Monthly Archives: Gennaio 2022

INFEZIONE IBRIDA DA COVID

E’ un fatto che esposizioni aggiuntive a frammenti di un virus tendono a rafforzare l’immunità in modo incrementale. Quindi non è irrazionale immaginare che un’infezione da omicron, a seguito di un ciclo completo di vaccinazione, potrebbe essere “un bene”: in altre parole, accrescere la propria armatura antivirale, attraverso questa forma di immunità ibrida, tanto più che gli ultimi studi farebbero emergere che gli anticorpi generati da infezione da omicron, proteggerebbero anche dalle precedenti varianti. Sembrerebbe, a una prima impressione, un vero e proprio “nulla osta” per i vaccinati che potrebbero abbassare la guardia senza preoccuparsi più di cautele e misure di protezione contro Covid. Ma il condizionale è d’obbligo. Perché, come oramai abbiamo imparato a capire, quando si parla di questo virus non esistono equazioni certe.

E il professor Francesco Broccolo, virologo e professore dell’Università di Milano Bicocca, ci ha spiegato perché.

“Partiamo da un presupposto”, dice Broccolo a HuffPostItalia, “i principali sistemi dell’immunità che vengono stimolati sia con la vaccinazione che con l’infezione sono i linfociti T memoria, i linfociti B memoria e i gli anticorpi neutralizzanti. Sia il vaccino che l’infezione naturale hanno questa capacità, quello che sappiamo è che l’infezione naturale, con tutte le varianti viste fino ad adesso, danno una protezione maggiore. Addirittura il primo lavoro su Science parlava di immunità fino a 8 mesi di durata; con il susseguirsi di varianti questa immunità si è ridotta. Fino ad arrivare ad Omicron”.

Che cosa sappiamo di Omicron fino ad adesso?

Chi si infetta con Omicron ha una protezione non solo su Omicron stessa, ma anche sulle varianti precedenti. Questa è la grande novità. Verrebbe da dire, dunque, che infettarsi con Omicron tutto sommato non sembra tanto male: perché ci sono sei lavori che al momento dimostrano che è un virus poco virulento, molto meno patogeno, dà infezione non sinciziogena, che vuol dire che a differenza delle altre varianti interessa la cellula e non quelle adiacenti, non avviene il passaggio self to self, cioè infetto una cellula e questa a sua volta infetta con effetto domino quelle vicino, fino a che si forma una lesione nel polmone. Infetta solo le cellule superficiali e si mantiene lì. Non penetra bene nella cellula perché ha una sequenza diversa sulla Spike che ha delle mutazioni che le consentono l’aggancio potente, ma non ha il taglio proteolitico che le consente di girare la chiave e aprire la porta. Questa caratteristiche la rendono poco virulenta. Da qui a dire “infettiamoci tutti e facciamo i party perché è un ottimo vaccino” dico no.

Ecco il punto. Molti potrebbe pensare: ho tre dosi di vaccino, Omicron è meno virulenta e fornisce maggiore protezione anche contro altre varianti. Forse non conviene infettarsi?

No, perché non conosciamo gli effetti a lungo termine di questa variante. E’ sbagliato anche dire che si tratta di un semplice raffreddore o poco più dell’influenza. Sono etichette che rischiano di dare un messaggio errato al cittadino che si infetta perché non corre rischi. Non sappiamo se provoca Long Covid. E ad oggi non sappiamo se si comporta allo stesso modo su tutti i soggetti. C’è uno studio incoraggiante, ma non basta.

Ce ne parli

Sono state studiate 8000 persone canadesi infettate da Delta e 6000 infettate da Omicron. E a parità di ciclo vaccinale, sesso e età è stato dimostrato che la Delta ospedalizzava al 2,2% e Omicron allo 0.3%. E che i morti di Delta erano lo 0,3% e quelli di Omicron 0. Dati confortanti, ma non sappiamo se Omicron possa dare fra qualche anno complicazioni, dobbiamo essere prudenti, prevale sempre, in medicina, il principio di precauzione. 

