Monthly Archives: Dicembre 2019

METODI PER L’INGEGNERIA DELLA SICUREZZA ANTINCENDIO

È disponibile on line una nuova pubblicazione INAIL che analizza i metodi e le metologie utilizzati dalle scienze ingegneristiche per la prevenzione degli incendi .

Immagine Metodi per l'ingegneria della sicurezza antincendio

La vera novità del Codice è rappresentata dalle soluzioni alternative e che, in tale ambito, ciascun professionista antincendio può far valere le proprie competenze e professionalità.

Prodotto: Volume
Edizioni: Inail – 2019
Disponibilità: Consultabile solo in rete
Info: dcpianificazione-comunicazione@inail.it

GENERAZIONE Z E SICUREZZA SUL LAVORO

La Generazione Z, nota anche come iGen o centennial, è descrittiva della popolazione che segue i Millennials. Diversi centri di ricerca hanno parametri di riferimento diversi per determinare chi si classifica come Gen Z. Secondo Pew Research, Gen Z acquisisce il gruppo demografico nato dopo l’anno 1997. Tuttavia, tutte le istituzioni concordano sul fatto che il taglio cade alla fine degli anni ’90. Oggi, i membri più anziani della Gen Z hanno un’età compresa tra 22 e 24 anni. Molte persone di questa generazione entreranno presto nel mondo del lavoro  se non lo hanno già fatto.

Gen Z nella forza lavoro

La popolazione lavorativa di oggi puó essere composta da un massimo di cinque generazioni molto diverse, la Gen Z è l’aggiunta più recente. La Gen Z è anche la generazione più etnicamente diversificata e considerevole di tutta la storia degli Stati Uniti, con un organico stimato di 82 milioni di americani entro il 2026. Questo lo renderà il gruppo demografico più consistente negli Stati Uniti.

La Gen Z è nota per essere cresciuta con accesso costante a Internet, social media e smartphone. Inoltre i membri della Gen Z hanno vissuto una vita significativamente diversa rispetto alle loro controparti Millennial e Baby Boomer. Sono incredibilmente connessi, sia che si tratti dei loro compagni di squadra al lavoro o di amici in tutto il mondo. La definizione delle caratteristiche delle persone che sono membri della Gen Z include la loro attenzione finanziaria, la loro costante accoglienza di nuove tecnologie, la loro consapevolezza ambientale, la loro capacità di multi-task, il loro desiderio di indipendenza e la loro natura sicura e autonoma.

Caratteristiche di un lavoratore di classe Z.

Le diverse generazioni sono modellate dall’ambiente in cui sono cresciute. I valori e le caratteristiche vengono instillati negli individui nel tempo e possono essere utilizzati per spiegare comportamenti specifici. A causa della loro incredibile capacità di connettività, i lavoratori della Gen Z assumeranno probabilmente una posizione di leadership nell’implementazione di una cultura positiva della sicurezza sul lavoro. Le notevoli dimensioni e le caratteristiche distintive della Gen Z porteranno probabilmente questi nativi digitali a influenzare pesantemente i processi sul posto di lavoro e il futuro mercato del lavoro. Più specificamente, la capacità intrinseca di Gen Z di sfruttare la tecnologia fornirà motivi fertili per i progressi della sicurezza tecnologica.

La Gen Z è anche nota per essere un gruppo fortemente avverso al rischio. Secondo Shona Paterson, direttore di Shirley Parsons negli Stati Uniti, i membri della Gen Z hanno meno probabilità di consumare alcol in generale e hanno anche maggiori probabilità di indossare le cinture di sicurezza. Si dice che questi attributi derivino dalla consapevolezza globale della generazione del rischio. Questa consapevolezza viene acquisita attraverso il continuo assorbimento delle informazioni, che risulta dalla connessione durante il giorno. Con questo in mente, gli individui di Gen Z sono iper-sensibili alla sicurezza sul posto di lavoro poiché sono consapevoli e istruiti su tutte le cose che potrebbero andare storte. Pertanto, un ambiente di lavoro sicuro consentirà ai dipendenti di Gen Z di sentirsi più sicuri e di comportarsi in modo più produttivo.

I sistemi di sicurezza semplificati e automatizzati sono senza dubbio il futuro della sicurezza sul lavoro. I lavoratori della Gen Z continueranno ad aiutare le aziende a fornire dati in tempo reale, per consentire loro di prendere decisioni informate ed efficienti. Aiuteranno anche nell’ulteriore implementazione di soluzioni automatizzate, a prova di guasto, che forniranno motivi per migliorare il monitoraggio, la segnalazione degli incidenti, i check-in e gli audit. L’obiettivo costante è la razionalizzazione delle informazioni che elimina la necessità di più sistemi individuali.

