ERGONOMIA

AGRICOLTURA E RIVOLUZIONE DIGITALE

Robot mietitori, macchine per diserbare, sistemi di irrigazione automatici…. sebbene le nuove tecnologie stiano rivoluzionando le pratiche dell’agricoltura e della silvicoltura, è fondamentale che la valutazione del rischio rimanga al passo con i tempi.

La digitalizzazione, pur presentando il vantaggio di diminuire il carico di lavoro manuale, e problemi di salute quali i disturbi muscolo-scheletrici (DMS), può causare difficoltà, quali un incremento nel lavoro monotono e solitario.

Un breve documento di sintesi esamina il potenziale della tecnologia digitale per migliorare la salute e la sicurezza sul lavoro (SSL) in questo settore, e i rischi che potrebbero emergere qualora la sua introduzione non sia portata avanti in maniera efficace.

Consulta il documento di sintesi relativo all’impatto delle nuove tecnologie sull’agricoltura e sulla silvicoltura

Leggi il documento di sintesi relativo alle questioni di SSL nei settori dell’agricoltura e della silvicoltura

Puoi reperire maggiori informazioni nella relazione dell’EU-OSHA sul futuro dell’agricoltura, della silvicoltura e della SSL

Da osha ru

UNA “BANCA DATI” EUROPEA SUI DISTURBI MUSCOLOSCHELETRICI

L ‘agenzia europea per la sicurezza e la salute sul lavoro mette a disposizione una banca dati sulla gestione dei disturbi MUSCOLOSCHELETRICI correlati con le attività occupazionali.

Si possono consultare gli articoli OSHwiki ovvero report semplici e concisi che presentano i ” fatti chiave” e consigli su come lavorare con i disturbi reumatici e muscoloscheletrici (RMD), strategie di intervento precoce e gestione della lombalgia. E il nostro database di facile ricerca è ricco di casi, risorse visive e strumenti pratici e indicazioni sull’argomento.

Considerando che una persona su quattro nell’UE affetta da DMS cronici, comprendere queste condizioni e come gestirle è fondamentale, che tu sia un lavoratore, un datore di lavoro o un de politico.

Leggi l’articolo OSHwiki su come lavorare con le malattie reumatiche e muscoloscheletriche 

Consulta gli articoli OSHwiki sui primi interventi MSD gestione delle condizioni lombari 

Cerca le risorse sulle malattie croniche negli strumenti pratici e nel database di orientamento 

ERGONOMIA SCOLASTICA ANTICOVID

Da Inail.it

Il periodo di emergenza sanitaria connessa alla pandemia da SARS-CoV-2 ha portato alla necessità di sospendere l’attività scolastica in aula per un lungo periodo di tempo.

Disposizioni anti covid-19 ed ergonomia scolastica

Oggi, il rientro richiede, comunque, di adottare importanti azioni per garantire il distanziamento tra gli
alunni di almeno un metro “da bocca a bocca” e prevenire il rischio di nuovi casi di contagio.

Prodotto: Fact sheet
Edizioni: Inail – 2020
Disponibilità: Consultabile solo in rete
Info: dcpianificazione-comunicazione@inail.it

I CONSIGLI PER LO SMART WORKING IN SALUTE

Da “la stampa”

I consigli della dottoressa Calcinoni, responsabile del Servizio Orl per il Teatro alla Scala di Milano

Per alcuni lavoratori, lo smartworking non è più soltanto la modalità di lavoro legata all’emergenza sanitaria che ha colpito il nostro Paese negli ultimi mesi. Per molti, la nuova impostazione, è ormai una realtà definitiva. Riuscire a lavorare senza doversi recare in ufficio ogni giorno, sicuramente aiuta a ottimizzare i tempi, ma anche questa abitudine tutta nuova, può nascondere insidie per la salute. Alcune più scontate, come il mal di schiena, altre meno.

A molti sarà successo ad esempio di riscontrare a fine giornata una voce affaticata. A spiegare perché è buona norma per chi lavora in smartworking curare anche l’igiene della voce è la dottoressa Orietta Calcinoni responsabile del Servizio Orl per il Teatro alla Scala di Milano.

Lavorare da casa avvalendosi dei migliori e più avanzati dispositivi tecnologici. Perché affatica tanto?

«Stare seduti è un lavoro per il nostro corpo: le gambe riducono la loro attività motoria e la circolazione ristagna con rischio, alla lunga,  di sviluppare varici. Dopo alcune ore si riducono la produzione del colesterolo e aumenta la resistenza all’insulina; l’attività dei muscoli del cingolo superiore , l’anello che descrivono spalle, base del collo, sterno, comincia a ridurre flusso vascolare ed efficienza cardiopolmonare; non ultimo il peso della testa e del collo aumentano, mentre i dischi vertebrali vanno in sofferenza».

Quando si sta seduti a lungo è come se la nostra testa pesasse di più?

