Monthly Archives: Dicembre 2020

INAIL: TELERILEVAMENTO AMIANTO

Superfici contenenti amianto: il telerilevamento per una mappatura in sicurezza

L’Italia, in passato, è stata tra i maggiori produttori e utilizzatori mondiali di amianto e di Materiali Contenenti Amianto (MCA).

Immagine Superfici contenenti amianto: il telerilevamento per una mappatura in sicurezza

Successivamente, la legge 257/92, pur mettendo al bando la loro produzione, importazione e commercializzazione, non ne ha vietato l’utilizzo. Con il d.m. 101/03 le regioni hanno iniziato a mappare i siti con presenza di superfici in cemento amianto (Ca) e i dati fin qui raccolti e trasmessi al Ministero dell’ambiente e tutela del territorio e del mare, hanno permesso di evidenziare una disomogeneità nell’espletamento di tale compito.

Ciò ha portato il Dit dell’Inail a realizzare, con questo lavoro, una disamina sulle piattaforme, i sensori, gli algoritmi e le principali tecniche per l’identificazione e il riconoscimento delle superfici in Ca da remoto. Il documento illustra, inoltre, le varie criticità che si possono presentare nell’acquisizione e nel processamento dei dati da remoto, siano essi riferibili alla presenza di amianto di origine antropica che naturale.

Tali elementi conoscitivi potranno risultare di supporto alle pubbliche amministrazioni al fine di una mappatura più omogenea, più attendibile e a più ampia scala.

Prodotto: Fact sheet
Edizioni: Inail – 2020
Disponibilità: Consultabile solo in rete
Info: dcpianificazione-comunicazione@inail.it

RX COME TAC CON IL SOFTWARE PACE

Da le scienze

(a) radiografia tradizionale, (b) immagine ottenuta con la TAC e (c) immagine radiografica elaborata con PACE. Grazie ad un miglioramento dei contrasti, è possibile riconoscere come l’elaborazione con PACE metta in evidenza un numero di lesioni polmonari, indicate con la freccia nera, non presenti nella radiografia tradizionale. Gli ingrandimenti (d, e, f) rendono ancora più visibile il confronto e la potenza del metodo, confermato dalle immagini TAC.

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Lo sviluppo della ricerca e delle alte tecnologie realizzato dall’INGV trova applicazione anche in molte altre branche della ricerca scientifica. È il caso dello studio “Pipeline for Advanced Contrast Enhancement (PACE) of Chest X-ray in Evaluating COVID-19 Patients by Combining Bidimensional Empirical Mode Decomposition and Contrast Limited Adaptive Histogram Equalization (CLAHE)” recentemente pubblicato sulla rivista ‘Sustainability’ di MDPI, condotto in collaborazione con l’Università di Messina e l’Università di Catania, per lo sviluppo di un applicativo software chiamato “PACE” prodotto per offrire un importantissimo supporto ai radiologi nella diagnosi e nella cura delle patologie polmonari gravi come quelle causate dal COVID-19.
Infatti, è venuta in aiuto alla diagnostica per immagini applicata ai pazienti affetti da patologie polmonari quella normalmente utilizzata dall’INGV per caratterizzare lo “stato di salute” della crosta terrestre.

“L’analogia tra l’interno della Terra e interno dei polmoni può apparire alquanto audace”, afferma Massimo Chiappini, ricercatore dell’INGV e coautore dell’iniziativa. “Tuttavia questa ricerca nasce proprio dall’intuizione di utilizzare su immagini mediche le stesse tecniche di trattamento delle immagini che utilizziamo normalmente per la rappresentazione del sottosuolo nelle aree soggette a rischio sismico, vulcanico o ambientale”.