I membri della Gen Z sono abituati a fare affidamento su soluzioni tecnologiche, che si tratti di ordinare generi alimentari a portata di mano, di organizzare quote per risparmiare denaro o di ottimizzare le comunicazioni degli uffici.

da ohsonline

WORK ENGAGEMENT E LAVORO

La definizione del work engagement

La prima definizione del work engagement risale al 1990, quando William A. Kahn, oggi professore di Organizational Behavior alla Questrom School of Business dell’Università di Boston, la definì quale “harnessing of organization members’ selves to their work roles” (letteralmente “imbrigliamento dei membri di un’organizzazione nel proprio ruolo lavorativo”).Il work engagement rappresenta la propensione dei lavoratori a essere pienamente presenti nell’organizzazione, la disponibilità degli individui ad agire in modo da seguire gli interessi dell’organizzazione sentendosi attratti, dediti ed entusiasti del proprio lavoro.Si tratta, secondo la definizione ufficiale, di uno stato mentale positivo e di soddisfazione nei confronti del proprio lavoro caratterizzato da tre dimensioni – vigore, dedizione e immersione – che coinvolgono rispettivamente la sfera fisica, motivazionale e cognitiva [9].

Il vigore rappresenta l’energia fisica e mentale con cui un lavoratore assolve i propri compiti lavorativi, anche di fronte alle difficoltà e allo stress; la dedizione indica il coinvolgimento in prima persona del lavoratore nel suo lavoro, un atteggiamento che consente di operare con passione ed interesse per raggiungere gli obiettivi senza mire o calcoli personalistici; l’immersione costituisce la capacità del lavoratore di concentrarsi e di essere completamente assorbito dal lavoro, fattore importante per assolvere i propri compiti senza perdita di tempo e senza distrazione, tanto da percepire la giornata come breve e rapida.Tuttavia, l’eccessivo carico lavorativo può generare in persone con scarsa resilienza un atteggiamento compulsivo avverso al lavoro definito workaholism o work addiction, letteralmente “intossicazione da lavoro”, una forma di dipendenza dal lavoro, associata a sintomi negativi di ossessione e di subordinazione dell’autostima alle aspettative riposte nel lavoro [1].

Come si valuta il work engagement?

Il livello di engagement di un lavoratore può essere evidenziato mediante questionari soggettivi. Il più diffuso è l'”Utrecht work engagement scale” (UWES), che indaga le tre componenti del work engagement su citate (vigore, dedizione e immersione).

Oltre alla versione completa del 2002 [9], che consta di 17 domande a risposta chiusa, graduata da 0 (mai) a 6 (sempre, ogni giorno) e il cui manuale è liberamente accessibile online [6] sono disponibili versioni più brevi, di nove e di sole tre domande a risposta multipla [7, 10]. In ciascuna delle diverse versioni, il punteggio medio di ciascuna delle sub-scale dell’UWES si calcola sommando i punti di ciascuna delle risposte alle domande della scala in questione, e dividendo il valore ottenuto per il numero delle domande. Una procedura simile si segue per il punteggio totale. Quindi, UWES dà luogo a tre sub-scale e a un punteggio totale, ciascuno dei quali varia da 0 a 6. Più alto è il punteggio, maggiore l’engagement del lavoratore.In medicina del lavoro sono utilizzate soprattutto le versioni brevi, a nove o addirittura a tre domande. Esse consentono di calcolare molto rapidamente i livelli di engagement non solo dei singoli lavoratori, ma anche dei gruppi omogenei di lavoratori o dell’azienda nel suo insieme.I valori ottenuti possono essere confrontati con i valori di riferimento, riportati dal manuale citato [6]. Una procedura alternativa è quella di studiare la distribuzione dei valori del test all’interno dell’azienda e assegnare il giudizio “engagement molto alto” ai punteggi superiori al 95° percentile, “alto” tra 75° e 95° percentile, e così assegnando i giudizi “medio”, “basso”, “molto basso” ai quartili inferiori.

da insic

STUDIO SULLO STRESS LAVORO CORRELATO ALLE POSTE

Ritmi e carichi di lavoro intensi, margini scarsi di autonomia e partecipazione, pressioni per il perseguimento degli obiettivi, presenza di problemi per la salute psicologica (tensione, stress, ansia), disturbi oculistici e muscolo-scheletrici. E’ il ‘quadro’ sulla vita ‘lavorativa’ dei consulenti di Poste Italiane che emerge dalla ricerca ‘Le condizioni di lavoro e di salute dei consulenti delle poste: i risultati dell’indagine tramite questionario‘, a cura di Inca, Slc Cgil, Fondazione Di Vittorio e presentata  a Roma nella sede dell’Inail.

