lavoratore a operare a più di due metri di altezza rispetto al piano stabile (art. 107, d.lgs. 81/2008).
Questo espone i lavoratori a importati rischi per la salute e sicurezza.

Soccorso durante i lavori in altezza
In caso di trauma è fondamentale la precoce attivazione del sistema di primo soccorso. La difficoltà nel soccorso ad un paziente traumatizzato è data dalla enorme variabilità degli scenari, cioè delle condizioni in cui il trauma si è verificato e degli altri fattori intercorrenti.
In caso di caduta dall’alto inoltre le operazioni di soccorso potrebbero risultare ancora più complesse poiché la vittima potrebbe trovarsi sospesa o caduta su un piano posto ad una certa altezza. Le linee guida internazionali propongono una sequenza base che deve essere adattata momento per momento alle condizioni reali effettive presenti sul posto.

Caduta dall’alto e azioni da intraprendere
La successione delle azioni da intraprendere è la seguente:
• allertare immediatamente i soccorsi (112);
• verificare che esistano le condizioni per agire in sicurezza e in particolare: DPI anticaduta per i soccorritori, sistemi di ancoraggio, attrezzatura necessaria per raggiungere l’infortunato;
• dopo il recupero dell’infortunato e in attesa dell’arrivo dei soccorsi avanzati, in caso di addetti al primo soccorso formati appositamente per il trauma, è possibile applicare la sequenza ABCDE.
Se il paziente non presenta segni vitali (coscienza, respiro) va immediatamente iniziata la rianimazione cardiopolmonare (RCP), con l’uso del defibrillatore (DAE) se disponibile, avendo l’accortezza di tenere in asse testa-collo-tronco.


In caso di infortunato in sospensione
Nel caso in cui il soggetto rimanga sospeso, ma cosciente, i disturbi non dovrebbero verificarsi in quanto egli modifica da solo continuamente i punti di contatto dell’imbracatura con il corpo. È comunque necessario chiamare il 112 e tenersi pronti ad un intervento. Se la sospensione diviene inerte, per perdita di coscienza, i tempi di soccorso da parte degli addetti devono essere brevi:
• chiamare immediatamente il 112 descrivendo lo scenario dell’infortunio;
• togliere il prima possibile l’infortunato dalla sospensione, dopo un’attenta valutazione dell’ambiente e con i necessari DPI;
• se il soggetto non respira, una volta a terra, iniziare immediatamente la rianimazione cardiopolmonare (RCP), con l’uso del defibrillatore (DAE) se disponibile.

Prodotto: Fact sheet
Edizioni: Inail – 2019
Disponibilità: Consultabile solo in rete
Info: dcpianificazione-comunicazione@inail.it

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LA TECNOLOGIA AL SERVIZIO DEL LAVORATORE ISOLATO

Da: Irbema.com

Trento, 3 ottobre 2013. Un giovane idraulico di 27 anni viene trovato senza vita in una cella frigo di un capannone del Consorzio frutticoltori di Cles. La Procura iscrive sul registro degli indagati il direttore dello stabilimento, il datore di lavoro dell’idraulico e il responsabile del servizio di prevenzione e protezione (RSPP). La Procura ipotizza il reato di omicidio colposo. Il Consorzio rischia una multa da 256.000 a 1.000.000 di euro, oltre all’interdizione dall’attività per un periodo da 6 mesi a 2 anni.

A distanza di quasi 4 anni la famiglia dell’uomo è stata risarcita con € 750.000, il Consorzio è stato condannato a pagare una sanzione di € 50.000 per la mancata predisposizione del modello organizzativo gestionale per la prevenzione dei rischi sul lavoro, mentre resta ancora aperto il processo a carico degli altri imputati.

Il lavoratore operava in una cella frigo in condizione di isolamento, senza nessun collega vicino. Nel caso della cella frigo, alla condizione di lavoro isolato si aggiungono anche i rischi dell’ambiente, normalmente con temperature prossime ai -20 °C e ridotta percentuale di ossigeno; in tale condizioni un infortunio con la perdita di conoscenza, ed un ritardo nei soccorsi, possono facilmente avere delle conseguenze fatali.

