GUIDA A COME CLASSIFICARE RISCHIO INCENDIO SUL LAVORO

9 Dicembre 2018

Presentiamo qui un interessante articolo scritto da Andrea Rotella sul sito ingegneri.info



Al fine di fornire al valutatore gli strumenti più utili per la valutazione del rischio incendio, si parte dallaclassificazione del rischio nei suoi tre livelli (basso, medio, elevato), come riportata al punto 1.4.4 dell’Allegato I del D.M. 10 marzo 1998.

Classificazione del rischio incendio

– a rischio di incendio basso: i luoghi di lavoro o parte di essi, in cui sono presenti sostanze a basso tasso di infiammabilità e le condizioni locali e di esercizio offrono scarse possibilità di sviluppo di principi di incendio ed in cui, in caso di incendio, la probabilità di propagazione dello stesso è da ritenersi limitata;
– a rischio di incendio medio: i luoghi di lavoro o parte di essi, in cui sono presenti sostanze infiammabili e/o condizioni locali e/o di esercizio che possono favorire lo sviluppo di incendi, ma nei quali, in caso di incendio, la probabilità di propagazione dello stesso è da ritenersi limitata;
a rischio di incendio elevato: i luoghi di lavoro o parte di essi, in cui per presenza di sostanze altamente infiammabili e/o per le condizioni locali e/o di esercizio sussistono notevoli probabilità di sviluppo di incendi e nella fase iniziale sussistono forti probabilità di propagazione delle fiamme, ovvero non è possibile la classificazione come luogo a rischio di incendio basso o medio.
Come si vede, gli elementi da tenere in considerazione per portare a termine la valutazione, in termini puramente qualitativi, sono:
a) tasso di infiammabilità dei combustibili presenti;
b) caratteristiche specifiche dell’ambiente di lavoro;
c) condizioni di esercizio dell’ambiente di lavoro;
d) probabilità di propagazione dell’incendio.

Esempi luoghi di lavoro a livello di rischio basso

Già dalle precedenti definizioni ci si può rendere conto di come il livello di rischio basso sia attribuibile solo a luoghi di lavoro con:
– sostanze a basso tasso di infiammabilità (es. combustibili solidi),
– in assenza di sorgenti di innesco efficaci (es. fiamme libere),
– perfettamente manutenuti (es. al fine di evitare inneschi derivanti da guasti elettrici)
– e con limitate probabilità di propagazione (es. quantitativi di combustibili limitati a normali esigenze e/o compartimentazione degli ambienti).
Tipicamente, un piccolo ufficio rientrerebbe facilmente in questa classificazione.
È bene precisare che, comunque, ognuno di questi aspetti deve essere descritto dettagliatamente nella valutazione al fine di dare evidenza del percorso metodologico seguito.

