ambiente

SALUTE E SICUREZZA NELLE BIOTECNOLOGIE INDUSTRIALI.

da inail.it

In un’ottica di economia circolare degli scarti agroindustriali, i processi biotecnologici permettono di minimizzare i quantitativi di rifiuti da smaltire in discarica e di privilegiare prodotti di valore superiore rispetto all’energia e al compost.

Immagine Salute e sicurezza nelle biotecnologie industriali - Il progetto europeo Res Urbis

Perseguendo tale finalità, il progetto europeo RES URBIS ha inteso favorire la piena integrazione degli impianti di produzione di bio-prodotti con gli impianti tradizionali per la depurazione delle acque e/o il trattamento dei rifiuti.
A partire dall’analisi delle diverse fasi operative del processo biotecnologico, Inail ha contribuito al progetto valutando i rischi espositivi professionali ad agenti biologici, agenti chimici e ad atmosfere potenzialmente esplosive e definendo le misure di prevenzione e protezione più idonee a contenerli.


Prodotto: Volume
Edizioni: Inail – 2022
Disponibilità: Sì – Consultabile anche in rete
Info: dcpianificazione-comunicazione@inail.it

RADON UN RISCHIO INVISIBILE

È di questi giorni la notizia che in Italia un supermercato è stato chiuso per verificare se la presenza di concentrazioni di gas radon superi la soglia consentita dalle normative.

Il Radon è un gas radioattivo presente nel sottosuolo, nelle acque e in alcuni materiali utilizzati nelle costruzioni (ad esempio rocce, tufo e graniti). Tende a risalire in superficie e, senza un adeguato isolamento o una corretta aerazione, si accumula negli ambienti chiusi, specie quelli interrati o ai piani inferiori degli edifici come cantine, box, magazzini, caveau bancari, negozi, uffici ed abitazioni. Se la sua concentrazione nell’aria supera i limiti consentiti, risulta particolarmente pericoloso per gli occupanti, potendo causare l’insorgere del cancro al polmone (secondo l’organizzazione Mondiale della Sanità è la seconda causa di tale malattia dopo il fumo di tabacco).

La concentrazione di radon di un ambiente si misura in bequerel/m3 (Bq/m3). In Italia la legge 101/2020, che dà attuazione alla Direttiva Europea 2013/59 Euratom, fissa in 300 Bq/m3 il limite oltre il quale è imposto l’obbligo di intervento per ridurne la concentrazione. Solo qualora tutte le azioni messe in opera risultino insufficienti è ammesso agire riducendo i tempi di permanenza massima nei locali in questione.

Le soluzioni comunemente adottate per prevenire l’accumulo di radon negli spazi confinati consistono nel posizionamento di una guaina impermeabile al gas in corrispondenza delle fondamenta dell’edificio ovvero nella realizzazione di un vespaio aerato.(fonte edilportale)

LA RICERCA DEL CNR

Il gruppo di ricerca Epidemiologia Ambientale di IFC-CNR ha pubblicato di recente una revisione sistematica di letteratura sulla percezione, la consapevolezza e la conoscenza del rischio radon. Il gas radon, inquinante degli ambienti chiusi, è conosciuto dagli esperti ma non dal grande pubblico, ed è stata fatta su questo rischio poca comunicazione, anche se si tratta del rischio di tumore al polmone, se le persone sono esposte a determinati livelli. Il radon si trova solo in alcune zone, quelle in cui i suoli di origine vulcanica contengono radio, sostanza radioattiva che emana particelle che si degradano disperdendosi nell’aria, capaci di arrivare alle persone che le respirano. Gli strumenti di prevenzione del rischio sono ben noti e piuttosto semplici, come l’areazione forzata o l’isolamento dei locali.