Il fatto di cronaca sopra riportato mi incoraggia a fare il punto circa il problema dei lavoratori isolati e lo stato dell’arte della tecnologia disponibile per la tutela della salute degli stessi.

Chi sono i lavoratori isolati?

Si definiscono “lavoratori isolati” le persone che sono tenute a lavorare da sole, senza una sorveglianza diretta e senza la presenza di altri soggetti vicini che possano prestare soccorso immediato in caso di infortunio o incidente. Un lavoratore o lavoratrice che svolge la propria attività in solitudine, opera senza un contatto visivo o vocale diretto con gli altri dipendenti dell’azienda e tale condizione potrebbe interessare tutte le categorie di lavoratori (anche gli impiegati in ufficio) che, ad esempio, hanno necessità di continuare a lavorare oltre l’orario normale, oppure nei casi in cui sia richiesta la loro presenza durante i giorni festivi, la sera o la notte.

Sono considerati lavoratori isolati anche coloro che non operano realmente in solitudine, ma che si trovano in un contesto che presenti difficoltà nella comunicazione, nel movimento o di impedimento fisico, oltre alle persone che lavorano in luoghi remoti, di difficile accesso, in condizioni ambientali sconosciute o avverse.

Esempi di categorie di lavoratori isolati sono: benzinai, addetti alla manutenzione, addetti alle pulizie, tecnici di laboratorio, agricoltori, autisti, tassisti, trasportatori, commesse, farmacisti, forestali, giardinieri, guardie mediche, infermieri, guardie giurate, magazzinieri, medici, infermieri, operai edili, portieri.

Normativa del lavoratore isolato

Relativamente ai lavoratori isolati sia diurni che notturni, è necessario ricordare che l’articolo 17, comma 1, lettera a) del D. Lgs. 81/08 e s.m. di cui al D. Lgs. 106/09, pone a carico del Datore di Lavoro l’obbligo di valutare tutti i rischi per la salute e la sicurezza dei lavoratori, compresi quindi anche quelli derivanti da particolari condizioni lavorative, come appunto quelli dei lavoratori isolati. A seguito di tale valutazione il Datore di Lavoro deve adottare le necessarie misure di prevenzione e protezione e le relative procedure per eliminare o ridurre le conseguenze dei rischi individuati.

I Fattori di rischio del lavoratore isolato

Nel caso di lavoratori isolati il fattore di rischio principale (da valutare e per il quale adottare misure e procedure di prevenzione e protezione) è relativo all’organizzazione dei soccorsi in caso di malore o infortunio del lavoratore.

In tale circostanza i fattori addizionali di rischio sono i seguenti:

  • impossibilità o limitata capacità, da parte del lavoratore stesso, di allertare i soccorsi all’esterno del luogo di lavoro;
  • difficoltà o impossibilità dei soccorritori, se e quando allertati, di accedere all’interno del luogo, dove è necessario l’intervento;
  • ulteriore difficoltà ad individuare esattamente, una volta all’interno, il punto intervento in caso di situazioni complesse.

Tali fattori addizionali di rischio comportano inevitabilmente il ritardo dell’intervento con effetti a volte fatali.

Pertanto, il Datore di Lavoro deve (in virtù degli obblighi di cui al già citato articolo 17, comma 1, lettera a) del D. Lgs. 81/08) prevedere sistemi per monitorare in tempo reale lo stato di salute del lavoratore attraverso il controllo del suo stato di coscienza.

Inoltre va ricordato che l’art. 2, comma 5, del D.M. 15/7/2003 N° 388 sancisce quanto riportato qui di seguito:

“Nelle aziende o unità produttive che hanno lavoratori che prestano la propria attività in luoghi isolati, diversi dalla sede aziendale o unità produttiva, il Datore di Lavoro è tenuto a fornire loro il pacchetto di medicazione di cui all’allegato 2, che fa parte del presente decreto, ed un mezzo di comunicazione idoneo per raccordarsi con l’azienda al fine di attivare rapidamente il sistema di emergenza del Servizio Sanitario Nazionale.”

Tale sistema di comunicazione deve essere mantenuto in buone condizioni di funzionamento e manutenzione. I telefoni cellulari privati dei lavoratori non possono essere verificati dal datore di lavoro, e quindi non costituiscono un mezzo idoneo, ed inoltre la quasi totalità non posseggono la funzione uomo a terra, e quindi inadeguati in caso di malore e/o infortunio con perdita di coscienza.

