vaccino

NOVAVAX UN NUOVO VACCINO ANTI COVID

Novavax è diverso dagli altri vaccini perché è composto dalle proteine del virus SARS-CoV-2. Queste contengono la parte del virus che muta meno ed è per tale motivo che si ha la speranza che possa essere efficace con più di una variante”. Silvio Garattini, decano dei farmacologi, presidente dell’Istituto “Mario Negri” di Milano, spiega a Huffpost che il vaccino Novavax, di cui si attende l’approvazione da parte dell’Ema – l’agenzia europea per i medicinali – in questi giorni, è stato “pensato per cercare di combattere diverse varianti del virus”. “Certo questa è la teoria, poi bisogna vedere cosa succederà una volta somministrate le dosi a milioni di persone” afferma, cauto, il professore.

Nuvaxoid”, questo il nome commerciale, è stato creato da un’azienda biotech statunitense e sfrutta la tecnica delle “proteine ricombinanti”, che viene utilizzata ormai da diversi decenni contro malattie come pertosse, epatite o meningite. L’Ema ha annunciato che l’approvazione di questo vaccino, considerato più “tradizionale”, potrebbe arrivare entro fine anno e potrà essere somministrato alle persone dai 18 anni in su.

Il professor Garattini conferma che il vaccino è stato valutato come molto efficace e sembra rispettare i parametri dell’Ema. “Dagli studi effettuati pare che l’efficacia sia molto alta, che sia ben tollerato, inoltre per conservare questo vaccino non dovrebbe esserci bisogno della catena del freddo quindi potrebbe essere adatto anche ai paesi a basso reddito. Speriamo sia davvero così” commenta Garattini. 

Un vaccino che è considerato più “tradizionale” o più “antico” perché non funziona come i vaccini a mRNA (Pfizer e Moderna) o a vettore virale (Astrazeneca e Johnson&Johnson). Non funziona cioè grazie alle molecole di acido ribonucleico messaggero (RNA) che contengono le istruzioni affinché le cellule della persona che si è vaccinata sintetizzino le cosiddette proteine Spike. “Non è l’RNA che produce proteine nelle cellule che poi suscitano risposta immunitaria, ma sono le stesse proteine del virus che vanno a legarsi con le proteine delle membrane cellulari, vengono considerate anche loro come estranee dall’organismo e quindi viene poi sviluppata la risposta immunitaria” spiega Garattini. Il Novavax non funziona neanche come un vaccino a vettore virale e cioè non utilizza un virus per portare all’interno della cellula la sequenza del codice genetico che codifica per la proteina Spike. Il Novavax si serve però di un adiuvante, la saponina, una sostanza chimica che, continua Garattini, “sembra che riesca a rafforzare la risposta immunitaria”.

Proprio perché basato su una una tecnologia più antica, che si serve anche di adiuvanti, secondo il professore, questo vaccino potrebbe “convincere maggiormente le persone che ancora sono reticenti a vaccinarsi”. Sono ancora 6,5 milioni le persone sopra i 12 anni d’età che non hanno cominciato il ciclo vaccinale e cioè non hanno fatto nemmeno una dose. Molte di questi sono in fascia lavorativa, fra i 30 e i 60 anni. Nella fascia tra i 40 e i 49 anni gli italiani “No Vax” sono oltre un milione e trecentomila. ”È il 10% della popolazione ed è un numero significativo, che favorisce la circolazione del virus” ha affermato Silvio Brusaferro, presidente dell’Iss. “Gli adiuvanti sono presenti in molti dei vaccini tradizionali, anche in quelli influenzali. Mentre queste sostanze non sono presenti nei vaccini come Pfizer o Astrazeneca, che invece presentano un contenuto molto meno complesso” osserva Garattini. Secondo il professore è possibile che, se questo nuovo vaccino viene propagandato come più simile a quelli tradizionali, alcuni No Vax si convincano ad effettuare il vaccino. “Anche se – ribadisce il professore – non c’è nessuna ragione scientifica che possa portare a pensare che Novavax sia meglio degli altri vaccini.

L’efficacia, stando agli studi effettuati finora, è più o meno uguale”. 

