SICUREZZA SAFETY TU 81/08

COS ‘È L ‘HSE MANAGER

L’HSE manager è una delle figure emergenti nella moderna gestione ambientale, in quanto responsabile della soluzione dei problemi ambientali dell’impresa, guidandola tra obblighi, adempimenti, rischi ed opportunità.
Fino a poco fa essere HSE significava essere stati “investiti” di tale titolo senza alcuna necessaria preparazione specifica, il più delle volte trattandosi di una mera estensione delle competenze e del ruolo del RSPP.


 
Dal 2018 c’è però addirittura una specifica Norma UNI di riferimento, ed è a questa che oggi bisogna riferirsi.
 
Ma chi è l’HSE? Quali sono le sue vere responsabilità e competenze?

Qualcuno ancora oggi ci scrive per domandarcelo: “che cosa significa HSE Manager?”. La definizione di HSE può essere trovata comodamente su Wikipedia, la sintetizziamo qui di seguito per comodità.
 
HSE è l’acronimo di “Health, Safety & Environment” (letteralmente: Salute, Sicurezza e Ambiente): l’HSE Manager è la figura che si occupa della gestione di questi aspetti all’interno dell’ecosistema aziendale di attività e processi.
 
Un HSE si occupa della redazione e dell’aggiornamento di tutta la documentazione necessaria all’adempimento degli obblighi in materia di Sicurezza e Ambiente, della gestione dei sistemi di sicurezza e di tutela ambientale, mantiene i rapporti con le autorità competenti e gli enti certificatori.

Studia e realizza gli adeguamenti conseguenti alla promulgazione di nuove leggi e norme, risolve le prescrizioni e le non conformità, raccoglie ed elabora i dati relativi al monitoraggio ambientale (scarichi, rifiuti, emissioni, risorse energetiche, etc.).
 

Assicura l’implementazione dei requisiti di legge in materia di salute e Sicurezza sui luoghi di lavoro, D.Lgs 81/08.
Si occupa della valutazione dei rischi e dei piani di miglioramento, della verifica e gestione dei piani manutenzione, effettua indagini fisiche strumentali con supporto esterno, aggiorna le procedure.
 

E ancora dovrà verificare la disponibilità ed il corretto uso dei dispositivi di protezione individuale (DPI) e verificare le disposizioni del Piano Operativo di Sicurezza (POS), eventualmente segnalando le modifiche da apportare.

Per diventare HSE Manager un buon punto di partenza è una laurea a indirizzo tecnico, come Ingegneria Meccanica o Elettrotecnica o Gestionale o dell’Ambiente e del Territorio.
 

Ma sarà necessario superare diversi esami per poter ottenere le certificazioni necessarie per poter lavorare in questo ruolo.
 

Tra le conoscenze necessarie per il superamento di questi esami ci sono quelle relative alla normativa e alla responsabilità connesse alla sicurezza sul lavoro e alla tutela dell’ambiente, all’implementazione di un sistema di gestione integrato sicurezza, qualità, ambiente ed etica, alla modalità di conduzione degli audit, alla gestione della fase di analisi del rischio per un appropriato piano di prevenzione, al controllo economico per un corretto investimento nelle azioni di miglioramento e di riduzione dei rischi, alla diffusione della cultura della sicurezza e gestione dei conflitti, allo sviluppo del benessere organizzativo aziendale, alla gestione delle situazioni di emergenza.( Da tuttoambiente.it)

AUTOSTRADE PER L ‘ITALIA: UN ESEMPIO VIRTUOSO DI SICUREZZA.

da la repubblica


Sicurezza sul lavoro: sinergie, formazione e prevenzione per conseguire l’obiettivo ‘zero incidenti’

La tutela della salute dei lavoratori è essenziale per la piena realizzazione di una società civile, ma anche per il miglioramento delle performance delle imprese. Un esempio virtuoso arriva da un gruppo che sta portando avanti il suo impegno con uno sguardo rivolto a tutti gli ambi

Il tema della sicurezza sul lavoro è da tempo al centro del dibattito pubblico e continua ad alimentare il confronto tra politica, sindacati e aziende, con l’obiettivo di apportare interventi migliorativi che possano ridurre sempre di più il rischio e il tasso di infortuni. L’articolo 1 della nostra Costituzione, del resto, chiarisce espressamente come l’Italia sia una Repubblica fondata sul lavoro, presentato nell’articolo 4 come un diritto di ogni cittadino e nel contempo come un dovere, attraverso il quale contribuire al progresso della società.