Quali dispositivi scegliere per i lavoratori isolati?

Uno dei primi passi per tutelare i lavoratori isolati è quello di dotarli di un dispositivo “uomo a terra” in grado di allertare il personale di soccorso in caso di malore o di una situazione di emergenza.

L’attuale tecnologia propone dispositivi operanti su rete GSM, DECT, Wi-Fi o radio. Tali strumenti sono dotati di pulsante di emergenza nonché sensori capaci di rilevare il non movimento e la posizione orizzontale dell’operatore (funzione mandown) e di allertare in autonomia il personale di soccorso.

I dispositivi più avanzati posseggono anche le funzioni di localizzazione (tramite GPS per ambienti esterni, tramite radio beacon/RFID per ambienti interni), Amber Alert (timer programmabile in assenza di copertura GSM), rilevamento della posizione evoluto multi costellazione GNSS (ricevitore a 48 canali, GPS, Glonass, Galileo e BeiDou), Mandown++ evoluto(allarme uomo a terra, non movimento e caduta violenta), geofencing (perimetro virtuale), ALS (Automatic Location System), sistema viva-voce, certificazione per ambienti Atex.

I moderni dispositivi consentono la massima personalizzazionedi tutti i parametri di configurazione, come ad esempio la possibilità di impostare l’angolo di inclinazione e i tempi di attivazione del mandown, per adattarsi alle diverse tipologie di attività dell’operatore.

Particolare attenzione va posta alla scelta dello strumento. Esistono infatti sul mercato dispositivi (per lo più di fabbricazione non europea) non supervisionati (cioè non in grado di verificare continuamente lo stato dei suoi componenti segnalando qualsiasi malfunzionamento, assenza rete, assenza GPS, anomalia sensori, ecc.), dotati di software/sensori non proprietari e quindi poco affidabili perché soggetti ad interruzioni di servizio, oppure privi delle certificazioni richieste dai Sistemi di Gestione Qualità e Sicurezza.

Infine è utile ricordare che l’adozione di dispositivi per la tutela dei lavoratori isolati permette all’azienda di ottenere una riduzione del premio INAIL (OT24).

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AUMENTATI GLI INFORTUNI MORTALI DEL 10% NEL 2018

(ANSA) – ROMA, 29 GEN – In aumento le denunce di infortuni e morti sul lavoro nel 2018 presentate all’Inail.

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Le denunce di infortunio tra gennaio e dicembre – fa sapere l’Istituto – sono state 641.261 (+0,9% rispetto al 2017, quando erano state 635.433); di queste, 1.133 con esito mortale (+10,1%, ossia 104 in più rispetto alle 1.029 del 2017). In aumento anche le patologie di origine professionale denunciate, che sono state 59.585 (+2,5%, pari a 1.456 casi in più rispetto ai 58.129 dell’anno precedente).

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VADEMECUM PER LA COMPILAZIONE TELEMATICA DEGLI INFORTUNI SUL LAVORO

L’INAIL fornisce chiare regole e procedure da seguire per la comunicazione dell’infortunio sul lavoro e le modalità di risarcimento del danno
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Per infortunio sul lavoro si intende un evento traumatico che porti il lavoratore ad assentarsi per più di tre giorni dal lavoro. L’infortunio sul lavoro è un incidente che può avvenire durante l’attività lavorativa e che va anche oltre l’orario di lavoro in quanto vengono ricomprese anche le situazioni in cui il lavoratore si sta recando a lavoro e quindi può essere a rischio infortunio.

Le condizioni dell’infortunio

L’infortunio è quindi è tale se ci sono tre condizioni:

  1. c’è un evento traumatico che porta a una lesione del lavoratore o alla sua morte;
  2. c’è un collegamento tra questo evento e lo svolgimento dell’attività lavorativa;
  3. c’è un’inabilità al lavoro superiore a 3 giorni;

In Italia, la disciplina che regola le attività connesse agli infortuni sul lavoro e le malattie professionali è il D.P.R n.1124 del 30 giugno 1964.