Siamo in questo periodo nella fase di applicazione della Direttiva EURATOM (2013/59), che stabilisce le norme fondamentali di sicurezza relative alla protezione contro i pericoli derivanti dall’esposizione alle radiazioni ionizzanti. Ogni paese europeo deve stabilire lo stato della situazione e le azioni di prevenzione da intraprendere per proteggere i lavoratori e la popolazione in generale. Il Piano Radon ancora in vigore è del 2002, e in seguito a quelle direttive si cominciò a disegnare una mappa del rischio in ciascuna regione, mentre i Piani Nazionali di Prevenzione, che le Regioni adattano sui propri territori, già dal 2014 prevedono attività di monitoraggio e di prevenzione di questo importante inquinante interno.

La rassegna ha permesso di esaminare a fondo 40 articoli, di cui 4 scritti sulla base di esperienze italiane, e verificare quanto ci sia da fare in termini di diffusione delle conoscenze e comunicazione. Un lavoro sistematico è iniziato negli Stati Uniti già dagli anni ’80, in altri paesi le esperienze sono meno strutturate e approfondite, ma si constata che la percezione del rischio rimane bassa o molto bassa, a meno che le persone non vengano coinvolte direttamente, si offrano strumenti di misurazione, o si lavori nell’ambito di specifiche campagne di prevenzione del rischio di tumore al polmone. Il rischio radon infatti possiede caratteristiche che fanno in modo che sia facile minimizzarlo o evitare di porsi il problema: non è percepibile con i sensi, non provoca effetti evidenti, che sono anche lontani nel tempo, il tipo di rischio (tumore al polmone) è tipicamente mutifattoriale e si può sempre attribuire a qualcosa d’altro, bisogna fidarsi di chi da le informazioni e non pensare che abbia secondi fini. In questa revisione della letteratura sono state analizzate le dimensioni concettuali della percezione del rischio e la loro crescente complessità: comprensione e consapevolezza; percezione del rischio; comunicazione del rischio; disponibilità a eseguire test di monitoraggio del radon; attuazione di azioni di bonifica. Da tutti questi elementi si ricavano elementi utili alle azioni di prevenzione e alla comunicazione.(fonte il quotidiano nazionale)

Cori L, Curzio O, Donzelli G, Bustaffa E, Bianchi F. A Systematic Review of Radon Risk Perception, Awareness, and Knowledge: Risk Communication Options. Sustainability. 2022; 14(17):10505. https://doi.org/10.3390/su141710505

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ONE HEALTH: AMBIENTE E SALUTE

ISDE: «Medici e pandemia: necessaria visione ampia che guardi ad ambiente, squilibrio demografico, disuguaglianze socio-economiche e iniquità»

«Il Covid-19 ha rivelato interazioni complesse e inaspettate tra malattie trasmissibili e non trasmissibili, fattori ambientali e disuguaglianze socio-economiche. La pandemia Covid-19 è parte di una sindemia, nella quale popolazioni vulnerabili stanno subendo simultaneamente il peso crescente di malattie croniche, disabilità, alterazioni ambientali, squilibrio demografico, disuguaglianze sociali ed economiche»: così ISDE Italia-Associazione Medici per l’Ambiente.

«Il Covid-19 ha rivelato interazioni complesse e inaspettate tra malattie trasmissibili e non trasmissibili, fattori ambientali e disuguaglianze socio-economiche. La pandemia Covid-19 è parte di una sindemia, nella quale popolazioni vulnerabili stanno subendo simultaneamente il peso crescente di malattie croniche, disabilità, alterazioni ambientali, squilibrio demografico, disuguaglianze sociali ed economiche»: così l’intervento di ISDE Italia-Associazione Medici per l’Ambiente.

«L’articolo “Environmental health, Covid‑19, and the syndemic: internal medicine facing the challenge”, pubblicato su Internal and Emergency Medicine, mette in evidenza il legame indissolubile che c’è tra ambiente e salute e la necessità impellente di trattare le questioni sanitarie allargando lo sguardo a problematiche di tipo ambientale, sociale ed economico. L’approccio che auspicano gli autori è quello integrato “One Health”, basato sulla concezione della salute dell’uomo, dell’ambiente e degli animali come una sola salute» prosegue ISDE.

