VIDEOTERMINALI

QUALITÀ ARIA INDOOR E NUOVE TECNOLOGIE

Garantire al personale di sentirsi soddisfatto e in salute è importante non solo come obiettivo etico ma ha ricadute anche sul rendimento lavorativo e le giornate di malattia .

La cura dell’ambiente di lavoro è fondamentale in questo senso. Con lo sviluppo delle nuove tecnologie intelligenti le aziende  sono sempre più in grado di combinare le informazioni del propri lavoratori integrate da quelli dei sistemi digitali . Diventerà sempre più difficile parlare della cosidetta  “Sick Building Syndrome” (SBS) .

Sick Building Syndrome” sta tornando?

Questa sindrome alquanto controversa è stata identificata negli anni ’70, quando i dipendenti si lamentavano di una serie di sintomi irritatori  sul luogo di lavoro  come  bruciore agli occhi, gola irritata e mal di testa  etc . Recenti studi del nord Europa  dal Regno Unito alla Finlandia suggeriscono che la valutazione di questa sindrome  potrebbe tornare di attualità . Un sondaggio  in questi studi ha rilevato che l’80% dei lavoratori ritiene che la scarsa qualità dell’aria indoor sia un fattore negativo per la loro salute fisica e mentale  Fortunatamente, grazie ai progressi digitali nella tecnologia “intelligente “ le aziende possono essere proattive nel monitorare e migliorare diversi aspetti della qualità dell’aria sul luogo di lavoro.

Gestire la muffa

Le ricerche mediche hanno confermato un legame tra la presenza di muffe e alcuni dei sintomi tipici della SBS, come tosse, respiro sibilante e irritazione nasale. Poiché la muffa è spesso il risultato di elevata umidità, la Environmental Protection Agency raccomanda di mantenere livelli di umidità tra il 30-50% per evitare muffe e conseguenti sintomi di SBS. L’installazione di sensori intelligenti wireless per misurare e mantenere questi livelli è ora una misura preventiva relativamente economica ed efficace. Avere il posto di lavoro regolarmente monitorato ad identificare la presenza di muffe è anche una precauzione , che consente di risparmiare denaro nel lungo periodo identificando e rimuovendo le potenziali cause di malattie  in anticipo.

Quando  l’anidride carbonica rende creativi

Se i livelli di anidride carbonica sono da moderati a elevati, i sintomi possono includere nausea e vertigini. Ancora una volta, i sensori intelligenti wireless sono un buon investimento per combattere il problema di alti livelli di anidride carbonica. Tuttavia, le aziende possono anche diventare un po ‘più creative con la nuova tecnologia a loro disposizione. Alcune organizzazioni hanno creato pareti con piante per interni intelligenti, che assorbono CO2 e producono ossigeno quando i livelli raggiungono un certo livello per migliorare attivamente la qualità dell’aria.

Altre soluzioni intelligenti

Alcuni sintomi di SBS, come mal di testa e vertigini, possono essere attenuati dall’illuminazione intelligente o dai termostati, che possono essere impostati per mantenere i dipendenti a proprio agio mentre lavorano. Potrebbe essere possibile creare zone differenziate, in modo che i dipendenti possano scegliere di attenuare l’illuminazione intensa se necessario o di illuminarla per un determinato compito. In futuro, la tecnologia indossabile potrebbe anche essere una preziosa fonte di dati che i datori di lavoro potranno utilizzare nella loro analisi delle condizioni di lavoro.

Man mano che la tecnologia migliora, le aziende hanno a portata di mano soluzioni più convenienti ed efficaci per ridurre il rischio di Sindrome da edificio malato. L’installazione di sensori intelligenti wireless è tra l ‘altro ora un’opzione molto più economica che in passato poiché i sensori non sono solo più sofisticati ma durano anche più a lungo e richiedono meno manutenzione. I datori di lavoro che si muovono in questa direzione dovrebbero trovarsi premiati a lungo termine con dipendenti più sani, più produttivi e coinvolti.

liberamente tradotta da

dott .Alessandro Guerri medico specialista in medicina del Lavoro

ESERCIZI AL PC SUL LAVORO: I CONSIGLI DELL ‘OSPEDALE NIGUARDA

 

Da https://www.ospedaleniguarda.it/news/leggi/tutta-la-giornata-al-pc-ecco-il-fitness-in-ufficio

Passate la vostra giornata in ufficio, davanti al pc? Sapete che alla scrivania si può fare molto per tenersi in esercizio?  Ecco quattro semplici esercizi da fare in ufficio per tonificare la muscolatura da eseguire durante la giornata. Abbiamo raccolto i consigli della fisioterapistadella Medicina Riabilitativa e Neuroriabilitazione. Questi esercizi, di ginnastica posturale, ci aiutano a mantenere una buona mobilità della colonna cervicale e quindi a prevenire cervicale, cefalee, emicraniee altri fastidiosi acciacchi alle spalle e dolorialle braccia. La posizione seduta troppo rilassata, è responsabile, infatti, di una posturanon corretta che nel corso degli anni può esporci a diversi problemi. Ecco perché è meglio sviluppare la muscolatura della colonna con questi semplici esercizi.

