Monthly Archives: Marzo 2019

CELEBRATA IL 3 MARZO LA GIORNATA MONDIALE DELL’UDITO

In Italia circa 3,1 milioni di persone convivono con invalidanti problemi di udito senza alcun trattamento. Più che mai importante è dunque l’appuntamento di domenica 3 marzo, Giornata Mondiale dell’Udito: l’evento promosso ogni anno dall’Organizzazione Mondiale della Sanità per sensibilizzare l’opinione pubblica su come prevenire la sordità e la perdita dell’udito e promuovere le cure in tutto il mondo. Il tema della Giornata Mondiale dell’Udito 2019 (World Hearing Day), la quarta dalla sua istituzione, è “Check Your Hearing”, cioè “controlla il tuo udito”.

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Giornata Mondiale dell’Udito, “in Italia 4,8 milioni di persone con ipoacusia invalidante”

La perdita di udito non trattata e invalidante in Italia comporta ogni anno costi pari a 24 miliardi di euro, che salgono a 185 miliardi se si considera tutta l’Europa. Si spendono, da noi, 7.700 euro all’anno per ogni persona affetta da tali disturbi. I costi sono legati al peggioramento della qualità di vita dei pazienti e all’aumento della percentuale di disoccupazione tra le persone che soffrono di ipoacusia.

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L’ipoacusia invalidante (cioè la perdita dell’udito superiore a 35 dB, secondo il Global Burden of Disease research group) da noi riguarda 4,8 milioni di persone, di cui 3,1 milioni restano senza alcun trattamento. E in Europa, solo una persona su tre utilizza apparecchi acustici o altre soluzioni per l’udito. Con una popolazione in costante invecchiamento, che vive sempre più a lungo e con una precoce perdita dell’udito dovuta a una maggiore esposizione al rumore, questa tendenza è destinata ad aumentare ulteriormente negli anni a venire. I dati arrivano da un nuovo ed esauriente rapporto scientifico, “Hearing Loss – Numbers and Costs” (Ipoacusia – Numeri e costi), i cui risultati saranno presentati il prossimo 6 marzo, proprio in occasione della Giornata Mondiale dell’Udito, in un dibattito al Parlamento europeo a Bruxelles, in Belgio.

Il segretario generale Kim Ruberg, dell’organizzazione non profit hear-it Aisbl, che ha pubblicato il rapporto, sottolinea che

“la perdita dell’udito non curata è un problema serio con un enorme impatto economico e sociale e che il controllo dell’udito e il trattamento per la perdita dell’udito sono vantaggiosi sia per l’individuo che per la società”.

E suggerisce:

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“Se pensate di avere una perdita dell’udito, vi consiglio di farlo controllare. È possibile avviare il controllo dell’udito utilizzando l’app ‘Controlla il tuo udito’ dell’Oms, oppure fare un test online. Se sospettate di avere problemi di udito, il consiglio migliore è di sottoporvi a un vero e proprio test dell’udito eseguito da un audioprotesista”.

Giornata Mondiale dell’Udito: due giornata di dibattiti a Roma

In occasione del World Hearing Day 2019, l’associazione Nonno Ascoltami – Udito Italia Onlus, con il sostegno del ministero della Salute promuove  due iniziative a Roma, in programma per il 28 febbraio e il 1 marzo. Giovedì 28, dalle 15 alle 18, ci sarà “Check your hearing – tavoli di lavoro”, al Ministero della Salute, in via Ribotta. Durante il convegno verrà letto il messaggio dell’Oms per la Giornata Mondiale dell’Udito di quest’anno e si parlerà dell’importanza della diagnosi precoce nella lotta ai disturbi uditivi come impegno dei Governi mondiali e il ruolo dell’Italia.

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Al centro anche il World Hearing Forum e la partecipazione dell’Italia alla rete globale per la promozione della salute dell’udito, oltre all’attuazione della Risoluzione WHA70.13 adottata dall’Assemblea Mondiale della Sanità sulla prevenzione della sordità. Sotto la lente anche il ruolo delle associazioni nella difesa dei diritti dei deboli di uditoi problemi di equilibrio nell’anziano, e l’esperienza di “Nonno Ascoltami onlus”. Interverranno ai tavoli le istituzioni e gli esperti.

Venerdì 1 marzo, invece, è previsto, nella Sala Auditorium, il consueto Meeting degli Esperti, moderati dal giornalista Luciano Onder. Parteciperanno, fra gli altri, i vertici dell’associazione, il ministro della Salute, Giulia Grillo, il direttore del dipartimento Prevenzione dell’Oms, Shelly Chada.

