VIDEOTERMINALI

TELELAVORO/SMARWORKING CONSIGLI PRATICI OSHA

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Tre articoli OSHwiki presentano informazioni sul telelavoro e sui relativi disturbi muscolo-scheletrici (DMS) lavoro-correlati.

«Practical tips to make home-based telework as healthy, safe and effective as possible» (Consigli pratici per rendere il telelavoro da casa il più sano, sicuro ed efficace possibile) include consigli mirati alla salute e al benessere professionale dei telelavoratori.

«Musculoskeletal disorders and telework» (Disturbi muscoloscheletrici e telelavoro) descrive i principali fattori di rischio di DMS legati al telelavoro e presenta raccomandazioni preventive e approcci per affrontarli.

Infine «Risk assessment and telework – checklist» (Valutazione dei rischi e telelavoro – lista di controllo) consente ai lettori di condurre una valutazione dei rischi e preparare una lista di controllo per aiutare a individuare i pericoli e le potenziali misure di prevenzione.

Ulteriori informazioni su DMS e telelavoro

OBBLIGO GREEN PASS ANCHE PER GLI ULTRACINQUANTENNI IN SMART WORKING.

Costa (Salute): obbligo Green pass over 50 anche per chi in smart working

“I dati della pandemia ci dicono che siamo in una fase positiva, su questo non c’è dubbio. I dati però ci dicono anche che la pandemia c’è ancora e dobbiamo mettere in atto l’ultimo sforzo per portare il paese fuori da questa situazione nel modo più rapido possibile. L’introduzione dell’obbligo vaccinale per gli over 50 va esattamente in questa direzione: ridurre il più possibile la platea dei non vaccinati”. Lo dice a Rai Radio1, ospite di Giorgio Zanchini a ’Radio Anch’io’, il sottosegretario alla Salute Andrea Costa.

È vero che ci sarà l’obbligo di Green Pass anche per chi è in smart working? “La norma primaria prevede l’introduzione dell’obbligo vaccinale per gli over 50, ed è chiaro che l’obbligo è esteso a tutta questa categoria e fascia d’età. Per cui è assolutamente confermato”. Come verranno effettuati i controlli? “Per il controllo l’operazione è più complicata rispetto ad altri posti di lavoro – ha detto Costa a Rai Radio1 – ma non escludo che si possano fare controlli anche per loro”.

Da ilsole24ore

VANTAGGI E RISCHI DEL TELELAVORO

Da dottnet.it

Il telelavoro aumenta il rischio di isolamento sociale e di depressione. Favorisce il consumo di fumo e alcol e conduce a una vita più sedentaria.

L’emergenza Covid-19 ha portato a un’impennata di smartworking. In Europa la quota di lavoratori in telelavoro è passata dall’11% del periodo pre-pandemia al 48% di oggi, con circa il 40% dell’orario di lavoro retribuito svolto da remoto.  Se il lavoro da casa porta dei vantaggi (a partire dalla riduzione del rischio contagio durante l’emergenza), tuttavia l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) e l’Organizzazione internazionale del lavoro (Oil), in un rapporto pubblicato oggi, mettono in guardia anche dai rischi .

Secondo l’Oms e l’Oil il telelavoro, ad esempio, aumenta il rischio di isolamento sociale e di depressione. Favorisce il consumo di fumo e alcol e conduce a una vita più sedentaria. Rappresenta un rischio anche per l’apparato muscolo-scheletrico e per gli occhi, a causa del prolungato tempo passato seduti davanti a uno schermo. L’eccesso di tempo passato allo schermo e l’orario di lavoro irregolare può avere anche effetti negativi sul sonno. Tra i vantaggi del telelavoro, afferma il rapporto, ci possono essere un migliore equilibrio tra lavoro e vita privata, opportunità di orari di lavoro flessibili e attività fisica, traffico ridotto e tempo speso per il pendolarismo e una diminuzione dell’inquinamento atmosferico, tutti fattori che possono migliorare la salute fisica e mentale e benessere sociale. Il telelavoro può anche portare a una maggiore produttività e costi operativi inferiori per molte aziende.