1. Dipingere con il naso-esercizio per cefalea e cervicale

Immaginate di avere un pennello che esce dalla vostra testa e dipingete sul soffitto una
spirale che si ingrandisce e si rimpicciolisce. Ora la stessa spirale disegnatela sulla parete
che vi sta di fronte col pennello fissato sulla punta del naso. Questo esercizio è utile per prevenire dolore cervicale e cefalee.

2. Lo spostamento invisibile-esercizi per le spalle

Appoggiate mani e avambracci sulla scrivania con i gomiti flessi a 90 gradi. Premendo
contro il tavolo spingete per 10 secondi le braccia in avanti e per 10 secondi le braccia all’indietro. Nessuno noterà i movimenti, ma sentirete lavorare la muscolatura intorno alle spalle. E’ un buon esercizio per rinforzare le spalle.

3. Stretching da scrivania- esercizi per la schiena

Seduti alla scrivania con avambracci flessi e appoggiati alla scrivania, appoggiate la fronte sul
dorso delle mani e allontanatevi con la sedia (ottimo se ha le rotelle) e stirate la schiena per 10-20
secondi. Questo esercizio di stretching allunga la muscolatura della schiena dandovi sollievo.

4. La camminata seduta- esercizi per le caviglie e le gambe

Muovete semplicemente i piedi appoggiando tacco-punta per alcuni minuti più volte durante la giornata. Questo esercizio mantiene la caviglia libera, tonifica il polpaccio e migliora la circolazione. Non dimenticate: ogni ora, con qualche scusa, alzatevi e fate qualche passo.

I VANTAGGI DI UN UFFICIO “GREEN”

È cosa ben nota che l’avere intorno a noi piante in vaso apporti benefici per la purificazione degli ambienti e la qualità della vita. Esse interagiscono regolarmente con l’ambiente che le circonda e con i suoi frequentatori, con ottimi influssi sull’equilibrio biologico e sul reciproco stato di salute.L’aggiunta di piante negli spazi interni, che sia a casa o in ufficio, non serve solo alla funzione estetica tipica delle piante da appartamento, ma contribuisce a purificare l’aria da una serie di agenti  inquinanti, ad ossigenare l’ambiente ed a ripristinare il giusto equilibrio d’umidità.

Si è notato come la presenza di piante nelle stanze d’ospedale acceleri i tempi di recupero dei pazienti chirurgici, e di come questi ultimi richiedano minor uso di antidolorifici, abbiano frequenze cardiache più basse ed una migliore pressione sanguigna, rispetto ai malati alloggiati nelle camere prive di verde.Altri studi confermano i benefici su psiche e sistema immunitario dati dalla presenza di vegetali in ambienti di lavoro o studio: si parla di una diminuzione delle assenze per malattia degli impiegati degli uffici e di un aumento significativo della produttività e della capacità di concentrazione.

Le piante da interni contribuiscono a:

  1. ridurre i livelli di biossido di carbonio nell’aria (ossigenazione)
  2. ridurre i livelli di alcuni inquinanti volatili (purificazione)
  3. ridurre i livelli di polveri nell’aria (purificazione)
  4. aumentare l’umidità degli ambienti(umidificazione)
  5. attutire il rumore di fondo (insonorizzazione)
  6. ridurre la pressione sanguigna e gli stati ansiosi e di stress (azione sulla fisiologia e sulla psiche umana).

 

Ossigenazione dell’aria

L’uomo prende ossigeno e rilascia anidride carbonica nell’ambiente, le piante di giorno col processo di fotosintesi fanno l’esatto contrario. Assorbono biossido di carbonio e aumentando i livelli d’ossigeno nell’aria. Alcune specie – come le orchidee e le succulente –rilasciano ossigeno durante la notte e sono le uniche consigliabili per le stanze da letto.

 

Umidificazione degli ambienti

Con il rilascio fisiologico di vapore acqueo le piante aumentano l’umidità degli ambienti ed abbattono le particelle di polvere presenti nell’aria. Ciò aiuta a prevenire allergie e mali di stagione, facilita la respirazione ed aiuta a mantenere sgombre le prime vie respiratorie.

Purificazione dell’aria

Lo sapevate che secondo una ricerca della NASA le piante possono eliminare fino all’87% dei composti organici volatili (COV) nelle 24 ore?  Sostanze inquinanti come formaldeide, benzene, tricloroetilene e xilene, comunemente rilasciate negli ambienti da mobili, vernici e suppellettili, vengono assorbite, riciclate e “digerite” dai microrganismi del terriccio dei vasi.