L’analisi si basa sui dati provenienti da questionari somministrati ai consulenti di Poste Italiane che, secondo fonti sindacali, spiegano gli autori del Rapporto, si stiamo siano 8.100 lavoratori, a cui si aggiungono circa 3.300 direttori che svolgono anche attività di consulenza. Il questionario dedicato ai consulenti postali è stato diffuso a partire da aprile 2019 e l’analisi verte sui primi 1.098 questionari compilati al 15 settembre 2019. Il campione intercettato dall’indagine si caratterizza per un’alta presenza femminile, un’età medio-alta e un’anzianità lavorativa di lungo periodo, con una presenza maggiore nelle aree centro settentrionali del Paese. La situazione occupazione è caratterizzata dalla quasi totale prevalenza del tempo indeterminato full-time.

E, come emerge dalla ricerca, tra i consulenti postali intervistati, 349 hanno subito infortuni sul lavoro (il 33% di quanti hanno risposto alla domanda e il 31,8% del campione) e in 260 casi l’infortunio ha avuto un seguito nel riconoscimento da parte dell’Inail (il 74,5% dei casi). Quasi del tutto assenti risultano, invece, i casi di malattie professionali denunciate (1%) e, conseguentemente, i casi di riconoscimento (0,4%).

I questionari sono stati compilati da 326 maschi (29%) e 682 femmine (67,7%), mentre il 10,3% dei rispondenti non specifica il genere. La netta prevalenza femminile caratterizza una platea che sul piano anagrafico risulta in gran parte di età superiore ai 50 anni (60,5%). Tra i maschi, le fasce dai 31 ai 40 anni e quelle degli over 60 risultano più significative che tra le femmine (18% a fronte del 14,7% per quanto riguarda i più giovani e il 17,3% a fronte del 13,8% tra i più anziani).

Coerentemente all’età rilevata, in media elevata, anche l’anzianità lavorativa è concentrata nelle fasce più avanzate, di lungo periodo. Il 62,7% dei rispondenti, infatti, ha più di 20 anni di esperienza. La quasi totalità degli intervistati svolge il proprio lavoro con un contratto di subordinazione a tempo indeterminato (99,7%), solo lo 0,4% è stato assunto a tempo determinato e lo 0,3% con un contratto di apprendistato. Il regime orario più diffuso è il full-time (98,4%), con una media oraria settimanale di 38,2 e giornaliera di 6,5 ore. Si tratta di medie superiori a quanto previsto dalla contrattazione collettiva. Il dato è particolarmente significativo se si pensa che il 25% degli intervistati lavora più di 40 ore a settimana e più di 7 ore al giorno.

Gli aspetti ritenuti problematici rispetto alle proprie condizioni di lavoro indicati dagli intervistati riguardano in primo luogo la carenza di personale (77,3%), seguito da un ambiente fisico poco adeguato (60%). Risultano molto diffusi, anche se meno dei precedenti, anche la carenza di strumenti e materiali di lavoro (56,7%) e la difficoltà a conciliare la vita lavorativa con la vita privata e famigliare (43,5%).

Dall’indagine emerge chiaramente quanto i ritmi di lavoro costituiscano un problemasul quale gli intervistati hanno scarse possibilità di azione. Il 53,5% dei lavoratori e delle lavoratrici afferma di non poter mai scegliere o cambiare i metodi di lavoro. Il 26,5% afferma di non poter gestire le pause o i turni in base alle proprie esigenze e il 44,8% afferma di poterlo fare qualche volta. Nel caso dei consulenti postali, il principale elemento caratterizzante le condizioni di lavoro è la pressione dovuta a forme specifiche di eterodirezione, sia dirette che indirette. Su 1.024 rispondenti, 844 affermano di aver subito ‘pressioni’ (82,4%) durante lo svolgimento dell’attività lavorativa. Mentre con riferimento allo strumento di valutazione, oltre il 60% dei rispondenti (1.037) afferma che si tratta di un dispositivo per nulla o pochissimo costruttivo.

Secondo l’indagine, complessivamente, 497 tra intervistati e intervistate dichiarano di aver subito violenza nell’ultimo anno e si tratta del 47,2% dei 1.052 che hanno risposto alla domanda. Nella gran parte dei casi si è trattato di sola violenza verbale (488) a cui si aggiungono i più rari casi di violenza fisica(12).

La gerarchia aziendale è un fattore decisivo nel determinare i casi di violenza. La metà dei rispondenti interessati, infatti, riconduce l’atto a un superiore (50,7%), mentre poco più di un caso su tre adduce la responsabilità ai clienti (38,5%). Meno diffuse, infine, le occasioni che hanno visto l’atto di violenza mosso da colleghi (9,2%) o da rapinatori (1,7%). Si deve comunque tenere conto del fatto che nel corso della propria carriera il 21,4% degli intervistati e delle intervistate è stato vittima di rapina.