Di Novavax si dice anche che abbia meno effetti collaterali rispetto ai vaccini contro il covid già in commercio. Garattini, però, su questo punto è ancora una volta molto prudente. “Non si sa ancora se abbia meno effetti collaterali rispetto agli altri vaccini. Per fare confronti con gli altri vaccini bisogna avere anche la stessa base di applicazione. Novavax finora è stato somministrato e quindi studiato solo su poche migliaia di persone. Gli effetti collaterali invece si desumono dalla somministrazione a centinaia di milioni di persone” chiarisce.

Un vaccino che è arrivato non a caso molti mesi dopo quelli a mRNA o a vettore virale, “perché è stato creato proprio per essere diverso da tutti gli altri”, dice Garattini. “L’idea alla base della creazione dei vaccini è che possano avere una breve durata a causa delle varianti. Allora si cerca di studiare vaccini che siano sempre diversi. È probabile che vengano prodotti anche altri vaccini se, come si pensa al momento, le somministrazioni dovranno avvenire ogni anno” spiega ancora il professore. 

Tra i nuovi anti-Covid messi in commercio ci sarà probabilmente anche il “Vla2021” sviluppato dall’azienda francese Valneva. L’Ema dovrebbe approvarlo il prossimo anno. La Commissione europea ha già prenotato 24,3 milioni di dosi, che sono aumentabili a 60. Anche Vla2021 è un vaccino che potrebbe piacere ai No Vax. ”È un vaccino ancora più tradizionale, in cui viene inattivato il virus. Quindi il virus non può più crescere, ma le proteine dello stesso destano la risposta immunitaria. Il suo funzionamento è molto più vicino al vaccino contro la poliomielite” commenta Garattini. 

Nuovi vaccini dunque che potrebbero far cambiare idea ad una parte della popolazione No Vax. Su Novavax l’approvazione dell’Ema dovrebbe arrivare a breve. E non sono pochi coloro che sperano che, insieme alla campagna vaccinale sui bambini e l’effetto super Green Pass, il vaccino possa contribuire a far avvicinare al 90% di popolazione totale vaccinata. Garattini si mostra fiducioso, ma vuole attendere dati più certi. “L’effetto psicologico dato da un vaccino più tradizionale potrebbe esserci, ma bisogna vedere poi come si concretizza. Per ora la nostra è solo una speranza” conclude.   

Da huffpost.it

Obbligo vaccino prima e terza dose: chi non può più lavorare dal 15 dicembre

Dal 15 dicembre scatta l’obbligo di vaccinarsi contro il Covid per alcune categorie e di effettuare la terza dose booster per altre

Creative design for Coronavirus vaccine background. Covid-19 corona virus vaccination with vaccine bottle and syringe injection tool for covid19 immunization treatment.

Da mercoledì 15 dicembre scatta l’obbligo di vaccinarsi per alcune categorie di lavoratori, e di effettuare la terza dose booster per altre. Una delle novità più interessanti del nuovo decreto Covid approvato il 26 novembre è proprio l’imposizione dell’obbligo della terza dose di vaccino (qui i possibili effetti collaterali) ai soggetti per i quali la legge già prevedeva l’obbligo di vaccinazione, cioè per i sanitari e gli operatori delle RSA (qui chi deve prenotare la terza dose e come fare in ogni Regione).

L’estensione ha validità a decorrere dal 15 dicembre prossimo ed esclude la possibilità di essere adibiti a mansioni diverse.

Non solo. Il governo Draghi ha deciso di estendere l’obbligo vaccinale a ulteriori categorie, sempre a decorrere dal 15 dicembre. Ecco chi dovrà necessariamente vaccinarsi entro il 15 dicembre per poter continuare a lavorare:

  • personale amministrativo della sanità
  • docenti e personale amministrativo della scuola
  • militari
  • forze di polizia, compresa la polizia penitenziaria
  • personale del soccorso pubblico.

In tutti i casi descritti sopra dal 15 dicembre serve dunque il super green pass ottenuto da vaccinazione (qui i dati reali su quanto dura la protezione del vaccino e quando e quanto scende). Per tutti gli altri lavoratori per cui non vige l’obbligo vaccinale continua ad essere obbligatorio il green base “base”, cioè quello ottenibile anche solo con tampone rapido o molecolare.