Riduzione del rumore di fondo

Già utilizzate per ridurre l’inquinamento acustico nelle vie trafficate, le piante d’appartamento possono abbassare i livelli di rumore all’interno degli edifici, assorbendo, riflettendo o diffrangendo soprattutto le alte frequenze.Tra le specie amiche del nostro benessere citiamo il Chlorophytum comosum, le Dracaena marginata, fragrans e deremensis, molte varietà di Chamaedorea (palme minori), di Pothos, di Ficus; l’Hedera helix, la Nephrolepis exaltata Bostoniensis, la Sansevieria trifasciata, il Philodendron, lo Spathiphyllume l’albero di giada (Crassula Ovata).

da biopianeta.t

COMPUTER E LAVORO I CONSIGLI DELL ‘ESPERTO

Dal quotidiano “La Repubblica”
Con la ripresa delle attività lavorative e anche delle scuole, gli occhi tornano incollati a computer e vari dispositivi che li affaticano a causa del cosiddetto ‘stress accomodativo’. I consigli dell’esperto per lavorare prendendosi cura degli occhi

Dopo un periodo di relax estivo, con lo sguardo rivolto verso il mare e l’orizzonte, siamo tornati alla vita di tutti i giorni. La maggioranza degli italiani è rientrato in ufficio o sui banchi di scuola, con la solita routine quotidiana e gli occhi sempre incollati ad uno schermo, che sia computer, tablet o smartphone. Con l’aiuto di Matteo Piovella, presidente della Società Oftalmologica Italiana, vediamo come tornare al lavoro e allo studio proteggendo gli occhi.

Stimoli digitali che affaticano la vista  

Ogni giorno i nostri occhi rispondono a migliaia di stimoli digitali. Secondo una ricerca condotta da Captain Cook Research per conto di Hoya – azienda giapponese nel settore delle lenti da vista – ogni giorno tra utilizzo di smartphone, computer, tablet, tv e altri dispositivi, la maggior parte delle persone trascorre in media 8-10 ore (con picchi fino a 15 ore) guardando schermi a distanza ravvicinata (il 33% da 3 a 5 ore, il 32% da 6 a 9 ore e il 28% oltre le 10 ore). La prolungata esposizione agli schermi digitali è accentuata dalla pratica sempre più diffusa di utilizzare contemporaneamente più dispositivi: smartphone e portatile (64%), smartphone e pc (56%), smartphone e tablet (50%). Una consuetudine che, tra continue messe a fuoco e cambi di intensità della luce, richiede costanti e rapidi adattamenti visivi, causando il cosiddetto stress accomodativo.

Il passaggio dall’aria aperta al chiuso è piuttosto impegnativo anche per gli occhi: “Di solito in vacanza siamo meno stressati e anche la vista è impegnata solo a vedere cose belle”, esordisce Piovella che spiega: “Invece, quando si guarda un computer gli occhi funzionano in modo differente perché lo sguardo resta a lungo fisso sullo schermo o su altri dispositivi”. Come reagiscono i nostri occhi ai continui stimoli digitali? I sintomi più frequenti sono irritazione degli occhi per la visione prolungata di schermi retroilluminati e secchezza oculare causata dalla scarsa lubrificazione dovuta al ridotto ammiccamento. “Molte persone avvertono anche una riduzione della sensibilità al contrasto quindi hanno bisogno di più luce per vedere, ma per fortuna oggi la tecnologia ci aiuta a risolvere questo problema perché basta andare sulle impostazioni di luminosità e contrasto per regolarle in modo tale che risultino meno faticose per la vista”, spiega Piovella.

Palpebre come tergicristalli

Quando guardiamo una persona – senza rendercene conto – apriamo e chiudiamo le palbebre. Si tratta dell’ammiccamento che avviene con molta frequenza. “Le palpebre si comportano come dei tergicristalli che spalmano il lubrificante naturalmente presente nell’occhio”, prosegue l’oculista. “Ma quando lavoriamo al computer i nostri occhi fissano sempre un punto e quindi l’ammiccamento si riduce di tre volte e specie se si lavora per molte ore di seguito il disagio può essere forte perché quando l’occhio resta aperto a lungo l’evaporazione aumenta e fa diminuire la lubrificazione”.

Luce blu e possibili danni alla retina

Stare tante ore al computer o su altri dispositivi può danneggiare anche la retina accelerando l’insorgenza di maculopatie? La questione non è ancora del tutto chiara. Secondo i ricercatori dell’Università di Toledo è possibile. Loro hanno scoperto il meccanismo che conduce alla morte dei fotorecettori della retina che ci consentono di vedere: la luce blu trasformerebbe una molecola chiamata retinale, indispensabile per la vista, in un killer cellulare.Ma l’American Academy of Ophtalmology (Aao), l’organizzazione no-profit che rappresenta gli oftalmologi statunitensi, è intervenuta in merito chiarendo che l’esperimento non riproduce ciò che realmente avviene nell’occhio umano perché le cellule testate nello studio sono esposte alla luce in laboratorio, dunque non come avviene quando si sta naturalmente sotto la luce del sole o al computer. Proprio per questo, secondo gli oftalmologi americani da questa ricerca non si può trarre la conclusione che la luce degli schermi faccia male.