Nel corso della giornata sarà presentato il “Manifesto della prevenzione” promosso dall’Oms. Il documento verrà sottoscritto da tutti i referenti scientifici e i rappresentanti istituzionali e sarà consegnato nella sede di Ginevra.

 

Per approfondire guarda anche: “L’audiometria infantile: diagnosi di ipoacusia nel bambino”

DA un articolo di Mara Pitari su  PAGINEMEDICHE.IT

DIECI CONSIGLI PER SALVARE IL TUO UDITO:

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Fate attenzione al rumore. Se dovete urlare per farvi sentire da qualcuno che si trova a pochi passi da voi, significa che vi trovate in un luogo troppo rumoroso.

Indossate tappi per le orecchie ai concerti o in altre situazioni rumorose. Non preoccupatevi, riuscirete comunque ad ascoltare la musica, anzi con i tappi giusti anche meglio.

Usate cuffie piuttosto che auricolari interni

Le cuffie isolano meglio dal rumore esterno e consentono di ascoltare con un volume più basso del dispositivo. Inoltre, usando le cuffie, c’è più distanza tra la fonte sonora e l’orecchio interno.

Se il vostro dispositivo è dotato di un sistema di notifica che vi avvisa se il volume è troppo alto, attivatelo e fatene buon uso.

Regolate il volume del vostro dispositivo quando vi trovate in un ambiente silenzioso. Se dovete abbassare il volume per poter ascoltare e parlare con un’altra persona, significa che era già troppo alto! Nel mondo, oltre 12 bambini su 100, tra i 6 e i 19 anni, soffrono di perdita dell’udito causata dall’utilizzo di auricolari ad un volume troppo alto.

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Mai addormentarsi mentre si sta ascoltando la musica. Un’esposizione prolungata aumenta il rischio di danni all’udito.

Fate riposare le orecchie. Se avete trascorso la serata in discoteca, la mattina dopo evitate di ascoltare musica ad alto volume.

Non sottovalutate i fischi alle orecchie. Può essere un segnale che il vostro udito è stato messo a dura prova. Se vi capita spesso state rischiando un danno permanente!

Se lavorate in un ambiente rumoroso, dotatevi delle giuste protezioni. Per legge, se il rumore a cui si è esposti quotidianamente supera gli 80 dB, il vostro datore di lavoro è obbligato a prendere provvedimenti.

Eseguite il test dell’udito. Per il test dell’udito gratuito clicca qui

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I COMPOSTI PERCLORATI( Pfas) PERICOLOSI PER LA FERTILITA’ DELLE DONNE

Studio-choc del gruppo di ricerca del professor Carlo Foresta,  dell’Università di Padova, sulle ventenni residenti nell’area rossa ad alto inquinamento Pfas. Emerge che i Pfas bloccano i meccanismi che regolano il ciclo mestruale, l’annidamento dell’embrione e il decorso della gravidanza. I risultati dello studio saranno presentati al convegno di Medicina della Riproduzione dal 28 febbraio al 2 marzo

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Quattro mesi fa era stata diffusa la prima scoperta del gruppo del professor Carlo Foresta dell’Università di Padova, quella che definiva il meccanismo attraverso il quale i Pfas alterano lo sviluppo del sistema uro-genitale del maschio e la fertilità interferendo con l’attività del testosterone. Sostanzialmente, l’organismo li scambia per ormoni: inevitabilmente mutano l’azione delle ghiandole endocrine, causando una serie di malattie. Dopo quella pubblicazione nel “Journal of Clinical Endocrinology and Metabolism”, rivista di endocrinologia clinica sperimentale di fama mondiale, adesso il gruppo di ricerca dell’Università di Padova propone alla comunità scientifica una nuova evidenza: le patologie riproduttive femminili (ad esempio alterazioni del ciclo mestruale, endometriosi e aborti, nati pre-termine e sottopeso) possono essere correlate all’azione dei Pfas sulla funzione ormonale del progesterone, ormone femminile che regola la funzione dell’utero.

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A questo risultato è giunto dopo due anni di lavoro il gruppo di ricerca dell’Università di Padova, coordinato dal professor Carlo Foresta e dal dottor Andrea Di Nisio, che ha valutato l’effetto dei Pfas sul progesterone analizzando, in cellule endometriali in vitro, come i Pfas interferiscano vistosamente sulla attivazione dei geni endometriali attivati dal progesterone.

