SANITA’

LA VALUTAZIONE DELLO STRESS LAVORO CORRELATO IN AMBITO SANITARIO

Il monografico illustra i risultati delle attività di ricerca e di sperimentazione sul campo effettuate dal Laboratorio rischi psicosociali e tutela dei lavoratori vulnerabili con la collaborazione di strutture sanitarie afferenti al Servizio Sanitario Nazionale (Ssn), che hanno portato allo sviluppo del Modulo contestualizzato al settore sanitario della Metodologia Inail per la valutazione e gestione del rischio stress lavoro-correlato.

Immagine La metodologia per la valutazione e gestione del rischio stress lavoro-correlato

Vengono offerti strumenti di valutazione e gestione integrati con aspetti specifici per tale settore e finalizzati a supportare operativamente le aziende sanitarie nella gestione efficace di questa tipologia di rischio.


Prodotto: Volume
Edizioni: Inail – 2022
Disponibilità: Momentaneamente consultabile solo in rete
Info: dcpianificazione-comunicazione@inail.it

LA SETTIMANA EUROPEA PER LA SICUREZZA E LA SALUTE SUL LAVORO

Da quotidiano sicurezza.

Dal 24 al 28 ottobre Eu-Osha celebrerà la “Settimana europea per la sicurezza e la salute sul lavoro”, appuntamento indetto per richiamare l’attenzione sulla cultura della sicurezza sul lavoro e sul tema della campagna Ambienti di lavoro sani e sicuri in corso.

#EUhealthyworkplace

Previsti eventi, seminari, incontri in tutta Europa. Il calendario completo è raccolto in questa pagina del sito della campagna Eu-Osha e potrà essere seguito attraverso #EUhealthyworkplace.

Il tema sarà ovviamente quello dei Dms e della campagna Ambienti di lavoro sani e sicuri – Alleggeriamo il carico, che si avvia alla conclusione nell’imminente summit di Bilbao del 14 e 15 novembre.

“È l’occasione ideale per partecipare alla campagna che sensibilizza alla prevenzione dei disturbi muscolo-scheletrici e all’importanza di affrontare i fattori di rischio psicosociali.

UN FARMACO PER OSSA NUOVE.

da dottnet.it

Il nuovo farmaco agisce attraverso un meccanismo che non solo blocca la perdita di osso, ma favorisce la formazione di osso nuovo e “giovane”

 La Asl3 genovese è la prima Azienda Sanitaria in Italia a utilizzare un nuovo farmaco per il trattamento dell’osteoporosi grave nelle donne in post-menopausa. E’ da tre settimane che la terapia viene prescritta alle prime pazienti. Il principio attivo del farmaco è il Romosozumab, primo di una nuova categoria di farmaci in grado di prevenire le fratture osteoporotiche. Il nuovo farmaco agisce attraverso un meccanismo che non solo blocca la perdita di osso, ma favorisce la formazione di osso nuovo e “giovane”.   Anche per questo motivo la nuova categoria di farmaci è stata chiamata “costruttori di ossa”. Il farmaco sarà inizialmente utilizzabile solo in donne in post-menopausa che presentino una osteoporosi severa e che non abbiano avuto benefici dall’utilizzo dei farmaci già in commercio. “In queste pazienti sarà possibile per la prima volta curare definitivamente l’osteoporosi. Ci si aspetta molto da questo farmaco – spiegano gli specialisti – che per le sue caratteristiche cliniche sarà il più efficace nella lotta all’osteoporosi mai commercializzato nella storia. Il farmaco era già presente negli Stati Uniti e nel resto dell’Europa da circa 12-18 mesi, e finalmente, dopo le procedure autorizzative necessarie, anche le pazienti italiane ne potranno beneficiare”.   Soddisfazione per l’iniziativa è stata espressa dal presidente della Regione Giovanni Toti, dall’assessore regionale alla Salute Angelo Gratarola e dal direttore generale di Asl3 Carlo Bottaro.

STORIE DI INFORTUNIO.

Nella locandina qui allegata sono visualizzabili le iniziative organizzate da Regione Lombardia, da ATS Brescia e dagli altri enti del sistema Regione.

Il 24 ottobre 2022 alle ore 12:00 Regione Lombardia aprirà la rassegna degli eventi “Storie di Infortunio” con la diretta streaming al seguente LINK ultime notizie

SALUTE DEL CUORE ED INQUINAMENTO AMBIENTALE.

Numerosi e innovativi gli argomenti proposti dalla XXXIX edizione del congresso “Conoscere e Curare il Cuore”, organizzata dalla Fondazione “Centro Lotta contro l’Infarto” dal 20 al 23 ottobre 2022 a Fortezza da Basso – Firenze.