«La rivista su cui è stato pubblicato l’articolo è una delle riviste internazionali di riferimento per gli specialisti in medicina interna i quali hanno, secondo gli autori, conoscenze e competenze adatte a guidare questo cambiamento di paradigma perché “specialisti della complessità”» è ancora ISDE.

«Nell’articolo – afferma il Dr. Di Ciaula, primo autore e presidente del comitato scientifico ISDE – si evidenzia come ci sia ancora troppa distanza tra le solide evidenze scientifiche oggi disponibili sull’importanza fisiopatologica delle alterazioni ambientali e il loro concreto utilizzo nella pratica clinica, attraverso misure di prevenzione primaria. Tali evidenze sono quasi sistematicamente ignorate, contribuendo ad aggravare una situazione già critica. Numerosi studi dimostrano come modificazioni climatiche, inquinamento, squilibrio demografico e disuguaglianze abbiano influenzato la diffusione e gli esiti del Covid-19 in comunità vulnerabili».

«L’inquinamento ambientale – continua Di Ciaula – ha anche un ruolo critico nell’incremento epidemiologico di numerose malattie non trasmissibili e disabilità, aumentando il livello di vulnerabilità individuale e riducendo le capacità di resilienza di ampie comunità».

«Nell’articolo si evidenzia come le interazioni complesse tra questi elementi necessitino di un cambiamento generale di strategia, finalizzato a gestire con un approccio “One Health” non solo la pandemia in atto ma anche l’incremento progressivo di numerose malattie non trasmissibili e la comparsa di future, facilmente prevedibili pandemie – aggiunge ancora ISDE – La situazione richiede un approccio globale e olistico alla salute, politiche multidisciplinari, multisettoriali e di lungo termine orientate a salute ambientale e sostenibilità e programmi di prevenzione primaria e riduzione della vulnerabilità individuale, anche attraverso percorsi educativi e programmi coordinati».

da ilcambiamento.it

UN BATTERIO CONTRO DIABETE E OBESITÀ

da microbiota.it

Stato dell’arte
Da quando Akkermansia muciniphila è stata scoperta e caratterizzata, due decenni fa, numerosi studi hanno dimostrato che la mancanza o la diminuzione di questo batterio commensale è collegata a molteplici malattie, come obesità, diabete, steatosi epatica, infiammazione e risposta alle immunoterapie contro il cancro.

Cosa aggiunge questa ricerca
Questa review ripercorre la storia della scoperta di A. muciniphila e riassume le numerose evidenze e meccanismi d’azione mediante i quali questo simbionte intestinale è in grado di migliorare la salute.

Conclusioni
Gli effetti benefici di A. muciniphila sono molteplici e sono già stati applicati alla sindrome metabolica. Saranno necessari ulteriori studi sull’uomo per supportare i numerosi giovamenti osservati nei modelli animali in molte altre malattie, come il cancro, l’infiammazione intestinale o i disturbi neurodegenerativi.

Da quando Akkermansia muciniphila è stata scoperta e caratterizzata, due decenni fa, numerosi studi hanno dimostrato che la mancanza o la diminuzione di questo batterio commensale è collegata a molteplici malattie, come obesità, diabete, steatosi epatica, infiammazione e risposta alle immunoterapie in ambito oncologico. 

Esiste un numero rilevante di studi che hanno provato la causalità di queste associazioni, attraverso una grande varietà di modelli animali, oltre che tramite un recente studio di proof-of-concept sugli umani.

Akkermansia muciniphila, architrave dei processi metabolici

Il microbiota intestinale è considerato uno dei fattori chiave che contribuiscono fortemente alla regolazione della salute dell’ospite. 

Si ritiene che le perturbazioni nella sua composizione e attività siano coinvolte nell’insorgenza di molteplici malattie. 

Infatti, sono stati condotti numerosi studi che hanno mostrato forti associazioni tra microrganismi specifici e malattie metaboliche legate al sovrappeso, all’obesità e al diabete mellito di tipo 2 (T2DM), nonché a specifici disturbi gastrointestinali, malattie neurodegenerative e anche tumori.