Le precauzioni per lavorare senza stressare gli occhi

Visto che non possiamo evitare di lavorare (e i ragazzi di studiare), quali precauzioni adottare? “E’ buona abitudine utilizzare dei lubrificanti al bisogno ma anche controllare che il luogo in cui lavoriamo non abbia un ambiente troppo secco dovuto ad un eccesso di calore quando saranno accesi i termosifoni o di aria condizionata ora che fa ancora caldo”, suggerisce Piovella. A volte può essere utile mettere in ufficio un piccolo umidificatore perché rende l’ambiente più sano e confortevole anche per la vista.

Allenare gli occhi per mantenerli in buona salute

Il fatto è che ad un certo punto dovremmo concederci delle pause durante il lavoro e non tirare a lungo per ore ed ore: “Lo prevede anche la legge 626 sulla sicurezza del lavoro: basterebbe fare altro e staccarsi per almeno 10-15 minuti dal computer”, dice l’esperto. Naturalmente il tempo di pausa andrà personalizzato anche in base alle condizioni della vista e alla presenza di altri eventuali disturbi. “E’ un po’ come andare in palestra per mantenere una buona forma fisica: allo stesso modo cerchiamo di ‘allenare’ gli occhi per mantenerli in buona salute”.

Il check up della vista: mai online

La ripresa dell’attività lavorativa e della scuola può essere un’occasione utile per fare un check up dall’oculista: “E’ bene fare dei controlli adeguati per verificare le condizioni dell’occhio e anche per farsi consigliare eventualmente il tipo di lubrificante più adatto alle proprie esigenze oppure degli occhiali cosiddetti riposanti”, suggerisce l’esperto. La visita oculistica andrebbe programmata, specie in presenza di problemi specifici come miopia o cataratta: “La visita oculistica è l’unica prestazione medica che fa prevenzione, diagnosi precoce, prescrizione e cura nello stesso momento. Questo è un grande impegno per il medico ed è necessario diffondere la cultura della prevenzione anche dei disturbi della vista”, fa notare Piovella. Spesso, invece, quando ci sono dei disturbi lievi la gente se li porta dietro sopportandoli e rimandando sempre un controllo: “Ma gli occhi sono delicati e quando ci sono dei disturbi è bene farsi vedere dal medico”, avverte l’esperto che mette in guardia anche dai check up online sempre più diffusi: “E’ come voler risolvere un problema di ortopedia andando in un negozio di scarpe: sono strumenti inaffidabili soprattutto perché non c’è un medico che si prende la responsabilità della diagnosi”.

DIRITTI DOVERI DEL LAVORO AGILE

Uno degli aspetti di maggiore criticità che in questi anni ha determinato una certa qual resistenza nell’abbracciare la nuova filosofia manageriale dello smart working lo si può individuare negli aspetti di salute sicurezza connessi a questa nuova forma di esecuzione della prestazione lavorativa.

Ma lo smart working non è lavoro da casa, è invece in modo più ampio anche rispetto al telelavoro, una modalità di esecuzione della prestazione lavorativa che si caratterizza per l’assenza di vincoli di luogo e di orario di lavoro, ma soprattutto sulla base di una nuova organizzazione del lavoro “per obiettivi”..un po’ come avviene per il personale commerciale o gli agenti di commercio.

Sul versante dell’uso degli strumenti di lavoro, innanzitutto l’art. 18, comma 2 della legge stabilisce che “il datore di lavoro è responsabile della sicurezza e del buon funzionamento degli strumenti tecnologici assegnati al lavoratore per lo svolgimento dell’attività lavorativa.” Va infatti ricordato che ci troviamo nell’ambito del rapporto di lavoro subordinato e che nel quadro generale della disciplina del TU in materia di salute e sicurezza sul lavoro la responsabilità in merito all’uso degli strumenti di lavoro e al loro corretto funzionamento è, anche nell’ambito del lavoro agile, del datore di lavoro quando gli strumenti di lavoro siano forniti dallo stesso – come già previsto del resto dall’art. 3, c. 10 D.Lgs. n. 81/2008 sopra citato.

Da questo punto di vista la legge prevede che il datore di lavoro garantisce la salute e la sicurezza del lavoratore che svolge la prestazione in modalità di lavoro agile e a tal fine consegna al lavoratore e al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, con cadenza almeno annuale, un’informativa scritta nella quale sono individuati i rischi generali e i rischi specifici connessi alla particolare modalità di esecuzione del rapporto di lavoro. Non solo, la legge espressamente richiama sul punto anche lo specifico obbligo di cooperazione cui è tenuto il lavoratore in base alle disposizioni del TU ed in particolare in base all’art. 20 del D.Lgs. n. 81/2008

In buona sostanza, proprio in forza dei principi di cui all’art. 2087 c.c., se nell’accordo di lavoro agile non è possibile limitare il carattere “agile” della prestazione – altrimenti se ne snaturerebbe la portata innovativa sul piano dell’organizzazione del lavoro – si può tuttavia responsabilizzare il lavoratore (attraverso un’adeguata informativa e una formazione mirata) a scegliere luoghi di lavoro coerenti con le politiche aziendali in materia di salute e sicurezza sul lavoro e, soprattutto, idonei all’esecuzione di una prestazione – continuativa – di lavoro, evitando di mettersi – anche solo negligentemente – in una situazione di pericolo.