La strada da compiere è ancora lunga, se consideriamo che, non appena la pandemia ha iniziato ad allentare la propria morsa, gli incidenti sono tornati a crescere, facendo registrare un +43,3% nel semestre gennaio-giugno 2022 rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Un elemento positivo è senza dubbio rappresentato dal calo dei morti, che però restano troppi. Rafforzare le normative, potenziare le attività di ispezione, investire in prevenzione, formazione e manutenzione, dunque, sono azioni necessarie per garantire un’adeguata tutela di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro, condizione imprescindibile per la piena realizzazione di una società civile e democratica.

Risultati concreti possono essere conseguiti soltanto mediante uno sforzo collettivo e, oltre alle istituzioni, anche aziende e imprese sono chiamate a offrire un importante contributo. In questa direzione si sta muovendo Autostrade per l’Italia che, in un contesto globale sempre più orientato verso la mobilità sostenibile, nel 2020 ha avviato una radicale riorganizzazione di tutti gli ambiti aziendali. Accanto agli oltre 21.5 miliardi di euro messi in campo per l’ammodernamento delle infrastrutture, ASPI ha varato una serie di programmi Next To, tra i quali riveste un ruolo fondamentale “Next to Safety”, che ha portato all’attivazione di iniziative per la sicurezza sul lavoro, la sicurezza dell’infrastruttura e della circolazione.

Per quanto riguarda la sicurezza dei lavoratori, in particolare, nel corso degli ultimi anni sono stati siglati una serie di accordi sindacali volti a favorire una proficua sinergia tra azienda, personale e organizzazioni datoriali. Tra questi spicca il protocollo di filiera firmato nel marzo scorso, che ha permesso di costituire una cabina di regia con le parti sociali per lo sviluppo di nuovi progetti e di condividere l’importanza della “Stop Work Authority”, ovvero l’autorità per ogni lavoratore di interrompere la sua attività qualora ritenga che non siano rispettate le misure di sicurezza e ci possano essere rischi concreti, per sé o per altri, di incorrere in incidenti, infortuni o malattie professionali.

Ad ottobre, invece, è stata siglata un’intesa con Inail, alla quale hanno aderito anche le organizzazioni sindacali dei lavoratori dei trasporti e delle costruzioni, che ha gettato le basi per una collaborazione, strutturata e permanente, finalizzata alla diffusione della prevenzione in tutta la filiera mediante azioni congiunte, comprese soluzioni sperimentali ad alto valore tecnologico e innovative metodologie di formazione. Questa iniziativa va ad affiancarsi ad “Active Safety Value”, programma per lo sviluppo della cultura della sicurezza nel Gruppo ASPI, con il fattivo contributo dei dipendenti.

«La sostenibilità, come ci ricorda il terzo obiettivo dell’Agenda 2030 dell’ONU, passa anche attraverso la sicurezza e la salute delle persone», commenta Gian Luca Orefice, responsabile Capitale Umano, Organizzazione e HSE di Autostrade per l’Italia. Il Gruppo ASPI, pertanto, porta avanti il suo impegno con uno sguardo ampio e rivolto all’intero settore in cui opera, percorrendo tutte le strade possibili.

«La sicurezza sul lavoro – prosegue Orefice – non deve essere percepita come un costo, ma come un fattore di innovazione e miglioramento della qualità organizzativa e delle performance dell’impresa. È per questo che la nostra politica aziendale ha come obiettivo principale quello di raggiungere il traguardo di ‘zero incidenti’, senza alcuna deroga».

LE NUOVE TECNOLOGIE DELLA SICUREZZA SUL LAVORO: DPI E IOT

Le nuove tecnologie influenzano sempre di più il nostro quotidiano, contribuendo a ridisegnare le nostre abitudini e pure il lavoro. Da questo punto di vista, il connubio tra IoT e Dpi rappresenta una svolta significativa nel campo della tutela della sicurezza sui luoghi di lavoro. L’adozione di dispositivi di protezione individuale, resi smart grazie all’Internet of Things, può contribuire a ridurre in modo sensibile il rischio d’infortuni.

link:

FORMAZIONE OBBLIGATORIA PER TUTTI I MEDICI IN RADIOPROTEZIONE.

