Monthly Archives: Ottobre 2019

SOSTANZE PERICOLOSE:LA PROTEZIONE DEI LAVORATORI “VULNERABILI”

Alcuni gruppi di lavoratori sono più a rischio di altri quando sono esposti a sostanze pericolose. Ciò può essere dovuto al fatto che questi lavoratori sono inesperti, disinformati o fisicamente più vulnerabili. Altri motivi sono i frequenti cambi di occupazione, o il fatto di lavorare in settori in cui vi è una scarsa sensibilizzazione, o a causa di una maggiore o diversa sensibilità fisiologica.

Può rivelarsi utile la nuova scheda informativa dell’EU-OSHA sui lavoratori vulnerabili e sulle sostanze pericolose. Tale scheda spiega le responsabilità dei datori di lavoro, evidenzia quali gruppi di lavoratori sono particolarmente vulnerabili, come i giovani lavoratori, i migranti o le lavoratrici gestanti, e indica come tener conto delle loro esigenze attraverso la valutazione dei rischi e le misure di prevenzione

Visita il sito web della campagna Ambienti di lavoro sani e sicuri  

Ulteriori informazioni sui gruppi di lavoratori a rischio  

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SEGNALIAMO LA SEGUENTE INTERESSANTE GUIDA SEMPRE SULLA PROTEZIONE DEI LAVORATORI VULNERABILI QUI IN PDF

https://www.yumpu.com/en/document/read/45165773/protecting-vulnerable-workers-in-your-workplace-ohs-insider

LE SETTE MIGLIORI APP PER IL MEDICO 2019

Da http://digitalhealthitalia.com

Smartphone e tablet come strumenti di assistenza per i medici

Smartphone e tablet fanno parte ormai del quotidiano di ognuno di noi: oggi utilizziamo i nostri device elettronici non solo per comunicare ma soprattutto per consultare l’immane patrimonio di dati e informazioni che la rete ci rende accessibili in pochi semplici click.

Forse non tutti sanno, però, che gli smartphone possono trasformarsi in validi strumenti in grado di assistere, attraverso opportune App, i medici nell’esercizio della loro professione.

Ecco le 7 migliori app per iPhone e sistemi operativi Android nell’ambito medico, che ogni professionista del settore sanitario dovrebbe scaricare sul proprio telefono.

iFarmacid

È un prontuario farmacologico, pratico da consultare e completo nei contenuti, sviluppato per sistemi operativi iOS. Contiene tutti i farmaci in commercio, inclusi quelli ospedalieri, veterinari e specialistici ed è aggiornato costantemente con le ultime novità del settore.

Ha ottenuto anche importanti riconoscimenti internazionali in ambito digitale, come il premio Rewind 2011 della Apple, imponendosi come migliore app dell’anno e non necessita di connessione internet per funzionare, perché i dati sono già immagazzinati dall’applicazione.
Disposibile su Apple Store

Gray’s Anatomy – Atlas

Si tratta della versione digitale di uno dei manuali di medicina più significativi di tutti i tempi, scritto da Henry Gray nel 1858 e considerato da molti medici come una sorta di libro sacro del settore. La app comprende il testo integrale, le illustrazioni zoomabili, la ricerca dei contenuti e delle tavole e la possibilità di stampare, salvare o inviare tramite mail i testi, le immagini e le note.
Disposibile su Google Play Store

ECG Guide

È un’applicazione per iPhone utile a interpretare l’elettrocardiogramma. Presenta un database interno di tracciati di elettrocardiogrammi comuni e meno comuni con i quali è possibile confrontare quelli del proprio paziente. Le diverse condizioni cliniche e patologiche sono presentate in ordine alfabetico e, selezionato l’argomento di interesse, è possibile accedere all’immagine in alta risoluzione del tracciato e alla descrizione della patologia evidenziata.
Disposibile su Google Play Store – Apple Store

Isabel

È l’app sviluppata dai genitori di Isabel Maude, una bimba che ha rischiato di perdere la vita a causa di una diagnosi sbagliata. L’app non si sostituisce al lavoro del medico ma lo supporta nell’esercizio della sua professione: inserendo i sintomi del paziente, l’applicazione mostra le possibili diagnosi e suggerisce eventuali terapie da intraprendere per la cura della patologia evidenziata.