«In particolare è stato dimostrato che, su più di 20.000 geni analizzati, il progesterone normalmente ne attiva quasi 300, ma in presenza di Pfas 127 vengono alterati e tra questi quelli che preparano l’utero all’attecchimento dell’embrione e quindi alla fertilità – spiega il professor Foresta – La mancata attivazione di questi geni da parte del progesterone altera le importanti funzioni coinvolte nella regolazione del ciclo mestruale e nella capacità dell’endometrio di accogliere l’embrione e quindi giustificano il ritardo nella gravidanza, la poliabortività e la nascita pre-termine. Nella donna il progesterone svolge un ruolo fondamentale nel regolare finemente lo stato maturativo dell’endometrio attraverso lo stimolo di diverse cascate di geni. La riduzione nell’espressione di questi geni da parte dei Pfas è dunque indicativa di una possibile alterazione della funzione endometriale».

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Le conseguenze cliniche di questi risultati sono state peraltro confermate da un recente studio della Regione Veneto sugli esiti materni e neonatali, che ha riportato un incremento di pre-eclampsia (edemi o ipertensioni nelle donne gravide), diabete gravidico, di nati con basso peso alla nascita, di anomalie congenite al sistema nervoso e di difetti congeniti al cuore nelle aree a maggiore esposizione a Pfas. La svolta dello studio del team di Padova è appunto quella di aver individuato un meccanismo che è alla base dello sviluppo di questi fenomeni.

«A questo punto la comprensione di una interferenza importante dei Pfas sul sistema endocrino-riproduttivo sia maschile che femminile e sullo sviluppo dell’embrione, del feto e dei nati – spiega il professor Foresta – suggerisce l’urgenza di ricerche che favoriscano la eliminazione di queste sostanze dall’organismo, soprattutto in soggetti che rientrano nelle categorie a rischio. Allo stato attuale a livello internazionale non ci sono ancora segnalazioni, pertanto è preoccupante pensare che la lunga emivita di queste sostanze possa influenzare negativamente a lungo tutti questi processi, forse anche nelle generazioni future».

La conferma deriva anche dalla analisi dei questionari sulla salute riproduttiva ai quali sono state sottoposte 115 ragazze ventenni residenti nell’area rossa veneta, confrontando le risposte con un gruppo di 1.504 giovani donne di pari età non esposte a questo inquinamento.

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«Dall’analisi su questo campione di ragazze esposte a Pfas probabilmente già in fase embrionale – conclude il professor Foresta – è emerso un significativo ritardo della prima mestruazione di almeno sei mesi e una maggior frequenza di alterazioni del ciclo mestruale (ritardi del 30% nelle esposte rispetto al 20% della media). Tutti questi segni depongono per una interferenza da parte di questi inquinanti ambientali sull’attività degli ormoni sessuali nella donna. Pertanto la comprensione del meccanismo d’azione dei Pfas sulla funzione endometriale è importante dal punto di vista clinico e sperimentale».

C’è dunque molta attesa nella comunità scientifica per conoscere i dettagli di questo nuovo lavoro del gruppo del professor Foresta. Lo studio sarà presentato all’interno del trentaquattresimo convegno di Medicina della Riproduzione che inizia oggi ad Abano Terme e si concluderà sabato 2 marzo. In particolare, la scoperta sarà oggetto della tavola rotonda “Interferenze ambientali sullo sviluppo del sistema endocrino-riproduttivo: evidenze cliniche e sperimentali” che si terrà alle ore 15.30 di venerdì 1 marzo al centro congressi Pietro D’Abano. Tra i relatori, oltre al professor Foresta, anche il professor Carlo Alberto Redi di Pavia, noto accademico dei Lincei.

PFAS, LA SCHEDA

I composti perfluorurati (Pfas) sono sostanze chimiche di sintesi che vengono utilizzate per rendere resistenti ai grassi e all’acqua tessuti, carta, rivestimenti per contenitori di alimenti, ma anche per la produzione di pellicole fotografiche, schiume antincendio, detergenti per la casa; possono essere presenti in pitture e vernici, farmaci e presidi medici. I Pfas sono ritenuti contaminanti emergenti dell’ecosistema data la loro elevata resistenza termica e chimica, che ne impedisce qualsiasi forma di eliminazione favorendone l’accumulo negli organismi. In alcune regioni del mondo (Mid-Ohio valley negli USA, Dordrecht in Olanda, e Shandong in Cina) ed in particolare in alcune zone della Regione Veneto, soprattutto nelle falde acquifere delle Province di Vicenza, Padova e Verona, è stato rilevato un importante inquinamento da Pfas nel territorio.

da http://www.ilcambiamento.it

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