Tra i diversi batteri osservati, l’Akkermansia muciniphila è emerso più volte come potenziale candidato alla regolazione di alcuni aspetti metabolici.

Il primo ceppo di A. muciniphila è stato isolato nel laboratorio di Microbiologia di Wageningen nel 2004. Si trattava di un ceppo molto abbondante, in grado di degradare il muco, che venne chiamato MucTA. muciniphila è risultato essere uno specialista esclusivo della degradazione della mucina presente nell’intestino umano, sin dalla prima infanzia.

Dalla scoperta di A. muciniphila MucT, molti studi hanno contribuito a decifrare i meccanismi attraverso i quali questo batterio interagisce con il suo ospite. 

Gli effetti metabolici e antinfiammatori di A. muciniphila Mucsono ora ben conosciuti, poiché molte pubblicazioni di diversi gruppi di ricerca hanno confermato i vari benefici di questo ceppo sulla salute. Sebbene gli effetti fisiologici di A. muciniphila siano pleiotropici e riguardino molteplici aspetti, come il metabolismo dei lipidi e del glucosio, l’infiammazione, l’immunità, la funzione cerebrale, è importante sottolineare che esistono numerose modalità d’azione convergenti, probabilmente a causa delle proprietà specifiche correlate alla specializzazione nel metabolismo della mucina. 

In effetti, sono state identificate diverse vie di azione comuni, tutte rivolte alla regolazione della  barriera intestinale, attraverso la produzione di muco, e alla regolazione dell’attività del sistema immunitario. 

Infatti, il ripristino della barriera intestinale contribuisce anche all’attivazione del corretto funzionamento di diverse vie metaboliche che sono alterate in alcune malattie, tra cui, ad esempio, quelle riguardanti l’attività mitocondriale, il metabolismo epatico, il tessuto adiposo e l’attività cerebrale. A causa di queste capacità, negli studi condotti, una minore abbondanza di Akkermansia muciniphila è stata associata a molteplici malattie, sia nei modelli murini che nell’uomo. 

Effetti clinici dimostrati 

  • A. muciniphila ha dimostrato efficacia nel migliorare l’obesità, il diabete mellito di tipo 2 e di tipo 1, la steatosi epatica, l’infiammazione intestinale e diversi tipi di cancro nei topi;
  • sono stati identificati numerosi meccanismi molecolari che legano A. muciniphila a specifici metaboliti o proteine ​​di membrana e tipi di cellule ospiti o recettori;
  • A. muciniphila contribuisce al mantenimento di una sana barriera intestinale, regolando così l’immunità, e limitando anche l’insorgenza dell’infiammazione, che è la causa principale di numerose malattie.

Inoltre, il ceppo pastorizzato di A. muciniphila MucT ha dimostrato sicurezza ed efficacia in numerosi studi sui topi e in uno studio proof-of-concept sull’uomo. In particolare, questo studio ha permesso di dimostrare che la somministrazione di A. muciniphila MucT è sicura e ben tollerata nell’uomo nel trattamento della sindrome metabolica e che è in grado di prevenire con successo il naturale deterioramento dei parametri associati alla sindrome metabolica nei pazienti non trattati.

In questo contesto, in meno di 15 anni, gli effetti benefici di A. muciniphila MucT sono stati tradotti dalle osservazioni precliniche all’intervento umano. Si tratta di un successo unico e senza precedenti, rispetto ad altri microrganismi di nuova generazione.

Luci e ombre su cui investigare

Per approfondire lo studio di A. muciniphila saranno necessari ulteriori ricerche sull’uomo, per supportare i dati sui numerosi effetti benefici osservati nei modelli animali in molte altre malattie come il cancro, l’infiammazione intestinale o i disturbi neurodegenerativi.

