NEURINOMA DELL’ACUSTICO COME MALATTIA PROFESSIONALE PER USO DI CELLULARE.

6 Novembre 2022

da la stampa.

Il cellulare è cosa da maneggiare con cura. Consapevoli di rischi e pericoli. Questo il messaggio della causa civile vinta contro l’Inail da un sessantacinquenne. Tecnico specializzato di un’acciaieria valdostana, per tredici anni è stato al telefono una media di due ore e mezza al giorno. Necessità lavorative: c’era da coordinare, gestire, organizzare. In pensione, inizia ad accusare problemi di udito. Sino alla diagnosi: neurinoma del nervo acustico. Ovvero un tumore all’orecchio benigno, ma invalidante. Rappresentato dagli avvocati dello studio Ambrosio&Commodo di via Bertola, l’uomo porta l’Inail in tribunale.
Causa-effetto
Tra il tumore al cervello e l’uso prolungato del telefonino c’è, «con elevata probabilità» un nesso di causa-effetto: lo hanno decretato prima i giudici valdostani e ora la corte d’Appello di Torino che ha condannato l’Inail a riconoscere al 65enne una rendita di oltre trecento euro al mese. «Si tratta di una sentenza frutto di un serrato confronto scientifico», sottolinea l’avvocato Stefano Bertone. Un nome tra tutti, quello del perito nominato dalla Corte d’Appello, il professor Roberto Albera, scienziato, ordinario di otorinolaringoiatria all’Università di Torino, autore di oltre 400 pubblicazioni che, nella sua carriera, ha eseguito circa diecimila interventi chirurgici. Un consesso scientifico, dunque. Articolato di incontri, sessioni, scambi di memorie. «Sul piano scientifico ed epidemiologico, è stata individuata una legge causale di copertura generale che correla il neurinoma del nervo acustico dell’uomo all’attiva professionale pericolosa».
La vicenda
Tra il 1995 e il 2018, il sessantacinquenne ha trascorso al cellulare tra le 10mila e le 13mila ore. Senza alcun tipo di auricolare o protezione. Ora è sordo dall’orecchio sinistro, ha una paresi del nervo facciale, «disturbi di equilibrio e sindrome depressiva».
Il precedente
Un caso che ricorda quello di Roberto Romeo, ex dipendente di Telecom Italia. Anche lui tecnico specializzato, dopo 15 anni passati a lavorare con il telefonino appiccicato all’orecchio ha scoperto di avere un neurinoma dell’acustico. Anche lui si era rivolto agli avvocati dello studio Ambrosio&Commodo per intentare una causa contro l’Inail, anche a lui, con una sentenza del 2020 ormai passata in giudicato, era stata riconosciuta una rendita vitalizia da malattia professionale. Altre cinque cause di questo tipo sono seguite dallo studio legale torinese.
La biologia delle cellule
«Le radiofrequenze – sottolinea l’avvocato Stefano Bertone – interferiscono sulla biologia delle cellule. Con i sistemi digitali sono aumentate le potenze di picco. La qualità del segnale è più complessa». La battaglia è di sensibilizzazione. Non si tratta di demonizzare i telefonini, ma di spiegare che sono strumenti da utilizzare con cautela. Parlare con gli auricolari, in primis. E non dormire con il cellulare sul comodino o, peggio ancora, sotto il cuscino. «I Wi-Fi, le “saponette”, gli hot spot – aggiunge Bertone – emettono e ricevono tutti delle radiofrequenze. La distanza resta il miglior alleato, gli smartphone non andrebbero mai tenuti a contatto con il corpo».
Una riflessione
E l’avvocato Renato Ambrosio invita alla riflessione: «Ora ci stiamo occupando di persone che, per motivi di lavoro, hanno utilizzato il cellulare diverse ore. Ma la preoccupazione è anche rivolta ai più giovani, che trascorrono le giornate davanti allo schermo. L’obiettivo è sollevare il problema, in modo che ciascuno possa consapevolmente prendere delle precauzioni».

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