Dal sito Pharmastar.it

L’eziopatogenesi degli eventi aterotrombotici è complessa e dipende dai ben noti fattori di rischio modificabili e non modificabili come la predisposizione genetica, lo stile di vita e fattori ambientali; tra questi ultimi, l’inquinamento atmosferico sta richiamando l’attenzione sempre maggiore dei ricercatori. Sebbene ci siano molte evidenze sugli effetti dannosi multisistemici dell’inquinamento atmosferico, un recente documento congiunto della European Respiratory Society (ERS) e della American Thoracic Society (ATS) ha identificato l’apparato cardiovascolare come il suo principale bersaglio.

L’inquinamento atmosferico è una miscela complessa di gas (monossido e ossido di azoto, ozono, diossido di zolfo, ammoniaca), goccioline volatili (chinoni e idrocarburi aromatici policiclici) e particolato (particulate matter, PM), una miscela eterogenea comunemente classificata sulla base delle dimensioni delle particelle in particolato grossolano (PM10: diametro aerodinamico <10 µm), fine (PM2.5: diametro aerodinamico <2.5 µm) e ultra-fine (PM0.1: diametro aerodinamico <0.1 µm). Negli ultimi 30 anni, diversi studi hanno inequivocabilmente correlato gli inquinanti atmosferici e soprattutto il particolato, alle malattie cardiovascolari. Il particolato fine è la principale componente dell’inquinamento atmosferico che causa malattie cardiovascolari.

Ad oggi, sia l’esposizione a breve termine – ore o giorni – sia l’esposizione a lungo termine – anni o decadi –, si sono dimostrate associate direttamente o indirettamente al rischio di malattia coronarica. Infatti, mentre diversi studi prospettici di coorte hanno evidenziato come l’esposizione prolungata al PM2.5 si associava allo sviluppo di aterosclerosi e di fattori di rischio cardio-metabolici, quali ipertensione arteriosa e diabete mellito, l’esposizione a breve termine al PM2.5 si è dimostrata un trigger per eventi coronarici acuti, soprattutto in soggetti con malattia coronarica preesistente.  In una meta-analisi pubblicata nel 2014, Cesaroni et al. dimostravano che l’esposizione prolungata al particolato era associata ad aumentata incidenza di eventi coronarici nelle 11 coorti incluse nell’European Study of Cohorts for Air Pollution Effects (ESCAPE). Lo studio dimostrava un aumento del 13% di eventi coronarici acuti non fatali per ogni 5 µg/m3 di aumento di esposizione al PM2.5, e un aumento del 12% di eventi coronarici per ogni 10 µg/m3 di aumento del PM10. Anche una più recente meta-analisi pubblicata nel 2021 ha dimostrato come l’esposizione prolungata al PM2.5 e al PM10 si associ a rischio di infarto miocardico. Dati recenti supporterebbero inoltre l’ipotesi che i pazienti con malattia coronarica preesistente siano a maggior rischio di sperimentare eventi coronarici acuti rispetto ai soggetti sani dopo esposizione di breve durata a più alte concentrazioni di inquinanti atmosferici.

Alterata funzionalità del microcircolo nelle donne

“Una patologia che sembra colpire maggiormente le donne – commenta Francesco Prati, Presidente della Fondazione Centro per la Lotta contro l’Infarto – è l’alterata funzionalità del microcircolo (coronary microvascular dysfunction, CMD).  Questa malattia, infatti, è più frequente nel sesso femminile e non a caso molti studi sono stati condotti nelle donne. Secondo una definizione recentemente accolta dalla comunità internazionale, l’alterata funzionalità del microcircolo richiede segni e/o sintomi di ischemia miocardica in assenza di malattia coronarica ostruttiva significativa. La CMD è pertanto responsabile di ischemia miocardica ed in qualche caso angina, in assenza di stenosi significative del distretto epicardico. In altri casi, la CMD può rappresentare una concausa di angina anche in presenza di malattia coronarica, cardiomiopatie o scompenso cardiaco. E’ lecito chiedersi se il microcircolo possa essere chiamato in causa per la complicanza più temibile della cardiopatia ischemica: l’infarto miocardico. Sono disponibili diverse tecniche, invasive e non, per analizzare lo stato funzionale del microcircolo coronarico.