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È noto infatti che per i pazienti affetti da gravi patologie polmonari come, negli ultimi tempi il COVID-19, la valutazione radiologica di lesioni polmonari è indispensabile sia per il monitoraggio dell’evoluzione della malattia sia per valutare la risposta alle specifiche terapie. Tuttavia, quest’attività è resa complessa dal fatto che i pazienti, specialmente nelle fasi acute della malattia, non sono collaborativi e/o si trovano in terapia intensiva. In tali situazioni, inoltre, i radiogrammi sono effettuati spesso con strumenti radiografici portatili che, spesso, producono immagini artefatte che ne riducono la leggibilità.

Pertanto, il software PACE, sviluppato dal team multidisciplinare dei ricercatori dell’INGV, dell’Università di Messina (guidato dal prof. Giovanni Finocchio del Dipartimento di Scienze Matematiche e Informatiche, Scienze Fisiche e Scienze della Terra (MIFT) e dal prof. Giuseppe Cicero del Dipartimento di Scienze biomediche, odontoiatriche e delle immagini morfologiche e funzionali) e dell’Università di Catania (guidato dai proff.i Giulio Siracusano e Aurelio La Corte), è stato ideato per risolvere questi problemi di rappresentazione grafica ottimizzando al massimo il contrasto delle immagini radiografiche del torace.

Ad oggi, vista l’urgenza, i medici l’hanno applicato alle immagini raccolte sui pazienti COVID-19 del Policlinico Universitario “G. Martino” di Messina: con PACE è migliorata significativamente la lettura del radiogramma da parte del radiologo. L’algoritmo, infatti, combina lo stato dell’arte di applicativi numerici di elaborazione delle immagini, quali la decomposizione empirica bi-dimensionale, il filtro omomorfico e l’equalizzazione adattiva dell’istogramma in modo opportuno.
“Dal punto di vista clinico” – afferma il prof. Gaeta del Dipartimento di Scienze biomediche, odontoiatriche e delle immagini morfologiche e funzionali dell’Ateneo di Messina, “è stato fondamentale verificare che le informazioni aggiuntive prodotte da PACE fossero reali. Per far questo, sono state effettuate e confrontate congiuntamente le radiografie del torace e quelle delle TAC tradizionali: il grande successo è stato quello di verificare che le lesioni aggiuntive che il software PACE rilevava nelle semplici immagini radiografiche fossero tutte confermate dalle TAC”.

“La ricaduta del software ideato da INGV e dalle Università siciliane è rilevantissima in ambito sociale” afferma Massimo Chiappini.  “Tra i vantaggi, infatti, oltre la evidente riduzione dei costi e di tempi derivante dalla non indispensabilità dei macchinari per la TAC per avere identici risultati diagnostici utili, con l’uso di PACE è sufficiente effettuare un solo intervento sul paziente per l’esame radiografico con un minor rischio di diffusione di malattie virali anche tra gli operatori sanitari come nel caso del COVID-19. Inoltre, questa tecnologia offre la possibilità di applicarla anche in condizioni limite dove l’accesso alla diagnostica TAC non è agevole sia per l’alto numero di degenti interessati sia per i costi della macchina stessa che, nelle aree economicamente poco sviluppate, quali l’Africa ed il Sud America, rappresenta una strumentazione proibitiva”.
Dato l’alto interesse riscontrato in ambito medico, tutti i risultati della ricerca sono a stati messi a disposizione della comunità scientifica liberamente.

Linkhttps://www.mdpi.com/2071-1050/12/20/8573

VISIERE TRASPARENTI BOCCIATE VS MASCHERINE

Da ” le scienze”

Le visiere trasparenti possono sembrare più comode delle mascherine, ma non impediscono alle goccioline di saliva di diffondersi nell’ambiente circostante.