«Quando siamo ben eretti quando cioè assumiamo la posizione dell’Uomo di Vitruvio nel verso della moneta da un euro la testa pesa circa 5-6 kg. Se la flettiamo ovvero la pieghiamo avanti  di 15°, come quando ci mettiamo a camminare lungo una strada e guardiamo nella direzione del cammino, il peso raddoppia. La posizione che in genere si assume per mangiare implica per la testa un’angolatura di circa 30° e in questa posizione la testa, supera i 18 chili, a 45° arriva a 22 ed a 60° la testa può arrivare a pesare 27 kg!! Quando si lavora davanti a uno smartphone o un tablet la testa fa un angolo che può andare dai 45 ai 60°, dipende dalla posizione assunta, mentre davanti a un computer, specie se portatile, siamo più spesso tra i 30° ed i 45°.

Passare 2-4 ore al giorno al giorno davanti a questi device significa trascorrervi 700-1400 ore/anno: 60 giorni (e notti) della nostra vita. Per chi supera le 12 ore al giorno al computer, nell’anno è come se si lavorasse 208 giorni di fila. La testa flessa avanti, e il relativo aumento di peso, mette in tensione tutta la muscolatura non solo del collo, ma anche della schiena, dove alcuni tiranti muscolari si inseriscono dalle ultime vertebre del collo ed alla base della schiena».

Stare seduti a lungo influenza anche il modo di respirare?

«Quando si sta seduti a lungo il mento si avvicina al petto e questa normale curvatura specie in persone sovrappeso, può favorire la cosiddetta respirazione alta, costale che implica un atto respiratorio fatto inalando meno aria di quella che servirebbe. Ora la nostra voce è fatta solo di aria, avere meno aria significa due cose: o pronunciare frasi più brevi e fare pause più frequenti oppure forzare la voce, con un’inevitabile fatica vocale».

E’ questo uno dei motivi per i quali i cantanti durante i concerti assumono per lo più una posizione eretta?

«Cantare a testa flessa, se non per brevi fraseggi  è molto difficile e faticoso: la posizione della testa di fatto limita se non incarcera i movimenti della laringe, così necessari per cambiare intonazione e dare il giusto colore, il giusto timbro ad un’aria; fare  un madrigale, per esempio, diventa pressoché impossibile. Più in generale non è mai salutare effettuare spesso forzatura vocale, poiché, ormai è un dato di fatto che forzare la voce favorisce la comparsa di reflusso».

Ci sono altri rischi che lo smartworking può comportare per la nostra voce?

«L’uso della voce al computer ha almeno altri tre rischi per un professionista in voce, ma più in generale per tutti noi: visivo, vestibolare, acustico».

Partiamo dal rischio visivo: quali sono le sofferenze per la vista?

«Il collo e tutto il corpo sono fatti per tenere la nostra testa in modo tale che gli occhi controllino la mira: terrò le cose che mi interessano nel punto di mira del mio campo visivo. Se per i nostri antenati era “prendi la gazzella e scappa dal leone”, per un portiere può essere l’attaccante che tira il rigore e il pallone, per un autista la strada davanti a sé e via dicendo. Quante cose “guardiamo” a casa mentre siamo in smart-working? Il monitor, i messaggi che arrivano sullo smartphone accanto, il gatto, il figlio che gioca, l’altro che non studia e dovrebbe studiare, la televisione. A seconda di dove vanno i miei occhi , segue la tensione emilingua – collo – mandibola. Attenzione quindi, a guardare e concentrarsi, su una cosa per volta».

Per rischio vestibolare invece, cosa si intende?

«Si intende che le braccia che battono sulla tastiera dovrebbero essere correttamente allineate con lo schermo. Un cantante o un musicista che si esercitano devono seguire la partitura;  in genere un musicista guarda 1 misura avanti, ma i cantanti e i direttori guardano 3-4 misure avanti. Se si mette la partitura di lato o ci si mette a suonare su una tastiera messa di fianco vi è uno sbilancio, una torsione che si riflette sulla dinamica della laringe e del tratto vocale, alterando l’armonia del sistema, dalla lingua che articola i suoni o produce il soffio adatto a uno strumento a fiato. Gli  effetti distorcenti ed affaticanti sono creati non da cattiva tecnica ma solo da cattiva postura. Vale per i musicisti, ma più in generale per tutti quelli che non riescono ad allinearsi correttamente con il device di lavoro».

TLB courtesy: 23/04/2020 – iStockphoto|

E per rischio acustico?

«Ascoltare la nostra voce o quella di altri con cuffie o auricolari, specie se non si dispone di sistemi professionali e spesso “la rete è debole, incostante”, può essere un altro rischio di affaticamento. Per molti, parlare a qualcuno che sappiamo lontano o che ascoltiamo con difficoltà, innesca un immediato, pur se immotivato, innalzamento del tono vocale, una voce più scandita, spesso più acuta, più faticosa da tenere a lungo. Peggio ancora, se la comunicazione diventa difficile o incostante durante la riunione, la relazione, l’esame, il webinar per cui ci eravamo preparati tanto! L’irrigidimento più o meno evidente partirà dalla nostra schiena, “incarcerando” ancora di più braccia, collo, laringe , riducendo la respirazione … con una voce meno timbrata e meno convincente per chi ci ascolta».