Indice

Obbligo terza dose per i sanitari

Gli Ordini degli esercenti le professioni sanitarie, tramite le rispettive Federazioni nazionali, che operano in qualità di responsabili del trattamento dei dati personali, avvalendosi della Piattaforma nazionale digital green certificate (Piattaforma nazionale-DGC) eseguono immediatamente la verifica automatizzata del possesso dei green pass comprovanti lo stato di avvenuta vaccinazione anti SARS-CoV-2.

Qualora dalla Piattaforma nazionale-DGC non risulti l’effettuazione della vaccinazione anti SARS-CoV-2, anche con riferimento alla dose di richiamo successiva al ciclo vaccinale primario, l’Ordine professionale territorialmente competente invita l’interessato a produrre, entro 5 giorni dalla ricezione della richiesta, la documentazione comprovante l’effettuazione della vaccinazione oppure l’attestazione relativa all’omissione o al differimento, o la presentazione della richiesta di vaccinazione, da eseguirsi entro un termine non superiore a 20 giorni dalla ricezione dell’invito, o comunque l’insussistenza dei presupposti per l’obbligo vaccinale.

In caso di presentazione di documentazione attestante la richiesta di vaccinazione, l’Ordine invita l’interessato a trasmettere immediatamente e comunque non oltre 3 giorni dalla somministrazione, la certificazione attestante l’adempimento all’obbligo vaccinale.

Decorsi i termini, se l’Ordine professionale accertasse ancora il mancato adempimento dell’obbligo vaccinale, anche con riguardo alla dose di richiamo, ne dà comunicazione alle Federazioni nazionali competenti e, per il personale che abbia un
rapporto di lavoro dipendente, anche al datore di lavoro. L’atto di accertamento determina l‘immediata sospensione dall’esercizio delle professioni sanitarie ed è annotato nel relativo albo professionale.

La sospensione è efficace fino alla comunicazione da parte dell’interessato all’Ordine territoriale competente e, per il personale che abbia un rapporto di lavoro dipendente, anche al datore di lavoro, del completamento del ciclo vaccinale primario e, per i professionisti che hanno completato il ciclo vaccinale primario, della somministrazione della dose di richiamo e comunque non oltre il termine di 6 mesi a decorrere dal 15 dicembre 2021.

Per il periodo di sospensione non sono dovuti la retribuzione né altro compenso o emolumento, comunque denominato.

Per i professionisti sanitari che si iscrivono per la prima volta agli albi degli Ordini professionali territoriali l’adempimento dell’obbligo vaccinale è requisito ai fini dell’iscrizione fino alla scadenza del termine di 6 mesi a decorrere dal 15 dicembre 2021.

Per il periodo in cui la vaccinazione è omessa o differita, il datore di lavoro adibisce i soggetti a mansioni anche diverse, senza decurtazione della retribuzione, in modo da evitare il rischio di diffusione del contagio da SARS-CoV-2.

Obbligo almeno prima dose per nuove categorie di lavoratori

Per quanto riguarda l’obbligo di vaccinazione almeno prima dose, dal 15 scatta per:

  • personale scolastico del sistema nazionale di istruzione, delle scuole non paritarie, dei servizi educativi per l’infanzia, e anche dei centri provinciali per l’istruzione degli adulti, dei sistemi regionali di istruzione e formazione professionale e dei sistemi regionali che realizzano i percorsi di istruzione e formazione tecnica superiore;
  • personale del comparto della difesa, sicurezza e soccorso pubblico e della polizia locale
  • personale che svolge a qualsiasi titolo la propria attività lavorativa nelle strutture di cui all’articolo 8-ter del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, ad esclusione di quello che svolge attività lavorativa con contratti esterni
  • personale che svolge a qualsiasi titolo la propria attività lavorativa alle dirette dipendenze del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria o del Dipartimento per la giustizia minorile e di comunità, all’interno degli istituti penitenziari per adulti e minori.

La vaccinazione costituisce requisito essenziale per lo svolgimento delle attività lavorative dei soggetti obbligati. I dirigenti scolastici e i responsabili delle istituzioni devono assicurare il rispetto dell’obbligo.

I soggetti verificano immediatamente l’adempimento dell’obbligo vaccinale acquisendo le informazioni necessarie. Anche qui nei casi in cui non risulti l’effettuazione della vaccinazione anti SARS-CoV-2 o la presentazione della richiesta di vaccinazione, i soggetti invitano l’interessato a produrre, entro 5 giorni dalla ricezione dell’invito, la documentazione comprovante l’effettuazione della vaccinazione oppure l’attestazione relativa all’omissione o al differimento, o la presentazione della richiesta di vaccinazione da eseguirsi in un termine non superiore a 20 giorni dalla ricezione dell’invito, o comunque l’insussistenza dei presupposti per l’obbligo vaccinale.