Con una nota a firma del Direttore Generale del Ministero della Salute prof. Giovanni Rezza è stato chiaramente ribadito l’obbligo per tutti i medici specialisti di acquisire nel triennio 2020-2022 crediti formativi in tema di radioprotezione.

Tale obbligo di fatto applica l’articolo art. 162 del d.lgs. 31 luglio 2020, n. 101 in tema di “Radiazioni ionizzanti”.

Il comma 4 dell’articolo 162 del citato Decreto Legislativo recita: “I crediti specifici in materia di radioprotezione devono rappresentare almeno il 10% dei crediti complessivi previsti nel triennio per i medici specialisti, i medici di medicina generale, i pediatri di famiglia, i tecnici sanitari di radiologia medica, gli infermieri e gli infermieri pediatrici, e almeno il 15% dei crediti complessivi previsti nel triennio per gli specialisti in fisica medica e per i medici specialisti e gli odontoiatri che svolgono attività complementare“.

Ad ulteriore precisazione, la nota del Prof. Rezza riporta: “I medici di qualsiasi specializzazione e modalità di esercizio della professione sono tenuti alla formazione e aggiornamento ECM dì radioprotezione in quanto tutti potenziali prescriventi, inclusi gli odontoiatri”.

I chiarimenti contenuti nella citata nota sono stati inviati dietro specifica richiesta del presidente della FNOMCeO, dr. Filippo Anelli.

Per coloro che sono interessati ad approfondire la problematica alleghiamo la nota inviata dal dr. Anelli e la risposta del prof. Rezza, nonché copia dell’art. 162 del d.lgs. 101/2020.

I RISCHI LAVORATIVI NELLE LAVANDERIE INDUSTRIALI.

da Inail.it

La pubblicazione esamina i rischi lavorativi delle lavanderie industriali, le quali esercitano attività a supporto di diverse realtà produttive, principalmente il comparto ospedaliero e quello ricettivo (alloggi e ristorazione), attraverso il noleggio e il lavaggio di materiali tessili e, se necessario, la loro sterilizzazione. Le aziende tecnologicamente più avanzate effettuano anche la fornitura e la manutenzione di abiti da lavoro e di kit sterili per sale operatorie.

Immagine Analisi dei rischi lavorativi nelle lavanderie industriali

Sebbene il comparto abbia un’utilità sociale fondamentale, esso risulta ancora molto poco investigato dal punto di vista igienistico-industriale. Per tale motivo e allo scopo di colmare tale lacuna, la Consulenza tecnica accertamento rischi e prevenzione e la Consulenza statistico attuariale dell’Inail, in collaborazione con Assosistema Confindustria, hanno realizzato l’opuscolo “Analisi dei rischi nelle lavanderie industriali”. Il lavoro analizza in maniera approfondita due aspetti complementari: da una parte i dati statistici relativi ad aziende e addetti assicurati all’Istituto – con la descrizione del fenomeno infortunistico e tecnopatico dal 2016 al 2021 – e dall’altra alcuni specifici rischi cui possono essere esposti i lavoratori. Questi i rischi presi in esame: esposizione ad agenti biologici, esposizione ad agenti chimici, movimentazione manuale dei carichi, assunzione di posture incongrue, esposizione a campi elettromagnetici e rischi correlati alla manutenzione delle attrezzature di lavoro. Per ciascun rischio considerato, sono descritte le principali misure di prevenzione e di protezione (individuali e collettive).


Prodotto: Volume
Edizioni: Inail – 2022
Disponibilità: Momentaneamente consultabile solo in rete
Info: dcpianificazione-comunicazione@inail.it

CHE COS’È UN BCP BUSINNESS CONTINUITY PLAN.

da ibm.com

Cosa è un business continuity plan?

Un business continuity plan è un documento che delinea come un’azienda continuerà ad operare durante un’interruzione non pianificata del servizio. È più completo di un piano di disaster recovery e comprende piani di emergenza per i processi aziendali, i beni, le risorse umane e i partner commerciali – ogni aspetto del business che potrebbe essere colpito.

I piani contengono tipicamente una checklist che include le forniture e le apparecchiature, il backup dei dati e le ubicazioni del sito di backup. I piani possono anche identificare gli amministratori del piano e includere informazioni di contatto per i soccorritori di emergenza, il personale principale e i fornitori di siti di backup. I piani possono fornire strategie dettagliate su come salvaguardare le operazioni commerciali dalle interruzioni sia a breve che a lungo termine.