Per tutti quelli che continueranno a lavorare in smartworking cosa consiglia per preservare uno stato di salute adeguato?

«Ogni volta che è possibile bisognerebbe inclinare la seduta indietro (a 135°) o spostarsi in una seduta più comoda e senza dover bloccare di nuovo la testa in una posizione di visione. Quando non necessario, bisognerebbe spostare le mani dalla tastiera e  rilasciare le braccia e le spalle. Trovare sempre un motivo per alzarsi dal computer e fare almeno pochi passi, per riattivare la circolazione nelle gambe. Prima di iniziare a lavorare verificare che il monitor resti entro i 15° dal nostro orizzonte visivo, a costo di alzarlo con scatole o libri se non si dispone di un leggio. La sedia utilizzata dovrebbe  permettere una postura con schiena eretta, ma non rigida.  Le braccia e le mani dovrebbero posarsi sulla tastiera mantenendo un angolo di almeno 90° ai gomiti.  Se possibile munirsi di un poggiapiedi (basta una scatola a volte o un predellino).

Sul tavolo di lavoro bisognerebbe disporre tutto quello che potrebbe servire, compresa l’acqua. Non dimenticare mai l’uso degli occhiali se servono per evitare di doversi avvicinare troppo al computer. Da ultimo, è bene regolare con attenzione i dispositivi audio, per ascoltare a un tono comprensibile e trasmettere la nostra voce in modo affidabile. Lavorare da casa può essere una scelta o un obbligo: non deve diventare un danno».

ESERCIZI PER LA RIABILITAZIONE OSTEOARTICOLARE INAIL

Questo interessante volume raccoglie in una veste agile con grafica tradizionale, i principali esercizi riabilitatori osteoarticolari divisi per distretti. Le  patologie ortopediche sono le più ubiquitariamente diffuse in ambito lavorativo e pertanto questa pubblicazione può rapprentare un valido supporto informativo per tutti i sanitari e gli specialisti della prevenzione e della riabilitazione

Esercizi per la riabilitazione post-traumatica e ortopedica

Principali esercizi fisici per i vari distretti articolari del corpo da effettuare a seguito di evento post-traumatico e ortopedico.

Immagine Esercizi per la riabilitazione post-traumatica e ortopedica

Prodotto: Volume
Edizioni: Inail – 2020
Disponibilità: Consultabile solo in rete
Info: dcpianificazione-comunicazione@inail.it

ESERCIZI PER LA SPALLA DOLOROSA

I disturbi osteoarticolari sono una delle principali tecnopatie correlate con l’attività lavorativa. La spalla é uno dei distretti maggiormente interessati e causa di disabilità e dolore. Vi proponiamo la visione di questo video come utile guida ai principali esercizi “riabilitatori” della spalla. 

ESOSCHELETRI ROBOT E SENSORI: LA NUOVA FRONTIERA DELL’ERGONOMIA

Sono in corso numerose ricerche per monitorare gli aspetti di usabilità (efficacia, efficienza e soddisfazione d’uso) e accettabilità dei nuovi ausili tecnologici. «Esoscheletri, cobote pedane adattative possono rappresentare una risorsa per gestire l’invecchiamento della popolazione lavorativa. Si rende tuttavia necessario un approccio integrato alla valutazione del carico biomeccanico (con l’obiettivo di riduzione dello sforzo muscolare e della fatica) e al possibile impatto psico-sociale di questi ausili. Abbiamo bisogno di ingegneri che, in fase di progettazione sia di linee produttive, sia degli ausili stessi, tengano conto del fattore umano, e non solo degli aspetti meramente tecnici delle nuove tecnologie.

Per questo al Politecnico di Torino, dal 2008, vengono erogati corsi di ergonomia dei sistemi di produzione, con l’obiettivo di sensibilizzare gli studenti alla centralità dello “human centered design” e dell’interazione uomo-macchina. Gli indispensabili requisiti tecnici di sicurezza delle nuove tecnologie non possono prescindere dalle peculiarità fisiche, sensoriali e psicologiche dell’uomo e da aspetti quali l’usabilità e l’accettabilità delle stesse nello svolgimento del proprio lavoro», spiega Maria Pia Cavatorta, professore associato del Dipartimento di Ingegneria meccanica e aerospaziale del Politecnico di Torino, referente per i corsi di ergonomia. A iniziare dal 2017 proprio con un approccio integrato, insieme con l’ergonomo cognitivo Silvia Gilotta, presidente della sezione Piemonte della Società italiana di Ergonomia (SIE), il Politecnico di Torino ha partecipato a una campagna di prove che ha coinvolto una trentina di operatori di Fca, e una decina di suoi team leader. I soggetti volontari hanno provato alcune tipologie di esoscheletri passivi per arti superiori, tra cui l’esoscheletro Mate, progettato e sviluppato da Comau, società del Gruppo automobilistico, rispetto ad attività sottoscocca che richiedono di lavorare a braccia alzate. Dai primi prototipi gli esoscheletri sono stati sottoposti a continue migliorie per renderli sempre più leggeri e per meglio gestire l’attivazione dei meccanismi di supporto e la loro disattivazione, quando le braccia scendono al di sotto delle spalle.