In caso di presentazione di documentazione attestante la richiesta di vaccinazione, i soggetti invitano l’interessato a trasmettere immediatamente e comunque non oltre 3 giorni dalla somministrazione, la certificazione attestante l’adempimento all’obbligo vaccinale. In caso di mancata presentazione della documentazione i soggetti accertano l’inosservanza dell’obbligo vaccinale e ne danno immediata comunicazione scritta all’interessato.

L’atto di accertamento dell’inadempimento determina l’immediata sospensione dal diritto di svolgere l’attività lavorativa, senza conseguenze disciplinari e con diritto alla conservazione del rapporto di lavoro.

Per il periodo di sospensione, non sono dovuti la retribuzione né altro compenso o emolumento, comunque denominati. La sospensione è efficace fino alla comunicazione da parte dell’interessato al datore di lavoro dell’avvio o del successivo completamento del ciclo vaccinale primario o della somministrazione della dose di richiamo, e comunque non oltre il termine di sei mesi a decorrere dal 15 dicembre 2021.

I dirigenti scolastici e i responsabili delle istituzioni provvedono alla sostituzione del personale docente sospeso mediante l’attribuzione di contratti a tempo determinato che si risolvono di diritto nel momento in cui i soggetti sostituiti, avendo adempiuto all’obbligo vaccinale, riacquistano il diritto di svolgere la propria attività lavorativa.

Sanzioni

Lo svolgimento dell’attività lavorativa in violazione dell’obbligo vaccinale è punito con una sanzione e restano ferme le conseguenze disciplinari secondo i rispettivi ordinamenti di appartenenza.

La sanzione è comminata dal prefetto ed è stabilita nel pagamento di una somma da 600 a 1.500 euro.

da quifinanza.it

Il vaccino antiinfluenzale può ridurre del 14% il rischio Covid

Lo rivela la metanalisi di studi osservazionali che hanno coinvolto Italia, Spagna, Israele e Stati Uniti pubblicata su Vaccines

La vaccinazione influenzale sembra in grado di ridurre del 14% il rischio di infezione da Sars-CoV-2: lo suggerisce la metanalisi di studi osservazionali che hanno coinvolto Italia, Spagna, Israele e Stati Uniti pubblicata su Vaccines. Nel caso in cui avvenga il contagio, si avrà  in altri termini un Covid meno grave”.   Lo ha detto il presidente della Società italiana di gerontologia e geriatria (Sigg) Francesco Landi (nella foto), in occasione del congresso nazionale che si tiene a Roma.   Landi ha spiegato che questo risultato “probabilmente è merito della cosiddetta trained immunity, il fenomeno per cui dopo una vaccinazione di qualsiasi tipo c’è un incremento e un’accelerazione della risposta immunitaria in caso di contatto con un altro agente patogeno.  L’antinfluenzale insomma ‘allena’ il sistema immunitario e in caso di contatto con il coronavirus può ridurre le possibilità di positività da Covid grazie alla maggiore azione antivirale”. Per i geriatri l’esito della metanalisi rafforza la raccomandazione della circolare del Ministero della Salute di aderire con fiducia alla somministrazione dei due vaccini offerti gratuitamente dal Ssn.

Al via dal 25 ottobre la vaccinazione antinfluenzale

La vaccinazione antinfluenzale lo scorso anno ha registrato un incremento dell’11% dei vaccinati e speriamo che lo stesso accada quest’anno, per raggiungere l’obiettivo del 75% di copertura negli over 65 e ridurre l’impatto dell’influenza – dice Stefania Maggi, dell’Istituto di Neuroscienze del CNR Sezione di Padova – ogni anno l’influenza colpisce dal 40 al 50% dei soggetti a rischio, fra cui gli anziani, e in media è responsabile di 8000 decessi. Il virus aumenta di 10 volte il rischio di infarto, di 8 volte quello di polmonite. Oltre il 60% dei ricoveri per influenza si concentra fra gli over 65, con costi che sono doppi rispetto alle altre classi di età. La co-somministrazione del vaccino antinfluenzale con la terza dose di anti-Covid è possibile ed è un ottimo scudo anche e soprattutto per gli anziani fragili”.   Anche altri due vaccini sono fondamentali negli over 65, l’anti-pneumococcica e l’anti-Herpes Zoster: lo pneumococco infatti è la causa più comune di polmonite fra gli anziani ed è letale nel 20-40% dei casi, l’Herpes Zoster o Fuoco di Sant’Antonio è causato dalla riattivazione del virus della varicella frequente soprattutto dai 50 anni in poi ed è responsabile in un caso su 5 di una dolorosissima nevralgia post-erpetica.