Poi c’è il discorso nascita nuove varianti…

Omicron ha tutte le intenzioni di sostituire Delta: è molto più trasmissibile, ma poco letale e scopriamo che chi ha anticorpi da Omicron si protegge anche da Delta, quindi di fatto la scalza. Condizione ideale per un virus che vuole diventare endemico: non vuole uccidere, vuole che l’ospite rimanga vivo. Ebola non è mai diventato endemico perché uccide. E se uccide l’ospite non sopravvive lui. E il virus intelligente tiene in vita l’ospite. C’è da sperare, però, che non sorgano nuove varianti: Omicron è più trasmissibile e meno virulenta, e con una circolazione più alta questo è il vero rischio. Più circola virus e più c’è la possibilità di nuove varianti che si originano soprattutto in soggetti immunodepressi. 

Perciò anche con tre dosi di vaccino e una variante poco letale, meglio tenere alta la guardia e non rischiare l’immunità ibrida..

Meglio essere prudenti e tenere alta la guardia perché non sappiamo gli effetti a lungo termine di questa infezione naturale, sappiamo troppo poco e poi far circolare in modo eccessivo il virus può generare nuove varianti. Poi c’è la variabile delle caratteristiche del soggetto: nello studio canadese su 6000 casi non ne è morto uno e solo lo 0,3% è stato ospedalizzato; ma quando cominciamo a parlare di 6 milioni di casi qualcuno può morire, non possiamo saperlo e non possiamo dare messaggi conclusivi in questo momento.

Da HUFFPOST

COVID E ULTIMI AGGIORNAMENTI LEGISLATIVI

Riportiamo gli ultimissimi aggiornamenti a proposito di Covid:

  • sulla Gazzetta Ufficiale del 30 dicembre 2021, n. 309 sono stati pubblicati:
    • il decreto-legge 30 dicembre 2021, n. 229 «Misure urgenti per il contenimento della diffusione dell’epidemia da COVID-19 e disposizioni in materia di sorveglianza sanitaria»
    • il decreto del Ministero delle Infrastrutture e della mobilità sostenibili 7 dicembre 2021 «Modalità attuative per la compensazione dei danni subiti a causa dell’emergenza da COVID-19 dai vettori»;
    • il comunicato del ministero dell’Interno «Approvazione dell’avviso pubblico per l’assegnazione del fondo per l’anno 2021 a sostegno delle piccole e medie città d’arte e dei borghi particolarmente colpiti dalla diminuzione dei flussi turistici dovuta all’epidemia di COVID-19»;
  • sulla Gazzetta Ufficiale del 4 gennaio 2022, n. 2 è stato pubblicato il decreto del ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili 30 novembre 2021 «Trasferimento dei fondi ai comuni al fine di consentire l’erogazione dei servizi di trasporto scolastico in conformità alle misure di contenimento della diffusione del COVID-19»;
  • sulla Gazzetta Ufficiale del 7 gennaio 2022, n. 4 è stato pubblicato il decreto-legge 7 gennaio 2022, n. 1 «Misure urgenti per fronteggiare l’emergenza COVID-19, in particolare nei luoghi di lavoro, nelle scuole e negli istituti della formazione superiore»;
  • sulla Gazzetta Ufficiale dell’8 gennaio 2022, n. 5 sono stati pubblicate:
    • l’ordinanza del ministero della Salute 7 gennaio 2022 «Ulteriori misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19»;
    • l’ordinanza della presidenza del Consiglio dei ministri dipartimento della protezione civile 31 dicembre 2021 «Ulteriori interventi urgenti di protezione civile in relazione all’emergenza relativa al rischio sanitario connesso all’insorgenza di patologie derivanti da agenti virali trasmissibili. (Ordinanza n. 817)».

