UNO STUDIO SUGLI EFFETTI DELL’INQUINAMENTO DELLE CENTRALI A CARBONE.

30 Novembre 2023

da doctor33.it

Secondo uno studio pubblicato su Science, negli Stati Uniti più di 460.000 decessi avvenuti tra il 1999 e il 2020 sono attribuibili all’esposizione alle emissioni di inquinamento atmosferico delle centrali elettriche a carbone. Nel documento si legge anche che, se da un lato i risultati evidenziano l’aumento dei rischi di mortalità legati alla produzione di elettricità dal carbone, dall’altro sottolineano anche l’efficacia delle politiche di riduzione delle emissioni nel prevenire l’eccesso di morti.

«L’esposizione all’inquinamento atmosferico è associata a cattive condizioni di salute e a un aumento del rischio di morte e le unità di generazione di elettricità (EGU) a carbone, le centrali elettriche, contribuiscono in modo determinante alla scarsa qualità dell’aria. Sebbene le emissioni di inquinamento atmosferico da carbone relativamente alle EGU siano diminuite negli Stati Uniti, si prevede che l’uso globale del carbone per la produzione di elettricità aumenterà» spiega Lucas Henneman, della George Mason University Volgenau School of Engineering di Fairfax, e della Harvard University di Boston (USA), primo autore dello studio.

Come spiegano i ricercatori, studi recenti hanno suggerito che l’esposizione al particolato fine (PM2,5) contenente anidride solforosa (SO2) derivante dalle emissioni della combustione del carbone è più mortale del PM2,5 proveniente da altre fonti, e i politici che cercano di limitare l’impatto dell’uso del carbone giustificano le normative quantificando l’onere sanitario attribuibile all’esposizione a queste fonti.

Tuttavia, misurare l’entità dell’impatto dell’inquinamento atmosferico derivante dalle EGU a carbone sulla salute umana, così come il successo delle misure per mitigare tali impatti, è impegnativo. Gli sforzi sono stati ostacolati dalla disponibilità limitata di database sanitari su larga scala e di stime di esposizione specifiche per fonte.

Per stimare meglio le morti attribuibili all’esposizione al PM2,5 emesso dalle centrali elettriche a carbone e come i relativi modelli di mortalità sono cambiati nel tempo, gli esperti hanno combinato un modello di trasporto atmosferico a complessità ridotta, utilizzato per stimare le emissioni di 480 EGU di carbone, con dati storici di decessi presi dal database Medicare. Ebbene, le analisi hanno mostrato che l’esposizione al PM2,5 derivato dal carbone era associata a un rischio di mortalità 2,1 volte maggiore rispetto all’esposizione al PM2,5 proveniente da tutte le altre fonti. Inoltre, il PM2,5 derivato dal carbone è stato responsabile di 460.000 decessi cumulativi tra le persone di età superiore ai 65 anni negli ultimi due decenni, rappresentando circa il 25% del totale dei decessi attribuibili al PM2,5.

Secondo i risultati, il carico di mortalità del carbone PM2,5 è stato sottostimato. Il documento mostra anche che il rapido declino delle emissioni di anidride solforosa (SO2) delle centrali elettriche a carbone negli ultimi 20 anni, ottenuto attraverso le normative sulla riduzione delle emissioni e la chiusura delle EGU a carbone, ha portato a una grande riduzione delle morti in eccesso. Gli autori hanno inoltre fornito uno strumento interattivo online che mostra come sono cambiati nel tempo i decessi attribuiti a ogni singola EGU a carbone degli Stati Uniti.

In un editoriale correlato, Robert Mendelsohn, della Yale School of the Environment di New Haven (USA), e Seung Min Kim, della Columbia University di New York, pensano che l’approccio dello studio dovrebbe essere adottato per valutare anche altre specifiche cause di morte relative a problemi ambientali.

Science 2023. Doi: 10.1126/science.adf4915

http://doi.org/10.1126/science.adf4915

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