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UNA SENTENZA EUROPEA SULLE LENTI DEI VIDEOTERMINALISTI .

da lavorosi.it

Con la sentenza emessa, il 22.12.2022, nella causa C-392/21, la Corte di Giustizia UE afferma che il datore deve farsi carico del costo dei dispositivi per la vista acquistati dai propri dipendenti addetti al videoterminale, attraverso il rimborso delle spese sostenute o mediante la fornitura diretta di lenti o occhiali.

Il fatto affrontato

Il dipendente ricorre giudizialmente al fine ottenere dal datore la fornitura di occhiali resisi necessari a causa del peggioramento della sua vista ricollegabile all’uso continuo del videoterminale nel luogo di lavoro.
Il Tribunale rumeno – investito della questione – chiede alla CGUE, mediante un rinvio pregiudiziale, se tale diritto sia contemplato dalla Direttiva89/392 (che promuove il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori) e/o dalla Direttiva 90/270 (che richiede il rispetto delle prescrizioni minime finalizzate a garantire un migliore livello di sicurezza per i posti di lavoro dotati di videoterminali).

La sentenza

La Corte di Giustizia rileva, preliminarmente, che l’art. 9 della Direttiva 90/270 prevede che i lavoratori addetti ai videoterminali beneficino di un adeguato esame degli occhi e della vista, sia prima di iniziare l’attività che durante l’esecuzione della stessa, in modalità periodica e nel caso in cui subentrino disturbi visivi.

Per la sentenza, al diritto di visita agli occhi, se occorre, è necessario associare la fornitura di dispositivi di correzione, senza oneri a carico dei dipendenti interessati.

Su tali presupposti, la CGUE afferma che, in tali circostanze, il datore è obbligato a fornire direttamente il dispositivo di correzione (lenti o occhiali) resosi necessario o a rimborsare il relativo costo nel caso in cui la spesa sia stata già sostenuta dal lavoratore.

QUANDO LA COLAZIONE È SALUTARE

Il caffè e latte o il cappuccino potrebbero avere significativi effetti antinfiammatori.

da dottnet.it

Lo rivelano due studi dell’Università di Copenaghen rispettivamente pubblicati sul Journal of Agricultural and Food Chemistry e sulla rivista Food Chemistry

Il caffè e latte o il cappuccino potrebbero avere significativi effetti antinfiammatori sulle persone.     Lo suggeriscono due studi dell’Università di Copenaghen rispettivamente pubblicati sul Journal of Agricultural and Food Chemistry e sulla rivista Food Chemistry.   Il primo studio, su cellule immunitarie in provetta, mostra che i polifenoli (composti antiossidanti di cui è ricca frutta e verdura ma anche il caffè) e le proteine (presenti in cibi come carni, latticini) reagiscono insieme generando un’importante azione antinfiammatoria sinergica.  Nel secondo studio, condotto sulle bevande tanto amate dagli italiani, gli esperti hanno dimostrato la stesa azione sinergica tra antiossidanti del caffè e proteine del latte non appena i due liquidi sono uniti insieme.  Il prossimo passo sarà di valutare direttamente sugli amanti del ‘cappuccio’, gli effetti antinfiammatori dell’unione di latte e caffè.  Intanto un lavoro dell’Università di Bologna pubblicato sulla rivista Nutriens mostra che il caffè aiuta ad abbassare la pressione del sangue.

DIABETE E IDONEITÀ AL LAVORO.

Il diabete interessa non solo come concezione biologica di malattia, ma soprattutto sotto l’aspetto economico-sociale, perchè agita problemi sulla prognosi lavorativa ed eventuali interferenze patogene che possono determinarsi tra ambiente e lavoro.Diverse ricerche hanno dimostrato che agenti occupazionali sono direttamente coinvolti nella patogenesi del diabete mellito.