In pazienti con vasi epicardici indenni da lesioni significative, la riserva di flusso coronarico (coronary flow reserve, CFR) fornisce una attendibile stima della funzione del microcircolo. Ulteriore indice invasivo di analisi del microcircolo è l’indice di resistenza microvascolare (index of microvascular resistence, IMR) che sfrutta il principio di termodiluizione e può essere agilmente determinato attraverso una guida intracoronarica di pressione e temperatura. Tra le tecniche non invasive, l’ecocolordoppler transtoracico rappresenta sicuramente la metodica di più immediato utilizzo e basso costo, benché spesso ostacolata dalla intrinseca difficoltà nell’ottenimento di un segnale doppler coronarico ottimale. Lo stato funzionale del microcircolo può essere indagato anche mediante risonanza magnetica cardiaca (RMC), strumento utilizzato in particolare per studiare il fenomeno di no-reflow causato da ostruzione del microcircolo dopo ripristino della pervietà del vaso epicardico responsabile di infarto. L’indagine tramite tomografia ad emissione di positroni (PET), per la sua capacità di quantificare in maniera affidabile il flusso sanguigno per grammo di miocardio, rappresenta attualmente il gold standard tra le metodiche di imaging per lo studio del microcircolo. In molti casi la CMD causa semplicemente ischemia da sforzo o a riposo, in assenza di angina. Analogamente ai soggetti con malattia coronarica epicardica, i pazienti con CMD possono accusare angina pectoris tipica, così come sintomi atipici o dispnea da sforzo. Inoltre – conclude Francesco Prati – l’angina nei soggetti con CMD può comparire anche a riposo, soprattutto in coloro che presentano un meccanismo vasospastico o di aumento del tono dei piccoli vasi. Non c’è dubbio che l’angina dovuta a CMD peggiori la qualità di vita. Secondo le linee guida internazionali, l’impiego di una strategia atta all’individuazione dei soggetti con CMD e dei meccanismi che ne sono responsabili, si traduce in un miglioramento della qualità di vita”.

Poligenic risk score ed età
Un aiuto in più nella prevenzione cardiovascolare del giovane? E’ ormai ampiamente accettato che età, sesso, fumo, dislipidemia, ipertensione, obesità, mancanza di attività fisica e diabete sono i principali fattori di rischio per lo sviluppo di malattia aterosclerotica cardiovascolare (ASCVD). È anche riconosciuto che questi fattori di rischio interagiscono in modo moltiplicativo per incrementare il rischio vascolare del singolo individuo. Tutte le principali linee guida raccomandano la valutazione del rischio di ASCVD utilizzando gli scores di rischio. Infatti, è stato dimostrato che il loro utilizzo a livello di popolazione aumenta l’accuratezza della previsione di eventi e facilita la scelta delle strategie da adottare in prevenzione primaria. Peraltro, nonostante siano stati validati, la loro abilità predittiva a livello individuale non è eccellente. Inoltre, alcuni parametri hanno un peso sproporzionato: l’età, ad esempio, gioca un ruolo eccessivo nella valutazione del rischio. La necessità di migliorare i modelli tradizionali è evidenziata anche dalla incidenza di casi di infarto che sfuggono alla valutazione del rischio. Infatti, fino al 27% dei casi di infarto miocardico non presenta i fattori di rischio utilizzati nei classici modelli predittivi.

Per la maggior parte della popolazione, il rischio ereditario è dovuto all’impatto cumulativo di molte comuni varianti genetiche, note come polimorfismi di un singolo nucleotide (SNPs), ognuna delle quali ha un modesto effetto sul rischio perché non è in grado di determinare una alterazione del gene. Tuttavia, quando queste varianti si sommano tra di loro determinano un significativo aumento del rischio genetico di sviluppare un particolare fenotipo, configurandone così il suo “rischio poligenico”. In questa prospettiva, la previsione di un rischio significativo richiede allora l’esame dell’impatto aggregato di queste varianti multiple, ovvero i punteggi poligenici o i punteggi di rischio poligenico, che consentono questa complessa valutazione.

Studi su larga scala effettuati negli ultimi anni hanno permesso lo sviluppo di punteggi poligenici basati su polimorfismi, chiamati comunemente in lingua inglese Poligenic Risk Scores “(PRSs). Questo punteggio diventa allora uno strumento di predizione del rischio, a prescindere dall’età, troppo spesso considerata una variabile dal peso eccessivo nella valutazione del rischio nei modelli tradizionali, e quindi un aiuto in più nella prevenzione cardiovascolare del giovane perché basato su parametri genetici. Il nostro patrimonio genetico, infatti, è sostanzialmente stabile dalla nascita e determina un “rischio di base” sul quale agiscono influenze esterne. Le informazioni genetiche hanno quindi il potenziale per essere un precoce predittore di rischio. Il PRS allora fornisce una gamma più ampia di rischi probabilistici, simile ad altri biomarcatori come il colesterolo e la pressione arteriosa.