da www.dottnet.it/

IMPATTO STIMATO DEL LONG COVID

Da dottnet.it

Il tasso stimato di sintomi post-infezione è risultato pari al 49% in Asia, 44% in Europa e 30% in Nord America

Basandosi sulla revisione di 40 precedenti studi condotti in 17 Paesi, i ricercatori dell’Università del Michigan stimano che oltre il 40% dei sopravvissuti al Covid in tutto il mondo abbia avuto o abbia effetti persistenti dopo la malattia. La prevalenza aumenta al 57% tra i sopravvissuti che sono stati ricoverati.  Gli studi revisionati hanno esaminato le esperienze dei pazienti con il cosiddetto long Covid, definito così in base alla presenza di sintomi nuovi o persistenti dopo quattro o più settimane dall’infezione. Il tasso stimato di sintomi post-infezione è risultato pari al 49% in Asia, 44% in Europa e 30% in Nord America. Tra i sintomi più comuni, l’astenia è stata segnalata dal 23% delle persone, mentre dispnea, dolore articolare e problemi di memoria interessano ognuno il 13% dei soggetti. “Sulla base della stima dell’OMS di 237 milioni di infezioni da COVID-19 in tutto il mondo, possiamo dire che circa 100 milioni di individui attualmente presentano o hanno presentato conseguenze a lungo termine del COVID-19 sulla salute”, concludo gli autori dello studio.

NUOVA “ARMA” ITALIANA PER COMPATTERE IL COVID

da dottnet.it

C’è una nuova strada per ostacolare l’ingresso nelle cellule del virus SarsCoV2 e delle sue varianti. E’ diversa sia dai vaccini sia dagli anticorpi monoclonali, e si candida a essere la terza arma contro il virus responsabile della pandemia di Covid-19. E’ una tecnica di precisione messa a punto in Italia, dove è già stato registrato un brevetto, è pubblicata sulla rivista Pharmacological Research e si deve alla collaborazione fra Istituto Italiano di Tecnologia (IIT), Scuola Superiore Sant’Anna e Università di Milano.

tre gruppi di ricerca, guidati rispettivamente da Paolo Ciana (università di Milano), Vincenzo Lionetti (Scuola Superiore Sant’Anna) e Angelo Reggiani (Iit), hanno deciso di spostare l’attenzione dalle caratteristiche del virus a quelle della cellula umana bersaglio del virus. Per questo la tecnica non guarda alla proteina Spike, che il SarsCoV2 usa come un grimaldello molecolare per entrare nella cellula, ma si concentra sulla principale porta d’ingresso che il SarsCoV2 utilizza per entrare nelle cellule, ossia il recettore Ace2. Prendendo di mira la porta d’ingresso anziché il virus diventa infatti automatico riuscire a bloccare tutte le possibili varianti.  “Il nostro approccio porta una novità significativa al paradigma terapeutico”, scrivono i ricercatori nell’articolo. “Protegge infatti la cellula bersaglio del virus invece di concentrarsi sul virus e questo – osservano – è particolarmente interessante alla luce del numero crescente di mutazioni del virus che potrebbero sfuggire alle attuale strategie di immunizzazione”.

Il punto di partenza sono stati filamenti di acidi nucleici chiamati aptameri, capaci di legarsi a molecole e proteine. Con l’aiuto del computer, i ricercatori ne hanno individuato uno che si lega alla regione del recettore Ace2 chiamata K353 e che interagisce anche con una delle chiavi molecolari del virus. Se il filamento di acido nucleico occupa la serratura usata dal virus, quest’ultimo non può azionare la sua chiave e di conseguenza non riesce a entrare nella cellula.