«Si tratta tuttavia di una prima fase nella valutazione dell’applicabilità a un contesto industriale. Occorreranno studi in grado di valutare l’usabilità e l’accettabilità dei lavoratori anche nel lungo termine. L’introduzione in produzione può rilevare ostacoli all’usabilità e all’accettazione del lavoratore, che possono non emergere in un contesto controllato di laboratorio. Risulterà poi necessario – precisa Cavatorta – capire come valutare il carico di lavoro biomeccanico durante attività di lavoro assistite dall’esoscheletro, nonché l’impatto di tali strutture sul lavoro fisico e mentale del lavoratore.»

La mission dell’ergonomia nella fabbrica 4.0 vuole essere quella di favorire la capacità di adattamento, efficienza e sostenibilità, da declinare innanzitutto rispetto alle abilità dell’uomo. «Per questo – raccomanda Cavatorta – nell’introduzione di nuove tecnologie quali esoscheletri o robot collaborativi (cobot) il coinvolgimento attivo e l’approccio partecipativo dei lavoratori risultano essenziali.» E già la ricerca internazionale si interroga su come rendere i cobot  dei “veri” compagni di lavoro (“robot workmates”) e non degli intrusi, come talvolta vengono percepiti, che dettano all’uomo tempi e ritmi, anziché tener conto della variabilità del comportamento umano. A questo scopo è in corso il progetto europeo Andy (Advancing Anticipatory Behaviors in Dyadic Human-Robot Collaboration), con capofila l’Istituto Italiano di Tecnologie(IIT), che attraverso big data, machine learning e AI sta studiando un robot sempre più adattabile alle esigenze del collega uomo, esigenze che via via possono cambiare. Sfruttando delle tutine sensorizzate, infatti, i ricercatori stanno raccogliendo tali quantità di dati sul comportamento umano che l’obiettivo sarà, attraverso il machine learning, che i nuovi robot imparino a rispondere in modo adattivo all’uomo e non solo, come ora, a svolgere i compiti più ripetitivi o pericolosi in un contesto di predeterminata suddivisione dei compiti. «A una recente conferenza mondiale in Australia si è già iniziato a parlare di Industria 5.0, dove i nuovi robot collaborativi possano divenire dei “veri” compagni di lavoro, in grado di avvertire situazioni anomale, anche uno sbadiglio o una distrazione oculare, perché no, e intervenire a supporto, anticipando il rischio di errore nel collega e alleviandogli la fatica», racconta Cavatorta. Che non esclude però il rischio di nuove problematiche etiche, oltre che ergonomiche: l’accettazione o meno di essere continuamente monitorati, in ogni gesto, o piccola distrazione, da una macchina.

Assemblaggio Comau per Fca

«È importante che i lavoratori percepiscano i vantaggi che la tecnologia può offrire per la sicurezza e l’ergonomia della nuova fabbrica. La progettazione di un ambiente di lavoro sicuro, confortevole e produttivo, che garantisca benessere e possibilità di valutazione attenta degli operatori da assegnare alle differenti postazioni di lavoro, deve rappresentare un punto saldo della fabbrica 4.0. È questo l’obiettivo del progetto regionale Humans, a cui ha partecipato il Politecnico insieme all’Università di Torino, Fca e Comau, in cui si lavora a una fabbrica a misura d’uomo, non soltanto nel rispetto delle caratteristiche medie della popolazione lavorativa, ma del singolo lavoratore. È il caso ad esempio delle pedane adattative che grazie al riconoscimento delle caratteristiche antropometriche di ciascun operatore, attraverso il suo badge, possono adattare l’altimetria della postazione di lavoro al singolo lavoratore, come già avviene su alcune linee nello stabilimento Fca di Cassino», prosegue Cavatorta. Sembra tutto molto avveniristico e invece è già realtà. Le normative sono ancora indietro rispetto a queste innovazioni in fabbrica, che pongono molte domande, per esempio se considerare gli esoscheletri strumenti di supporto facoltativo o presidi obbligatori per la sicurezza. Intanto, nel 2017 Iso ha lanciato una Call4experts per stilare delle linee guida sulle tecnologie 4.0 in fabbrica da un punto di vista ergonomico.

