QUALITA’ ARIA DELLE MASCHERINE COME NEI LOCALI CHIUSI

27 Ottobre 2020

Da Dottnet.it

Uno studio dell’Agenzia per l’ambiente della Provincia di Bolzano sdogana le mascherine per quanto riguarda la qualità dell’aria respirata: il ricambio d’aria è sufficiente e l’anidride carbonica è come nei locali chiusi. Sotto la mascherina la temperatura sale di due gradi, causando a volte un certo disagio a chi la indossa. La concentrazione di anidride carbonica inalata indossando una mascherina è sui livelli di quella rilevata in molti ambienti di vita quotidiani chiusi, e risulta essere molto inferiore rispetto a quella espirata. “L’obiettivo dello studio era soprattutto quello di accrescere la consapevolezza della popolazione con informazioni il più possibile supportate da dati rilevati attraverso un approccio scientifico”, spiega l’assessore Giuliano Vettorato, facendo presente come lo studio sia uno fra i primi del genere realizzati in Italia. Nell’ambito delle analisi è stata quantificata la percentuale di Co2 re-inalata rispetto a quella espirata. A tal fine sono state prese in esame diverse tipologie di dispositivi di copertura naso-bocca: mascherina artigianale, mascherina chirurgica, FFP2 o KN95, visiera e fasce di stoffa.

L’aria che espiriamo – afferma Luca Verdi, direttore del Laboratorio Analisi e radioprotezione – contiene un’elevata concentrazione di anidride carbonica, circa 40.000 ppm, ovvero il 4%. Dallo studio è emerso che indossando un dispositivo di copertura naso-bocca si ha comunque un notevole ricambio d’aria che porta ad una consistente riduzione della concentrazione di Co2. Più precisamente la percentuale di anidride carbonica espirata che viene re-inalata varia da un minimo del 3% con la visiera, a un massimo del 14% con la mascherina artigianale”. Alla luce di questi dati, l’Agenzia provinciale per l’ambiente e la tutela del clima ribadisce che i locali in cui soggiornano più persone vanno ventilati frequentemente, come del resto già raccomandato da tutti gli esperti del settore. Oltre a caratterizzare la qualità dell’aria inspirata, lo studio ha voluto valutare una possibile fonte di disagio. “Con una termocamera abbiamo misurato la temperatura superficiale del viso, con e senza mascherina”, spiega Clara Peretti, consulente per il Laboratorio Analisi aria e radioprotezione nell’ambito del progetto europeo Qaes. “Dalla prova – rileva – è emerso che nella zona del viso coperta dal dispositivo di copertura la temperatura superficiale aumenta in media di 2 gradi. Innalzamento di temperatura e conseguente sudorazione possono creare una sensazione di fastidio”.

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