Lab Gear

È un’applicazione che consente l’interpretazione degli esami di laboratorio più frequenti. Lo strumento offre una libreria completa di test di laboratorio effettuati, insieme alle relative diagnosi e ai sintomi correlati.
Disponibile su Google Play Store – Apple Store

Sanford Guide

Si tratta dell’applicazione digitale della stessa guida Sanford su carta stampata, che presenta risorse interattive e contenuti digitali esclusivi. La guida rappresenta uno dei principali punti di riferimento per l’interpretazione e il trattamento delle malattie infettive.
Disponibile su Google Play Store – Apple Store – Windows Phone – Kindle

Osirix HD

Si tratta di un software che consente il trasferimento, la lettura e il download di immagini mediche. Le immagini di ecografie, risonanze magnetiche e radiografie sono visualizzabili nel loro formato nativo e nel rispetto dei principali standard del settore medico – scientifico. La app può ricevere immagini da qualunque dispositivo di immagini sanitario, utilizzando la rete Wi-FI o il 3G.
Disponibile su Apple Store

RISCHIO PSICOSOCIALE IN 9 SETTORI

Riportiamo un interessante contributo alla valutazione ed alla gestione dello stress lavoro correlato.

La regione Lombardia in collaborazione con INAIL nell’ambito del progetto CCM 2013 del Ministero della Salute ha prodotto delle schede sul tema dello Stress lavoro-correlato e dei rischi psico-sociali in 9 settori di attività.

I testi sono stati realizzati da operatori della U.O. Medicina del Lavoro, A.O. San Gerardo di Monza.

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FOCUS SULLA NORMATIVA RADON

Per quanto riguarda le abitazioni, in Italia non esiste ancora una norma che stabilisca una soglia limite alla concentrazione di Radon indoor.

Per questo motivo, sarà utile delineare le principali direttive di riferimento, le leggi in vigore e capire come si fanno, a chi competono e quanto costano le misure dei valori di questo pericoloso gas.

Normativa radon, ecco i valori soglia

Per molti anni si è fatto riferimento alla Raccomandazione Euratom 143/90“Sulla tutela della popolazione contro l’esposizione al Radon in ambienti chiusi” della Commissione Europea, dove sono consigliati dei livelli soglia per le abitazioni esistenti (400 Bq/m3) e per quelle di nuova costruzione (200 Bq/m3). I livelli vanno intesi come valori medi annui di concentrazione di radon.

A seguito dei risultati dei numerosi studi epidemiologici effettuati negli ultimi 20 anni e della conseguente rivalutazione del rischio di tumore polmonare associato all’esposizione al radon nelle abitazioni, nel 2009 l’Oms ha pubblicato il rapporto “WHO Handbook on Indoor Radon: A Public Health Perspective”, nel quale si raccomanda che i Paesi adottino possibilmente un livello di riferimento di 100 Bq/m3 o comunque non superiore a 300 Bq/m3.

Il 17 gennaio 2014 è stata pubblicata la nuova direttiva della Comunità Europea “direttiva 2013/59/Euratom” dove si indica il livello di riferimento, oltre il quale si suggerisce di intraprendere azioni di risanamento. Tale livello è fissato a 300 Bq/m3 (sempre come media annua) per tutti gli ambienti chiusi, incluse le abitazioni.

Lo scorso luglio, la Commissione ha deferito l’Italia (unico paese UE a non aver adottato alcuna norma di recepimento) alla Corte di Giustizia UE per il mancato recepimento delle norme UE sulla radioprotezione. Il termine era già scaduto dal 6 febbraio 2018.

E nei luoghi di lavoro?