Un componente fondamentale di un BCP è un piano di disaster recovery che include le strategie per gestire le interruzioni IT su reti, server, personal computer e dispositivi mobili. Il piano riguarda la possibilità di ristabilire la produttività degli uffici e il software aziendale in modo che le esigenze aziendali principali possano essere soddisfatte. Nel piano è necessario delineare i workaround manuali richiesti per far sì che le operazioni possano continuare fino al ripristino dei sistemi informatici.

Esistono tre aspetti principali in un piano di business continuity per le applicazioni e i processi fondamentali:

  • Elevata disponibilità: predisporre la capacità e i processi affinché un’azienda disponga dell’accesso alle applicazioni indipendentemente dai guasti locali. Questi guasti possono presentarsi nei processi aziendali, nelle strutture fisiche o nell’hardware o software IT.
  • Attività continue: salvaguardare la capacità di mantenere il funzionamento durante un’interruzione, così come durante le operazioni pianificate quali i backup programmati o la manutenzione programmata.
  • Disaster recovery: determinare una strategia di ripristino per un centro dati in un sito diverso se un disastro dovesse distruggere il sito principale o dovesse renderlo inutilizzabile.

Evoluzione dei business continuity plan

La pianificazione della continuità operativa è emersa dalla pianificazione del disaster recovery nei primi anni ’70. Le organizzazioni finanziarie, come le banche e le compagnie di assicurazione, hanno investito in siti alternativi. I nastri di backup erano conservati in siti protetti lontano dai computer. Gli sforzi di recupero sono stati quasi sempre innescati a seguito di un incendio, un’inondazione, una tempesta o altre devastazioni. Gli anni ’80 hanno visto la crescita di siti commerciali di recupero che offrivano servizi informatici su base condivisa, ma la priorità era ancora solo il recupero informatico.

Gli anni ’90 hanno portato un forte aumento della globalizzazione aziendale e la pervasività dell’accesso ai dati. Le aziende pensavano al di là del disaster recovery e in modo più olistico all’intero processo di business continuity. Le aziende si sono rese conto che senza un accurato piano di business continuity avrebbero potuto perdere clienti e vantaggio competitivo. Allo stesso tempo, la pianificazione della business continuity stava diventando più complessa perché doveva tenere in considerazione architetture applicative come applicazioni distribuite, elaborazione distribuita, dati distribuiti e ambienti informatici ibridi.

Le organizzazioni oggi sono sempre più consapevoli della loro vulnerabilità nei confronti degli attacchi informatici che possono paralizzare un business o distruggere permanentemente i relativi sistemi IT. Inoltre, la trasformazione digitale e l’iperconvergenza creano porte d’accesso involontarie a rischi, vulnerabilità, attacchi e fallimenti. I piani di business continuity devono includere una strategia di resilienza informatica che può aiutare un’azienda a resistere a incidenti informatici dirompenti. I piani tipicamente includono modi per difendersi da questi rischi, proteggere le applicazioni e i dati critici e riprendersi da una violazione o da un fallimento in un modo controllato e misurabile.

Esiste anche un problema relativo ai volumi di dati in rapida crescita. Applicazioni come il supporto decisionale, il data warehousing, il data mining e la gestione delle risorse dei clienti possono richiedere investimenti notevoli nello storage online.

Il ripristino dei dati non si presta più a un approccio unidimensionale. La complessa infrastruttura IT della maggior parte delle installazioni ha superato la capacità della maggior parte dei negozi di rispondere nel modo in cui lo facevano solo pochi anni fa. Alcuni studi di ricerca hanno dimostrato che senza un’adeguata pianificazione, le aziende che in qualche modo si sono riprese da un evento disastroso immediato spesso non sono sopravvissute a lungo.

IL RISCHIO LEGIONELLA NEI LUOGHI DI LAVORO.

Il fact sheet intende promuovere la valutazione e gestione del rischio di esposizione a Legionella spp. negli ambienti di vita e di lavoro in considerazione delle normativa vigente in materia di igiene e sicurezza sul lavoro (d.lgs. 81/2008), delle “Linee guida nazionali per la prevenzione e il controllo della legionellosi” (Accordo Conferenza Stato-Regioni del 7 maggio 2015) e della recente Direttiva (UE) 2020/2184 concernente la qualità dell’acqua per il consumo umano che ha introdotto un parametro pertinente la valutazione del rischio Legionella nell’acqua dei sistemi di distribuzione domestici.