Non solo scienza, tecnica e farmaci, ma anche stili di vita. 
Bere il vino con moderazione fa bene oppure no? Il dibattito sugli effetti di salute di dosi “moderate” del vino, e più in generale di alcool, è andato via via radicalizzandosi negli ultimi anni. Una parte della comunità scientifica, e la quasi totalità delle istituzioni nazionali ed internazionali che si occupano dell’argomento, ha infatti scelto di focalizzare la propria attenzione, e quindi quella dei medici e del pubblico, soprattutto sugli effetti dell’alcool sul rischio di tumori, concludendo che poiché qualunque consumo alcoolico è associato ad un aumento del rischio di queste patologie, solo il consumo zero può essere considerato scevro da rischi; l’altra parte della comunità scientifica ritiene invece necessario contestualizzare queste evidenze, peraltro ben note, negli effetti complessivi dell’alcool sulla salute del consumatore, e tenendo quindi conto dell’impatto del consumo moderato di alcool sul rischio di eventi cardiovascolari e sulla mortalità per tutte le cause.

Dall’analisi della letteratura emerge che, specie se mantenuti entro limiti lievemente più bassi (due drink al giorno per gli uomini ed uno per le donne), tali consumi si associano ad una riduzione del rischio coronarico, minimizzando l’impatto sull’aumento del rischio di tumori, e con un effetto globale favorevole sulla mortalità per tutte le cause, che va considerato il parametro di maggior interesse al proposito. In uno studio recente, il rischio cardiovascolare si riduce progressivamente per consumi crescenti fino a 48-60 g di alcool giorno; per questi livelli di consumo la riduzione è del 50% circa. Meno marcato sembra essere l’effetto protettivo associato al consumo di alcool sul rischio di ictus: gli eventi di natura ischemica sembrerebbero ridotti, ma aumenterebbe il rischio di eventi emorragici. Tra le patologie cardiovascolari l’unica ad aumentare in maniera significativa e dose-correlata, al crescere del consumo di alcool, è la fibrillazione atriale. Sul piano meccanicistico è tuttavia importante osservare che i consumi moderati di alcool si associano a modificazioni di parametri biochimici note per svolgere un effetto antiaterosclerotico. Aumentano per esempio i livelli della colesterolemia HDL, che rappresenta un fattore protettivo nei confronti dell’aterosclerosi coronarica (anche se oggi tale aumento è considerato in genere non rilevante) e si sviluppa un’azione antinfiammatoria, che si traduce in livelli più bassi della proteina C reattiva e dell’interleuchina IL-6. Si osserva inoltre, in genere, un miglioramento della sensibilità all’insulina, ed una riduzione del rischio di sviluppare la malattia diabetica, che certamente contribuisce al rischio di eventi coronarici.

LO SPORT COMBATTE L’ OCCHIO SECCO.

da iapb.it

L’occhio secco è una sindrome purtroppo molto diffusa che si aggrava con l’età e con l’uso di videoterminali. È stato confermato da uno studio dell’Università di Waterloo che l’attività fisica, grazie all’incremento della produzione lacrimale, può essere considerata come un rimedio per l’occhio secco.I nostri occhi sono coperti da un film lacrimale composto da tre strati che lavorano sinergicamente per idratare la superficie oculare e proteggere l’occhio da agenti esterni che potrebbero provocare irritazione, come la polvere o lo sporco.Quando il film lacrimale si secca, l’occhio avverte una sensazione di prurito o di bruciore causando, appunto, l’insorgenza della patologia dell’occhio secco (DED).“La maggior parte delle attività della nostra vita sono correlate all’utilizzo degli schermi digitali e, per tale motivo, i sintomi dell’occhio secco stanno diventando sempre più comuni”, ha affermato Heinz Otchere, dottorando in scienze della vista presso l’Università di Waterloo “Invece di utilizzare colliri o altri trattamenti lubrificanti, il nostro studio voleva comprendere se l’esercizio fisico fosse in grado di sostituire la somministrazione di medicinali”.

La ricerca ha preso in esame 52 soggetti che sono stati suddivisi in due gruppi: atleti e non sportivi.Durante il periodo di studio, gli atleti si sono allenati almeno cinque volte a settimana mentre i non sportivi non più di una volta. I ricercatori, che includevano esperti dell’Università di Cape Coast in Ghana, hanno eseguito visite oculistiche prima e cinque minuti dopo ogni sessione di esercizi prendendo in esame la funzione lacrimale e riscontrando un cospicuo aumento del flusso lacrimale dopo ogni sessione di esercizio, riportando così una maggiore stabilità del film lacrimale.“I nostri risultati mostrano come l’attività fisica possa essere davvero importante non solo per il nostro benessere generale, ma anche per la nostra salute oculare” conclude Otchere.

articolo originale:

Fonte

VISIBILITÀ E SICUREZZA PER I RIDERS

Con la riduzione progressiva delle ore di luce in inverno e in conseguenza dei provvedimenti imminenti di risparmio energetico sui sistemi di illuminazione pubblica, diventa sempre più importante la visibilità per la sicurezza di tutti i lavoratori su due ruote.