La procedura da seguire a seguito di infortunio

Come prima cosa il lavoratore deve comunicare immediatamente l’infortunio al datore di lavoro e recarsi presso un Pronto Soccorso per una visita medica con successivo rilascio del certificato medico che andrà trasmesso al datore di lavoro, insieme al numero identificativo del certificato medico, la data di rilascio e i giorni di prognosi indicati nel certificato stesso.

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Il datore di lavoro, successivamente al ricevimento del certificato medico, entro 48 ore comunica all’INAIL l’infortunio mediante un modello di denuncia che viene inviato per via telematica al sistema informativo nazionale per la prevenzione nei luoghi di lavoro (Sinp), sempre che l’infortunio comporti l’assenza dal lavoro di almeno un giorno escluso quello in cui si è verificato l’incidente (combinato disposto art. 3, art. 18, co. 1, lett. r) e art. 21 d.lgs. 81/2008 e s.m.).

La comunicazione di infortunio avviene esclusivamente per via telematica per i lavoratori dell’industria, dell’artigianato, dei servizi e delle pubbliche amministrazioni titolari di rapporto assicurativo con l’Inail, ed i lavoratori dipendenti delle amministrazioni statali e studenti delle scuole pubbliche, assicurati con la speciale forma della ‘Gestione per conto dello Stato’.

La comunicazione per i lavoratori del settore agricoltura, lavoratori addetti ai servizi domestici e familiari e di riassetto e pulizia locali ed lavoratori occasionali di tipo accessorio del settore agricoltura e di datori di lavoro privati cittadini avviene in forma cartacea.

La comunicazione va fatta all’ufficio collocato nel territorio in cui l’infortunato ha stabilito il suo domicilio. Successivamente alla comunicazione all’INAIL il lavoratore qualche giorno prima della scadenza della prognosi indicata sul certificato medico deve recarsi per una visita medica all’ambulatorio INAIL. L’INAIL a seguito di visita può fissare un nuovo appuntamento in caso vi sia necessario ulteriori giorni per la guarigione dall’infortunio, oppure chiudere l’infortunio temporaneo con un certificato di chiusura definitiva da consegnare al datore di lavoro per poter riprendere l’attività lavorativa.

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Le sanzioni al datore di lavoro

Nel caso di ritardo da parte del datore di lavoro nella comunicazione all’INAIL determina l’applicazione della sanzione amministrativa pecuniaria da 548,00 a 1.972,80 euro (art. 55, co. 5, lett. h), d.lgs. 81/2008 e s.m.).

Nel caso di infortuni superiori ai tre giorni, il mancato rispetto dei termini previsti per l’invio della comunicazione di infortunio ai sensi dell’art. 18, co. 1, lett. r), d.lgs. 81/2008 e s.m.i. il datore di lavoro incorre in una sanzione amministrativa pecuniaria da 1.096,00 a 4.932,00 euro così come riportato all’art. 55, co. 5, lett. g), d.lgs. 81/2008 e s.m.i.

Il risarcimento del danno

Il lavoratore ha diritto al risarcimento del danno sia se l’infortunio si verifica durante l’orario di lavoro sia durante il normale tragitto di anta e di ritorno tra abitazione e luogo di lavoro.

Il risarcimento del danno è a carico del datore di lavoro per i primi 4 giorni di lavoro. Il primo giorno è pagato con una retribuzione pari al 100% di quella giornaliera spettante al lavoratore, gli altri tre giorni con una retribuzione pari al 60% di quella giornaliera. Dal quinto giorno in poi la retribuzione è pagata dall’INAIL nella percentuale pari al 60% della retribuzione giornaliera fino al novantesimo giorno e pari al 75% della retribuzione dal novantunesimo giorno fino alla guarigione. Il risarcimento viene pagato mediante assegno o in contanti presso lo sportello postale o bancario o in alternativa mediante accredito su conto corrente bancario o postale. In alternativa è possibile ricevere l’accredito anche su carta prepagata dotata di IBAN o riscosse presso gli istituti convenzionati INPS per i titolari di rendita che riscuotono all’estero.