Tra gli ambiti di ricerca più attuali, troviamo:

  • lo studio degli effetti della somministrazione del ceppo A. muciniphila MucT in coorti umane con patologie come il cancro, il diabete mellito di tipo 1, le malattie del fegato, la sindrome dell’intestino irritabile e/o malattia infiammatoria dell’intestino, le malattie neurodegenerative, per le quali sono risultati effetti benefici nei test preclinici sugli animali;
  • un’attenta analisi della potenza terapeutica di ceppi diversi da A. muciniphila MucT, che è stato utilizzato nella stragrande maggioranza degli studi fino ad oggi;
  • l’esplorazione di approcci terapeutici basati sulle molecole prodotte da A. muciniphila nelle malattie metaboliche, o di altro tipo;
  • studi volti a determinare se la migliore risposta clinica è correlata al microbiota intestinale al basale (compresi i livelli di A. muciniphila) e alle abitudini alimentari;
  • l’identificazione di fattori nutrizionali e ambientali utili al fine di mantenere adeguati livelli di A. muciniphila nell’intestino ed eventualmente limitare il rischio di malattie;
  • indagare l’effetto di trattamenti concomitanti nell’uomo, in aggiunta alla supplementazione di A. muciniphila pastorizzato, nel contesto della sindrome metabolica o del diabete mellito di tipo 2 (cioè dieta ridotta, digiuno periodico o farmaci antidiabetici).

AZIENDE ALLA RICERCA DI “GREEN SKILLS”

dal quotidiano ” Avvenire” . Articolo di Silvia Serafini

La transizione ecologica sta cambiando radicalmente il modo di fare impresa. A testimoniarlo, l’aumentata richiesta di competenze manageriali specifiche nel campo della sostenibiltà da parte delle aziende. In uno studio dell’osservatorio “4 Manager”, è stato rilevato come più della metà delle grandi e medie imprese stia elaborando una strategia di trasformazione nell’ottica della sostenibilità a trecentosessanta gradi. Questo comprende la ricerca di professionisti del settore in grado di includere tutti i processi aziendali, individuarne i punti deboli, riorganizzare la gestione interna e pianificare la migliore strategia in un’ottica di efficientamento e sostenibilità, anche nel quadro degli obiettivi dell’Agenda 2030 dell’Unione europea.

«Per affrontare uno scenario geopolitico ed economico in tumultuoso cambiamento, il mercato del lavoro avrà sempre più bisogno di nuove professionalità – ha dichiarato Stefano Cuzzilla, presidente di Federmanager e 4 Manager – è per questo che assistiamo a una crescita annuale pari al 5% della domanda di competenze manageriali con sempre più precise “green skill”».

Negli ultimi anni sono stati assunti manager, lavoratori con elevate competenze tecniche e scientifiche e sono state incrementate le risorse per la formazione. Il professionista più richiesto è il “Sustainability manager”, il «coordinatore di sostenibilità»: negli ultimi dodici mesi le qualifiche professionali per questa figura sono cresciute del 46%. In aumento anche altre figure manageriali più specialistiche (environmental manager, governance manager, social manager ed energy manager), che registrano un +38%, o di carattere consulenziale (+25%). Le competenze più richieste riguardano gli impatti sui bilanci (+207%); la responsabilità sociale (+69%); ambiente, salute e sicurezza (+59%) e finanza (+42%).

Questi profili professionali hanno la caratteristica comune di interpretare un’evoluzione del tradizionale paradigma competitivo verso una maggiore integrazione dei fattori Esg (Environmental-Social-Governance), seguendo i binari tracciati in modo lungimirante nell’Encliclica “Laudato Si’”, in cui Papa Francesco aveva avviato una riflessione in grado di fornire anche a manager e imprenditori una visione d’insieme sia dei problemi socio-ambientali, sia dei paradigmi da utilizzare per affrontare la crisi, nell’ambito dell’“ecologia integrale”.