Diritto alla disconnessione

Altro aspetto di grande rilevanza pratica sul versante della tutela della salute e sicurezza del lavoratore agile in relazione alla gestione dell’orario di lavoro è il richiamo al “diritto alla disconnessione” contenuto nell’art. 19, c. 1 della L. n. 81/2017: “l’accordo individua altresì i tempi di riposo del lavoratore nonché le misure tecniche e organizzative necessarie per assicurare la disconnessione del lavoratore dalle strumentazioni tecnologiche di lavoro”. In definitiva, nella consapevolezza (e non solo) dei rischi derivanti da un eccesso di lavoro – questo sì non controllabile – ed al fine di scongiurare i rischi connessi al superamento dei limiti di durata – giornaliera e settimanale – della prestazione lavorativa, i quali incidono sulla salute dell’individuo per effetto proprio del possibile sovraccarico di lavoro dovuto all’assenza di controllo (cd. burnout), la legge introduce nel nostro ordinamento – in modo analogo a quanto fatto dalla nuova Loi Travailfrancese – uno strumento giuridico diretto ad assicurare il rispetto dei tempi di riposo (essenziale peraltro per le nuove generazioni troppo abituate alla iperconnessione). Diritto alla “disconnessione” che qualcuno qualifica come speculare ad un “dovere di disconnessione” che spetta al datore di lavoro disciplinare nel quadro della nuova organizzazione del lavoro per “fasi, cicli e obiettivi” che caratterizza il lavoro agile (v. E. Dagnino, Il diritto alla disconnessione nella legge n. 81/2017 e nell’esperienza comparata, DRI, 4/2017).

Quasi a voler sottolineare che non è possibile parlare di “disconnessione” se prima non siano state poste con sufficiente chiarezza – nell’accordo o regolamento di lavoro agile – le basi per rendere effettivo e realmente sperimentabile il lavoro per obiettivi – che è il presupposto per questa nuova forma di organizzazione del lavoro – attraverso una gestione dei tempi di lavoro e dei tempi di riposo che sia non solo flessibile ma altresì di aiuto anche alla necessaria evoluzione del diritto del lavoro (e degli aspetti misurazione della prestazione di lavoro subordinato) nell’ambito della moderna organizzazione dell’impresa.

Tratto da Altalex

MEDICO COMPETENTE JOURNAL 1/2019

È on line e scaricabile dall’apposita sezione del sito il n 1/2019 di Medico Competente Journal, notiziario ufficiale dell’Associazionenazionale medici d ‘azienda .

Il numero si apre con le riflessioni di ANMA sulle linee di indirizzo sulla gestione delle problematiche correlate all’uso di alcol e sostanze stupefacenti e dei soggetti esposti al rischio da sovraccarico biomeccanico
La nuova pubblicazione del Journal riporta, come consuetudine, l’articolo della rubrica ufficio & salute con la presentazione della scheda per lo screening ergoftalmologico del videoterminalista .

Infine, si parla  di accertamenti sanitari per lavoratori non soggetti a sorveglianza sanitaria

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DISPOSITIVI DIGITALI E WEARABLE IL FUTURO SUL LUOGO DI LAVORO

I visori per la realtà virtuale potrebbero migliorare i servizi IT offerti ai dipendenti che lavorano da remoto? E se questi ultimi potessero addirittura muoversi come se fossero in ufficio sfruttando la realtà aumentata? In che modo l’IT potrebbe offrire esperienze mobili personalizzate utilizzando i dati ricavati dagli smartwatch o dagli assistenti virtuali in-ear?

Le tecnologie wearable, da smartwatch e occhiali intelligenti, a cuffie e auricolari smart, potrebbero ridisegnare lo scenario futuro del lavoro. Man mano che la loro adozione cresce e la tecnologia matura, i responsabili IT valutano il modo in cui i dispositivi wearable possono trasformare l’esperienza dei dipendenti.

I vantaggi sul lavoro. Uno dei principali vantaggi dei dispositivi wearable è l’aumento della produttività. Inizialmente adottati per il fitness, per il monitoraggio dello stato di salute e in ambito entertainment, oggi i wearable sono sempre più interessanti in ambito lavorativo sia per i dipendenti sia per i datori di lavoro, perché possiedono una serie di innegabili vantaggi:
– Connessione costante: molti dipendenti utilizzano gli smartwatch personali per ricevere e-mail e notifiche di riunioni ovunque si trovino. Questo consente loro di rimanere sempre aggiornati e poter dare priorità alle diverse attività anche quando non sono alla propria scrivania.
– Accesso facilitato: smartwatch e altri wearable possono fornire agli utenti un accesso immediato e senza password alle risorse di lavoro.