Perché le visiere di plastica non fermano il coronavirus

Le nubi di goccioline che fuoriescono dalla parte bassa della visiera evidenziate dalla luce laser (© Florida Atlantic University’s College of Engineering and Computer Science) 
Le visiere trasparenti possono sembrare più comode delle mascherine, ma non impediscono alle goccioline di saliva di diffondersi nell’ambiente circostante. A stabilirlo è un nuovo studio sperimentale che mette in guardia dall’uso di protezioni diverse dalle mascherine chirurgiche o in tessuto, tto il mondo, mascherine e distanziamento sociale sono diventate i principali mezzo di contenimento dell’infezione da coronavirus. In alcuni paesi, tuttavia, si sono diffusi anche altri metodi di protezione del viso, come le visiere facciali in plastica trasparente e le mascherine dotate di valvole. Ma uno studio sperimentale pubblicato ora sulla rivista “Physics of Fluids” da Siddhartha Verma e colleghi della Florida Atlantic University ha verificato che non sono efficaci nel contenere le goccioline di saliva espulse dalla persona che le indossa.

I ricercatori hanno usato una testa di manichino cava e hanno simulato una tosse o uno starnuto composto da goccioline di acqua distillata e glicerina, espulsi dalla bocca per effetto della spinta di una pompa manuale. Un sistema di illuminazione laser ha poi permesso di valutare la diffusione delle goccioline nello spazio antistante. Due mesi fa, il gruppo di Verma aveva utilizzato lo stesso impianto sperimentale per verificare in laboratorio l’efficacia dei diversi tipi di mascherine.

“Ci siamo concentrati sulle goccioline più piccole, poiché possono rimanere sospese per tempi molto lunghi e potrebbero contenere abbastanza particelle di virus da trasmettere il contagio”, ha spiegato Verma.
Le simulazioni hanno mostrato che le visiere trasparenti inizialmente bloccano la traiettoria di un colpo di tosse o di uno starnuto, ma le goccioline espulse possono aggirare la visiera con facilità e distribuirsi su un’area piuttosto vasta, a seconda delle correnti ambientali presenti al momento dell’espulsione. “Col tempo, le goccioline possono disperdersi nelle direzioni sia longitudinali sia laterali, anche se la loro concentrazione diminuisce con la distanza”, ha precisato Verma.

Dai test è emerso inoltre che da una mascherina dotata di valvole fuoriesce un gran numero di goccioline che attraversano la valvola senza essere filtrate e quindi quel tipo di mascherine non serve ad arrestare la diffusione di COVID-19 se chi le indossa è infetto.”Nella prospettiva che gli studenti tornino nella aule delle scuole e delle università, alcuni si sono chiesti se fosse meglio utilizzare protezioni più comode e più facili da indossare per periodi di tempo più lunghi”, ha concluso Verma. “Ma che cosa succederebbe se questi schermi non fossero altrettanto efficaci delle mascherine chirurgiche o in tessuto? In uno spazio ristretto, le goccioline si accumulerebbero nel tempo, potenzialmente diffondendo l’infezione”.

Tuttavia, ricordano gli autori, le protezioni perfette non esistono protezioni perché tutte quelle esistenti lasciano comunque passare una certa percentuale di goccioline. Per questo motivo, è comunque importante mantenere la distanza fisica mentre le si indossa per limitare ulteriormente il rischio. (red)

ORMAI SEMAFORO VERDE DELL ‘EMA PER I VACCINI

Il via libera dell’Ema al vaccino di Pfizer atteso entro il 29 dicembre, quello di Moderna entro il 12 gennaio. Fino a 202 milioni di dosi. Si parte dai  medici, dagli anziani, poi i lavoratori essenziali.

Le prime dosi delle 202 milioni complessive che potrebbero arrivare in Italia il prossimo anno sono attese «tra il 23 e il 26 gennaio» e saranno distribuite in 300 ospedali (15-20 per ogni Regione). Serviranno per vaccinare medici e infermieri, ospiti e operatori delle Rsa. Poi si partirà dai «grandi vecchi» (gli over 80) e successivamente con gli altri anziani divisi per «scaglioni» in base all’età – 60-70 anni e poi le altre fasce della popolazione attiva. (da il sole24 ore)

VACCINI A TUTTI.. ANCHE AI GUARITI DA COVID?