«La domanda di competenze sta cambiando non solo quantitativamente ma, soprattutto, qualitativamente», ha spiegato Giuseppe Torre, coordinatore dell’Osservatorio 4 Manager e docente invitato del laboratorio di ecologia integrale dell’Antonianum. «Prima le figure che si occupavano di questioni ambientali avevano competenze prettamente tecniche e focalizzate sull’applicazione delle normative – ha proseguito Torre – ora il concetto di sostenibilità è cambiato: è incentrato sul sociale e c’è bisogno di competenze trasversali per gestire l’aspetto relazionale».

In quest’ottica, il principale problema è che gli investimenti di risorse sono ancora focalizzati in problemi troppo specifici. «Le aziende più virtuose sono poche, meno del 10% – ha spiegato il professor Torre – e hanno tutte in comune due caratteristiche: studiano strategie su un orizzonte temporale più lungo e hanno capito che innovazione e sostenibilità sono aspetti intimamente connessi».

C’è dunque bisogno di un cambiamento sistematico che dovrebbe avvenire in un ambiente, quello manageriale, in cui, nel nostro Paese, si fa ancora fatica a far incontrare la domanda e l’offerta di compentenze. Nello studio dell’Osservatorio viene evidenziato come i principali fattori di attrito alla crescita e allo sviluppo delle imprese siano la difficoltà di reperimento delle ​competenze sul mercato del lavoro (35%); gli ostacoli di natura normativa o burocratica (31%) e la carenza di competenze manageriali interne (23%).

«I percorsi di transizione verso la sostenibilità appaiono ancora piuttosto frammentati – ha concluso Torre – anche se rileviamo i primi segnali di una importante evoluzione soprattutto per il progressivo diffondersi della consapevolezza che il degrado climatico, ambientale e sociale possono essere affrontati solo attraverso modelli valoriali, culturali e comportamentali alternativi a quelli che li hanno generati».

LA PROGETTAZIONE DI AMBIENTI PER LA MANIPOLAZIONE DI RADIOFARMACI O DI SORGENTI NON SIGILLATE.

da inail.it

Il volume si è posto l’obiettivo di aggiornare e ampliare le indicazioni di un triennio fa, allineandole al quadro normativo attuale. A corredo sono stati anche identificati degli indicatori utili alla realizzazione di liste di controllo da proporre quali schede di autovalutazione per le strutture interessate.

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Prodotto: volume
Edizioni: Inail 2022
Disponibilità: Consultabile solo in rete
Info: dcpianificazione-comunicazione@inail.it

ESPOSIZIONE AD ENDOTOSSINE AERODISPERSE

da inail.it

In ambito lavorativo, oltre alle patologie di natura infettiva e allergica, è possibile distinguerne altre derivanti dall’azione infiammatoria e tossica ad opera di endotossine la cui inalazione può causare alterazioni delle funzioni polmonari con complicanze a medio/lungo termine.

Immagine Esposizione a endotossine aerodisperse: un rischio biologico occupazionale

La loro esposizione è comune in diversi settori ma risulta prevalente in ambienti caratterizzati dalla presenza di ingenti quantità di materiale organico la cui manipolazione contribuisce allo sviluppo di poveri organiche di cui le endotossine sono una componente biologicamente attiva (es. allevamenti). La problematica può coinvolgere settori meno “tipici” quali gli uffici. Il documento vuole richiamare l’attenzione verso questa tipologia di rischio per incentivare attività di prevenzione mirate.


Prodotto: Fact sheet
Edizioni: Inail 2022
Disponibilità: Consultabile solo in rete
Info: dcpianificazione-comunicazione@inail.it

NORMA UNI EN 12464 SULLA ILLUMINAZIONE NEI LUOGHI DI LAVORO

La commissione UNI “Luce e illuminazione” ha pubblicato la norma UNI EN 12464-1:2021 (che sostituisce la UNI EN 12461:2011) dal titolo: “Luce e illuminazione – Illuminazione dei posti di lavoro – Parte 1: Posti di lavoro in interni” che indica i requisiti minimi per l’illuminazione dei luoghi di lavoro in modo da soddisfare le esigenze di sicurezza.