La natura “always-on” dei dispositivi indossabili li rende paragonabili a una chiave personale in grado di sbloccare qualsiasi cosa, dalle stampanti ai laptop. Se un dipendente ad esempio scordasse il pass di sicurezza per entrare in ufficio, potrebbe superare i controlli grazie al proprio smartwatch, autenticandosi essenzialmente come con un badge elettronico.
– Training rapido: i display per la realtà aumentata (AR) permettono di sovrapporre immagini con diagrammi, funzioni e altre istruzioni digitali agli oggetti del mondo reale in modo che i dipendenti possano imparare in modo efficiente anche attività complesse. Presto i dipendenti potranno servirsi di auricolari integrati con la realtà aumentata per gestire nuove apparecchiature o condividere presentazioni 3D con i propri colleghi di lavoro.
Questi sono solo alcuni esempi semplici di wearable utilizzati dai lavoratori più smart. Tuttavia, le aziende più avanzate tecnologicamente stanno già riprogrammando i flussi di lavoro con i wearable su scala molto più ampia per ricavarne un vantaggio competitivo.

Un ecosistema in evoluzione.L’introduzione e il progresso della tecnologia in questo ambito rendono il futuro dei wearable sul posto di lavoro ancora più promettente. Il valore di questi dispositivi è strettamente legato ai dati che trasmettono e ricevono, e le tecnologie emergenti aumenteranno la quantità, la qualità e il valore di questi dati. Ad esempio, l’edge computing potrebbe consentire che i dati raccolti dai wearable siano elaborati direttamente sui dispositivi.

Le reti 5G potrebbero trasferire rapidamente quantità enormi di questi dati sul cloud, dove le applicazioni di machine learning potrebbero restituire insight intelligenti o intraprendere automaticamente azioni guidate dai dati. Queste innovazioni miglioreranno notevolmente le prestazioni e l’utilità dei dispositivi e delle applicazioni indossabili sul posto di lavoro.

L’adozione è in crescita. Durante l’ultimo decennio, le aspettative degli appassionati di tecnologia sul fatto che i wearable diventassero una significativa innovazione sul posto di lavoro sono sempre state alte. Gli smart glass, inizialmente, non hanno avuto un grande successo e sono rimasti in gran parte inutilizzati in molti settori. Con il passare del tempo, sono invece state fatte interessanti sperimentazioni per l’utilizzo in ambito ingegneristico e sanitario.

Non si tratta semplicemente di una moda. La spesa per i wearable aziendali potrebbe superare i 50 miliardi di euro entro il 2022. Circa un terzo degli acquisti totali stimati nel 2019 (225,12 milioni di unità) saranno smartwatch (74,09 milioni di unità). Inoltre, entro il 2022 i dispositivi auricolari rappresenteranno oltre il 30% di tutti i wearable spediti, poiché le loro capacità si espandono oltre la comunicazione e l’intrattenimento.

La mobilità si trasforma. Alcune università stanno iniziando a esplorare l’utilizzo dei wearable per migliorare le esperienze di studenti e dipendenti. Robert Irving, direttore IT dell’Università di Sharjah, ad esempio, è entusiasta di come il suo Istituto possa integrare la tecnologia wearable nei propri sistemi di gestione. Questo apre nuovi scenari: ricordare agli studenti le scadenze dei compiti o comunicare loro dove si terrà la prossima lezione. Irving sottolinea anche la capacità di raccolta dei dati dei dispositivi sulla salute e la forma fisica, e come questo possa essere utile per aiutare ciascuno degli studenti a individuare il proprio momento ottimale per lo studio.

Il posto di lavoro del futuro integrerà esseri umani e macchine: gli oggetti intelligenti (stampanti intelligenti e smart TV), gli oggetti autonomi (robot e veicoli autonomi), i sensori basati sulla prossimità, gli assistenti virtuali e tante altre tecnologie lavoreranno di concerto per aumentare e migliorare l’esperienza dei dipendenti.

Con il collegamento da parte dell’IT dei wearable dei dipendenti a questi workspace connessi, emergeranno nuove applicazioni e flussi di lavoro perfezionati. Naturalmente, tutte queste informazioni (dati aziendali sugli smartwatch, comunicazioni confidenziali sui wearable, proprietà intellettuale sul display degli smart glass) devono essere gestite e protette. Ormai in fase matura, la tecnologia di digital workspace consente all’IT aziendale di garantire l’accesso alle risorse di lavoro attraverso queste nuove modalità e diversi sistemi operativi. Qualsiasi dispositivo utilizzato dai dipendenti per accedere ad app e dati aziendali deve essere protetto per prevenire perdite di dati o attacchi informatici e la tecnologia wearable dovrebbe essere gestita e messa in sicurezza al pari dei telefoni cellulari e dei desktop.

da kongnews.it

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IL TELELAVORO ATTRAE I TALENTI

Il telelavoro sta conquistando sempre più imprese e lavoratori, perché porta numerosi benefici sia all’azienda che ai lavoratori. Dall’ultima ricerca sul telelavoro del Politecnico di Milano in collaborazione con la Doxa, si evince che il telelavoro porta innovazione, produttività e motivazione nei lavoratori. Su 1004 dipendenti protagonisti dello studio è emerso infatti che ben il 35% di questi è più sereno, contro il 15% dei lavoratori tradizionali.