Da Dottnet.it

La piu’ grande campagna vaccinale di massa che abbia mai avuto corso in Italia, quella contro il covid, e’ alle porte e potra’ essere conclusa in autunno. Ma oltre alle imponenti misure logistiche e alle direttive su chi vaccinare nella prima fase, arriva ora il nodo dei positivi. Se, cioe’, coloro che hanno contratto il virus debbano o meno essere vaccinati. Un punto che gia’ divide gli esperti. Gli operatori sanitari saranno i primi ad esser vaccinati, seguiti dagli anziani. Ma chi ha avuto il covid cosa dovra’ fare? “Chi ha avuto il Covid – ha spiegato Giuseppe Ippolito, direttore scientifico dell’Istituto Spallanzani di Roma – non deve vaccinarsi contro la malattia perché ha sviluppato anticorpi naturali, semmai dovrà controllare il livello di questi anticorpi. E quando questi dovessero scendere, si può riconsiderare una vaccinazione”.

injecting injection vaccine vaccination medicine flu man doctor insulin health drug influenza concept – stock image

Ma su questa tesi non è d’accordo Matteo Bassetti, direttore della Clinica Malattie Infettive del San Martino di Genova. “Bisognerebbe vaccinare sia chi non ha mai fatto l’infezione da SarsCoV-2 che chi l’ha già fatta”, sostiene Bassetti, secondo il quale bisognerebbe vaccinare “anche chi ha già gli anticorpi, perché non si sa per quanto tempo durino”. “Difficile dire ora, senza i dati delle sperimentazioni, se sia opportuno o meno vaccinare anche i guariti”, spiega all’Ansa Carlo Signorelli, ordinario di Igiene all’ Università di Parma e all’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano. Certo è che “non vaccinarli rischierebbe di complicare le cose invece che semplificarle”. Il problema, infatti, “è che per escluderli dalla vaccinazione bisogna identificarli e anche questo è un lavoro in più. Un lavoro, tra l’altro, per il quale abbiamo uno strumento, il test sierologico, che con il passare del tempo tende a non dare una risposta corretta. Abbiamo, infatti, test negativi a fronte di persone che sappiamo essere state positive”.

Capire se vaccinare o meno i guariti, comunque “è cruciale per la campagna vaccinale, perché in alcune zone la quota di chi ha avuto il Covid arriva fino al 40%. Se l’immunità acquisita dalla malattia non regge, rischiamo di lasciarli scoperti”. Ad oggi – dice Arcuri – un italiano su 36 e’ stato contagiato.  E sempre sul fronte vaccini arriva anche il doppio annuncio di Moderna che inizia i test sugli adolescenti tra i 12 e i 17 anni e rende noto che il vaccino avra’ una copertura di almeno tre mesi dopo la seconda dose. Novità anche per la sperimentazione condotta da AstraZeneca e Università di Oxford che si trasforma da ‘doppio cieco’ in ‘aperto’. Tutti i partecipanti potranno sapere se è stato somministrato loro il preparato sperimentale o un placebo.  Intanto alcuni gruppi di hacker stanno prendendo di mira le aziende coinvolte nella distribuzione dei vaccini e potrebbero prepararsi a colpire la ‘catena del freddo’ necessaria per far arrivare le dosi. Lo afferma la compagnia Ibm, secondo cui i criminali informatici stanno raccogliendo informazioni sugli aspetti logistici. L’attività di spionaggio, spiega Ibm, è condotta attraverso ‘una campagna globale di phishing’ in cui vengono inviate email a nome dell’azienda cinese Haier Biomedical specializzata nel trasporto di vaccini.