Una corretta illuminazione, all’interno dei luoghi di lavoro, garantisce un benessere visivo dei lavoratori tra l ‘altro normato dall’allegato IV “requisiti dei luoghi di lavoro” del TU 81/08, l’allegato XXXIV “videoterminali” del tu 81/2008 e la norma UNI EN 12464 “luce e illuminazione – illuminazione dei posti di lavoro”.

La UNI EN 12464-1

La norma UNI EN 126464-1 specifica i requisiti di illuminazione per persone, in posti di lavoro in interni. Sono considerati tutti i compiti visivi abituali, incluso l’utilizzo di attrezzature munite di videoterminali.

Sì devono soddisfare tre requisiti fondamentali:

  • confort visivo, con una buona illuminazione i lavoratori hanno una sensazione di benessere e in modo indiretto ciò contribuisce anche a generare un livello di produttività più elevato e una qualità del lavoro migliore;
  • prestazioni visive, in cui i lavoratori sono in grado di svolgere i loro compiti visivi, anche in condizioni di difficili circostanze e per periodi più lunghi;
  • sicurezza, i punti luce devono essere installati in sicurezza.

Per soddisfare tali requisiti è necessario considerare i parametri fondamentali che caratterizzano l’ambiente luminoso :

  • distribuzione delle luminanze, bisogna evitare elevati contrasti di luminanze eccessivamente elevati o troppo bassi ai fini di aumentare il comfort visivo; esistono veri e propri fattori di riflessione per il calcolo adatto alle luminanze:
    • per il soffitto da 0.6 a 0.9;
    • per le pareti da 0.3 a 0.8;
    • per i piani di lavoro da 0.2 a 0.6 e per il pavimento da 0.1 a 0.5;
  • illuminamento medio, ossia devono essere mantenuti degli illuminamenti medi per garantire il comfort visivo ai lavoratori e riguardano le superfici indicate nella zona del compito visivo;
  • illuminamento delle zone circostanti al compito che può essere più basso di quello del compito ma non deve essere minore a determinati valori;
  • abbagliamento molesto che impedisce una visione corretta del compito visivo;
  • apparenza del colore che si riferisce al colore apparente della luce emessa ed è definita dalla temperatura di colore correlata;
  • resa del colore che definisce la capacità effettiva della lampada a restituire in modo adeguato i colori;
  • fattore di manutenzione che deve essere stabilito dal progettista in base alle conoscenze dell’impianto.

AMIANTO E MESOTELIOMA

Un tipo di tumore, il mesotelioma della pleura, che lega il suo nome con un colpevole spesso ricorrente: l’amianto. La correlazione si conosce da tempo. E nel corso degli anni si sono prese le dovute misure di prevenzione e di bonifica ambientale, ma la lunga latenza della malattia, possono passare anche 20-30 anni dall’esposizione, sta determinando un ritardo sul raggiungimento dell’effetto positivo sperato. Il mesotelioma rimane comunque un tumore raro, anche se nelle aree più industrializzate come la Lombardia i casi sono più concentrati.

Il mesotelioma pleurico è una forma tumorale che origina dal mesotelio pleurico, la sottile membrana che riveste e protegge i polmoni. È un tumore in costante aumento che colpisce più frequentemente gli uomini. In Italia si verificano 3,4 casi di mesotelioma ogni 100.000 uomini e 1,1 ogni 100.000 donne. È difficile riscontrarlo prima dei 50 anni e presenta un picco d’esordio attorno ai 70. 

Il principale fattore causale e di rischio è l’esposizione all’amianto (o asbesto): la maggior parte di questi tumori riguarda infatti persone che sono entrate in contatto con questa sostanza. L’amianto è pericoloso per la salute in quanto le fibre che lo compongono, oltre mille volte più sottili di un capello umano, possono essere inalate. Possono così, anche se non in tutti i casi di contatto, causare vari tipi di problemi, tra cui il mesotelioma. Va sottolineato che possono passare anche più di 20 anni tra l’inalazione dell’amianto e l’insorgenza del tumore e che il rischio non diminuisce una volta eliminata completamente l’esposizione, ma rimane costante per tutta la vita.