La legge che regola le concentrazioni di radon indoor negli ambienti lavorativi è il decreto legislativo n. 241 del 26 maggio 2000, “In materia di radiazioni ionizzanti”, che recepisce le direttive 89/618/Euratom, 90/641/Euratom, 92/3/Euratom e 96/29/Euratom, e che ha modificato i precedenti decreti 230/1995 e 187/2000.

Questa norma prevede, al capo III-bis, dall’art. 10-bis al 10-octies, disposizioni riguardanti le “attività lavorative nelle quali la presenza di sorgenti di radiazioni naturali conduce ad un significativo aumento dell’esposizione dei lavoratori”.

Tali attività comprendono:
– luoghi di lavoro interrati: attività lavorative durante le quali i lavoratori e, eventualmente, persone del pubblico sono esposti a prodotti di decadimento del Radon o del Toron, o a radiazioni gamma o ad ogni altra esposizione in particolari luoghi di lavoro quali tunnel, sottovie, catacombe, grotte e, comunque, in tutti i luoghi di lavoro sotterranei;
– luoghi di lavoro in zone a rischio Radon: attività lavorative durante le quali i lavoratori e, eventualmente, persone del pubblico sono esposti a prodotti di decadimento del Radon o del Toron (isotopo del Randon con peso atomico 220), o a radiazioni gamma o ad ogni altra esposizione in luoghi di lavoro diversi da quelli di cui alla lettera a) in zone ben individuate o con caratteristiche determinate;

– attività lavorative implicanti l’uso o lo stoccaggio di materiali abitualmente non considerati radioattivi, ma che contengono radionuclidi naturali e provocano un aumento significativo dell’esposizione dei lavoratori e, eventualmente, di persone del pubblico;
– attività lavorative che comportano la produzione di residui abitualmente non considerati radioattivi, ma che contengono radionuclidi naturali e provocano un aumento significativo dell’esposizione di persone del pubblico e, eventualmente, dei lavoratori;
– attività lavorative in stabilimenti termali o attività estrattive non disciplinate dal capo IV.

Nel decreto è imposta l’obbligatorietà delle misurazioni di radon indoor nei luoghi di lavoro in cui si svolgono le attività suddette, entro 24 mesi dall’inizio dell’attività: le misurazioni si intendono come concentrazioni di attività di radon medie in un anno.

I valori rilevati con tali misurazioni non devono superare il livello di azione fissato nell’allegato I-bis, ovvero 500 Bq/m3. Nel caso in cui i valori non superino il livello di azione, ma siano superiori all’80% di suddetto livello (quindi 400 Bq/m3), il datore di lavoro assicura nuove misurazioni nel corso dell’anno successivo.

Nel caso di superamento del livello di azione, l’esercente pone in essere azioni di rimedio idonee a ridurre le grandezze misurate al di sotto del predetto livello, e procede a nuove misurazioni al fine di verificare l’efficacia di tali azioni. Queste operazioni devono essere completate entro tre anni a partire dal rilascio della relazione tecnica redatta da un organismo riconosciuto.

Per le scuole

Il datore di lavoro non è tenuto alle azioni di rimedio se dimostra, avvalendosi di un esperto, che nessun lavoratore è esposto ad una dose superiore a quella indicata nell’allegato I-bis (3 mSv/anno); questa disposizione non si applica per gli esercenti di asili nido, scuola materna e scuola dell’obbligo, per i quali rimane il limite di 500 Bq/m3 (art. 10-quinquies, comma 5).

A chi rivolgersi per la misura?

I cittadini possono rivolgersi direttamente ad organismi di misura idoneamente attrezzati sia pubblici che privati ( es teco milano 02 48958304) chiedendo misurazioni di lungo periodo (generalmente un anno) mediante dosimetri passivi. Per maggiori indicazioni è possibile contattare le ARPA locali.