SUVA , l ” Inail” svizzero ha pubblicato una recente guida per tutti i lavoratori che utilizzano la bicicletta per lavoro:

https://consentcdn.cookiebot.com/sdk/bc-v4.min.htmlIT

Renditi visibile

Al crepuscolo e di notte il rischio di infortunio è tre volte più alto che nelle altre ore della giornata. Ma la visibilità è molto importante anche di giorno.

Il pericolo è sempre in agguato

Di notte si potrebbe evitare la metà degli infortuni se le persone coinvolte si vedessero almeno un secondo prima (fonte: UPI). Gli utenti della strada vestiti di scuro sono visibili solo da una distanza di 25 metri. Chi va in bici senza un buon sistema di illuminazione mette a repentaglio la propria vita.

Cosa bisogna fare per andare in bici in tutta sicurezza

  • Tieni gli occhi aperti, accendi le luci e indossa gli inserti riflettenti!
  • Ricordati che, specialmente al crepuscolo e di notte, gli altri utenti della strada potrebbero non vederti.
  • Un buon sistema di illuminazione può salvarti la vita quando è buio, quindi assicurati che i fanali della bici funzionino sempre correttamente e, se necessario, falli riparare.
  • Inserti riflettenti, indumenti fluorescenti o di colore chiaro sono indispensabili per la tua sicurezza.
  • Con abiti chiari e colori fluorescenti o ad alta visibilità si può essere visti da una distanza di 40 metri.
  • Con accessori retroriflettenti si è visibili addirittura da 140 metri.
  • Moderare la velocità significa arrivare sicuri a destinazione.

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Quando circoli in senso opposto di notte…

dal punto di vista di un automobilista0:17

Quando cambi direzione di notte…

dal punto di vista di un automobilista0:18

Quando attraversi un incrocio di notte…

dal punto di vista di un automobilista0:17

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ARTICOLO ORIGINALE:

https://www.suva.ch/it-CH/materiale/Documentazione/visibilita

UN BATTERIO CONTRO DIABETE E OBESITÀ

da microbiota.it

Stato dell’arte
Da quando Akkermansia muciniphila è stata scoperta e caratterizzata, due decenni fa, numerosi studi hanno dimostrato che la mancanza o la diminuzione di questo batterio commensale è collegata a molteplici malattie, come obesità, diabete, steatosi epatica, infiammazione e risposta alle immunoterapie contro il cancro.

Cosa aggiunge questa ricerca
Questa review ripercorre la storia della scoperta di A. muciniphila e riassume le numerose evidenze e meccanismi d’azione mediante i quali questo simbionte intestinale è in grado di migliorare la salute.

Conclusioni
Gli effetti benefici di A. muciniphila sono molteplici e sono già stati applicati alla sindrome metabolica. Saranno necessari ulteriori studi sull’uomo per supportare i numerosi giovamenti osservati nei modelli animali in molte altre malattie, come il cancro, l’infiammazione intestinale o i disturbi neurodegenerativi.

Da quando Akkermansia muciniphila è stata scoperta e caratterizzata, due decenni fa, numerosi studi hanno dimostrato che la mancanza o la diminuzione di questo batterio commensale è collegata a molteplici malattie, come obesità, diabete, steatosi epatica, infiammazione e risposta alle immunoterapie in ambito oncologico. 

Esiste un numero rilevante di studi che hanno provato la causalità di queste associazioni, attraverso una grande varietà di modelli animali, oltre che tramite un recente studio di proof-of-concept sugli umani.

Akkermansia muciniphila, architrave dei processi metabolici

Il microbiota intestinale è considerato uno dei fattori chiave che contribuiscono fortemente alla regolazione della salute dell’ospite. 

Si ritiene che le perturbazioni nella sua composizione e attività siano coinvolte nell’insorgenza di molteplici malattie. 

Infatti, sono stati condotti numerosi studi che hanno mostrato forti associazioni tra microrganismi specifici e malattie metaboliche legate al sovrappeso, all’obesità e al diabete mellito di tipo 2 (T2DM), nonché a specifici disturbi gastrointestinali, malattie neurodegenerative e anche tumori.

Tra i diversi batteri osservati, l’Akkermansia muciniphila è emerso più volte come potenziale candidato alla regolazione di alcuni aspetti metabolici.

Il primo ceppo di A. muciniphila è stato isolato nel laboratorio di Microbiologia di Wageningen nel 2004. Si trattava di un ceppo molto abbondante, in grado di degradare il muco, che venne chiamato MucTA. muciniphila è risultato essere uno specialista esclusivo della degradazione della mucina presente nell’intestino umano, sin dalla prima infanzia.

Dalla scoperta di A. muciniphila MucT, molti studi hanno contribuito a decifrare i meccanismi attraverso i quali questo batterio interagisce con il suo ospite. 