 

Neuroergonomia e lavoro digitale

Nicola De Pisapia, ricercatore dell’Università degli Studi di Trento

Non solo la normativa, ma anche la ricerca scientifica fa fatica a star dietro alla velocissima innovazione tecnologica che apre nuovi fronti anche alla valutazione ergonomica stessa. «L’evoluzione tecnologica è molto veloce rispetto ai tempi più lenti della ricerca scientifica, ma non mancano gli strumenti come questionari validati e sensori per la neuro e psicofisiologia per misurare e valutare l’impatto che queste tecnologie pervasive stanno avendo sulla nostra mente e sul nostro cervello», racconta Nicola De Pisapia, ricercatore dell’Università degli Studi di Trento, che ha un corso di laurea triennale e una specialistica di Interfacce e Tecnologie della Comunicazione al dipartimento Psicologia e Scienze Cognitive dell’Università di Trento – «Per ora vedo le aziende più interessate ad applicare lo studio neuropsicologico (degli effetti di comportamenti e azioni del lavoro sul sistema cerebrale) al marketing, a prodotti da vendere e alle app digitali, che non alle nuove condizioni di lavoro in cui siamo immersi. Penso per esempio ai possibili effetti sull’attenzione dell’eccesso di informazioni, o alla perdita della propria scrivania o all’essere sempre connessi e reperibili, come nella modalità di lavoro smart. E ancora, quali saranno gli effetti sulle funzioni neuropsicologiche di attività in cui siamo sostituiti da app, da bracci robotici, da realtà virtuale o aumentata?

Alcuni studi, per esempio, hanno già dimostrato come l’uso costante di navigatori Gps per orientarsi riduca l’efficienza dell’area del cervello chiamata ippocampo, preposta all’orientamento spaziale. Quella parte si atrofizza, come un muscolo che non venga più usato.»  Come useremo dunque il tempo, lo spazio liberato per fare altro, per quelle attività a valore aggiunto auspicate e promesse dalle organizzazioni? «È sempre questione di che uso fare delle tecnologie che oggi abbiamo a disposizione e avere consapevolezza che possono agire in modo “invisibile” sul nostro cervello» – raccomanda Michela Balconi, professore di Psicofisiologia e Neuroscienze cognitive all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano – «Come nel marketing c’è un modo “invisibile” di creare attenzione, agganciare e indurre all’acquisto, così nell’utilizzo di software e macchine intelligentiche possono lavorare al nostro posto e alleviarci la fatica, istruendoci passo dopo passo, ovviamente allo scopo di rendere più efficace ed efficiente la prestazione, bisogna chiedersi che parte resti all’uomo a valore aggiunto, se non è previsto o se non è pianificato nell’organizzazione. Queste sono domande a cui dovremo darci sempre più delle risposte, con l’avanzare di queste tecnologie a supporto dei lavori tradizionali. Nelle fabbriche cinesi misurano già il calo di attenzione e produttività dell’operaio, che viene prontamente sollecitato a ristabilire il ritmo richiesto. Bisogna però capire quale livello di performance venga imposto e se non sia incompatibile con l’equilibrio psico-fisico del lavoratore. Anche noi stiamo misurando il livello di attenzione del cervello in determinate condizioni di stress, ma con la finalità di prenderne consapevolezza per disperdere meno energie, per avere una concentrazione più alta con un senso di benessere e di autocontrollo maggiore e ridurre, per esempio, gli incidenti in automobile. Come sempre, dipende dall’uso che si fa degli strumenti a disposizione.» Negli ultimi tre anni Balconi, che è responsabile dell’Unità di Ricerca in Neuroscienze Sociali e delle Emozioni del Dipartimento di Psicologia dell’Università Cattolica di Milano ha svolto una ricerca, presentata a ottobre, che ha misurato il livello di stress e di attenzione del cervello di alcuni cluster di soggetti, attraverso l’uso di smart glasses. Si tratta degli occhiali “Lowdown Focus”, sviluppati e distribuiti da Safilo, che registrano l’attività elettrica del cervello e forniscono istruzioni su come abbassare il livello di stress con effetti migliorativi sulla performance (meno incidenti stradali, meno frenate brusche e comportamenti impulsivi in auto, per esempio, per il cluster dei driver). Il primo gruppo pilota sono stati studenti universitari presso il laboratorio interno dell’ateneo milanese per validare il metodo. Quindi il dispositivo, che inizialmente era un cerchietto (“headband”) sviluppato da una società di ricerca canadese, trasformato da Safilo in occhiali dal design sportivo per offrire un maggior comfort e una maggiore vestibilità, è stato applicato a manager di Atm, di Microsoft e della società di consulenza Prospecta. Quindi il terzo e ultimo gruppo, su richiesta di Cattolica Assicurazioni con il progetto “Drivefit”, è stato quello di una sessantina di driver impegnati al volante in città caotiche del Nord Italia. L’esperimento è durato 7 giorni su 7, dai 10 ai 20 minuti per volta, per quattro settimane di fila. In tutti i casi l’occhiale, dotato di elettrodi sulle stanghette e i naselli che permettono di rilevare l’elettroencefalogramma, fornisce un feedback immediato tramite un’applicazione per smartphone. Il soggetto viene così informato quando il suo stato di attività cerebrale supera certi livelli di stress. Il feedback avviene attraverso segnali acustici, come il canto di uccellini e il rumore di un’onda del mare, che aumentano di intensità e velocità fino al frastuono, quando il livello di stress supera i parametri normali. «Questo dispositivo ha anche una funzione di training, perché prima con i segnali acustici, poi con un riepilogo della propria performance sullo smartphone, vengono suggeriti comportamenti diversi e vengono dati rinforzi positivi.