Alle difficoltà psicologiche dovute a violenza e pressioni, devono aggiungersi quelle derivanti dalle condizioni ergonomiche di svolgimento del lavoro. Nel 59,5% dei casi le postazioni sono considerate non adeguatamente comode, nel 57,6% poco pratiche; nel 53,7% con un microclima inadeguato, troppo distanti dalle stampanti e fotocopiatrici (50,5%) e poco pulite (50,2%). Per la maggior parte dei rispondenti, comunque, risultano adeguatamente sicure (60,1%); adeguatamente illuminate (72,7%) e con una risoluzione del monitor abbastanza adeguata (66%).

Ma la percezione dei consulenti sulle condizioni della propria salute risultano abbastanza positive. In media il giudizio espresso è di 3,5 su una scala da 1 a 5, senza particolari differenze tra maschi e femmine e con un progressivo deterioramento all’avanzare dell’età. Questo non significa che il lavoro non incida sulle condizioni di salute dei lavoratori e delle lavoratrici. Al contrario, ad affermare l’impatto negativo delle condizioni di lavoro su quelle di salute sono il 58,9% di quanti hanno risposto alla domanda (1.016). L’incidenza cresce tra le donne (63,2%) e nelle fasce di età più avanzate con valori intorno al 60% dai 40 anni in su che crescono nella fascia 51-60 al 65,7%.

Una quota significativa di intervistati dichiara assumere farmaci un maniera costante e regolare (41,3%). I 436 intervistati che affermano di ricorrere regolarmente all’utilizzo di farmaci hanno indicato, in totale, 502 tra medicinali e principi attivi che sono stati riclassificati dai medici del gruppo di ricerca. I farmaci più diffusi sono quelli cardiologici (32,9%), assunti regolarmente dal 41,6% degli intervistati. Seguono i farmaci per l’assunzione di ormoni (20,7%) e, terzi per diffusione, gli psicofarmaci (14,7%), assunti regolarmente dal 18,6% degli intervistati. Con riferimento agli psicofarmaci è opportuno notare che 34 dei 64 rispondenti in terapia è sottoposta a ritmi molto intensi di lavoro.

Sulla distribuzione pesa, ovviamente, l’elevata incidenza di intervistati in fasce di età avanzate, tra i quali l’utilizzo di farmaci è anche più diffuso. L’incidenza dei farmaci cardiologici diminuisce tra gli intervistati di fasce di età inferiori ai 51 anni, dove invece emerge il ricorso a psicofarmaci e a farmaci a base di ormoni. Mediamente, i consulenti postali intervistati soffrono di 2,7 patologie ciascuno. Le patologie più diffuse sono quelle oculistiche (che interessano il 58,2% del campione) e quelle muscolo scheletriche(40,8%). Confrontando le diverse patologie per la loro presenza attuale e pregressa, emerge come i problemi alla vista e quelli muscolo-scheletrici siano quelli più strutturali, con una forte incidenza sia nel passato che nel presente.

Tali condizioni sono associate a livelli elevati di assenteismo per malattia. Nonostante le assenze incidano sulla premialità, infatti, solo il 44,4% degli intervistati ha dichiarato di non essersi mai assentato per ragioni di salute nell’ultimo anno. Il 35,5 lo ha fatto per qualche giorno, il 12% per più di una settimana e l’8,1% per più di un mese.

In media gli intervistati hanno specificato 2,8 zone interessate da dolori persistenti ciascuno. Più nel dettaglio, si osserva come per la gran parte dei casi dichiarati il dolore persistente investa la cervicale (60% dei casi) e la fascia lombo-sacrale (48,3%). Risultano meno diffusi i disturbi alle altre fasce della colonna e agli arti superiori. Le patologie di tipo oculistico sono molto diffuse tra i rispondenti e caratterizzate da una forte persistenza nel lungo periodo. Tra i 450 intervistati e intervistate che affermano di soffrire di patologie oculistiche, 402 lamentano disturbi visivi specifici, mentre 48 non specificano l’esistenza di alcun disturbo.

Da adn Kronos

OCCHIO SECCO : NON SOLO PER I VIDEOTERMINALI

E’ una disfunzione delle ghiandole presenti all’interno della palpebre la causa dell’occhio secco. E, a contribuire a questo problema molto diffuso tra gli adulti e anche nei giovani portatori di lenti a contatto, è anche un’alimentazione particolarmente povera di lipidi. A fare il punto sulle nuove conoscenze che emergono sulle ghiandole di Meibomio e sulle ripercussioni del loro mal funzionamento, è il 99/mo Congresso Nazionale Società Oftalmologica Italiana (Soi).