ANALISI SPETTRALE PER IL RICONOSCIMENTO DELL’AMIANTO

Da inail.it

L’analisi speditiva dei materiali contenenti amianto, effettuata mediante l’impiego di tecniche innovative e strumentazione portatile, rappresenta una tematica di grande interesse a scala nazionale ed internazionale.

Ciò in quanto essa consente di ottenere benefici sia in termini di riduzione del rischio espositivo per i tecnici di laboratorio che in termini di riduzione dei tempi e dei costi di esecuzione. Il presente fact sheet, edito in lingua inglese, è incentrato sulla tecnica innovativa di imaging iperspettrale (HSI), che a seguito di uno specifico progetto di ricerca in collaborazione tra l’Inail e l’Università La Sapienza, si è rivelata particolarmente efficace per l’identificazione delle principali tipologie di materiali contenenti amianto. Il Fact-sheet descrive dunque le procedure di ricerca analitica adottate ed i vantaggi di tale metodica, evidenziando in particolar modo i principali settori in cui si prevede una sua proficua applicazione nel prossimo futuro.


Prodotto: Fact sheet
Edizioni: Inail – 2021
Disponibilità: Consultabile solo in rete
Info: dcpianificazione-comunicazione@inail.it

L’IMPORTANZA DEL MEDICO COMPETENTE IN TEMPO COVID.

Covid, sempre più importante la figura del medico competente. Ma tra costi e lentezze burocratiche non tutti i presidi lo coinvolgono

Per quanto la responsabilità della sicurezza nelle scuole rimanga del dirigente, il dottore scolastico deve essere considerato come un consulente tecnico che fornisca un supporto al fine di ottemperare ai suoi obblighi in tema sicurezza, tant’è che è pagato dalle scuole.

Sulla carta c’è. Nella realtà pochi docenti sanno chi è. Molti non l’hanno mai visto. Eppure per molti distretti sanitari è lui a dover segnalare, in accordo con il preside, il lavoratore positivo. Ed è a lui che gli insegnanti, contatti stretti di persone ammalate di Covid, devono comunicare di essere in isolamento. Stiamo parlando del medico competente. Tra i dipendenti di ogni singolo istituto tutti hanno sentito parlare di questa figura nei corsi sulla sicurezza. Anche maestri, professori, collaboratori scolastici hanno avuto modo di ascoltare ingegneri o dirigenti che citano la presenza del medico competente tra i banchi. Tutto è normato dal Decreto legislativo 81/2008, che prevede anche a scuola come in qualsiasi azienda, la nomina del medico competente da parte del dirigente scolastico. Per quanto la responsabilità della sicurezza nelle scuole rimanga del dirigente scolastico, la figura del medico competente deve essere considerata come quella di un consulente tecnico che fornisca un supporto al fine di ottemperare ai suoi obblighi in tema sicurezza, tant’è che è pagato dalle scuole.

Ma se prima dell’emergenza pandemica, il dottore del lavoro aveva tra i suoi compiti quello di valutare il rischio relativo all’utilizzo dei videoterminali, i rischi chimici, biologici, rumore e vibrazioni legati alla pulizia e alla presenza di laboratori e mense, oltre che il rischio relativo alla movimentazione manuale dei carichi e quello legato all’insorgenza di stress lavoro-correlato, ora l’emergenza Covid-19 ha aggiunto un nuovo rischio a quelli già presenti nei luoghi di lavoro. Tra i compiti dei medici competenti, operanti in ambiente scolastico, si è aggiunto quello di collaborare con i dirigenti per lo sviluppo di misure atte a limitare il rischio di contagio. Tra queste una nuova organizzazione dello spazio, la sanificazione di ambienti e superfici, la formazione e l’informazione.