Gli effetti positivi sono durati nel tempo, come hanno dimostrato follow-up successivi, a dimostrazione del fatto che il cervello, essendo plastico, può acquisire nuovi comportamenti e nuove abitudini anche in condizioni di pressione», commenta Balconi. Di fatto vengono misurate le funzioni attentive, i meccanismi di controllo attivi e inibitori e le funzioni esecutive, cioè la memoria a breve termine (la working memory) e il loro impatto sulla performance a seconda del livello di stress. Di conseguenza, l’aspetto interessante di questo dispositivo è che, collegato a un software e a un device mobile, si potrebbe estendere ad altre popolazioni aziendali per misurare per esempio l’ergonomia cognitivadell’utilizzo delle tecnologie nel mondo del lavoro, in ufficio e in fabbrica, e anche l’impatto neurofisiologico degli ausili tecnologici impiegati per migliorare l’ergonomia stessa.

Di fatto l’ergonomia si sta sempre più spostando da scienza del lavoro a scienza dell’uomo e degli “Human factors”, anche perché il confine tra vita professionale e vita privata è sempre più permeabile, complici le nuove tecnologie digitali e il nuovo modo di lavorare. «Oltre a dover riprogettare il lavoro che sta già cambiando e cambierà sempre di più con la sempre maggiore presenza di robotica e AI, e con il lavoro il sistema formativo, dobbiamo fare i conti con un mondo dove il profitto dipenderà sempre più da una risorsa nuova, l’informazione che noi stessi produciamo e che viene raccolta attraverso la sorveglianza continua del nostro comportamento e il monitoraggio del nostro corpo ed elaborata in modo non trasparente da parte di chi sa su di noi cose che neppure sappiamo e che permette di prevedere i nostri comportamenti», avverte provocatoriamente Sebastiano Bagnara, uno dei padri dell’economia cognitiva in Italia, già segretario generale della International Ergonomics Association e presidente di BSDesign.

Da industria italiana.it articolo di Gaia Fiertler

SUGGERIMENTI PER LA SICUREZZA DELLE SCAFFALATURE IN MAGAZZINO

Un magazzino pieno di migliaia di articoli e attrezzature , il continuo rumore di fondo e i carrelli elevatori in movimento ,possono comportare molti rischi per la sicurezza dei dipendenti. Mantenere i lavoratori al sicuro mantenendo al contempo una capacità competitiva non è un compito facile.

Secondo il Bureau of Labor Statistics americani :

• I disturbi muscoloscheletrici rappresentano il 34% dei casi di assenza dal lavoro (DAFW) nella produzione, con distorsioni, stiramenti e strappie traumi tra i principali tipi di lesioni che si verificano.
• Lo sforzo  muscolare eccessivo e la postura scorretta hanno incrementato questi infortuni  negli USA  nel 2017 nelle operazioni di deposito e stoccaggio.

Alcuni dati per capire meglio

• Scivolamenti , inciampi e cadute in deposito sono saliti di 480 casi a 3030.
• Nel 2017 quattro gruppi lavorativi hanno rappresentato il 67% dei casi DAFW : Addetti a lavorazioni del metallo e addetti a  lavorazione di materiali plastici  (19.610 casi),lavoratori che movimentano materiali (15.260 casi). Il quarto gruppo tra questi – assemblatori e fabbricanti – era l’unico con una diminuzione, in calo di 900 casi DAFW nel 2017 a 12.140.

Uno studio più recente di Liberty Mutual rivela che gli infortuni sul lavoro costano alle aziende statunitensi oltre $ 1 miliardo a settimana. Secondo il Liberty Mutual 2019 Safety Index, le cause più costose di infortuni e malattie sul lavoro sono:

• Lo sforzo eccessivo costa $ 13,11 miliardi
• Le cadute allo stesso livello costano $ 10,38 miliardi
• Essere Colpiti da oggetti o attrezzature costa $ 5,22 miliardi
• Infortuni in itinere costano $ 2,18 miliardi
• Le lesioni da movimento ripetitivo costano $ 1,59 miliardi.