Da ediltecnico.it

PROPOSTA DI ALGORITMO PER LA VALUTAZIONE DEGLI ESPOSTI A RUMORE

OBIETTIVI: L’esposizione al rumore sul lavoro è una delle principali cause di perdita dell’udito in tutto il mondo. Al fine di rendere più semplici  le strategie preventive, è importante identificare rapidamente quali lavoratori sono maggiormente a rischio

METODI: abbiamo sviluppato un nuovo algoritmo basato su questionario che valuta l’esposizione al rumore di un singolo lavoratore. Il questionario e gli algoritmi di supporto sono integrati nella piattaforma software esistente, OccIDEAS. Sulla base delle attività svolte da un lavoratore durante il suo turno di lavoro più recente e utilizzando una data base con i livelli di esposizione al rumore basata su attività, OccIDEAS stima se un lavoratore ha superato il limite di esposizione al rumore sul posto di lavoro a pieno turno (LAeq, 8h≥85 dBA). Abbiamo valutato la validità del sistema su un campione di 100 operai edili. Ogni lavoratore indossava un dosimetro per un intero turno di lavoro e veniva quindi intervistato utilizzando il software OccIDEAS.

RISULTATI: L’area sotto la curva caratteristica operativa del ricevitore era 0,81 (IC 95% da 0,72 a 0,90) indicando che la capacità di OccIDEAS di identificare i lavoratori edili con un LAeq, 8h≥85 dBA era eccellente.

CONCLUSIONE: Il questionario proposto sul rumore validato può essere utile negli studi epidemiologici e per le applicazioni di salute e sicurezza sul lavoro.

liberamente tradotto da Dott Alessandro Guerri  medico del lavoro

COMPUTER E LAVORO I CONSIGLI DELL ‘ESPERTO

Dal quotidiano “La Repubblica”
Con la ripresa delle attività lavorative e anche delle scuole, gli occhi tornano incollati a computer e vari dispositivi che li affaticano a causa del cosiddetto ‘stress accomodativo’. I consigli dell’esperto per lavorare prendendosi cura degli occhi

Dopo un periodo di relax estivo, con lo sguardo rivolto verso il mare e l’orizzonte, siamo tornati alla vita di tutti i giorni. La maggioranza degli italiani è rientrato in ufficio o sui banchi di scuola, con la solita routine quotidiana e gli occhi sempre incollati ad uno schermo, che sia computer, tablet o smartphone. Con l’aiuto di Matteo Piovella, presidente della Società Oftalmologica Italiana, vediamo come tornare al lavoro e allo studio proteggendo gli occhi.

Stimoli digitali che affaticano la vista  

Ogni giorno i nostri occhi rispondono a migliaia di stimoli digitali. Secondo una ricerca condotta da Captain Cook Research per conto di Hoya – azienda giapponese nel settore delle lenti da vista – ogni giorno tra utilizzo di smartphone, computer, tablet, tv e altri dispositivi, la maggior parte delle persone trascorre in media 8-10 ore (con picchi fino a 15 ore) guardando schermi a distanza ravvicinata (il 33% da 3 a 5 ore, il 32% da 6 a 9 ore e il 28% oltre le 10 ore). La prolungata esposizione agli schermi digitali è accentuata dalla pratica sempre più diffusa di utilizzare contemporaneamente più dispositivi: smartphone e portatile (64%), smartphone e pc (56%), smartphone e tablet (50%). Una consuetudine che, tra continue messe a fuoco e cambi di intensità della luce, richiede costanti e rapidi adattamenti visivi, causando il cosiddetto stress accomodativo.