Gli effetti metabolici e antinfiammatori di A. muciniphila Mucsono ora ben conosciuti, poiché molte pubblicazioni di diversi gruppi di ricerca hanno confermato i vari benefici di questo ceppo sulla salute. Sebbene gli effetti fisiologici di A. muciniphila siano pleiotropici e riguardino molteplici aspetti, come il metabolismo dei lipidi e del glucosio, l’infiammazione, l’immunità, la funzione cerebrale, è importante sottolineare che esistono numerose modalità d’azione convergenti, probabilmente a causa delle proprietà specifiche correlate alla specializzazione nel metabolismo della mucina. 

In effetti, sono state identificate diverse vie di azione comuni, tutte rivolte alla regolazione della  barriera intestinale, attraverso la produzione di muco, e alla regolazione dell’attività del sistema immunitario. 

Infatti, il ripristino della barriera intestinale contribuisce anche all’attivazione del corretto funzionamento di diverse vie metaboliche che sono alterate in alcune malattie, tra cui, ad esempio, quelle riguardanti l’attività mitocondriale, il metabolismo epatico, il tessuto adiposo e l’attività cerebrale. A causa di queste capacità, negli studi condotti, una minore abbondanza di Akkermansia muciniphila è stata associata a molteplici malattie, sia nei modelli murini che nell’uomo. 

Effetti clinici dimostrati 

  • A. muciniphila ha dimostrato efficacia nel migliorare l’obesità, il diabete mellito di tipo 2 e di tipo 1, la steatosi epatica, l’infiammazione intestinale e diversi tipi di cancro nei topi;
  • sono stati identificati numerosi meccanismi molecolari che legano A. muciniphila a specifici metaboliti o proteine ​​di membrana e tipi di cellule ospiti o recettori;
  • A. muciniphila contribuisce al mantenimento di una sana barriera intestinale, regolando così l’immunità, e limitando anche l’insorgenza dell’infiammazione, che è la causa principale di numerose malattie.

Inoltre, il ceppo pastorizzato di A. muciniphila MucT ha dimostrato sicurezza ed efficacia in numerosi studi sui topi e in uno studio proof-of-concept sull’uomo. In particolare, questo studio ha permesso di dimostrare che la somministrazione di A. muciniphila MucT è sicura e ben tollerata nell’uomo nel trattamento della sindrome metabolica e che è in grado di prevenire con successo il naturale deterioramento dei parametri associati alla sindrome metabolica nei pazienti non trattati.

In questo contesto, in meno di 15 anni, gli effetti benefici di A. muciniphila MucT sono stati tradotti dalle osservazioni precliniche all’intervento umano. Si tratta di un successo unico e senza precedenti, rispetto ad altri microrganismi di nuova generazione.

Luci e ombre su cui investigare

Per approfondire lo studio di A. muciniphila saranno necessari ulteriori ricerche sull’uomo, per supportare i dati sui numerosi effetti benefici osservati nei modelli animali in molte altre malattie come il cancro, l’infiammazione intestinale o i disturbi neurodegenerativi.

Tra gli ambiti di ricerca più attuali, troviamo:

  • lo studio degli effetti della somministrazione del ceppo A. muciniphila MucT in coorti umane con patologie come il cancro, il diabete mellito di tipo 1, le malattie del fegato, la sindrome dell’intestino irritabile e/o malattia infiammatoria dell’intestino, le malattie neurodegenerative, per le quali sono risultati effetti benefici nei test preclinici sugli animali;
  • un’attenta analisi della potenza terapeutica di ceppi diversi da A. muciniphila MucT, che è stato utilizzato nella stragrande maggioranza degli studi fino ad oggi;
  • l’esplorazione di approcci terapeutici basati sulle molecole prodotte da A. muciniphila nelle malattie metaboliche, o di altro tipo;
  • studi volti a determinare se la migliore risposta clinica è correlata al microbiota intestinale al basale (compresi i livelli di A. muciniphila) e alle abitudini alimentari;
  • l’identificazione di fattori nutrizionali e ambientali utili al fine di mantenere adeguati livelli di A. muciniphila nell’intestino ed eventualmente limitare il rischio di malattie;
  • indagare l’effetto di trattamenti concomitanti nell’uomo, in aggiunta alla supplementazione di A. muciniphila pastorizzato, nel contesto della sindrome metabolica o del diabete mellito di tipo 2 (cioè dieta ridotta, digiuno periodico o farmaci antidiabetici).