Al momento la ricerca italiana ha scoperto due aptameri anti K353. “Grazie a questo studio – osservano i ricercatori – sarà adesso possibile sviluppare un nuovo approccio terapeutico di precisione per prevenire l’infezione da Covid-19 in forma grave, senza stimolare il sistema immunitario o avere effetti collaterali importanti correlati ai più famosi farmaci costituiti da anticorpi monoclonali o altre proteine terapeutiche. In questo senso, infatti, le potenziali tossicità degli acidi nucleici come farmaci sono di gran lunga inferiori rispetto ad altri farmaci innovativi come gli anticorpi monoclonali o altre proteine terapeutiche”.

IMMUNITA’ VACCINALE COVID A DISTANZA DI 6 MESI

Lo studio di Science che compara la protezione Pfizer, Moderna e Johnson&Johnson negli Usa. Astra Zeneca non è stato esaminato perché non approvato dalla Fda

Uno studio pubblicato su Science fa chiarezza sulla durata dell’immunità che garantiscono i vaccini. Rilevando che ci sono differenze tra la variante Alpha (la prima) e la Delta che ormai è la più diffusa. La ricerca – condotta tra il febbraio e ottobre 2021  – pubblicata sulla nota rivista scientifica ha avuto una platea molto ampia ovvero quella dei veterani Usa composta da 780.225 veterani (di cui 498.148 completamente vaccinati). I dati ottenuti hanno confermato che con l’arrivo della variante Delta (la mutazione prima chiamata indiana che ha già sviluppato una variante plus) il limite della protezione offerti dai vaccini è al massimo è a sei mesi, prima che lo scudo s’indebolisca. Ma lo studio del Public Health Institute di Oakland, dal Veterans Affairs Medical Center di San Francisco e dall’University of Texas Health Science Center fa emergere anche che il monodose Johnson&Johnson sviluppato dalla divisione vaccini Janssen perde maggiore efficacia. Per cui anche in Italia l’Aifa ha dato il via libera al richiamo con Pfizer o Moderna per chi è stato immunizzato con il vaccino a vettore virale. La ricerca non riguarda il vaccino Astrazeneca su cui negli Stati Uniti si era aperta una complessa polemica sui dati.

L’analisi ha, dunque, fotografato una situazione di sostanziale paritaria efficacia tra i tre composti per prevenire l’infezione di Sars Cov 2: la protezione da contagio era 86,4% per i vaccinati con Janssen (Johnson&Johnson); 86,9% per i vaccinati con Pfizer-Biontech e 89,2% per i vaccinati con Moderna. Quando Delta ha soppiantato Alpha (la variante inglese), lo scenario è mutato. A distanza di sei mesi l’efficacia della protezione era scesa al: 13,1% per i vaccinati con il monodose a vettore virale (J&J); al 43,3% per gli immunizzati con Pfizer-BioNTech; 58% per i vaccinati con l’altro composto sviluppato con la tecnica dell’Rna messaggero (moderna). In Germania, uno degli Stati più colpiti in Europa dalla nuova ondata di Covid, secondo quanto riporta il Coirriere della Sera, il Robert Koch Institute ha segnalato che circa il 26% dei pazienti è completamente vaccinato, con un numero che sale al 34% per i ricoverati over 60. L’Istituto ha anche reso noto che le infezioni tra i vaccinati sono percentualmente più comuni tra chi è vaccinato con il monodose. Nello stesso studio di Science i ricercatori hanno rilevato che la vaccinazione ha fornito una buona protezione contro la morte nelle persone infette e questo beneficio è stato osservato per i vaccini Moderna, Pfizer-BioNTech e Janssen durante l’ondata di Delta, sebbene il beneficio fosse maggiore per Moderna e Pfizer-BioNTech rispetto ai vaccini Janssen. I risultati supportano la conclusione che i vaccini COVID-19 rimangono lo strumento più importante per prevenire l’infezione e la morte. I vaccini dovrebbero essere accompagnati da misure aggiuntive sia per le persone vaccinate che per quelle non vaccinate, tra cui mascheratura, lavaggio delle mani e distanza fisica. È essenziale implementare interventi di sanità pubblica, come test strategici per il controllo delle epidemie, passaporti vaccinali, mandati di vaccinazione basati sull’occupazione, campagne di vaccinazione per bambini e adulti idonei e messaggi coerenti dalla leadership della sanità pubblica di fronte all’aumento del rischio di infezione dovuta al Delta e ad altre varianti emergenti.