I fattori che possono diminuire l’efficienza di queste ghiandole, incaricate di secernere la sostanza grassa che riduce l’evaporazione delle lacrime, sono diversi e il primo è l’età.  “Con le modifiche ormonali dell’invecchiamento – spiega Pasquale Troiano, direttore Uoc di Oculistica dell’Ospedale Fatebenefratelli Sacra Famiglia di Erba e presidente del Comitato Tecnico Scientifico Soi – decade il ricambio dei meibociti. Questo è particolarmente evidente per la ridotta popolazione di cellule staminali associata a queste ghiandole”. Vi sono poi una serie di fattori che possono influire, come “bassa umidità, l’aumento della velocità dell’aria, l’uso di lenti a contatto, l’aumentato intervallo di ammiccamento tipico durante l’uso di video e gli interventi chirurgici oculari. Ma anche una dieta troppo povera di lipidi”.

Oltre a correggere questi fattori, il trattamento della disfunzione di queste ghiandole è basato prevalentemente su approcci fisici e meccanici. “La supplementazione di lipidi sia locali (colliri lipidici, spray con liposomi) sia a livello sistemico, può avere un ruolo importante. Inoltre, il rosiglitazone e altri farmaci tiazolidinedioni usati per il trattamento del diabete non insulino dipendente sembrano in grado di stimolare la sintesi di lipidi”. Intervenire è importante anche perché le conseguenze dell’occhio secco, conclude Troiano, “ricadono negativamente sui risultati attesi di chirurgia oculare, ad esempio nei pazienti con cataratta candidato all’impianto di lenti intraoculari ad alta tecnologia”. 

Da dottnet.it

PMI E DIGITALIZZAZIONE: ANNI DI SVILUPPO CONVENIENTE

È ben noto a tutti, ormai il mondo è intimamente connesso allo sfruttamento di risorse tecnologiche sempre più avanzate e aggiornate. In qualsiasi campo, dal lavoro al divertimento, si rincorrono innovazioni che garantiscono maggior successo e – contemporaneamente – maggiore facilità nello svolgimento di qualsiasi attività. A essere particolarmente coinvolte da questo periodo di innovazione e digitalizzazione sono le imprese, da quelle piccole a gestione familiare a quelle di outreach mondiale.

In Italia questo discorso è ancor più sentito, vista forse l’atavica abitudine ad affidarsi a strumenti tradizionali, con una ridotta apertura mentale alle innovazioni. Proprio per questi motivi, a partire dal 2016 è stato introdotto il cosiddetto Piano Nazionale Industria 4.0 che viene rinnovato a ogni nuova legge di bilancio (o almeno così è stato fino all’annualità in corso) e che prevede l’erogazione di agevolazioni per favorire la digitalizzazione di piccole e medie imprese (tipicamente abbreviate in PMI). Il provvedimento è rivolto in modo particolare proprio a questi tipi di attività, poiché secondo i vari dati raccolti dal Ministero dello Sviluppo Economico, sono quelle che si adeguano più lentamente alle soluzioni tecnologiche e digitali più innovative – cosa dovuta con tutta probabilità all’incidenza che tenersi costantemente aggiornati avrebbe sui bilanci aziendali. Secondo il Mise infatti, oltre il 33% delle grandi imprese (cioè quelle tra i 50 e i 250 dipendenti) si è già dotata di una tecnologia 4.0, percentuale che scende al 24% per le medie imprese (fino a 50 dipendenti) e si abbassa ulteriormente per le piccole). Questo ci porta a rilevare una discrepanza di competitività tra grandi imprese e piccole, proprio perché quelle meno sviluppate hanno meno accesso a strumenti tecnologicamente avanzati.

Immagine correlata

In questa direzione vanno dunque le agevolazioni previste dal Piano Nazionale Industria 4.0, che punta a finanziare aspetti specifici del workflow aziendale:

  • Sviluppo dell’efficienza aziendale (anche tramite software specifici, come ad esempio delle piattaforme informatiche per gestire le spese dell’azienda)
  • Efficientamento del lavoro tramite eventuali strumenti di flessibilità e telelavoro
  • Sviluppo di commercio digitale
  • Connessione a banda larga e ultralarga e sistemi satellitari
  • Formazione personale nel campo ICT (che sta per Information and Communication Technology)

Soprattutto quest’ultimo punto legato alla formazione è in modo particolare un tema caldo – almeno qui in Italia – poiché la realtà ci mostra un mercato del lavoro in cui i datori di lavoro faticano a trovare personale con competenze specifiche e tecniche adatte a soddisfare il bisogno di aggiornamento e implementazione tecnologica che le aziende moderne richiedono per rimanere in modo competitivo sul mercato.