Alcune caratteristiche lavorative rivestono un ruolo importante nell’insorgenza e/o complicanze del diabete mellito: per tali motivi il diabete si può considerare una patologia lavoro-correlata.I diabetici sono nelle condizioni fisiche e psichiche di praticare qualsiasi lavoro.Il lavoro in particolare nel diabete di tipo 2 può essere causa del diabete in seguito a fattori di rischio psicosociali (stress), per sforzi fisici eccessivi, per lavori notturni (per come verrà detto in seguito) per sedentarietà ma anche per essere a contatto con agenti fisici (sbalzi di temperatura, squilibri di pressione atmosferica, rumore intenso) e chimici come metalli (piombo, mercurio, bismuto, arsenico, idrogeno arsenicale, manganese, selenio, tallio, cobalto, dicromato di sodio – cfr. Yangho Kim et al. In “Scienze of the total environment – 2011; Chun Fa Huiang et al. in “Kaohsiung journalof medical Sciences), solventi (solfuro di carbonio, acetone, tricloroetilene), derivati del benzolo, ossido di carbonio, glicoli, cianuri, pesticidi (vacor, amitraz) o i piretroidi (una classe di insetticidi e acaricidi di sintesi – Jimsons Wang et al. In “chemosphere – 2011), idrocarburi aromatici alogenati (TCDD)Secondo un’indagine statistica, il 35% dei giovani diabetici ha avuto difficoltà al momento dell’assunzione in un posto di lavoro, mentre il 34% dei datori di lavoro non ha neppure preso in considerazione l’assunzione di chi è affetto da diabete.Si tratta di difficoltà e discriminazioni ingiustificate.In teoria non esiste ostruzionismo da parte dei datori di lavoro ad assumere un lavoratore diabetico, tuttavia di fondo sussistono dei timori che il soggetto diabetico si ammali più facilmente con la conseguenza che in molti casi viene preferito il non diabetico proprio nella convinzione che costui non possa accampare giustificazioni di salute per chiedere un giorno di riposo o l’interruzione del lavoro per praticarsi l’iniezione di insulina o fare lo spuntino delle dieci e così via.

La tutela del lavoratore diabetico in Italia

In Italia la tutela del lavoratore diabetico passa attraverso la legge 115 del 16 marzo 1987, emanata per interessamento delle varie associazioni diabetologiche allo scopo di tutelare il diabetico nel luogo di lavoro e prevenire qualsiasi discriminazione. L’art. 1, lett. D) della citata legge indica la necessità di “agevolare l’inserimento del diabetico nella scuola, nelle attività sportive e nel lavoro” mentre l’art. 8 comma 1 stabilisce che la malattia diabetica priva di complicanze invalidanti non costituisce motivo ostativo … per l’accesso al lavoro pubblico e privato, salvo i casi per i quali sono richiesti specifici e particolari requisiti attitudinali (quindi sono le complicanze e non la malattia diabetica ad indurre ad una condizione invalidante lavorativa), escludendo qualsiasi forma di discriminazione nei riguardi dei malati di diabete, riconoscendo loro il diritto di accedere, ove le loro condizioni fisiche lo permettano, a posti di lavoro sia pubblici che privati, ottenere l’iscrizione alle scuole di ogni ordine e grado e l’accesso alle discipline sportive.Tale legge è stata integrata dalla legge 5 febbraio 1992, n. 104, che concede al diabetico, quando sia riconosciuta una situazione di gravità, tre permessi mensili retribuiti per effettuare i regolari controlli. Premesso che nelle liste delle malattie per le quali sussiste l’obbligo di denunzia (Decreto dell’11 dicembre 2009) e nella tabelle delle malattie professionali (D.M. 9 settembre 2008) non vi è alcun riferimento al diabete, è ormai condiviso da tutti gli addetti ai lavori (diabetologi, medici dei lavoro, assistenti sociali, associazioni dei diabetici, etc) che il diabete mellito, ben compensato, non debba rappresentare un ostacolo per l’inserimento nel mondo del lavoro non implicando una riduzione della capacità lavorativa; solamente le manifestazioni acute di scompenso e le complicanze croniche tardive possono compromettere le prestazioni psico-fisiche del lavoratore.