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Quando non si ha diritto al risarcimento del danno da infortunio

Con sentenza della Cassazione del 1 giugno 2017, si è fatto luce sulle situazioni in cui non spetta il risarcimento del danno al lavoratore oggetto di infortunio sul lavoro. La sentenza, infatti chiarisce che al lavoratore non spetta il risarcimento del danno se ha svolto un compito oltre le sue mansioni o se ha svolto una attività non prevista e che non gli competeva pertanto un comportamento anomalo non prevedibile dal datore di lavoro a cui spetta l’obbligo di garantire la sicurezza. Inoltre non sono indennizzabili gli infortuni sul lavoro causati da consumo di alcool droga e di psicofarmaci.

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FOCUS SULLA GESTIONE DEGLI INFORTUNI SUL LAVORO

DA TODAY.IT

Cosa fare in caso di infortunio sul lavoro e come opera la tutela dell’Inail 

Il lavoratore che incorre in un infortunio sul lavoro gode delle tutele dell’Inail (Istituto Nazionale per l’Assicurazione contro gli Infortuni sul Lavoro) ma deve ovviamente denunciare l’infortuinio per avere i trattamenti che gli spettano.

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La tutela dell’Inail riguarda ogni incidente avvenuto per “causa violenta in occasione di lavoro” che abbia causato la morte del lavoratore, la sua inabilità permanente al lavoro o l’inabilità assoluta temporanea per oltre 3 giorni. Per causa violenta si intende un fattore che abbia 3 precise caratteristiche: efficienza,  rapidità ed esteriorità (per fare qualche esempio, la causa violenta può essere determinata da sostanze tossiche, sforzi muscolari, microrganismi, virus o parassiti. Ma anche da condizioni climatiche e microclimatiche). Non sono previste alcune coperture se l’infortunato risulta positivo ad alcol test o ad uso di stupefacenti.

La tutela copre anche gli spostamenti casa-lavoro (sia andata che ritorno), quelli per lo svolgimento di attività lavorative fuori sede e quelli relativa alla pausa pranzo. Gli spostamenti coperti sono di norma quelli percorsi ricorrendo a mezzi pubblici, mentre gli spostamenti effettuati con mezzo privato sono coperti sono se non è possibile utilizzare i mezzi pubblici (ad esempio perché non raggiungono la sede di lavoro o hanno una fermata  troppo lontana).

Chi subisce un infortunio deve avvisare subito il datore di lavoro, personalmente o attraverso altri nel caso il diretto interessato non sia nelle condizioni di farlo, anche nel caso di lesioni di lieve entità. Il lavoratore infortunato deve fornire al datore di lavoro numero identificativo del certificato medico che attesta l’infortunio, data di rilascio del certificato e giorni di prognosi indicati nel certificato stesso.

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Il lavoratore infortunato ha 3 modi per attestare quanto gli è occorso: può rivolgersi al medico dell’azienda (se è presente sul posto); recarsi o farsi accompagnare al Pronto soccorso nell’ospedale più vicino; rivolgersi al proprio medico curante. In tutti e 3 i casi, chi fornisce la prima assistenza al lavoratore infortunato deve rilasciare certificato medico (inviandolo in via telematica anche all’Inail) con indicazione della diagnosi e del numero dei giorni di inabilità temporanea assoluta al lavoro. In caso di ricaduta, ovvero il lavoratore infortunato si sente di nuovo male dopo essere tornato al lavoro, nel certificato rilasciato deve essere specificato che si tratta di ricaduta dall’infortunio già comunicato (la cosiddetta Riammissione in temporanea).

Il datore di lavoro deve inviare la denuncia/comunicazione di infortunio entro 2 giorni dalla ricezione dei riferimenti del certificato medico che il medico ha a sua volta già inviato all’Inail. Il lavoratore può comunque farlo da sé in luogo del datore di lavoro, con la copia del certificato rilasciato dal medico o dalla struttura sanitaria competente al rilascio.

L’infortunio che impedisce di lavorare per oltre 3 giorni comporta indennità giornaliera per inabilità temporanea assoluta, erogata dell’Inail in misura del 60% della retribuzione media giornaliera fino al 90° giorno e del 75% della retribuzione media giornaliera dal 91° giorno fino alla guarigione clinica e viene accreditata.