UNA MISURA DI SUCCESSO

Come detto più in alto, questa misura è attiva da ormai qualche anno e sta portando risultati interessanti.
Basti pensare che tra il 2017 e il 2018 erano state oltre 30000 le aziende che avevano beneficiato di queste agevolazioni. L’entità dell’aiuto statale era ed è di 10000 euro e può essere utilizzato nei seguenti modi:

  • Acquisto di beni strumentali per l’acquisizione di nuove tecnologie (di importo non superiore al 50% della cifra totale erogata)
  • Formazione e consulenza riguardo l’utilizzo delle nuove tecnologie (per un importo consistente nel restante 50% della cifra totale erogata)

Risultati immagini per innovazione tecnologica

Ovviamente il Ministero prevede dei requisiti di accesso specifici alle agevolazioni, proprio nell’ottica di favorire le imprese medio-piccole, senza elargire impropriamente aiuti a compagnie già grandi e floride che possono autonomamente dotarsi delle tecnologie più avanzate.

Visto il successo e – soprattutto – l’utilità di questo provvedimento, non è da escludersi che la possibilità di accedervi venga estesa anche per le future annualità. Del resto, per mantenere un tessuto imprenditoriale in salute a livello nazionale, è importante che anche ad attività più piccole vengano forniti strumenti per posizionarsi in modo competitivo sul mercato, senza dover necessariamente essere schiacciati dallo strapotere delle grandi aziende.

 

da https://settegiorni.it/

TRE STUDI MEDICI APPLE APP RESEARCH

Erano stati annunciati a settembreparallelamente a importanti novità di prodotto quali la nuova gamma di iPhone 11 e Apple Watch Series 5: ora Apple ha reso noto che sono partiti i tre importanti studi sulla salutepresentati allo Steve Jobs Theater.

Sia tratta, ricordiamo, di studi medici riguardanti l’udito, la salute delle donne e la correlazione fra cuore e movimento (Apple Hearing Study, Apple Women’s Health Study, Apple Heart and Movement Study). Le persone possono ora quindi iscriversi per partecipare alle attività di ricerca, ma gli studi sono limitati agli utenti negli Stati Uniti.

Questi studi pluriennali vengono condotti in collaborazione con istituti accademici e di ricerca, fa sapere Apple, e sono disponibili all’interno della nuova app Research della società di Cupertino, che può essere scaricata dall’App Store.

Iscrivendosi agli studi, i partecipanti hanno l’opportunità di contribuire a scoperte mediche potenzialmente importanti, che  potrebbero condurre alla creazione di prodotti sanitari innovativi. Dal punto di vista tecnico, ciò avviene attraverso l’app Research e mediante l’utilizzo di iPhone e Apple Watch.

Dopo essersi iscritti a uno studio, i partecipanti che utilizzano Apple Watch e iPhone possono fornire dati utili su movimento, frequenza cardiaca e livelli di rumore, acquisiti durante le attività quotidiane di ogni tipo.

L’app Research non è l’unica iniziativa della società di Cupertino in ambito eHealth: al contrario, si aggiunge innanzitutto a HealthKit, il framework di Apple che aiuta gli sviluppatori a creare soluzioni digitali per la salute e il fitness. La piattaforma hardware è costituita naturalmente, di base, da iPhone e Apple Watch, ma le capacità dei prodotti di Cupertino possono essere estese grazie a un articolato ecosistema di app, dispositivi e accessori di terze parti.

Apple

Lo studio sulla salute delle donne (Women’s Health Study) viene condotto in collaborazione con la Harvard T.H. Chan School of Public Health e con il National Institute of Environmental Health Sciences (NIEHS) del NIH. Questo studio, spiega Apple, utilizzerà iPhone e Apple Watch per raccogliere dati specifici quali le informazioni di tracciamento del ciclo e per utilizzare sondaggi mensili al fine di comprendere l’esperienza unica di ogni persona che partecipa. Il tutto, per cercare di analizzare l’impatto di determinati comportamenti e abitudini su un’ampia gamma di temi relativi alla salute riproduttiva.

Lo studio sul cuore e il movimento(Heart and Movement Study), misurando la qualità e la quantità del movimento di una persona, potrebbe fornire informazioni sul suo stato di salute attuale e futuro. In collaborazione con il Brigham and Women’s Hospital e l’American Heart Association, Apple sta conducendo questo studio per capire come alcuni segnali di mobilità e dettagli sulla frequenza e sul ritmo cardiaco possano servire come potenziali segnali di allarme preventivo di fibrillazione atriale (AFib), di malattie cardiache o di mobilità in peggioramento, allo scopo di ideare nuovi interventi che potrebbero aiutare le persone a condurre una vita più lunga, sana e attiva.