MAKER FAIR: SIMULAZIONE MULTISENSORIALE DELLA SICUREZZA

da Inail.it

In occasione della manifestazione europea organizzata dalla Camera di Commercio di Roma al Gazometro Ostiense, saranno presentati alcuni progetti di ricerca condotti negli ambiti dell’ergonomia, della sensoristica, della robotica e della realtà aumentata, con l’obiettivo di studiare i rischi potenziali, nuovi ed emergenti per la salute dei lavoratori e sviluppare dispositivi all’avanguardia per la prevenzione di infortuni e malattie professionali

Innovazione per la sicurezza sul lavoro, dal 7 al 9 ottobre l’Inail alla X edizione di Maker Faire

ROMA – Dal 7 al 9 ottobre l’Inail tornerà al Gazometro Ostiense per la X edizione di Maker Faire Rome – The European Edition, l’evento dedicato all’innovazione promosso e organizzato dalla Camera di Commercio di Roma, che ospiterà circa 300 spazi espositivi con idee e prototipi all’avanguardia. Nello stand dell’Istituto saranno presentati alcuni progetti di ricerca condotti negli ambiti dell’ergonomia, della sensoristica, della robotica e della realtà aumentata, con l’obiettivo di studiare i rischi potenziali, nuovi ed emergenti per la salute e la sicurezza dei lavoratori e sviluppare dispositivi ad alto valore tecnologico per la prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali.  

Nello stand dell’Istituto il prototipo utilizzato dagli astronauti della stazione spaziale internazionale. I visitatori potranno osservare il prototipo attualmente in uso sulla stazione spaziale internazionale (Iss) per il monitoraggio della funzionalità uditiva e, in particolare, di quella cocleare nei lavoratori esposti a rumore e/o ad altri agenti oto-neurotossici. Grazie al progetto AUDIO-Acoustic Diagnostics, finanziato dall’Agenzia spaziale italiana e supportato dalla European Space Agency e dalla Nasa, l’Istituto, in collaborazione con le Università di Roma Tor Vergata e Sapienza, il Campus Bio-Medico e Altec Spa, dal 2019 sta acquisendo dati otoacustici degli astronauti imbarcati sull’Iss, tra cui gli italiani Luca Parmitano e Samantha Cristoforetti. Anche gli astronauti, infatti, hanno bisogno della prevenzione per svolgere la loro attività al massimo livello di sicurezza possibile in un ambiente estremo come quello dell’Iss, dove microgravità e rumore potrebbero provocare danni all’udito. Di qui la necessità di utilizzare indicatori precoci di danno uditivo come le emissioni otoacustiche, che ha portato allo sviluppo di una tecnica diagnostica sensibile e facilmente utilizzabile anche nello spazio.

Una glove box per replicare la movimentazione delle nanopolveri. Uno dei laboratori esperienziali che saranno allestiti all’interno dello stand Inail è dedicato alla possibile esposizione a nanoparticolato aerodisperso, tramite la simulazione della movimentazione di nanopolveri fluorescenti inerti all’interno di una glove box. Negli ultimi anni le nanotecnologie hanno avuto un rapido sviluppo in vari settori produttivi, dalla farmaceutica alla medicina, dall’energia alle costruzioni, sfruttando le proprietà innovative dei nanomateriali, che però possono rappresentare anche un rischio per i lavoratori esposti. L’identificazione dei parametri che meglio possono rappresentare la loro tossicità, come le dimensioni, la concentrazione in numero e in massa, l’area superficiale, la composizione chimica e morfologica, è dunque essenziale per valutare correttamente l’esposizione occupazionale. A questo scopo, il Dipartimento di medicina, epidemiologia, igiene del lavoro e ambientale (Dimeila) dell’Istituto ha sviluppato una strategia di misura e caratterizzazione dell’esposizione per inalazione a nanomateriali nei luoghi di lavoro, basata sugli standard disponibili e applicabile a materiali aerodispersi di differente natura, forma e dimensione.

La realtà virtuale per provare gli effetti delle apnee notturne. Alla sindrome delle apnee notturne (Osas), e alle sue ricadute sul “rischio strada”, sarà dedicato un percorso immersivo che, attraverso l’uso della realtà virtuale, consentirà di conoscere e provare segni, sintomi e conseguenze sulla salute e sulla guida di questa patologia, che si stima aumenti da due fino a otto volte la probabilità di incidenti stradali, esponendo soprattutto i lavoratori impegnati per lungo tempo al volante di mezzi di trasporto. Nonostante i suoi elevati costi sanitari e sociali, la sindrome è sotto-diagnosticata e sotto-trattata. Per valutare i fattori di rischio delle apnee notturne, che comprendono l’obesità (il 70% dei pazienti con Osas è obeso) e la cattiva igiene del sonno, che può derivare dall’assunzione di alcolici e tranquillanti, dal fumo e da pasti abbondanti prima del riposo notturno, un gruppo di ricerca multidisciplinare coinvolto nel bando Bric 2018 dell’Inail ha sviluppato la web app interattiva SleeP@S-APP, uno strumento di autovalutazione che restituisce a chi lo compila un feedback immediato informativo e di orientamento.