Il costo totale degli infortuni sul lavoro più invalidanti è di $ 55,43 miliardi all’anno.

Quando si tratta di movimentazione dei materiali, le lesioni alla schiena sono uno dei problemi più comuni. Sollevare e spostare attrezzature, pallet e scatole nel magazzino può causare affaticamento e lesioni, soprattutto quando il lavoratore esegue ripetutamente l’attività per lunghi periodi.

UNA STRATEGIA ERGONOMICA PER IL RITIRO DELL’ORDINE

Directindustry

La “zona aurea”per chi movimenta manualmente materiali si trova  ,come noto , a livello del punto vita del corpo  Tale area favorevole si prolunga dal ginocchio e fino a sotto l’elevazione della spalla. In tale area sono minimizzati  i movimenti di sollevamento, allungamento e flessione, ovviamente tanto più l’oggetto movimentato si trova vicino al corpo, a livello della vita. Questa riduzione dei movimenti riduce al minimo lo sforzo, che aiuta a ridurre il rischio di lesioni.

Mentre la zona aurea aiuta i lavoratori a scegliere gli articoli in modo sicuro, è principalmente progettata per migliorare l’efficienza, aiutando i lavoratori a scegliere gli articoli più veloci in modo più rapido e con meno sforzo. Per ottimizzare il vantaggio della zona aurea, analizza gli SKU nella tua operazione e imposta gli oggetti che si muovono più velocemente sugli scaffali o sulle corsie di flusso del cartone che risiedono all’interno di quella finestra.

Un’analisi tipica potrebbe essere simile alla seguente:

Pallet: gli articoli con una capacità di 40 piedi cubi o più rimarrebbero su un pallet. La quantità di lavoro necessaria a depallettizzare la merce in una altra area ne annulla il vantaggio.

Scaffalature: riporre gli oggetti con una portata inferiore a quattro piedi cubici su scaffali metallici . Si tratta di prodotti che non richiedono molti requisiti di inventario ma sono necessari  in ogni caso per soddisfare il cliente.

Archiviazione dinamica: rientrano quei colli che sono movimentati sia rapidamente che lentamente  In genere rappresentano circa il 20% dei prodotti movimentati ma determinano l’80% dello sforzo. È necessario in questo caso aumentare l’efficienza di recupero. Esempi di soluzioni includono sistemi automatici di archiviazione e recupero ($$$), caroselli ($$) e flusso di imballi $).

Questi sono solo  alcuni dei suggerimenti e un punto di partenza che dovrà essere adattato in base alla struttura , il numero dei dipendenti, il tempo medio di rifornimento ecc.

Dopo aver assegnato a  tutte le merci una tipologia è tempo di iniziare a inserirli per posizioni di lavoro. Qui è dove iniziamo a vedere il potere della zona d’oro. Assegnando gli oggetti che si muovono più velocemente alle posizioni lavorative che richiedono una movimentazione manuale  all’interno della zona aurea, ci assicuriamo che gli oggetti che sono maggiormente movimentati siano anche quelli più ottimizzati. L ‘eccezione è costituita dalle merci  di grandi dimensioni e gli oggetti pesanti.

Riservare i livelli inferiori degli scaffali per un sissistemi di flusso del cartone per oggetti pesanti.   Gli oggetti più pesanti devono essere sollevati correttamente in maniera ergonomica senza piegare la schiena nè senza sollevare gli arti sopra le spalle . È consigliabile verificare il peso dell’articolo prima di sollevarlo. Se stai sollevando una scatola o una borsa, assicurati che gli oggetti all’interno siano stabili e non si spostino improvvisamente con il rischio di un infortunio. Il limite di peso raccomandato per il sollevamento sicuro di oggetti è:
• In piedi, i lavoratori possono sollevare 50 libbre. tenendolo proprio di fronte alla zona dello stomaco o alla zona di potenza, a circa 40 “dal suolo.
• Se il lavoratore raggiunge i 10 pollici, il lavoratore può sollevare in sicurezza tra 41 e 47 libbre. prima di sforzare la schiena.
• Se il lavoratore raggiunge 15 pollici, può sollevare in sicurezza 35 libbre .; se raggiungono i 20 pollici, il lavoratore può sollevare in sicurezza 26 libbre. Se raggiunge i 25 pollici, può sollevare in sicurezza 20 libbre.
Dalle linee guida sopra è chiaro che il livello inferiore è la posizione migliore per gli oggetti pesanti.

Anche oggetti grandi ma di ridotto peso sono un problema . Sarebbe meglio posizionare tali i oggetti al di fuori del sistema di movimentazione abituale. Se invece non è possibile fare altrimenti  andrebbero posizionati sugli scaffali più alti. Il motivo è che iin genere gli scaffali più alti hanno il maggior spazio.