Non è un caso che il protocollo d’intesa per garantire l’avvio dell’anno scolastico 2021/2022, firmato il 14 agosto scorso, citasse la necessità di “favorire l’individuazione, in tutte le scuole, del medico competente che effettui la sorveglianza sanitaria di cui all’articolo 41 del Decreto 81/2008 nonché la “sorveglianza sanitaria eccezionale””. Lo scorso anno si tornò a parlare della figura del medico competente per i lavoratori fragili ovvero le persone disabili, immunodepresse, con patologie a rischio o con un’età tale da essere a rischio. In realtà la circolare del ministero della Salute e del ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali del 4 settembre 2020, numero 13 allarga il concetto di fragilità e specifica che va individuato “in quelle condizioni dello stato di salute del lavoratore rispetto alle patologie preesistenti che potrebbero determinare, in caso di infezione, un esito più grave o infausto e può evolversi sulla base di nuove conoscenze scientifiche sia di tipo epidemiologico sia di tipo clinico”. Tradotto si parla di docenti/lavoratori che possono aver avuto un ictus, uno scompenso cardiaco, che hanno avuto o hanno un cancro, che sono obesi o in dialisi.

Non solo. Di là delle circolari e dei protocolli, secondo alcune Asl il ruolo del medico competente è fondamentale in questa fase. Tra le faq riportare dall’Ats Valpadana c’è scritto che, in caso di positività, “il datore di lavoro, in accordo con il medico competente, invita il lavoratore a stare a casa e a contattare telefonicamente il proprio medico di medicina generale che provvederà ad inoltrare la segnalazione ad Ats della Val Padana”. A questo si aggiunge che “il lavoratore che ha avuto contatti stretti con persone ammalate di Covid-19, solitamente è già noto all’Ats ed è posto in isolamento domiciliare. Indipendentemente dalla presenza o meno di sintomatologia, il soggetto è tenuto ad avvisare il medico curante e quello competente e il datore di lavoro”. La situazione è ben spiegata da una dottoressa dell’Ats Valpadana: “È il medico competente a fare con il preside una valutazione sull’insegnante che ha avuto contatti cin un positivo – ha detto – Il problema è che spesso i docenti nemmeno sanno chi è la figura preposta a questo compito”. Alla prova del nove è come dice l’operatrice dell’Ats: la maggior parte dei maestri e dei professori non conoscono chi sia il medico competente per la scuola in cui lavorano.

Giovanna Mezzatesta, dirigente del liceo “Bottoni” di Milano, non ha problemi a descrivere la realtà: “Ciò che dice l’Ats è spesso un bla, bla, bla. Il medico competente l’ho chiamato per i lavoratori fragili e l’ho pagato novanta euro a visita. Non lo interpello certo per i lavoratori positivi o per altro. Ci penso io a fare quel lavoro. Certo è che se ci fosse nelle scuole un presidio sanitario sarebbe utile”. La pensa allo stesso modo la preside Laura Biancato, della “Einaudi” di Bassano del Grappa: “Non l’ho mai consultato per le persone che si sono ammalate di Covid ma solo per questioni relative ai professori fragili. Abbiamo una convenzione tra istituti del territorio e abbiamo un medico competente per più scuole. Se dovessimo fare anche il passaggio con il medico competente ogni volta che si presenta un caso, i tempi si allungherebbero di molto”.

Chi, invece, utilizza questa figura è Alfonso D’Ambrosio, a capo del comprensivo di Lozzo Atestino: “Lo paghiamo 150 euro l’anno più trenta euro per ogni visita in più. Il nostro medico competente ha fatto un sopralluogo nelle aule Covid, ha visto e monitorato i nostri sistemi di sanificazione e gli inviamo ogni volta l’elenco dei positivi. I fondi per pagarlo erano previsti dai decreti firmati con l’emergenza”. Il preside D’Ambrosio, tuttavia, ammette: “So di colleghi che l’hanno nominato ma non lo usano come facciamo noi”. Un’altra preside che collabora con il medico competente è Roberta Mozzi dell’ “Einaudi” di Cremona: “È una dottoressa molto scrupolosa e molto seria. Per il suo compenso abbiamo utilizzato i fondi previsti. Ha preso in carico le persone fragili ma viene consultata spesso anche in altre occasioni. Se un docente si ammala, lo comunica al referente Covid della scuola che di seguito trasmette il tutto al medico del lavoro”.