Simulatori e “gemelli digitali” per la formazione e la prevenzione. Nello spazio espositivo dell’Istituto saranno messi a disposizione anche un simulatore che ricostruisce le funzionalità di una piattaforma di lavoro elevabile per il sollevamento di persone, che attraverso la riproduzione fedele di scenari operativi complessi fornisce uno strumento di training a supporto della formazione e dell’addestramento in sicurezza degli operatori, e un modello “digital twin”, gemello digitale di un trapano a colonna per prevenire, mediante il monitoraggio continuo dei parametri significativi dell’attrezzatura di lavoro, situazioni di pericolo prima che possano determinare incidenti. Lo stand Inail, inoltre, ospiterà il dimostratore tecnologico di nastro trasportatore realizzato nell’ambito del progetto SIC_O_MAN, promosso dal Dipartimento innovazioni tecnologiche e sicurezza degli impianti, prodotti e insediamenti antropici (Dit) dell’Istituto insieme al Politecnico di Torino, all’Università di Bologna e all’Università di Cassino e del Lazio meridionale, con l’obiettivo di valutare gli effetti dei parametri di funzionamento di una macchina rispetto al possibile rilascio di energia elastica accumulata.

Nelle interviste sul main channeI gli impatti del cambiamento climatico e le nuove soluzioni per contrastare le cadute dall’alto. Anche l’edizione 2022 di Maker Faire avrà un canale main dal quale saranno raccontate tante storie d’innovazione, grazie a un vero e proprio studio televisivo allestito negli spazi del Gazometro che ospiterà i protagonisti nazionali e internazionali del mondo dell’innovazione. Negli interventi dell’Inail, in particolare, si parlerà degli impatti del cambiamento climatico sulla salute e sicurezza sul lavoro e di soluzioni innovative di contrasto alle conseguenze delle cadute dall’alto. Per il primo argomento è stato dimostrato come l’esposizione occupazionale prolungata a temperature estreme sia un potenziale fattore di rischio di infortunio occupazionale, soprattutto in settori sensibili come l’edilizia e l’agricoltura. Con il progetto di ricerca Worklimate sono stati resi disponibili strumenti operativi e informativi, come le mappe climatiche di previsione del rischio di esposizione per le aziende, i lavoratori e gli operatori della salute e sicurezza negli ambienti di lavoro. Per il secondo argomento, invece, sarà presentato un progetto per lo sviluppo di nuove soluzioni per prevenire gli infortuni dovuti a cadute dall’alto e ridurne gli effetti, migliorando la protezione dei lavoratori. Le innovazioni utilizzeranno i progressi nell’ambito delle tecnologie di wearable sensing e actuation.

I webinar sul “risk assessment” negli ambienti naturali speciali e sul rischio biomeccanico nell’industria 4.0. I due webinar organizzati dall’Istituto sulla piattaforma digitale della manifestazione saranno invece dedicati alla metodologia del “risk assessment” applicata agli ambienti naturali speciali, che è risultata estremamente efficace nell’individuazione di condizioni pericolose in relazione all’attività lavorativa o ludico-sportiva che vi si sta svolgendo, e al rischio biomeccanico nell’industria 4.0, caratterizzata da attività svolte mediante esoscheletri o robot collaborativi, che è possibile analizzare, anche in tempo reale, grazie a strumenti informatici integrabili nell’ambiente di lavoro.

Il 6 ottobre la conferenza di apertura con speaker ed esperti internazionali. Tra le novità della nuova edizione il nuovo format Commonground, dedicato ai tre giorni che precedono la manifestazione, con eventi tematici che puntano a celebrare il ruolo di Maker Faire Rome come facilitatore di innovazione che insieme a partner come l’Inail ha permesso di creare connessioni tra persone, aziende, centri di ricerca, scuole e università, consentendo a tante idee di trasformarsi in progetti concreti e imprese reali. Il valore dell’innovazione come “terreno comune” e patrimonio di tutti sarà anche al centro della conferenza in programma il 6 ottobre, che darà il via ufficiale all’edizione 2022 con speaker ed esperti internazionali di grande esperienza e visione.

LA PROGETTAZIONE DI AMBIENTI PER LA MANIPOLAZIONE DI RADIOFARMACI O DI SORGENTI NON SIGILLATE.

da inail.it

Il volume si è posto l’obiettivo di aggiornare e ampliare le indicazioni di un triennio fa, allineandole al quadro normativo attuale. A corredo sono stati anche identificati degli indicatori utili alla realizzazione di liste di controllo da proporre quali schede di autovalutazione per le strutture interessate.

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Prodotto: volume
Edizioni: Inail 2022
Disponibilità: Consultabile solo in rete
Info: dcpianificazione-comunicazione@inail.it