NUOVI CODICI INPS E QUARANTENA COVID: UN CASO DI ORDINARIO CAOS

Da Doctor33.it

Un allarme dalla Fimmg Basilicata dà spunto per parlare del caos esistente in Italia sui codici malattia del Covid. I medici non trovano nei portali Asl né gli esiti dei tamponi propedeutici alle certificazioni di ripresa delle attività, né le certificazioni di fine quarantena che i servizi di igiene Asl dovrebbero rilasciare. Non possono perciò emettere certificato di riammissione al lavoro se il datore lo chiede. Ma soprattutto si trovano spiazzati da una revisione Inps dei codici di malattia.

Cosa dice la legge – Il servizio di igiene Asl, che in base al decreto rilancio considera in malattia i lavoratori (pubblici o privati) positivi o contatti stretti di pazienti Covid, comunica con Pec al medico l’avvio di isolamento o quarantena. Il lavoratore è in malattia, per un periodo che non rientrerà nel computo totale dei giorni cui ha diritto da contratto. Al soggetto sintomatico indirizzato dal medico curante all’Asl e tamponato dalle unità speciali di continuità assistenziale sarà sempre l’Asl a effettuare la comunicazione. Solo se il tampone lo fa il medico le cose cambiano ed è il camice ad annotare l’esito online per il servizio di prevenzione Asl.
Isolamento e quarantena – Il 12 ottobre 2020 una circolare del ministero della salute ha meglio differenziato l’isolamento per il Covid dalla quarantena per il contatto stretto di un positivo. E ha disposto che i positivi asintomatici in isolamento possano rientrare al lavoro dopo 10 giorni in presenza di un test molecolare negativo. I positivi che sviluppano la malattia potranno uscire dall’isolamento al 10° giorno dalla comparsa dei sintomi a condizione che siano trascorsi almeno 3 giorni senza sintomi, e che il test molecolare in 10ma giornata sia risultato negativo. Se il test risultasse ripetutamente positivo, sarà possibile uscire dall’isolamento al 21° giorno a condizione che la sintomatologia sia assente (non si tiene conto della persistente anosmia o ageusia). I contatti stretti sono obbligati alla quarantena di 14 giorni dall’esposizione al caso positivo, che potrà essere ridotta a 10 giorni, consentendo il ritorno al lavoro se un test in decima giornata -molecolare o anche rapido- risultasse negativo.

L’Inps – Fin qui i medici per porre in isolamento o quarantena -previa ordinanza Asl – pazienti positivi o contatti stretti hanno utilizzato il Codice V29 sulla base di circolari Inps, da usare anche per pazienti al rientro da paesi esteri con Covid; hanno altresì utilizzato il codice V07 per i pazienti immunodepressi, oncologici o effettuanti cure salvavita, da tenere lontani da ambiti lavorativi a rischio contagio Covid-19. Ma non in tutte le regioni i codici sono univoci. In Lombardia nei giorni scorsi, rispondendo ad un interpello ordinistico, il dirigente Inps Leonardo Sammartano ha chiarito che il codice V07 va usato non per i fragili ma per i positivi asintomatici, per i contatti stretti di positivi o di contatti di positivi, e per i soggetti rientranti da paesi indicati come a rischio dal Ministero degli Esteri, la cui tabella è aggiornata volta per volta. A chi sviluppa i sintomi vanno attribuiti invece i codici 480.3 per la polmonite da Covid e 079.82 per “infezione da coronavirus associata alla SARS”. Quanto ai lavoratori in condizioni di rischio, arriva un terzo codice, V15.A Bologna l’indirizzo Inps è quello di non usare il codice ma di far dettagliare la malattia al medico.