da www.ilfattoquotidiano.it

MANIFESTAZIONI DERMATOLOGICHE DEL COVID

Da huffoost.it

Come tutti purtroppo sappiamo il COVID-19 (infezione da SARS-CoV-2-19) è comparso in Cina a Wuhan negli ultimi mesi del 2019 e da lì si è poi diffuso in tutto il mondo, per cui l’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) nel Marzo 2020 ha denunciato l’esistenza di una pandemia. Il nuovo patogeno è stato trovato in campioni del tratto respiratorio e la malattia risultante è stata definita COVID-19 (Coronavirus Desease 2019).

Lo spettro sintomatologico del COVID-19 esordisce di regola con una sindrome simil-influenza o simil-raffreddore con diversi sintomi che variano da soggetto a soggetto. Tali possono essere febbre, malessere, stanchezza eccessiva, dolori muscolari, rinofaringite, dispnea, tosse secca, perdita del gusto e dell’olfatto, iperemia congiuntivale, diarrea etc., a cui poi possono seguire più gravi complicanze viscerali, specie bronco-polmonari, purtroppo con un’elevata percentuale di mortalità.

Successivamente in diversi Paesi del mondo (Cina, Italia, Spagna etc.) si è scoperto che, oltre a diversi organi e sistemi, anche la pelle può presentare significative manifestazioni riconducibili in vario modo all’infezione. A carico della cute sono state segnalate diverse alterazioni consequenziali e tipiche della malattia, per cui possono assumere il ruolo di indici diagnostici, prognostici e terapeutici; come pure lesioni cutanee secondarie non direttamente causate dalla malattia quali le eruzioni da farmaci, la comparsa o l’aggravamento di importanti dermopatie.

Per queste considerazioni l’OMS ha anche posto la sua attenzione sulla Spagna in quanto rilevante area di trasmissione locale del COVID-19. In effetti la ricerca spagnola nel picco dell’epidemia ha potuto rilevare ben 429 casi. La comunità scientifica mondiale è concorde nel ritenere che vi sia anche un forte nesso tra il COVID-19 e le patologie dermatologiche. Esistono infatti riscontri documentati e pubblicati che sistematizzano le patologie cutanee in 5 categorie:

1. Geloni (20% dei casi), legati a forme più lievi e di più frequente riscontro nei soggetti giovani

2. Eruzioni vescicolari (10% dei casi), un po’ più specifiche del COVID-19, spesso pruriginose, localizzate specie sul tronco in pazienti di mezza età con viropatie di media gravità e che durano per lo più circa 10 giorni.

3. Lesioni orticarioidi (20% dei casi), con durata media di 6-8 giorni

4. Eruzioni maculo-papulari, perifollicolari, presenti nel 45% dei casi più gravi

5. Lesioni vasculitiche (5 % dei casi), per alterazione dei vasi sanguigni, più frequenti negli anziani

Questi cinque modelli clinici cutanei associati al COVID-19 possono comparire in diversi momenti della malattia e sono associati a diversa gravità, durata e forse a differenti significati prognostici.

Allorquando un soggetto lamenta una sintomatologia simil-influenzale, possono perciò anche apparire:

1. Eruzioni eritematose a tipo rush cutanei, eritema polimorfo, lesioni orticarioidi, vescicole simil varicella, manifestazioni comuni ad altre infezioni virali, prevalentemente disposte sul tronco, non pruriginose e indipendenti dalla gravità della malattia

2. Strani geloni, i cosiddetti «alluci da COVID», le dita dei piedi e delle mani possono diventare gonfie e bluastre come fossero geloni; si tratta di un’acrocianosi riconducibile ad un processo vasculitico, segno tipico di COVID-19.