Sono, pertanto, i pregiudizi, la scarsa conoscenza dei progressi compiuti dalla ricerca e dalla terapia che possono rendere ragione degli atteggiamenti preclusivi di alcuni datori di lavoro: i diabetici, se ben controllati e in buone condizioni generali, possono svolgere quasi tutti i mestieri e le professioni (con pochissime eccezioni assolute) e l’esperienza e le statistiche dimostrano che la loro abilità, così come il rendimento lavorativo, sono pari agli altri.Relativamente allo stato di salute il diabetico, c’è da dire che il lavoratore diabetico controlla la propria salute con una regolarità che sicuramente non è abituale tra le persone non diabetiche mentre anche il tempo riservato alla cura della malattia è assai limitato (2-4 mattine l’anno se non delle semplici ore per le analisi 2-6 volte l’anno per le visite mediche).

Male character with diabetes. Symptoms, causes and treatment of type 2 diabetes. Medical vector infographics, poster

Tipologia di lavori ammessi, sconsigliati e vietati
Premesso che la malattia diabetica non costituisce  un intralcio allo sviluppo di una carriera, sono

A) ammissibili tutti quei mestieri che permettono:

  1. uno svolgimento costante dell’attività professionale e che
  2. non comportano un pericolo per la vita propria e per quella di altre persone affidate al lavoratore diabetico, in conseguenza di una crisi ipoglicemica improvvisa.

A titolo esemplificativo sarebbero auspicabili

  • le professioni sanitarie (un medico diabetico può capire meglio la patologia rispetto a medici che conoscano la materia solo in astratto),
  • le professioni  tecniche (ingegneri, geometri, etc.),
  • le professioni  economiche giuridiche (forense, commercialista, etc.),
  • attività assistenziali e sanitarie (infermieri, fisioterapisti, etc.),
  • occupazioni inerenti l’amministrazione (impiegati, funzionari, etc.)  e il commercio (commessi, etc.), occupazioni di carattere religioso (parroco, diacono, etc.), attività didattiche (insegnanti, etc.), occupazioni artigianali (meccanici, giardinieri, fabbri, sarti, etc.).

B) sconsigliate quelle attività che comportano un pericolo per la propria ed altrui incolumità (trapezista, spazzacamino, guida alpina, etc.) oppure un alto stress in  quanto questo fattore potrebbe facilmente determinare squilibri glicemici fino alle chetoacidosi.  In particolare per quei diabetici di tipo 1 che vanno facilmente incontro a chetosi o a crisi ipoglicemiche –  a causa dello squilibrio tra disponibilità o meno dell’insulina di fronte alle richieste periferiche – sono preferibili attività professionale di tipo sedentario, sempre restando possibile l’attività fisica, in particolare dopo il pasto principale quando più necessaria e l’utilizzazione dei carboidrati ingeriti.
Sono sconsigliati lavori che possono comportare lesioni cutanee (muratore, etc.) proprio per la difficoltà di  rimarginarsi soprattutto in caso di lesioni frequenti, profonde ed in particolare se provocate da materiale presumibilmente infetto; nessun problema nel caso in cui si tratta di abrasioni superficiali da materiale “pulito”.
Sono altresì sconsigliate quelle che favoriscono alterazioni circolatorie degli arti inferiori anche se un  lavoro condotto in posizione eretta (quindi viene interessato soprattutto il sistema venoso) ha poca importanza per il diabete.
Ancora sono sconsigliati i mestieri del pasticciere, dell’oste, del panettiere  o del cuoco purchè  non si lascino tentare dalla gola, in particolare con gli assaggi. C’è da dire che se il cuoco si limita ad assaggiare le pietanze, come poi generalmente fanno i cuochi, questa attività la si può svolgere in perfetta tranquillità e con reale vantaggio; c’è da considerare altresì che l’abitudine alla presenza dei dolci potrebbe portare all’indifferenza verso gli stessi;
Sconsigliati, infine, tutti quei mestieri che richiedono un’attività in continuo movimento, con cambi di ambienti e di cucine, di alzatacce al mattino presto, di discussioni continue. Dipende dal carattere e dall’accettare con piacere o meno questo tipo di attività e di adattare la condizione del diabetico a questo tipo di vita (ad es. evitare pietanze unte e abbondanti, bibite gasate, etc. ) e che comunque comportano un modo di vita irregolare con una notevole difficoltà di poter mantenere un equilibrio glicemico adeguato. 