Da  ehstoday.com

Liberamente tradotto e adattato  da dott Alessandro Guerri medico specialista in medicina del lavoro

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TECO MILANO :

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LUCE NATURALE :SALUTE E PRODUTTIVITÀ IN UFFICIO


Luce naturale e vista sugli esterni  sono le qualità più ricercate tra i posti di lavoro , secondo uno studio condotto dalla società di consulenza sulle risorse umane, Future Workplace. Questo stesso studio ha anche rivelato che i dipendenti seduti vicino alle finestre hanno minor assenteismo  e hanno una maggiore produttività rispetto a quelli che lavorano alla luce artificiale.

Scopri come la luce naturale migliora la produttività sul posto di lavoro.

Miglioramento dell’umore

La luce naturale migliora il tuo umore. Coloro che sono colpiti dal Disturbo Affettivo Stagionale (SAD) avranno familiarità con il cambiamento del loro stato d’animo quando iniziano i giorni più corti e le notti  più lunghe . La ragione di ciò è probabilmente correlata all’effetto che la luce ha sull’ipotalamo nel cervello, che influenza l’orologio interno del corpo e la produzione di melatonina e serotonina.

Coloro che non sono esposti a una buona quantità di luce naturale hanno maggiori probabilità di vedere un calo del loro umore e di conseguenza la loro produttività. Lo stesso studio sul benessere sul posto di lavoro di Future Workplace ha anche scoperto che il 38 percento dei dipendenti riduce la produttività  di circa  1 ora quando soffre di disturbi emotivi .

creatività

La maggior parte degli artisti   – sia che si tratti di scrivere, dipingere, cantare o altro – concordano che la luce naturale è indispensabile per stimolare la creatività. In effetti, l’autore americano George Bernard Shaw era noto per aver commissionato la costruzione di una “capanna dello scrittore” ben illuminata, che vantava una tavola girevole meccanica all’interno. Lo scopo del tavolo era di spostarlo in base a dove si muoveva la luce, in modo che fosse sempre esposto alla luce naturale mentre scriveva.

Se prendiamo alla lettera il libro  di Shaw, si potrebbe ipotizzare che la creatività e la produttività della forza lavoro potrebbero essere notevolmente migliorate con l’installazione di grandi finestre che espongono i dipendenti a quanta più luce naturale possibile.

Dormire meglio

Un altro vantaggio di molta luce naturale è l’impatto che questo ha sul sonno di una persona. Un gruppo di ricerca della Northwestern University di Chicago ha concluso che gli impiegati che trascorrevano il loro tempo al di sotto della luce artificiale, senza esposizione alla luce naturale, dormivano 46 minuti in meno rispetto a quelli che lavoravano in un ufficio con finestre.

È anche noto che più sonno equivale a una maggiore produttività, perché il sonno è molto importante nel ripristinare le energie del corpo e della mente. Coloro che soffrono di insonnia spesso hanno difficoltà a concentrarsi e quindi non possono essere produttivi come una persona ben riposata.

Vitamina D

La vitamina D è essenziale per una buona salute nell’uomo. La luce naturale è il principale fornitore di vitamina D e coloro che non hanno abbastanza luce solare naturale possono spesso riscontrare una carenza. Una carenza di vitamina D può causare problemi alle ossa, ai denti e ai muscoli, che possono continuare a influenzare altre aree della salute.

Sul posto di lavoro, i dipendenti che soffrono di carenza di vitamina D possono andare incontro a problemi di salute, che possono quindi influire sulla loro produttività. È necessaria una buona salute e una buona nutrizione per aumentare la capacità di una persona di concentrarsi e lavorare bene

Salute degli occhi

Le ricerche condotte dal professor Alan Hedge alla Cornell University nel 2017 hanno rivelato che gli impiegati hanno riportato un calo del 51% nell’affaticamento degli occhi e un calo del 63% della cefalea, a seguito di una maggiore esposizione alla luce naturale. Affaticamento degli occhi e mal di testa possono essere attribuiti a una condizione nota come Sindrome da visione artificiale (CVS), che si dice abbia effetto su 70 milioni di dipendenti in tutto il mondo. Il CVS potrebbe potenzialmente essere notevolmente ridotto con l’introduzione di maggiore luce naturale sul posto di lavoro.

Per quanto riguarda la produttività dei dipendenti, è evidente che una minor incidenza di affaticamento degli occhi , astenopia e cefalea  correlati alla visione riduca  il numero di pause. Inoltre, una migliore salute degli occhi significa maggiore concentrazione e produttività  sul lavoro

Considerando gli impatti significativi che una cosa apparentemente semplice come la luce naturale può avere sulla forza lavoro, è chiaro che i datori di lavoro dovrebbero cercare di perseguire questo obiettivo . Oltre ai vantaggi in termini di produttività e salute, ricordiamo che una luce naturale è di gran lunga l’opzione più economica per illuminare il tuo ufficio rispetto alla luce artificiale.

Da ohsonline.com

Liberamente tradotto e adattato  da dott Alessandro Guerri medico specialista in medicina del lavoro

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