Esempi luoghi di lavoro a livello di rischio elevato

Il legislatore, al di là degli elenchi di attività forniti nell’Allegato IX, ha fornito ulteriori elementi che permettono di orientarsi nella classificazione, con particolare riferimento al livello di rischio di incendio elevato.
Sono infatti da considerarsi a livello di rischio di incendio elevato i seguenti luoghi (rif. punto 1.4.4 dell’Allegato I):
1) aree dove i processi lavorativi comportano l’utilizzo di sostanze altamente infiammabili (p.e. impianti di verniciatura), o di fiamme libere, o la produzione di notevole calore in presenza di materiali combustibili;
2) aree dove c’è deposito o manipolazione di sostanze chimiche che possono, in determinate circostanze, produrre reazioni esotermiche, emanare gas o vapori infiammabili o reagire con altre sostanze combustibili;
3) aree dove vengono depositate o manipolate sostanze esplosive o altamente infiammabili;
4) aree dove c’è una notevole quantità di materiali combustibili che sono facilmente incendiabili;
5) edifici interamente realizzati con strutture in legno.
Con riguardo ai punti 1, 2 e 3, ci si può riferire alle schede di sicurezza previste dai Regolamenti CLP e REACH.
In tal senso, si possono fare certamente le seguenti affermazioni:
sostanze altamente infiammabili: rientrano in questa classificazione tutte le sostanze o miscele che presentano le indicazioni di pericolo H220, H222, H224;
sostanze in grado di produrre, in determinate circostanze, reazioni esotermiche: si ritiene che debbano essere considerati tali tutti i comburenti, in quanto la loro presenza è in grado di generare e/o accelerare reazioni esotermiche, anche in assenza di aria o con sorgenti di
innesco normalmente non efficaci.
Si citano a tal proposito le indicazioni di pericolo H270, H 271 e H272. Inoltre alcune sostanze sono in grado di generare reazioni esotermiche, pur non essendo comburenti, come per esempio il sodio o l’acido solforico se miscelati con acqua. In tal senso occorre sempre riferirsi alle indicazioni riportate nella scheda di sicurezza;
sostanze in grado, in determinate circostanze, di emanare gas o vapori infiammabili: sono da ritenersi tali almeno le sostanze o miscele che presentano le indicazioni di pericolo H260 o H261, a causa delle loro reazioni con acqua.
Sempre il medesimo punto 1.4.4 dell’Allegato I assume che “vanno inoltre classificati come luoghi a rischio di incendio elevato quei locali ove, indipendentemente dalla presenza di sostanze infiammabili e dalla facilità di propagazione delle fiamme, l’affollamento degli ambienti, lo stato dei luoghi o le limitazioni motorie delle persone presenti, rendono difficoltosa l’evacuazione in caso di incendio”.
Come si vede, secondo i criteri di cui all’Allegato I, le circostanze che determinano la classificazione di un ambiente a rischio elevato di incendio sono meno rare di quanto si possa pensare. In tal senso, laddove un’area fosse da considerarsi a rischio di incendio elevato, e quindi per definizione a forte probabilità di propagazione delle fiamme, alzerebbe il rischio di incendio delle aree circostanti a meno di non ricorrere ad un’adeguata compartimentazione antincendio.

Riduzione della classificazione del livello di rischio

Secondo la norma (essa fa riferimento al livello elevato, ma si ritiene che, a maggior ragione, le seguenti soluzioni siano valide per il livello di rischio di incendio medio) la classificazione può essere ridotta attraverso:
– la gestione accurata dei processi lavorativi
– la protezione delle vie di esodo dagli effetti dell’incendio;
– l’adozione di impianti di protezione attiva di spegnimento e/o evacuazione di fumo e calore e/o rivelazione incendi (misure, evidentemente, ulteriori a quelle eventualmente previste da regole tecniche verticali).

Accettabilità del rischio

È bene ribadire che, ad ogni modo, l’esito della valutazione del rischio in uno dei tre livelli indicati dalla norma non è correlato all’accettabilità del rischio stesso.
Un ambiente a rischio di incendio elevato non è di per sé un ambiente nel quale il rischio è inaccettabile: lo diventa nel momento in cui le misure adottate non fossero idonee al contenimento del rischio.
In tal senso, il punto 1.4.5 dell’Allegato I al decreto precisa che, nelle attività soggette al controllo obbligatorio da parte dei Vigili del fuoco, l’adozione ed il mantenimento delle misure previste dalla normativa vigente ai fini della prevenzione incendi sono di per sé misura sufficiente a garantirne l’adeguatezza rispetto al livello di rischio.
Per le attività non rientranti nella casistica precedente, si ritengono idonee le misure adottate ai sensi del D.M. 10 marzo 1998, riportate
negli Allegati da II a VII, o laddove non fossero pienamente attuabili, misure compensative e alternative che garantiscano un livello di sicurezza equivalente.
Trattandosi di una valutazione dei rischi, il documento corrispondente dovrà contenere:
– la data (certa) della valutazione;
– i pericoli identificati;
– i lavoratori e altre persone esposte a rischio specifico;
– le misure preventive, protettive e organizzative adottate;
– le conclusioni della valutazione.

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