Vietate:la professione del vigile del fuoco (art. 2 del D.M. 3 maggio 1993, n. 228),di controllore e assistente di volo (solo se si fa uso di farmaci non orali come l’insulina – Personal licensing, dell’International Civil Aviation Organization – ICAO);attività che richiedono il libretto di navigazione (pilota di aerei, navi , treni e autocarri – Regio Decreto Legge 14 dicembre 1933 n. 1773) mentre per gli autobus ed autocarri pesanti sono queste attività soggette a controllo medico, quindi sconsigliate ma comunque non vietate.attività militare: il diabete mellito è una malattia che porta all’esonero del servizio militare e per il militare di carriera questa malattia costituisce un intralcio e la sospensione del servizio attivo a meno che non sia trasferito all’amministrazione o comunque ad uffici, nel qual caso la sua vita in pratica è quella dell’impiegato.casi in cui il medico aziendale ritenga che una persona con diabete in certe condizioni (con complicazioni invalidanti) non possa svolgere una mansione senza rischio per la sua salute: in questi casi l’Azienda – se non può mettere a disposizione una mansione diversa – può licenziarlo. In tali casi il diritto alla salute, inviolabile, si ritorce contro il diabetico.

Problemi nel mondo del lavoro

Il diabetico si trova ad affrontare nel mondo del lavoro diversi problemi:1) stress: attualmente le condizioni di lavoro sono nettamente migliorate sia in termini di entità della fatica sia in termini di grado di rischio fisico e/o chimico, ma sono aumentate le occasioni di stress legate ai lavori a turni e/o notturni; lo stress è questo un fattore psicosomatico legato alla personalità del soggetto, al suo adattamento al lavoro o all’ambiente: c’è chi per evitare lo stress di lavoro può tardare l’ingresso in ufficio in modo da evitare il traffico mattutino soprattutto nelle grandi città. Ad aumentare lo stress contribuiscono altri fattori come la rincorsa al successo, all’apprensione e al lavoro dirigenziale, tutti fattori che possono determinare un certo livello di ansia che può riflettersi sulla glicemia senza considerare come ad un aumento dell’attività lavorativa possa correlarsi una diminuzione dell’attività fisica. Infine anche lavori che richiedono una concentrazione continua e prolungata possono essere fattori di stress lavorativo che influiscono sulla glicemia.

Attività e sforzi fisici: questo fattore può causareipoglicemie nel caso di lavori ove è richiesto uno sforzo fisico notevole (lavaggi a mano delle auto, carico scarico merci, etc.) oppureiperglicemie nel caso di lavori sedentari (impiegati, rappresentanti di commercio, etc.).3) Alimentazione: per questo fattore sussistono problemi legati allamensa aziendale dove non sono previsti mai pietanze dedicate per il diabetico (salvo ricorrere alla sola pasta o riso in bianco, per primo e carne lessata, per il secondo).rispetto degli orari del pasto. Il problema è marcato nel caso dei cuochi, dei baristi e dei camerieri.4) Trasferta: questo fattore riguarda i rappresentanti di commercio o i funzionari pubblici o provati che per ragioni di lavoro siano costretti a spostarsi sul territorio nazionale e straniero per le ragioni già sopra dette.Inoltre non bisogna dimenticare alcune condizioni di ridotta attitudine al lavoro che differenziano i soggetti diabetici dalla restante popolazione e riguardano:1) guida professionale,2) lavori ad altezza dal suolo: il problema riguarda principalmente le crisi ipoglicemiche che potrebbero far precipitare il lavoratore al suolo;3) rotazione su turni: risulta pregiudicato l’equilibrio glicemico non venendo mai rispettati gli orari dei pasti.4) lavoro notturno: uno studio (pubblicato dall’Harvard School of Public Health) ha dimostrato chi fa il turno di notte ha una possibilità di ammalarsi doppia rispetto agli occupati di giorno: lavorare di notte, quindi, è un importante fattore di rischio per la salute e può provocare diabete e obesità. L’indagine prende in esame due gruppi di donne, rivelando che quelle di loro impiegate durante le ore notturne ( almeno tre volte al mese) hanno una possibilità di ammalarsi di diabete due volte maggiore rispetto agli occupati di giorno. “Più a lungo dura il lavoro a rotazione, più aumenta il rischio”. Lo ha spiegato il professor Frank Hu, coordinatore del team di medici che ha effettuato la ricerca. La percentuale infatti è del 5 per cento per i primi due anni, ma sale al 20 per cento nella fascia dai due ai nove anni, addirittura al 40% dai dieci ai diciannove. Per chi supera i vent’anni il rischio sfiora il 60 %.   Gli esperti di Harvard ritengono che la ragione sia da attribuire sia al fatto che lavorare di notte scombina il nostro orologio biologico, sia a ragioni comportamentali: per esempio, i dipendenti notturni tendono a fumare di più e mangiare porzioni di cibo maggiori e pietanze meno sane. Il coordinatore ha quindi consigliato un “controllo preventivo” del diabete per i soggetti che si riconoscono in questo ritratto. In ogni caso, ha specificato l’indagine, saranno necessarie altre ricerche per confermare i risultati ottenuti. In tutto il mondo attualmente circa 346 milioni di persone soffrono di diabete: la maggioranza soffre di diabete di tipo 2, ovvero la patologia causata da eccesso di peso corporeo e inattività fisica. Nel corso del tempo, la malattia può danneggiare organi vitali, tra cui reni, nervi e cuore.   Il professor Joel Zonszein, direttore del Montefiore Medical Center di New York, ha sottolineato anche gli altri fattori di rischio: “Lo studio dimostra l’associazione tra lavoro notturno, obesità e diabete – a suo giudizio -. Non è solo il turno di notte, ma anche il fatto che per questi dipendenti c’è più lavoro e più fumo. Sono tutte cose collegate”.