Regioni in tilt
 – Esemplifica il responsabile comunicazione Fimmg lucano Erasmo Bitetti che ai nuovi indirizzi sui codici «la Puglia si è adeguata, noi in Basilicata no. Preferiamo, in presenza di una disposizione del medico del lavoro, usare il codice diagnosi ICD della patologia prevalente del paziente (quella legata alla fragilità) e non più il codice V07 specificando che si tratta di “Patologia determinante inidoneità al lavoro secondo quanto disposto dal Medico tale con documento datato tot”. Per i codici V07, sia per il positivo in isolamento domiciliare sia per il contatto stretto in quarantena, i provvedimenti sono emessi in entrambi i casi dall’Asl all’interessato, al medico curante (che redige certificato Inps ed attestato per il datore di lavoro) e al sindaco.

Riepilogando – Il paziente positivo, sintomatico o asintomatico, rimane in isolamento 10 giorni e ne esce solo con l’esito negativo di un tampone molecolare sempre che sia senza sintomi; se il paziente positivo, pur asintomatico, non si negativizza resterà in isolamento non oltre il 21° giorno sempre che resti asintomatico. Il contatto stretto che ottenga un tampone, anche rapido, a 10 giorni dall’avvenuto contatto, se negativo è riammissibile al lavoro; se non ottiene il tampone esce comunque al 14° giorno. Se il contatto diventa positivo segue il percorso dei soggetti positivi.

Mauro Miserendino

INAIL: 211 MILIONI PER LA SICUREZZA SUL LAVORO

Da Italiaoggi.it

Con il bando Isi 2020 sarà possibile coprire fino al 65% delle spese sostenute dalle aziende per realizzare progetti destinati a migliorare i livelli di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro

Pubblicato oggi in Gazzetta ufficiale il bando Isi 2020 con il quale l’Inail mette a disposizione delle imprese che scelgono di investire in prevenzione 211.226.450 euro di contributi a fondo perduto. I fondi del bando Isi 2020 sono ripartiti in budget regionali/provinciali e suddivisi in quattro assi di finanziamento, differenziati in base ai destinatari e alla tipologia dei progetti che saranno realizzati. All’Asse 1 (Isi Generalista) sono assegnati 96.226.450 euro, suddivisi in 94.226.450 euro per i progetti di investimento e due milioni per i progetti di adozione di modelli organizzativi e di responsabilità sociale. Per l’Asse 2 (Isi Tematica) sono a disposizione 45 milioni di euro, destinati a sostenere la realizzazione di progetti per la riduzione del rischio da movimentazione manuale dei carichi, mentre lo stanziamento dell’Asse 3 (Isi Amianto), per progetti di bonifica da materiali contenenti amianto, è pari a 60 milioni di euro. L’Asse 4 (Isi Micro e Piccole Imprese) riguarda invece i progetti di miglioramento dei livelli di salute e sicurezza realizzati nelle micro e piccole imprese operanti nei settori della fabbricazione mobili e della pesca, per le quali sono disponibili 10 milioni.

Destinatarie dei finanziamenti sono le aziende, anche individuali, iscritte alla Camera di Commercio Industria Artigianato e Agricoltura, a esclusione delle micro e piccole imprese dell’agricoltura primaria, alle quali è riservato il bando Isi Agricoltura 2019-2020, pubblicato lo scorso 6 luglio. È stata confermata, inoltre, la possibilità per gli enti del terzo settore di accedere ai fondi del secondo asse, dedicato ai progetti per la riduzione del rischio da movimentazione manuale dei carichi. “In linea con il lavoro portato avanti negli ultimi anni – precisa Bettoni – per ottimizzare l’utilizzo dei fondi stanziati, aumentare il coinvolgimento delle aziende e rendere più rapida l’erogazione dei finanziamenti, nella fase di predisposizione del bando abbiamo puntato alla semplificazione degli adempimenti richiesti alle imprese partecipanti e alla definizione più dettagliata degli interventi che possono essere sostenuti”. Le date della procedura saranno pubblicate entro il 26 febbraio. La presentazione delle domande di accesso agli incentivi Inail avverrà, come per i bandi precedenti, in modalità telematica, attraverso una procedura articolata in diverse fasi, le cui date saranno pubblicate nella sezione del portale dell’Istituto dedicata al bando Isi entro il 26 febbraio 2021. Il contributo erogato in conto capitale, calcolato sulle spese ritenute ammissibili al netto dell’Iva, può coprire fino al 65% delle spese sostenute, con un tetto massimo di 130mila euro per i progetti ammessi che rientrano nei primi tre assi di finanziamento e di 50mila euro per quelli del quarto asse.