Una tipologia di lavoro che nelle aziende più innovative è capace di attirare i migliori talenti al mondo, allettati dall’autonomia offerta da questo tipo di lavoro. Tanto è vero che sono sempre di più le aziende “liquide”, cioè con team di lavoro sparsi in tutto il mondo, connessi grazie alle nuove tecnologie. Nell’organizzare il telelavoro nella propria azienda è però importante sapere che in Italia la disciplina che lo regolamenta è differente a seconda che si tratti del settore privato oppure di quello pubblico.

Oltre al fatto che in Italia non ne esiste una sola tipologia di telelavoro, e che può essere svolto in maniera subordinata, parasubordinata o in forma autonoma. Tre diverse forme di lavoro, per cui in linea generale il datore di lavoro deve formalizzare determinate clausole a regolamento del rapporto tra il datore stesso e i suoi collaboratori.

Come organizzare il telelavoro al meglio quindi? Lo abbiamo chiesto alla head hunter, Carola Adami di Adami & Associati, società specializzata in selezione del personale, che ha stilato un elenco con i suggerimenti più importanti su come organizzare il telelavoro nella propria azienda. Bisogna anzitutto definire il concetto di sicurezza cibernetica: se da un lato, infatti, il telelavoro può soddisfare molteplici esigenze, dal risparmio per le aziende all’autonomia del lavoro, dall’altro mette in luce problematiche come la sicurezza cibernetica. Di fatti non sono pochi i dirigenti aziendali che concordano sul fatto il telelavoro possa creare un più elevato rischio di violazione dei dati. Di conseguenza, diventa vitale una politica corretta in materia. Nello specifico è necessario creare dei protocolli chiari tanto per l’accesso, che per la modifica e la trasmissione di documenti sensibili. Ad esempio sarà utile definire quando può essere o meno utilizzata una connessione Wi-Fi pubblica. Oltre a ciò è sempre suggerito, come corretta politica aziendale, che sui computer di ciascun lavoratore vengano ad essere installati software antivirus aggiornati.

Bisogna, in secondo luogo, definire quali posizioni siano ammissibili con il telelavoro: seppure il telelavoro risulti essere sempre più popolare, infatti, è da evidenziare come questa formula non sia perfettamente idonea ad ogni tipo di posizione aziendale. Si dovrà quindi stabilire nella propria azienda quali possono essere i ruoli aperti al telelavoro e quelli che, invece, non possono esserlo. Tale esplicitazione, necessita per definire le decisioni e per poter approvare tali richieste, senza incorrere nel concreto rischio che queste vengano ad essere considerate arbitrarie oppure viste come delle forme di favoritismo.

Successivamente risulterà necessario stabilire uno standard di comunicazione e pianificazione. Un altro punto da codificare in tema di telelavoro, quindi, è quello inerente lo stabilire uno standard di comunicazione e pianificazione. In poche parole si dovrà decidere un protocollo che vada chiaramente a stabilire quando un telelavoratore deve essere disponibile per ricevere e rispondere alle comunicazioni. Altro aspetto è quello inerente gli eventuali incontri. In pratica, se viene ad essere richiesto a un telelavoratore che vi siano degli incontri regolari, si dovrà codificare il quando, il dove e il come questi si svolgeranno. Infine, risulta essere utile anche stabilire, in forma congiunta e sinergica, un programma di lavoro al quale il telelavoratore dovrà aderire.

Infine bisognerà stabilire uno standard e delle politiche per le attrezzature. Le attrezzature necessarie per il telelavoro dovranno infatti essere fornite dall’azienda, oppure dovranno essere del telelavoratore? Questi e tanti altri quesiti riguardanti quest’aspetto, debbono essere assolutamente chiariti. Tra l’altro, si deve anche valutare che il proprio personale IT possa essere in grado di accedere alle apparecchiature per installare e aggiornare il software antivirus.

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ASTENOPIA E MIOPIA CON UN USO ECCESSIVO DI CELLULARE E COMPUTER

Da ADN Kronos

Troppe ore con gli occhi fissi sullo schermo dello smartphone fa male. E il rischio è quello di sviluppare miopia o astenopia. Lo ricorda Pasquale Troiano, primario di oculistica dell’Ospedale Sacra Famiglia Fatebenefratelli di Erba (Como).

“Pensate che lo diceva già nel lontano 1703 Bernardino Ramazzini – afferma lo specialista – quando, nel De Morbis Artificum Diatriba (Trattato sulle malattie dei lavoratori), decise di inserire un capitolo denominato Lepturgorum morbis, che si occupava delle manifestazioni oculari presenti nei soggetti che lavoravano su cose piccole (orafi, miniaturisti, ecc)”.