Ottenere l’esonero dal lavoro notturno è automatico per i disabili e non troppo difficile per gli insulino dipendenti.
Per lavoro notturno s’intende qualunque organizzazione del lavoro che preveda almeno 80 turni annuali nei quali il dipendente opera per almeno 7 ore consecutive delle quali una o più ore sono comprese nell’intervallo fra mezzanotte e le cinque del mattino.
L’art. 2 del D. Lgs 532/1999 prevede l’esonero dal lavoro notturno per alcune categorie di lavoratori, fra cui  non sono comprese esplicitamente le persone con diabete.
Un diabetologo potrebbe però certificare, soprattutto nel caso di insulino trattamento, la necessità di non modificare i ritmi sonno-veglia per garantire l’equilibrio glicemico. Questa certificazione, consegnata direttamente all’azienda o attraverso il Medico competente (il medico ‘aziendale’ ai sensi della Legge 626/94) oppure avvalorata dal servizio Territoriale di Medicina del Lavoro, potrebbe essere sufficiente a chiedere l’esonero dal lavoro notturno.
Il lavoro notturno, recita la legge 903/1977 art. 5, 2° comma, non deve essere prestato dalla lavoratrice o dal lavoratore che abbia a proprio carico un soggetto disabile ai sensi della legge 104/92. Pur in mancanza di una specifica indicazione, per analogia questo divieto può essere esteso al lavoratore diabetico disabile che benefici della legge 104/92. Riepilogando l’ambiente di lavoro è importante per il diabetico in quanto occorre tener conto della sua necessità di un’alimentazione ad orari prestabiliti, della somministrazione di farmaci nelle ore indicate. Il lavoro non deve essere troppo traumatizzante sul piano psicologico, né provocare forti ansie, non obbligare alla partecipazione di turni di lavoro che settimanalmente siano spostati di otto ore e divengano anche notturni, perché rompono il ritmo sonno-veglia, l’orario delle terapie e quello dei pasti. La continua variazione degli orari di lavoro, infatti, favorisce lo scompenso metabolico in quanto diventa difficile stabilire l’equilibrio insulinico in base alle diverse situazioni lavorative.È preferibile un lavoro all’aperto perché il diabetico necessita come, ma ancor di più di tutti gli altri, di una discreta attività fisica. Il lavoro al chiuso in particolare quello secondario, in particolare quello amministrativo, è altamente sconsigliato: tuttavia in tali casi si può sopperire ad esempio recandosi in ufficio a piedi a passo svelto e comunque utilizzare il meno possibile automobile mezzi pubblici; preferire le scale anziché l’ascensore, insomma cercare di muoversi il più possibile in quei momenti della giornata che offrono dette opportunità. (..)da diabetescore.it

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