Lo studio dell’udito (Hearing Study) si focalizza sull’impatto dell’esposizione al suono sulla salute dell’udito e sui livelli di stress nel tempo, che ancora non è ben compreso. Lo studio dell’udito di Apple raccoglierà i dati sull’utilizzo delle cuffie e sull’esposizione al suono ambientale tramite iPhone e l’app Noise su Apple Watch, al fine di esplorare come entrambi possono influire sull’udito nel tempo.

In collaborazione con l’Università del Michigan, lo studio determinerà anche come l’esposizione al suono a lungo termine può influire sui livelli di stress e sulla salute cardiovascolare. I partecipanti, ha spiegato Apple, verranno assegnati casualmente a due gruppi, all’interno dello studio, per valutare se ricevere notifiche dell’app Health quando viene rilevata un’esposizione sonora forte può motivare gli utenti a modificare i loro comportamenti di ascolto. I dati dello studio saranno inoltre condivisi con l’iniziativa Make Listening Safedell’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) per sensibilizzare sulle pratiche di ascolto sicure allo scopo di ridurre la perdita dell’udito.

Da 01health

SUGGERIMENTI PER LA SICUREZZA DELLE SCAFFALATURE IN MAGAZZINO

Un magazzino pieno di migliaia di articoli e attrezzature , il continuo rumore di fondo e i carrelli elevatori in movimento ,possono comportare molti rischi per la sicurezza dei dipendenti. Mantenere i lavoratori al sicuro mantenendo al contempo una capacità competitiva non è un compito facile.

Secondo il Bureau of Labor Statistics americani :

• I disturbi muscoloscheletrici rappresentano il 34% dei casi di assenza dal lavoro (DAFW) nella produzione, con distorsioni, stiramenti e strappie traumi tra i principali tipi di lesioni che si verificano.
• Lo sforzo  muscolare eccessivo e la postura scorretta hanno incrementato questi infortuni  negli USA  nel 2017 nelle operazioni di deposito e stoccaggio.

Alcuni dati per capire meglio

• Scivolamenti , inciampi e cadute in deposito sono saliti di 480 casi a 3030.
• Nel 2017 quattro gruppi lavorativi hanno rappresentato il 67% dei casi DAFW : Addetti a lavorazioni del metallo e addetti a  lavorazione di materiali plastici  (19.610 casi),lavoratori che movimentano materiali (15.260 casi). Il quarto gruppo tra questi – assemblatori e fabbricanti – era l’unico con una diminuzione, in calo di 900 casi DAFW nel 2017 a 12.140.

Uno studio più recente di Liberty Mutual rivela che gli infortuni sul lavoro costano alle aziende statunitensi oltre $ 1 miliardo a settimana. Secondo il Liberty Mutual 2019 Safety Index, le cause più costose di infortuni e malattie sul lavoro sono:

• Lo sforzo eccessivo costa $ 13,11 miliardi
• Le cadute allo stesso livello costano $ 10,38 miliardi
• Essere Colpiti da oggetti o attrezzature costa $ 5,22 miliardi
• Infortuni in itinere costano $ 2,18 miliardi
• Le lesioni da movimento ripetitivo costano $ 1,59 miliardi.

Il costo totale degli infortuni sul lavoro più invalidanti è di $ 55,43 miliardi all’anno.

Quando si tratta di movimentazione dei materiali, le lesioni alla schiena sono uno dei problemi più comuni. Sollevare e spostare attrezzature, pallet e scatole nel magazzino può causare affaticamento e lesioni, soprattutto quando il lavoratore esegue ripetutamente l’attività per lunghi periodi.

UNA STRATEGIA ERGONOMICA PER IL RITIRO DELL’ORDINE

Directindustry

La “zona aurea”per chi movimenta manualmente materiali si trova  ,come noto , a livello del punto vita del corpo  Tale area favorevole si prolunga dal ginocchio e fino a sotto l’elevazione della spalla. In tale area sono minimizzati  i movimenti di sollevamento, allungamento e flessione, ovviamente tanto più l’oggetto movimentato si trova vicino al corpo, a livello della vita. Questa riduzione dei movimenti riduce al minimo lo sforzo, che aiuta a ridurre il rischio di lesioni.

Mentre la zona aurea aiuta i lavoratori a scegliere gli articoli in modo sicuro, è principalmente progettata per migliorare l’efficienza, aiutando i lavoratori a scegliere gli articoli più veloci in modo più rapido e con meno sforzo. Per ottimizzare il vantaggio della zona aurea, analizza gli SKU nella tua operazione e imposta gli oggetti che si muovono più velocemente sugli scaffali o sulle corsie di flusso del cartone che risiedono all’interno di quella finestra.

Un’analisi tipica potrebbe essere simile alla seguente:

Pallet: gli articoli con una capacità di 40 piedi cubi o più rimarrebbero su un pallet. La quantità di lavoro necessaria a depallettizzare la merce in una altra area ne annulla il vantaggio.

