LE TAPPE DELLA FASE 2 E DEI TESTs SIEROLOGICI

7 Aprile 2020

Da Dottnet. It

Tempi brevi, ancora pochi giorni, per arrivare alla validazione dei test sierologici da effettuare a larga scala su campioni della popolazione in vista della Fase 2. L’obiettivo è verificare la diffusione dell’infezione da SarsCov2 e la prevalenza dei soggetti che hanno sviluppato anticorpi al virus. Una campagna nazionale, quella dei test immunitari, che si baserà su un piano ‘per priorità’: tra i primi ad essere testati saranno, molto probabilmente, proprio i lavoratori dei settori strategici in vista della graduale Fase 2 di riapertura del Paese. A spiegare all’ANSA sulla base di quali criteri i test saranno validati e come la campagna potrebbe essere impostata è il presidente del Consiglio superiore di sanità Franco Locatelli, sottolineando come si stia lavorando “alacremente” per avere risposte in tempi stretti.

La validazione dei test avverrà, spiega, “sulla base di 4 criteri e dovranno essere test con una valenza nazionale”. Innanzitutto, ha chiarito Locatelli, “si dovrà trattare di un test, o di più test, che dovranno avere una elevata sensibilità e specificità, per evitare che possano esserci dei risultati falsi positivi o falsi negativi. Il secondo criterio è che dovranno essere test realizzabili in tempi brevi, con un arco di tempo ridotto dal momento del prelievo di sangue al momento in cui si potrà disporre del risultato”. Terzo criterio è che “possano essere applicabili su larga scala sul territorio nazionale e non ristretti alle capacità di pochi laboratori”. Quarto criterio è che siano dei test “di facile esecuzione da parte del personale sanitario”. Altro elemento fondamentale è che i test dovranno appunto essere “con valenza nazionale, per evitare che possano crearsi disparità o differenze interpretative tra le Regioni”.

E sempre a breve si definirà pure la scelta dei target di popolazione su cui saranno effettuati gli esami. “Stiamo definendo il dimensionamento campionario tenendo conto di vari criteri, tra cui quello dei profili lavorativi in relazione alle attività” più strategiche in vista della fase 2 della riapertura, ha detto Locatelli. In particolare, “stiamo tenendo conto di vari criteri, tra i quali – ha precisato – le fasce d’età, le aree territoriali anche sulla base della valenza epidemica, la differenza di genere uomo-donna ed i profili lavorativi”. Oltre ad un quadro epidemiologico della diffusione del contagio, i test potrebbero consentire di definire anche un cosiddetto ‘passaporto di immunità’ eventualmente utilizzabile, secondo alcuni, quale criterio per il rientro lavorativo. Un aspetto però, quest’ultimo, al momento ancora da definirsi.

test sierologici su larga scala sono fondamentali per avere un quadro epidemiologico più preciso secondo il virologo dell’Università di Padova Andrea Crisanti: “La priorità di esecuzione – spiega – penso debba essere sia regionale, partendo dalle categorie di cittadini delle aree più esposte come la Lombardia, sia professionale partendo dal personale sanitario”. L’esperto si dice invece “scettico” in merito all’idea di poter arrivare ad un ‘passaporto immunitario’: “La presenza di anticorpi al SarsCov2 non significa infatti necessariamente che il soggetto è immune, e neppure è noto quanto una eventuale immunità alla malattia potrebbe durare“. Insomma, conclude, “la verità è che bisogna esser molto cauti perchè ancora non sappiamo come il nostro sistema immunitario risponde a questo nuovo virus”

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