Nei soggetti più giovani compaiono soprattutto perniosi e pseudo-geloni o «pseudo-Chilblain» con una durata media di 15 giorni, associati a forme meno gravi di malattia e in 1/3 dei casi è presente anche dolore (32%) o prurito (30%).

Nei soggetti di mezza età sono state osservate lesioni vescicolari (15%) comparse per lo più prima di altri sintomi e con decorso meno grave, il prurito è presente in 2/3 dei casi. Le lesioni orticarioidi e maculopapulari sono associate a malattia COVID-19 più severa. Il prurito è particolarmente frequente nelle lesioni orticarioidi (90%) e nelle maculopapulari (60%).

Nei soggetti di età più avanzata con patologia grave possono comparire manifestazioni livoidali e/o necrotiche.

In un reparto medico italiano è stato osservato che circa il 20% dei pazienti presentava lesioni cutanee quali orticaria, eruzioni esantemiformi o simil-varicella, come pure alcune eruzioni cutanee diagnosticate per Dengue, acroischemie nei bambini e nei pazienti più gravi e placche nei talloni. Questi dati sono stati considerati utili per la gestione dei pazienti al fine di riconoscere i pazienti paucisintomatici e persino per una valutazione predittiva sul decorso dell’infezione.

E più specificatamente i dermatologi dell’Ospedale di Lecco parlano di lesioni cutanee da COVID-19 in pazienti con infezioni in corso ma anche in quelli asintomatici. La tipologia delle manifestazioni è assai varia, i segni cutanei sono presenti in ogni età (bambini e giovani sono poco colpiti e spesso asintomatici e perciò contagiosi), vi è differenza fra segni cutanei sicuramenti riferibili al COVID-19 e segni sospetti perché in soggetti pauci o asintomatici. Nell’infezione certa sono possibili rush cutanei diffusi (morbilliformi, varicelliformi o orticarioidi) in concomitanza a sintomi respiratori o simil influenzali.

L’eruzione cutanea, non sempre pruriginosa, è fugace e autorisolutiva in pochi giorni. Quadri simili possono essere anche causati da farmaci e, in tal caso, è ancor più utile la consulenza dermatologica. Lesioni simil-geloni su piedi e mani sono particolarmente frequenti in età pediatrica e giovanile. Le lesioni cutanee compaiono assai spesso quando i sintomi generali sono scarsi o assenti, quindi si tratta di segni isolati, unici ed iniziali e perciò possibili spie dell’infezione. Si può ritenere che siano segni indiretti dell’infezione virale mediante meccanismi di reazione immunologica il cui target è il microcircolo cutaneo, come è stato di recente confermato anche da accurate indagini istopatologiche..

CONTA ANTICORPI COVID 19 ATTUALMENTE NON AFFIDABILE

Il test sierologico per la conta degli anticorpi non ha più lo stesso valore. di prima Lo sostengono i ricercatori dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie. “Non ci sono test attendibili – rilevano – perchè il virus è mutato”.   “Il test sierologico nell’arco di due mesi, da marzo a maggio 2020 ha visto 250 approvazioni: quindi c’è di tutto e di più”, ha detto il ricercatore Francesco Bonfante, dell’Istituto zooprofilattico delle Venezie. “Ci sono i test altamente specifici e in grado di dare un dato simile a quello che diamo noi e tutti quelli che sono meramente un sì o no, ovvero sei hai anticorpi o non li hai”. Omicron ha modificato lo scenario. ” Se questo era vero prima della nuova variante – ha sottolineato Bonfante – adesso per avere un’idea prudenziale non ci sono test sierologici disponibili in grado di dare un correlato del livello di protezione”.

Questo, ha aggiunto, “proprio perchè il virus è mutato profondamente e i test sono ormai basati sul virus di due anni fa. Quindi basarsi una forte positività anticorpale con il migliore dei test sierologici in commercio adesso è inutile. Lo posso dire senza tante remore”.

Da dottnet.it