Prodotto: Fact sheet
Edizioni:Inail 2022
Disponibilità: Consultabile solo in rete
Info: dcpianificazione-comunicazione@inail.it

IL PREPOSTO AL CENTRO DELLA SICUREZZA SUL LAVORO .

Articolo di Federico Lucia da” il fatto quotidiano”

L’imprescindibile diritto dei lavoratori di prestare la propria attività senza incorrere in infortuni e malattie ha, nel tempo, accentuato l’importanza del ruolo assunto dalla vigilanza. Il Preposto – e cioè colui che sovrintende e vigila sull’osservanza da parte dei singoli lavoratori sia degli obblighi di legge, sia delle disposizioni aziendali in materia di salute e sicurezza (d.lgs. 81/2008, cosiddetto Testo Unico) – è stato nel tempo ricondotto quasi ad una figura di “allenatore sul campo” della sicurezza, stante la sua centralità nel farsi portatore della cultura del “lavoro sicuro”.

Il recente D.L. 146 del 2021 è intervenuto per potenziarne ruolo e poteri, così da migliorare l’efficacia del più articolato sistema di vigilanza aziendale.

Identificare correttamente il Preposto è cruciale nelle realtà complesse

In una realtà complessa in cui per Datore di Lavoro e Dirigente risulta difficile verificare il regolare svolgimento dell’attività e l’adozione di comportamenti sicuri da parte dei lavoratori, il ruolo del Preposto assume un carattere imprescindibile sotto il duplice aspetto della leadership e dell’esperienza.

Trattasi infatti di una figura che dovrebbe distinguersi per livello di seniority (il lavoratore maggiormente esperto dell’attività o del processo lavorativo su cui è chiamato a vigilare) e anche per leadership, disponendo quindi di un adeguato e riconosciuto grado di autorità e autorevolezza tale per cui possa configurarsi un carattere di preminenza, se non gerarchica per lo meno funzionale, rispetto al team che è chiamato a coordinare.

Vi è di più: perché tale ruolo risulti efficace, il Preposto deve essere individuato tra le figure funzionalmente più vicine ai lavoratori che svolgono l’attività oggetto di presidio. Potremo definirlo quasi come il “capo di prossimità” del lavoratore e che, diversamente dagli altri manager, può intervenire prontamente e direttamente per modificare un comportamento insicuro ed impedire il verificarsi di un incidente.

Adeguata conoscenza del processo lavorativo, vicinanza al lavoratore, autorità e autorevolezza diventano quindi caratteristiche imprescindibili del Preposto. Un’errata scelta comporterebbe infatti, oltre che una criticità dal punto di vista organizzativo della sicurezza della sicurezza, anche la vanificazione della nomina: ricordo, infatti, che l’art. 299 del d.lgs. 81/2008 esplicita che la posizione di garanzia delle figure di Datore di Lavoro, Dirigente e Preposto grava su colui che esercita nel concreto (di fatto) i poteri direttivi associati a tali figure. A nulla gioverebbe al Datore di Lavoro, pertanto, formalizzare la nomina a Preposto ad una figura che non dispone delle caratteristiche sopra individuate: oltre ad essere priva di valore giuridico, lo esporre sia alle sanzioni derivate dalla mancata identificazione, che da quelle potenziali dovute alla mancata vigilanza.

I nuovi poteri del Preposto: da “allenatore” a vero e proprio “manager” della sicurezza

La vecchia formulazione del Testo Unico il Preposto vedeva il Preposto come colui chiamato a sovrintendere l’attività lavorativa, segnalando ai superiori gerarchici eventuali criticità di sicurezza rilevate. Solo in caso di pericolo grave ed immediato (emergenza) la legge poneva obbligo di intervento diretto con lo scopo di interrompere l’attività lavorativa.

È facile dunque comprendere come a tale figura, pur cruciale, fossero a conti fatti associati poteri più reattivi che proattivi, diminuendo enormemente la portata della sua funzione in chiave preventiva. Segnalare un’anomalia prevede infatti un gap temporale tra la rilevazione della stessa, la sua presa in carico e la sua risoluzione. Gli stessi preposti, poiché non adeguatamente coperti da un chiaro mandato derivante dalla Legge, si trovavano inermi di fronte a talune situazioni.