Scaffalature: riporre gli oggetti con una portata inferiore a quattro piedi cubici su scaffali metallici . Si tratta di prodotti che non richiedono molti requisiti di inventario ma sono necessari  in ogni caso per soddisfare il cliente.

Archiviazione dinamica: rientrano quei colli che sono movimentati sia rapidamente che lentamente  In genere rappresentano circa il 20% dei prodotti movimentati ma determinano l’80% dello sforzo. È necessario in questo caso aumentare l’efficienza di recupero. Esempi di soluzioni includono sistemi automatici di archiviazione e recupero ($$$), caroselli ($$) e flusso di imballi $).

Questi sono solo  alcuni dei suggerimenti e un punto di partenza che dovrà essere adattato in base alla struttura , il numero dei dipendenti, il tempo medio di rifornimento ecc.

Dopo aver assegnato a  tutte le merci una tipologia è tempo di iniziare a inserirli per posizioni di lavoro. Qui è dove iniziamo a vedere il potere della zona d’oro. Assegnando gli oggetti che si muovono più velocemente alle posizioni lavorative che richiedono una movimentazione manuale  all’interno della zona aurea, ci assicuriamo che gli oggetti che sono maggiormente movimentati siano anche quelli più ottimizzati. L ‘eccezione è costituita dalle merci  di grandi dimensioni e gli oggetti pesanti.

Riservare i livelli inferiori degli scaffali per un sissistemi di flusso del cartone per oggetti pesanti.   Gli oggetti più pesanti devono essere sollevati correttamente in maniera ergonomica senza piegare la schiena nè senza sollevare gli arti sopra le spalle . È consigliabile verificare il peso dell’articolo prima di sollevarlo. Se stai sollevando una scatola o una borsa, assicurati che gli oggetti all’interno siano stabili e non si spostino improvvisamente con il rischio di un infortunio. Il limite di peso raccomandato per il sollevamento sicuro di oggetti è:
• In piedi, i lavoratori possono sollevare 50 libbre. tenendolo proprio di fronte alla zona dello stomaco o alla zona di potenza, a circa 40 “dal suolo.
• Se il lavoratore raggiunge i 10 pollici, il lavoratore può sollevare in sicurezza tra 41 e 47 libbre. prima di sforzare la schiena.
• Se il lavoratore raggiunge 15 pollici, può sollevare in sicurezza 35 libbre .; se raggiungono i 20 pollici, il lavoratore può sollevare in sicurezza 26 libbre. Se raggiunge i 25 pollici, può sollevare in sicurezza 20 libbre.
Dalle linee guida sopra è chiaro che il livello inferiore è la posizione migliore per gli oggetti pesanti.

Anche oggetti grandi ma di ridotto peso sono un problema . Sarebbe meglio posizionare tali i oggetti al di fuori del sistema di movimentazione abituale. Se invece non è possibile fare altrimenti  andrebbero posizionati sugli scaffali più alti. Il motivo è che iin genere gli scaffali più alti hanno il maggior spazio.

Da  ehstoday.com

Liberamente tradotto e adattato  da dott Alessandro Guerri medico specialista in medicina del lavoro

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SMOG E GLAUCOMA

Vivere in un’area più inquinata è legato a una maggiore probabilità di avere il glaucoma, una condizione oculare debilitante che può causare la cecità. A dirlo è uno studio coordinato dallo University College di Londra e pubblicato sulla rivista scientifica Investigative Ophthalmology & Visual Science.

Secondo la ricerca, le persone che vivono nei quartieri con maggiori quantità di inquinamento da polveri sottili avevano almeno il 6% in più di probabilità di avere questa malattia rispetto a quelle che invece vivevano nelle aree meno inquinate, oltre ad avere significativamente più probabilità di avere una retina più sottile, uno dei cambiamenti tipici della progressione del glaucoma. La pressione oculare, però, non è stata associata all’inquinamento, cosa che secondo i ricercatori può far immaginare che lo smog possa influenzare il rischio di glaucoma attraverso un meccanismo diverso.

Diverse sono le teorie allo studio dei ricercatori: una è quella che passa attraverso la costrizione dei vasi sanguigni e l’altra è che, come spiega Sharon Chua, autrice dello studio, “il particolato possa avere un effetto tossico diretto che danneggia il sistema nervoso e contribuisce all’infiammazione”. Il glaucoma è una malattia neurodegenerativa ed la principale causa globale di cecità irreversibile. Colpisce oltre 60 milioni di persone in tutto il mondo. Più comunemente deriva da un accumulo di pressione dal fluido nell’occhio, causando danni al nervo ottico che collega l’occhio al cervello.

da dott net.it