Il passaggio dall’aria aperta al chiuso è piuttosto impegnativo anche per gli occhi: “Di solito in vacanza siamo meno stressati e anche la vista è impegnata solo a vedere cose belle”, esordisce Piovella che spiega: “Invece, quando si guarda un computer gli occhi funzionano in modo differente perché lo sguardo resta a lungo fisso sullo schermo o su altri dispositivi”. Come reagiscono i nostri occhi ai continui stimoli digitali? I sintomi più frequenti sono irritazione degli occhi per la visione prolungata di schermi retroilluminati e secchezza oculare causata dalla scarsa lubrificazione dovuta al ridotto ammiccamento. “Molte persone avvertono anche una riduzione della sensibilità al contrasto quindi hanno bisogno di più luce per vedere, ma per fortuna oggi la tecnologia ci aiuta a risolvere questo problema perché basta andare sulle impostazioni di luminosità e contrasto per regolarle in modo tale che risultino meno faticose per la vista”, spiega Piovella.

Palpebre come tergicristalli

Quando guardiamo una persona – senza rendercene conto – apriamo e chiudiamo le palbebre. Si tratta dell’ammiccamento che avviene con molta frequenza. “Le palpebre si comportano come dei tergicristalli che spalmano il lubrificante naturalmente presente nell’occhio”, prosegue l’oculista. “Ma quando lavoriamo al computer i nostri occhi fissano sempre un punto e quindi l’ammiccamento si riduce di tre volte e specie se si lavora per molte ore di seguito il disagio può essere forte perché quando l’occhio resta aperto a lungo l’evaporazione aumenta e fa diminuire la lubrificazione”.

Luce blu e possibili danni alla retina

Stare tante ore al computer o su altri dispositivi può danneggiare anche la retina accelerando l’insorgenza di maculopatie? La questione non è ancora del tutto chiara. Secondo i ricercatori dell’Università di Toledo è possibile. Loro hanno scoperto il meccanismo che conduce alla morte dei fotorecettori della retina che ci consentono di vedere: la luce blu trasformerebbe una molecola chiamata retinale, indispensabile per la vista, in un killer cellulare.Ma l’American Academy of Ophtalmology (Aao), l’organizzazione no-profit che rappresenta gli oftalmologi statunitensi, è intervenuta in merito chiarendo che l’esperimento non riproduce ciò che realmente avviene nell’occhio umano perché le cellule testate nello studio sono esposte alla luce in laboratorio, dunque non come avviene quando si sta naturalmente sotto la luce del sole o al computer. Proprio per questo, secondo gli oftalmologi americani da questa ricerca non si può trarre la conclusione che la luce degli schermi faccia male.

Le precauzioni per lavorare senza stressare gli occhi

Visto che non possiamo evitare di lavorare (e i ragazzi di studiare), quali precauzioni adottare? “E’ buona abitudine utilizzare dei lubrificanti al bisogno ma anche controllare che il luogo in cui lavoriamo non abbia un ambiente troppo secco dovuto ad un eccesso di calore quando saranno accesi i termosifoni o di aria condizionata ora che fa ancora caldo”, suggerisce Piovella. A volte può essere utile mettere in ufficio un piccolo umidificatore perché rende l’ambiente più sano e confortevole anche per la vista.

Allenare gli occhi per mantenerli in buona salute

Il fatto è che ad un certo punto dovremmo concederci delle pause durante il lavoro e non tirare a lungo per ore ed ore: “Lo prevede anche la legge 626 sulla sicurezza del lavoro: basterebbe fare altro e staccarsi per almeno 10-15 minuti dal computer”, dice l’esperto. Naturalmente il tempo di pausa andrà personalizzato anche in base alle condizioni della vista e alla presenza di altri eventuali disturbi. “E’ un po’ come andare in palestra per mantenere una buona forma fisica: allo stesso modo cerchiamo di ‘allenare’ gli occhi per mantenerli in buona salute”.