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L’indennità dell’Inail è soggetta a tassazione Irpef e si calcola sulla base della retribuzione effettivamente corrisposta al lavoratore nei 15 giorni precedenti l’evento. L’accredito dell’indennità giornaliera per inabilità temporanea assoluta può essere effettuato su conto corrente bancario o postale; sul libretto di deposito nominativo bancario; sul libretto di deposito nominativo postale (ad esclusione del Settore marittimo); accredito su carta prepagata purché sia dotata di codice Iban. Per importi non superiori a 1000 euro l’accredito può essere effettuato anche con vaglia postale non trasferibile intestato all’assistito o con pagamento in contanti localizzato presso sportello bancario o postale.

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KIT DI EMERGENZA CONTRO VESPE E CALABRONI

QUANDO E’  NECESSARIO DOTARSI DI UN KIT DI EMERGENZA PER PUNTURE DI IMENOTTERI

La tragica notizia della morte di uno dei più importanti avvocati di diritto del lavoro a seguito di puntura di calabrone ci rattrista molto ma richiama l’attenzione sul problema della gestione del rischio di punture da imenotteri sul luogo di lavoro…

“Vado a mettere in funzione la bombola del gas» ha detto alla moglie. Ma dopo pochi istanti è tornato brontolando: «Mi ha morso qualcosa dietro al collo e ora mi gira la testa». Una puntura d’insetto, non è chiaro se un calabrone o una vespa, che ha avuto l’epilogo più tragico. È morto così, per uno choc anafilattico fulminante, Sergio Barozzi, 62 anni, uno dei più noti giuslavoristi italiani.

Immagine correlata IMENOTTERI TECO MILANOUN KIT DI EMERGENZA CONTRO L ANAFILASSI

Quali farmaci prevede un adeguato kit di emergenza?

Il kit d’emergenza per l’anafilassi è estremamente importante non soltanto in presenza di allergia al veleno di vespa. Esso contiene tre farmaci che consentono di trattare immediatamente la puntura di insetti. Si tratta di un preparato a base di cortisone e un antistaminico ad azione rapida come decongestionante. Il kit di pronto soccorso contiene anche una siringa autoiniettante di adrenalina, che stabilizza la pressione e la circolazione sanguigna in pochi minuti. I kit d’emergenza per asmatici contengono anche farmaci specifici per l’asma.

Immagine correlata KIT EMERGENZA TECO MILANO

  • Siringa autoiniettante di adrenalina: l’autoiniettore di adrenalina viene utilizzato in presenza di sintomi non circoscritti alla zona della puntura. Per i soggetti allergici ciò è particolarmente importante in quanto gli altri preparati non agiscono immediatamente. In caso di diminuzione della pressione arteriosa, l’adrenalina restringe in pochi minuti i vasi sanguigni, stabilizzando in tal modo la pressione e la circolazione sanguigna.
  • Antistaminico: gli antistaminici sono utilizzati in caso di reazioni allergiche, ad es. per il raffreddore da fieno. Il kit d’emergenza per l’anafilassi contiene un antistaminico ad azione rapida che produce un effetto decongestionante e allevia la reazione allergica. Deve potere essere assunto senza liquido, ad es. sotto forma di gocce o compresse da sciogliere in bocca.
  • Cortisone: anche il preparato a base di cortisone contenuto nel kit di pronto soccorso produce un effetto decongestionante e consente di ridurre rapidamente le reazioni allergiche. Anche il cortisone è in forma liquida da assumere per via orale.

Per potere trattare la puntura di un’ape o di una vespa, si raccomanda di esercitarsi in particolare nell’utilizzo dell’autoiniettore di adrenalina. A tal fine sono disponibili i cosiddetti simulatori privi di ago che non contengono nessun farmaco. La maggiore dimestichezza con questo dispositivo ne rende più semplice l’uso durante una reazione allergica. Pertanto si raccomanda di esercitarsi in primo luogo nell’utilizzo dell’autoiniettore di adrenalina. A tal fine esistono simulatori privi di ago e senza farmaco. Quanto più il soggetto allergico sarà sicuro nell’utilizzo dell’iniettore, tanto più facile sarà l’uso del kit d’emergenza in caso di Shock anafilattico. La penna di adrenalina è stata appositamente messa a punto per i non specialisti e può essere utilizzata senza problemi dopo un breve addestramento.