Picture shows illustration for the coronavirus vaccine in Zagreb, Croatia, August 14, 2020. A Covid-19 vaccine being developed by Pfizer and Germany’s BioNTech has been found to be more than 90 per cent effective Photo: Zeljko Lukunic/PIXSELL (Zagreb – 2020-08-14, Zeljko Lukunic/PIXSELL / IPA) p.s. la foto e’ utilizzabile nel rispetto del contesto in cui e’ stata scattata, e senza intento diffamatorio del decoro delle persone rappresentate

TERZA DOSE ANCHE PER GLI ULTRAQUARANTENNI

Dal primo dicembre terza dose di vaccino covid in Italia per i cittadini tra i 40 e i 60 anni di età. Lo annuncia il ministro della Salute, Roberto Speranza, nel corso del Question time alla Camera. 

“Consideriamo la terza dose assolutamente strategica. A stamattina, la dose booster è stata offerta a 2.409.596 persone, oggi supereremo i 2,5 milioni. Abbiamo iniziato da immunodepressi, personale sanitario, fragili di ogni età, over 60 e da chi ha avuto la dose unica di Johnson & Johnson. Con il confronto svolto nelle ultime ore con la nostra comunità scientifica, voglio annunciare al Parlamento che facciamo l’ulteriore passo in avanti. La scelta è di proseguire per fasce anagrafiche: dal primo dicembre, nel nostro paese, saranno chiamati alla dose aggiuntiva, al richiamo, anche le fasce generazionali di chi ha tra i 40 e i 60 anni”, dice Speranza.

Sempre durante il question time, Speranza ha parlato del Green Pass per le persone guarite, che dura 6 mesi, cioè la metà di quello dei vaccinati. “Il governo intende avviare un percorso di approfondimento per acclarare se vi siano le condizioni per valutare diversamente il certificato verde rilasciato ai guariti. Le evidenze suggeriscono che il rischi di reinfezione è basso se esposizione a variante si verifica entro 3-6 mesi dalla diagnosi iniziale”.

Da avvenire.it

NIENTE CONTROLLI SE IL GREEN PASS VIENE DATO AL DATORE DI LAVORO

Con 199 voti favorevoli38 contrari e nessun astenuto, il Senato ha approvato il nuovo decreto legge contenente nuove semplificazioni sull’obbligo di Green pass sui luoghi di lavoro. Tra gli emendamenti approvati in commissione Affari costituzionali del Senato c’è la semplificazione delle verifiche della certificazione verde anche al settore privato. Sostanzialmente, i dipendenti delle aziende private potranno «richiedere di consegnare al proprio datore di lavoro la copia della propria certificazione verde Covid-19» in modo tale che il datore, o chi ne ha la delega, non debba effettuare controlli sui dipendenti fino a quando il Green pass è valido.

Con un altro emendamento, relativo alle aziende con meno di 15 dipendenti, viene prolungato il periodo in cui i datori di lavoro possono sospendere o sostituire un lavoratore privo di certificazione verde. Attualmente un dipendente privo di Green pass viene segnalato come assente ingiustificato e dopo cinque giorni d’assenza può rischiare di esser sospeso e rimanere senza paga per un massimo di dieci giorni, rinnovabili una volta sino al 31 dicembre 2021. Con l’emendamento viene specificato che i dieci giorni sono lavorativi, mentre viene meno la clausola del possibile rinnovo univoco.

Insomma, il lavoratore che ha accumulato cinque giorni di assenze ingiustificate potrà essere sospeso anche più di due volte, sempre però entro il 31 dicembre 2021. Salvo proroghe. Novità anche per i lavori in somministrazione. Attualmente il controllo del Green pass è in capo sia all’agenzia di somministrazione sia a carico dell’azienda dove il lavoratore effettua la propria prestazione. Con questo emendamento il duplice controllo verrebbe meno, poiché il controllo spetterebbe solo all’azienda presso cui il lavoratore svolge la propria prestazione lavorativa.