Il check up della vista: mai online

La ripresa dell’attività lavorativa e della scuola può essere un’occasione utile per fare un check up dall’oculista: “E’ bene fare dei controlli adeguati per verificare le condizioni dell’occhio e anche per farsi consigliare eventualmente il tipo di lubrificante più adatto alle proprie esigenze oppure degli occhiali cosiddetti riposanti”, suggerisce l’esperto. La visita oculistica andrebbe programmata, specie in presenza di problemi specifici come miopia o cataratta: “La visita oculistica è l’unica prestazione medica che fa prevenzione, diagnosi precoce, prescrizione e cura nello stesso momento. Questo è un grande impegno per il medico ed è necessario diffondere la cultura della prevenzione anche dei disturbi della vista”, fa notare Piovella. Spesso, invece, quando ci sono dei disturbi lievi la gente se li porta dietro sopportandoli e rimandando sempre un controllo: “Ma gli occhi sono delicati e quando ci sono dei disturbi è bene farsi vedere dal medico”, avverte l’esperto che mette in guardia anche dai check up online sempre più diffusi: “E’ come voler risolvere un problema di ortopedia andando in un negozio di scarpe: sono strumenti inaffidabili soprattutto perché non c’è un medico che si prende la responsabilità della diagnosi”.

DEGENERAZIONE MACULARE ED ESPOSIZIONE SOLARE

L’esposizione professionale alla luce solare, in particolare alla luce blu (lunghezza d’onda di 380-550 nm), è un fattore di rischio per diverse patologie, tra cui il danno fotochimico retinico cronico e, più specificamente, la degenerazione maculare legata all’età (AMD). Inoltre, oltre all’effetto della luce blu, ci sono prove del ruolo della luce ultravioletta vicina (UV-A) come fattore di rischio per AMD poiché, data la lunghezza d’onda, un preciso “punto di svolta” tra effetto e nessun effetto è non definibile.

METODI E RISULTATI: Questo lavoro riporta il caso di una donna impiegata nel settore agricolo dai 15 ai 25 anni di età, senza una significativa esposizione professionale ad altri fattori di rischio per AMD, che in seguito ha sviluppato questa patologia. Il caso è di particolare interesse dato che ha lavorato come “mondina”, un compito che prevede il trapianto di giovani piantine di riso in campi allagati dall’acqua e il controllo manuale delle erbe infestanti. Questa pratica, sebbene sostituita dall’introduzione di pesticidi, ha comportato l’esposizione alla luce solare riflessa sulla superficie dell’acqua oltre all’esposizione diretta alla luce naturale.

CONCLUSIONE: Questo breve case report sottolinea che l’esposizione professionale alla componente a lunghezza d’onda corta della luce visibile e dei raggi UV-A merita ulteriore attenzione per quanto riguarda le misure preventive e l’adozione di adeguati dispositivi di protezione individuale, in particolare nei settori produttivi che comportano una lunga esposizione degli occhi al sole radiazione e riflettanza delle superfici circostanti. Inoltre, i casi di AMD e cataratta dovrebbero ricevere un’anamnesi occupazionale completa e accurata per un più adeguato riconoscimento del possibile ruolo dell’esposizione professionale alla radiazione solare nell’induzione della malattia.

liberamente tradotto da dott.Alessandro Guerri medico del lavoro

DIRITTI DOVERI DEL LAVORO AGILE

Uno degli aspetti di maggiore criticità che in questi anni ha determinato una certa qual resistenza nell’abbracciare la nuova filosofia manageriale dello smart working lo si può individuare negli aspetti di salute sicurezza connessi a questa nuova forma di esecuzione della prestazione lavorativa.

Ma lo smart working non è lavoro da casa, è invece in modo più ampio anche rispetto al telelavoro, una modalità di esecuzione della prestazione lavorativa che si caratterizza per l’assenza di vincoli di luogo e di orario di lavoro, ma soprattutto sulla base di una nuova organizzazione del lavoro “per obiettivi”..un po’ come avviene per il personale commerciale o gli agenti di commercio.

Sul versante dell’uso degli strumenti di lavoro, innanzitutto l’art. 18, comma 2 della legge stabilisce che “il datore di lavoro è responsabile della sicurezza e del buon funzionamento degli strumenti tecnologici assegnati al lavoratore per lo svolgimento dell’attività lavorativa.” Va infatti ricordato che ci troviamo nell’ambito del rapporto di lavoro subordinato e che nel quadro generale della disciplina del TU in materia di salute e sicurezza sul lavoro la responsabilità in merito all’uso degli strumenti di lavoro e al loro corretto funzionamento è, anche nell’ambito del lavoro agile, del datore di lavoro quando gli strumenti di lavoro siano forniti dallo stesso – come già previsto del resto dall’art. 3, c. 10 D.Lgs. n. 81/2008 sopra citato.