Il DL 146/2021 è intervenuto in maniera chiara e netta, esplicitando quei poteri direttivi che nella precedente formulazione non erano chiaramente definiti. 

Il Preposto è ora una figura proattiva, non soltanto reattiva: può interrompere l’attività lavorativa se ravvisa deficienze nelle attrezzature e nei dispositivi di sicurezza, così come nei comportamenti del lavoratore. Può inoltre richiamare direttamente il lavoratore che trasgredisce alle direttive di sicurezza, innescando in tal modo l’iter disciplinare interno, senza necessariamente dover attendere l’esito dell’escalation verso i superiori gerarchici.

Da allenatore sul campo, il Preposto è divenuto ora arbitro della partita, andando così a chiudere il cerchio su una vigilanza che prima era enunciata ma che risultava imperfetta nella sua applicazione reale. Ritengo tale evoluzione un importante passo avanti verso il raggiungimento di una cultura della sicurezza maggiormente pervasiva e capace di rispondere con forza alle mutevoli esigenze organizzative di un contesto lavorativo in continua evoluzione.

PIU’ ISPETTORI PER LA MEDICINA DEL LAVORO IN PIEMONTE

Il 28 novembre, nel corso della riunione del Comitato regionale di Coordinamento, verranno presentati il Piano di sviluppo delle attività di controllo sui luoghi di lavoro e di sorveglianza sulle malattie professionali e i Piani mirati di prevenzione facenti riferimento al Piano regionale della Prevenzione 2022.

Lo annuncia l’assessore regionale alla Sanità del Piemonte, Luigi Genesio Icardi, in apertura della Settimana europea dedicata alla Sicurezza sul lavoro.

L’obiettivo della Regione – osserva l’assessore Icardi – è di incrementare di 100 unità il numero di ispettori per le attività di controllo nelle imprese, con particolare attenzione ai settori più a rischio. Ad oggi, il Piemonte dispone di 200 operatori, tra cui medici, tecnici della prevenzione e ingegneri. L’obiettivo è, nel prossimo biennio, di raggiungere la dotazione di 300 risorse umane

L’assessore Icardi spiega inoltre come sia stato previsto il rilancio del sistema di sorveglianza epidemiologica, in modo da poter disporre di un quadro aggiornato dell’andamento degli infortuni e delle malattie professionali con l’analisi dei determinanti di rischio ad essi collegati.

Potenzieremo la rete della medicina del lavoro sull’intero territorio regionale – aggiunge Icardi – per consentire l’erogazione di prestazioni qualificate ai lavoratori che ne abbiano l’esigenza e svolgere delle attività di sorveglianza sanitaria sui soggetti esposti a determinanti di rischio (ad esempio l’amianto). Per l’acquisizione di personale sono già stati stanziati 12 milioni di euro, mentre per gli investimenti in strutture e apparecchiature, che consentiranno alle aziende sanitarie di investire nel settore della prevenzione, arriveranno ulteriori 10 milioni dal Piano Nazionale complementare al PNRR, programma 6 “Salute, ambiente, biodiversità e cambiamenti climatici

da regione Piemonte

LA SETTIMANA EUROPEA PER LA SICUREZZA E LA SALUTE SUL LAVORO

Da quotidiano sicurezza.

Dal 24 al 28 ottobre Eu-Osha celebrerà la “Settimana europea per la sicurezza e la salute sul lavoro”, appuntamento indetto per richiamare l’attenzione sulla cultura della sicurezza sul lavoro e sul tema della campagna Ambienti di lavoro sani e sicuri in corso.

#EUhealthyworkplace

Previsti eventi, seminari, incontri in tutta Europa. Il calendario completo è raccolto in questa pagina del sito della campagna Eu-Osha e potrà essere seguito attraverso #EUhealthyworkplace.

Il tema sarà ovviamente quello dei Dms e della campagna Ambienti di lavoro sani e sicuri – Alleggeriamo il carico, che si avvia alla conclusione nell’imminente summit di Bilbao del 14 e 15 novembre.

“È l’occasione ideale per partecipare alla campagna che sensibilizza alla prevenzione dei disturbi muscolo-scheletrici e all’importanza di affrontare i fattori di rischio psicosociali.