“In questo capitolo sono perfettamente descritti tutti i problemi oculari che derivano dall’impegno visivo prolungato” da vicino “e soprattutto, già allora, egli poneva un forte accento sul fatto che questi soggetti erano destinati a divenire miopi”, avverte. Questo potrebbe già bastare per indurci a ridurre il nostro impegno visivo ‘per vicino’ senza attendere la strutturazione dell’Ergoftalmologia (oftalmologia del lavoro), quella branca dell’oculistica che dagli anni ’80 del secolo scorso ha codificato il concetto di ‘astenopia occupazionale’, quella condizione di affaticamento oculare che è collegata all’impegno visivo ‘per vicino’.

“L’ergoftalmologia ha individuato un rapporto tra le capacità visive del soggetto e il tipo di impegno visivo richiesto. Se l’impegno visivo richiesto eccede le capacità visive del soggetto, l’affaticamento oculare compare in breve tempo, è più sintomatico ed è più frequente. È come se si chiedesse a un soggetto che pesa 50 chili di trasportare dei gravi che ne pesano 100”, osserva Troiano.

L’uso di strumenti optoelettronici sempre più piccoli richiede una maggiore necessità accomodativa: “Se il soggetto ha un apparato visivo sano e perfettamente normale sul piano della motilità oculare e sul piano rifrattivo – continua Troiano – non avrà alcun problema. Se, invece, presenta alterazioni dell’apparato visivo, della motilità oculare o della rifrazione che non sono state individuate e corrette, allora ci saranno enormi problemi di affaticamento oculare. Pertanto, la raccomandazione fondamentale è eseguire una visita medica oculistica e una visita ortottica che potranno verificare le condizioni anatomiche e funzionali dell’apparato visivo e correggere eventuali alterazioni, mettendo così il sistema visivo nella sua migliore condizione operativa”.

“è sempre opportuno cercare di non prolungare l’osservazione per vicino facendo delle pause che non possono essere ‘smetto di usare il computer e prendo il cellulare o viceversa’. La pausa deve prevedere la messa a riposo del sistema accomodativo (che essendo un sistema basato su muscoli è inevitabilmente destinato all’affaticamento) mediante lo spostamento della nostra osservazione a distanze superiori almeno a 3 metri (ancora meglio 6) come ad esempio – spiega Troiano – guardare fuori da una finestra”. Ma cos’è l’astenopia? Si tratta di una sindrome caratterizzata da sintomi variegati che non si presentano sempre allo stesso modo in tutti i soggetti, tuttavia la irritabilità degli occhi e la cefalea sono tra i più frequenti. Come tutte le condizioni di affaticamento i sintomi, seppur fastidiosi, si risolvono con il riposo.

Ben più grave, invece, è l’uso prolungato di smartphone nei bambini e negli adolescenti, responsabile della miopizzazione dell’occhio, che è una modifica irreversibile e progressiva della vista. Negli ultimi 10 anni si sta assistendo a una vera e propria epidemia di miopia, conclude l’esperto, la cui causa principale è l’enorme aumento dell’impegno visivo prolungato ‘da vicino’.

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CONTRORDINE IL LAVORO SEDENTARIO NON PROVOCA IL MAL DI SCHIENA

  • Da dottnet.it

Buone notizie per chi rimane legato a un lavoro sedentario: un mega-studio sulle cause del dolore alla schiena esclude ogni associazione fra la prolungata posizione seduta e il dolore lombare.

Ricercatori dell’Istituto per l’Attività Fisica dell’università Deakin di Melbourne hanno passato al vaglio 41 differenti revisioni sistematiche di ricerche, per meglio comprendere quali movimenti o funzioni sono fattori per il dolore alla schiena. I risultati, pubblicati sul Journal of Biomechanics, sono basati su tre decenni di dati raccolti esaminando oltre un milione di soggetti e offrono il quadro finora più accurato della relazione fra diverse attività e il dolore alla schiena. “L’evidenza più forte – scrive Daniel Belavy, docente di Esercizio e di Salute Muscoloscheletrica, responsabile dello studio – è l’assenza di ogni associazione fra la posizione seduta, prolungata o occupazionale, e il dolore lombare”.

Nonostante un crescente numero di studi colleghi la sedentarietà con altri effetti negativi sulla salute – aggiunge – questa non sembra essere un fattore di rischio per il dolore alla schiena. Si può subire rigidità muscolare se si resta seduti a lungo, ma stare seduti di per sé non danneggia direttamente la struttura spinale, come invece avviene con molti lavori pesanti“.  Anche se stare seduti non sembra essere un problema per il mal di schiena, sottolinea Belavy, vi sono molte ragioni per interrompere lunghi periodi seduti. “Da altri studi sappiamo che l’attività fisica regolare è importante per ridurre il rischio di dolore alla schiena”, aggiunge.

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