Il primo contatto

Spesso i primi segnali sono di natura non specifica, cioè possono essere uguali a quelli causati da altre malattie che colpiscono, ad esempio, l’apparato cardio-respiratorio. In generale si tratta di sensazione di “fiato corto” (dispnea), dolore al petto o al dorso, tosse persistente e perdita di peso ingiustificata.

La diagnosi

Nella maggior parte dei casi i sintomi respiratori sono causati da un eccessivo accumulo di liquido (versamento) nello spazio compreso tra i due foglietti pleurici o dall’inspessimento dei foglietti stessi. Questo porta ad una compressione dei polmoni, che non riescono così ad espandersi adeguatamente durante la respirazione. Alcuni pazienti, infine, possono non manifestare alcun disturbo pur presentando la malattia, che invece viene scoperta occasionalmente, con esami radiologici condotti per altre motivazioni. 
Per la diagnosi non è sufficiente la sola radiografia del torace o gli altri esami radiologici, come la TAC, la PET e la risonanza magnetica. Le immagini possono descrivere qualcosa di anomalo, ma non consentono di identificare la natura del tumore. Per questo l’esame indispensabile per la diagnosi di mesotelioma è la biopsia del tessuto ammalato che viene eseguita per via endoscopica, con la toracoscopia. L’accesso avviene attraverso una singola incisione di un centimetro a livello dello spazio intercostale. Una volta introdotta l’ottica si esplora il cavo pleurico, si aspira tutto il liquido in eccesso e si eseguono una serie di biopsie multiple della pleura, così da assicurarsi una diagnosi istologica.

Le terapie mediche e radioterapiche

La scelta della terapia dipende dalla stadiazione e dalle caratteristiche del caso. L’approccio da intraprendere emerge da un confronto multidisciplinare tra l’oncologo, il chirurgo toracico, lo pneumologo, il radiologo e il radioterapista. Nelle forme iniziali, generalmente, il piano di cura prevede tre cicli di terapia medica per via endovenosa (chemioterapia).
Oggi questa terapia di induzione può contare su farmaci moderni come pemetrexed e platino ed è generalmente ben tollerata.

La terapia chirurgica

Se la crescita della malattia è controllata dalla chemioterapia, si procede con l’intervento chirurgico che consiste nell’asportazione di tutta la pleura (pleurectomia e decorticazione).
In alternativa, quando le condizioni del paziente lo consentono, si procede con l’asportazione in blocco della pleura del polmone, del diaframma e del pericardio (pleuropneumonectomia en bloc). Questo intervento è molto invasivo e deve essere fatto solo in centri altamente qualificati. Ma è proprio la sua radicalità che permette, in casi selezionati, di ottenere successi significativi con una buona sopravvivenza a distanza.

da ospedaleniguarda.it

GUIDA ALLA GESTIONE DEL RISCHIO CALORE

La pubblicazione rientra tra gli strumenti informativi del progetto di ricerca, frutto della collaborazione tra Inail e Consiglio nazionale delle ricerche-Istituto per la BioEconomia (Cnr-Ibe). Lo studio comprende un ampio programma di attività per l’analisi dell’impatto del cambiamento climatico sulla salute e la sicurezza dei lavoratori.

La guida contiene una serie di materiali informativi relativi alle patologie da calore, alle raccomandazioni per una corretta gestione del rischio, alle condizioni patologiche che aumentano la suscettibilità al caldo e ai temi della disidratazione e dell’organizzazione delle pause.



I materiali sono stati raccolti in un unico documento che consente di disporre di una guida pratica e di facile consultazione per gestire il rischio di esposizione al caldo nei luoghi di lavoro, al fine di mitigare gli effetti sulla salute e di prevenire i rischi.

Prodotto: Opuscolo
Edizioni: Inail – 2022
Disponibilità: Consultabile solo in rete
Informazioni e richieste: dcpianificazione-comunicazione@inail.it