“Oltre al nostro contributo per l’attuazione di misure adeguate per fronteggiare la pandemia, abbiamo quindi ritenuto opportuno dare continuità a questa iniziativa, unica nel suo genere in Europa, che a partire dal 2010 ha consentito la realizzazione di quasi 32mila progetti, presentati soprattutto da micro e piccole imprese, finalizzati al rafforzamento della prevenzione e al contrasto del fenomeno degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali”, spiega il presidente dell’Istituto, Franco Bettoni. “Un investimento in sicurezza è un investimento per il Paese, per i nostri cittadini e per le imprese. In questo momento così difficile è dunque fondamentale garantire alle nostre aziende tutto il sostegno possibile, per fare in modo che l’emergenza Covid-19 non faccia perdere di vista l’obiettivo della tutela di lavoratrici e lavoratori. In questo senso il bando Isi dell’Inail è un’iniziativa di provata efficacia che, insieme alla formazione, alla sensibilizzazione, all’attività ispettiva e alle sinergie tra istituzioni e parti sociali, rappresenta un tassello decisivo della strategia nazionale per la salute e la sicurezza sul lavoro”, sottolinea dalla ministra del Lavoro e delle Politiche sociali, Nunzia Catalfo.

COME RIDURRE IL RISCHIO COVID IN MENSA CON UN SIMULATORE

Da 01health

Dassault Systèmes ha annunciato che GEA, tra i principali fornitori dell’industria di processo alimentare e di una vasta gamma di altre industrie di processo al mondo, ha utilizzato le applicazioni Simulia, basate sulla piattaforma 3DExperience, per simulare il flusso d’aria all’interno delle mense aziendali di Oelde, in Germania, chiusa da marzo 2020 a causa della pandemia da Covid-19, e per capire meglio in che modo riaprire in sicurezza la struttura per i 1.900 dipendenti.

Consapevole che il coronavirus possa diffondersi attraverso le goccioline nell’aria, nel contesto dell’iniziativa “Ritorno al lavoro” intrapresa dall’azienda con l’obiettivo di riaprire completamente tutti i siti, GEA ha voluto esaminare la diffusione per via aerea delle particelle all’interno della mensa aziendale e visualizzare diversi scenari di sicurezza. La società ha quindi lavorato con Dassault Systèmes per costruire un gemello virtuale 3D della mensa, con parametri che includevano persone positive al virus che tossivano e starnutivano, per simulare il comportamento del flusso di particelle all’interno dello spazio. GEA è stata in grado in questo modo di sperimentare realmente come il virus possa diffondersi nell’aria e contaminare superfici come piatti, vassoi e tavoli. Il gemello virtuale ha anche rivelato aree inaspettate di alta concentrazione del virus.

GEA sta ora utilizzando i risultati della simulazione per identificare e implementare una strategia di gestione del rischio che risulti efficace nel rendere lo spazio della mensa più sicuro.  Ciò include una serie di modifiche, tra cui quelle delle entrate, delle uscite e della disposizione dei posti a sedere, la separazione della cucina della mensa dall’area di ristorazione, la modifica del sistema di ventilazione e l’adozione di ulteriori misure di sicurezza a tutela del personale di cucina.

GEA prevede di condividere con i dipendenti i video che mostrano i risultati della simulazione della diffusione di Covid-19 nelle mense, in modo da comunicare internamente in modo chiaro perché e come sono state adottate le nuove misure e quale ruolo ha giocato la tecnologia in questa strategia.