Risultati immagini per IMENOTTERI KIT EMERGENZA ADRENALINA TECO MILANOUtilizzo dell’autoiniettore di adrenalina

  • Afferrare la penna di adrenalina con la mano dominante (destra per i destrimani, sinistra per i mancini)
  • Togliere il cappuccio di sicurezza con l’altra mano
  • Premere a fondo l’estremità dell’ago sul lato esterno della coscia. Un clic indica che l’iniezione è stata eseguita correttamente.
  • Rimuovere l’iniettore dopo 10 secondi
  • Massaggiare il punto di iniezione per 10 secondi
  • Numero d’emergenza (112) – segnalare l’emergenza allergica
  • Dopo 5 – 15 minuti utilizzare la seconda penna se non vi è stato nessun miglioramento

Risultati immagini per autoiniettore adrenalina TECO MILANO

È consigliabile che anche i familiari, gli amici e i colleghi sappiano esattamente come utilizzare il kit d’emergenza. In tal modo anche le persone presenti possono aiutare il soggetto allergico a utilizzare il kit, qualora egli non sia in grado di farlo. Gli accompagnatori devono inoltre avvisare immediatamente il medico di pronto intervento chiamando il numero d’emergenza 112 e citando la parola “Anafilassi”.

Immagine correlata TECO MILANO AUTOINIETTORE ADRENALINA

Tratto da https://www.initiative-insektengift.ch/it/shock-anafilattico/kit-d_emergenza-allergia

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INFORTUNI E MALATTIE PROFESSIONALI : I DATI INAIL 2017

  1. Da superabile.it

27 giugno 2018

Presentati a Roma dal presidente De Felice i dati relativi al 2017. Gli infortuni riconosciuti sul lavoro sono poco meno di 417 mila, di cui circa il 19% avvenuti con mezzo di trasporto o in itinere. In calo le malattie professionali: sono state 58 mila, circa 2.200 in meno rispetto al 2016. Il 65% riguarda patologie del sistema osteomuscolare

ROMA – È stata presentata stamattina a Roma, dal presidente dell’Inail Renzo De Felice, la Relazione annuale sui dati relativi all’andamento degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali in Italia nel 2017.

Immagine correlata infortuni teco milano

Infortuni sul lavoro. Sono state poco più di 641mila le denunce di infortunio registrate nel 2017, allo stesso livello del 2016 (-0,08%) e in calo di circa il 14% rispetto al 2012. Gli infortuni riconosciuti sul lavoro sono poco meno di 417 mila, di cui circa il 19% avvenuti “fuori dell’azienda” (cioè “con mezzo di trasporto” o “in itinere”). Il dato “fuori dell’azienda” è rilevante per la valutazione accurata delle politiche e delle azioni di prevenzione. • Delle 1.112 denunce di infortunio con esito mortale (erano 1.142 nel 2016, 1.370 nel 2012) gli infortuni accertati “sul lavoro” sono 617 (di cui 360, pari al 58%, “fuori dell’azienda”). Anche se i 34 casi ancora in istruttoria fossero tutti riconosciuti “sul lavoro” si avrebbe una diminuzione del 2,8% rispetto al 2016 e una riduzione pari a circa il 25% rispetto al 2012. • Gli infortuni sul lavoro hanno causato circa 11 milioni di giornate di inabilità, con costo a carico dell’Inail. In media 85 giorni per infortuni che hanno provocato menomazione e circa 21 giorni in assenza di menomazione.

Malattie professionali. • Le denunce di malattia professionale sono state circa 58mila (circa 2.200 in meno rispetto al 2016), con un aumento di circa il 25% rispetto al 2012. Ne è stata riconosciuta la causa professionale al 33%, mentre il 3% è ancora “in istruttoria”. Il 65% delle denunce riguarda patologie del sistema osteomuscolare. • Le denunce riguardano le malattie e non i soggetti ammalati, che sono circa 43mila, il 37% dei quali per causa professionale riconosciuta. Sono stati poco meno di 1.400 i lavoratori con malattia asbesto-correlata.• I lavoratori deceduti nel 2017 con riconoscimento di malattia professionale sono stati 1.206 (il 37% in meno rispetto al 2012), di cui 335 per silicosi/asbestosi (l’86% con età al decesso maggiore di 74 anni, il 75% con età maggiore di 79 anni).