Da questo punto di vista la legge prevede che il datore di lavoro garantisce la salute e la sicurezza del lavoratore che svolge la prestazione in modalità di lavoro agile e a tal fine consegna al lavoratore e al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, con cadenza almeno annuale, un’informativa scritta nella quale sono individuati i rischi generali e i rischi specifici connessi alla particolare modalità di esecuzione del rapporto di lavoro. Non solo, la legge espressamente richiama sul punto anche lo specifico obbligo di cooperazione cui è tenuto il lavoratore in base alle disposizioni del TU ed in particolare in base all’art. 20 del D.Lgs. n. 81/2008

In buona sostanza, proprio in forza dei principi di cui all’art. 2087 c.c., se nell’accordo di lavoro agile non è possibile limitare il carattere “agile” della prestazione – altrimenti se ne snaturerebbe la portata innovativa sul piano dell’organizzazione del lavoro – si può tuttavia responsabilizzare il lavoratore (attraverso un’adeguata informativa e una formazione mirata) a scegliere luoghi di lavoro coerenti con le politiche aziendali in materia di salute e sicurezza sul lavoro e, soprattutto, idonei all’esecuzione di una prestazione – continuativa – di lavoro, evitando di mettersi – anche solo negligentemente – in una situazione di pericolo.

Diritto alla disconnessione

Altro aspetto di grande rilevanza pratica sul versante della tutela della salute e sicurezza del lavoratore agile in relazione alla gestione dell’orario di lavoro è il richiamo al “diritto alla disconnessione” contenuto nell’art. 19, c. 1 della L. n. 81/2017: “l’accordo individua altresì i tempi di riposo del lavoratore nonché le misure tecniche e organizzative necessarie per assicurare la disconnessione del lavoratore dalle strumentazioni tecnologiche di lavoro”. In definitiva, nella consapevolezza (e non solo) dei rischi derivanti da un eccesso di lavoro – questo sì non controllabile – ed al fine di scongiurare i rischi connessi al superamento dei limiti di durata – giornaliera e settimanale – della prestazione lavorativa, i quali incidono sulla salute dell’individuo per effetto proprio del possibile sovraccarico di lavoro dovuto all’assenza di controllo (cd. burnout), la legge introduce nel nostro ordinamento – in modo analogo a quanto fatto dalla nuova Loi Travailfrancese – uno strumento giuridico diretto ad assicurare il rispetto dei tempi di riposo (essenziale peraltro per le nuove generazioni troppo abituate alla iperconnessione). Diritto alla “disconnessione” che qualcuno qualifica come speculare ad un “dovere di disconnessione” che spetta al datore di lavoro disciplinare nel quadro della nuova organizzazione del lavoro per “fasi, cicli e obiettivi” che caratterizza il lavoro agile (v. E. Dagnino, Il diritto alla disconnessione nella legge n. 81/2017 e nell’esperienza comparata, DRI, 4/2017).

Quasi a voler sottolineare che non è possibile parlare di “disconnessione” se prima non siano state poste con sufficiente chiarezza – nell’accordo o regolamento di lavoro agile – le basi per rendere effettivo e realmente sperimentabile il lavoro per obiettivi – che è il presupposto per questa nuova forma di organizzazione del lavoro – attraverso una gestione dei tempi di lavoro e dei tempi di riposo che sia non solo flessibile ma altresì di aiuto anche alla necessaria evoluzione del diritto del lavoro (e degli aspetti misurazione della prestazione di lavoro subordinato) nell’ambito della moderna organizzazione dell’impresa.

Tratto da Altalex