Un altro emendamento riguarda invece la scadenza del Green pass durante l’orario lavorativo. Qualora la certificazione verde dovesse scadere nel mezzo dell’orario di lavoro, il dipendente può continuare a lavorare sino alla fine del proprio turno e non viene applicata a suo carico alcuna sanzione amministrativa. Rischia invece una multa dai 600 ai 1500 euro il lavoratore che, in caso di controllo, viene trovato in possesso di un Green pass scaduto dopo un’ora dall’inizio della prestazione lavorativa. Nel dl sono inoltre state introdotte misure urgenti in materia di test antigenici rapidi, nonché la proroga fino al 31 dicembre 2021 dei prezzi calmierati dei test rapidi per rilevare l’eventuale contagio. Da open.online

I VANTAGGI DELLA TERZA DOSE

Da doctor33

Secondo uno studio pubblicato su medRxiv (non sottoposto a peer-review), una terza dose del vaccino Pfizer potrebbe porre un freno alla trasmissione di SARS-CoV-2, riducendo la possibilità di infezione negli individui non vaccinati e le infezioni saltuarie negli individui vaccinati. «I vaccini hanno notevolmente ridotto l’impatto del COVID-19 a livello globale. Sfortunatamente, le prove indicano che l’immunità diminuisce dopo la vaccinazione, specialmente con la variante Delta. La protezione contro le malattie gravi e il decesso rimane elevate, ma quella contro le malattie e le infezioni più lievi diminuisce in modo significativo» spiega Billy Gardner, della University of California, Santa Cruz, primo autore dello studio.

Una terza dose di richiamo dei vaccini a due dosi è stata approvata in diversi paesi per gli individui a più ad alto rischio di forme gravi della malattia, ma il vantaggio di aumentare l’immunità negli individui sani più giovani e gli effetti sulla trasmissione sono meno chiari. I ricercatori hanno utilizzato le relazioni tra i titoli anticorpali neutralizzanti e la protezione del vaccino contro l’infezione e la trasmissione, combinati con i dati sulla diminuzione e l’aumento dei titoli anticorpali neutralizzanti, per esaminare l’impatto di una terza dose del vaccino Pfizer su infezione e su trasmissione, e sull’indice Rt. Ebbene, dopo otto mesi la protezione del vaccino Pfizer contro tutte le infezioni si è ridotta dall’80,0% al 60,4%, mentre una terza dose ha aumentato la protezione fino all’87,2%. L’aumento della protezione contro l’infezione e la trasmissione delle terze dosi ha ridotto l’indice Rt di una quota che andava dal 21% al 66% a seconda della copertura vaccinale e dell’infezione precedente, e l’ha portato al di sotto di 1 quando la copertura vaccinale era alta o i tassi di contatto erano ben al di sotto dei livelli pre-pandemici. «Anche se la vaccinazione di individui non coperti del tutto, specialmente nei paesi in via di sviluppo, sarebbe più efficace per ridurre la malattia rispetto a fornire una terza dose agli individui vaccinati, il beneficio di una terza dose nel ridurre la trasmissione è considerevole, e aumenta con la copertura vaccinale e i tassi di contatto tra gli individui» concludono gli autori.

TERZA DOSE PER I SANITARI IN LOMBARDIA

A partire dalle ore 14 di lunedì 18 ottobre, gli operatori sanitari e socio sanitari possono prenotare la terza dose “booster” di vaccino anti Covid-19, sul portale ufficiale (https://prenotazionevaccinicovid.regione.lombardia.it/) e tramite call center 800 894 545. Lo rende noto la direzione generale Welfare di Regione Lombardia. La vaccinazione della terza dose a tutti gli operatori sanitari avviene senza differenziazione di età.

Regione Lombardia – si legge in una nota della direzione Welfare – vista la priorità nella salvaguardia dei pazienti in ospedale e nelle strutture sanitarie, in analogia alle Rsa, consente la vaccinazione della terza dose a tutti gli operatori sanitari senza differenziazione di età. L’indicazione riguarda tutti i cittadini che esercitano le professioni sanitarie e gli operatori di interesse sanitario che svolgono le loro attività nelle strutture sanitarie, sociosanitarie e socio-assistenziali, pubbliche e private. Come pure nelle farmacie, parafarmacie e negli studi professionali”.

La terza dose può essere somministrata se sono passati almeno sei mesi dal completamento del ciclo vaccinale primario. In sede vaccinale si deve presentare l’autocertificazione con cui si dichiara di appartenere a questa categoria. ( Da milanotoday)