 
Il rapporto delinea i ruoli che i governi, i datori di lavoro, i lavoratori e i servizi sanitari sui luoghi di lavoro dovrebbero svolgere nella promozione e protezione della salute e della sicurezza durante il telelavoro. La collaborazione tra lavoratori e datori di lavoro è essenziale per un telelavoro sicuro. “La pandemia ha portato a un’ondata di telelavoro, cambiando di fatto la natura del lavoro praticamente dall’oggi al domani per molti lavoratori”, ha affermato Maria Neira, Direttore, Dipartimento per l’ambiente, i cambiamenti climatici e la salute, Organizzazione mondiale della sanità che ha aggiunto come “nei quasi due anni dall’inizio della pandemia, è diventato molto chiaro che il telelavoro può portare facilmente benefici per la salute ma può anche avere un impatto terribile. Il modo in cui oscilla il pendolo dipende interamente dal fatto che governi, datori di lavoro e lavoratori lavorino insieme e se ci siano servizi di salute sul lavoro agili e fantasiosi per mettere in atto politiche e pratiche a beneficio sia dei lavoratori che del lavoro”.
 
Le misure da adottare: dalle attrezzature al diritto alla “disconessione”. Le misure che dovrebbero essere messe in atto dai datori di lavoro sono in primo luogo la garanzia che i lavoratori ricevano attrezzature adeguate per l’home working; poi fornire informazioni, linee guida e formazione specifiche per ridurre l’impatto del telelavoro sulla salute psicosociale e mentale. Ma anche la formazione dei manager alla gestione efficace del rischio, alla leadership a distanza e alla promozione della salute sul luogo di lavoro. E infine va stabilito il “diritto alla disconnessione” e a giorni di riposo sufficienti.
 
I servizi di salute del lavoro dovrebbero essere abilitati a fornire supporto ergonomico, di salute mentale e psicosociale ai telelavoratori che utilizzano le tecnologie di telemedicina digitale, afferma ancora il rapporto Oms/Oil, e i lavoratori dovrebbero ricevere attrezzature adeguate per completare i compiti del lavoro “Il telelavoro e in particolare il lavoro ibrido sono qui per restare e probabilmente aumenteranno dopo la pandemia, poiché sia le aziende che gli individui ne hanno sperimentato la fattibilità e i vantaggi”, ha affermato Vera Paquete-Perdigão, Direttore del Dipartimento di governance e tripartitismo dell’Oil. “Mentre ci allontaniamo da questo modello di partecipazione per stabilirci in una nuova normalità – dice ancora la rappresentante dell’Oil – abbiamo l’opportunità di incorporare nuove politiche, pratiche e norme di supporto per garantire a milioni di telelavoratori un lavoro sano, felice, produttivo e dignitoso”.
 
Il report offre anche raccomandazioni pratiche per l’organizzazione del telelavoro che soddisfino le esigenze sia dei lavoratori che delle organizzazioni. Ad esempio assumono importanza la discussione e lo sviluppo di piani di lavoro di telelavoro individuali e il chiarimento delle priorità ma anche essere chiari sulle tempistiche e sui risultati attesi.
 
Come importante è concordare un sistema comune per segnalare la disponibilità al lavoro e garantire che dirigenti e colleghi rispettino il sistema.
 
Per questo, concludono le due organizzazioni internazionali delle Nazioni Unite, “le imprese con telelavoratori dovrebbero sviluppare programmi speciali per il telelavoro che combinino misure per la gestione del lavoro e delle prestazioni con tecnologie dell’informazione e della comunicazione e attrezzature adeguate, e servizi di salute del lavoro per il supporto sanitario generale, ergonomico e psicosociale”.

VADEMECUM OSHA PER LAVORI SEDENTARI

L’agenzia europea per la sicurezza ha pubblicato un vademecum per la gestione del rischio da lavori sedentari. Proprio la pandemia ed lo Smart working hanno rappresentato una modalità di lavoro prevalente in tutto il settore terziario. Il materiale prodotto è articolato in 3 opuscoli consultabili qui di seguito. Il vademecum fa parte della campagna “alleggeriamo il carico” volta alla riduzione di tutti i didei disturbi muscolo-scheletrici (DMS)

Gli articoli OSHwiki presentano fatti e orientamenti essenziali relativi ai disturbi muscolo-scheletrici (DMS) e al mantenimento per periodi prolungati della posizione da seduto o in piedi.

La banca dati OSHA è facile da esplorare contiene più di 130 video, opuscoli e altre risorse pratiche, con informazioni utili che prendono in esame molti settori, oltre ai lavoratori a domicilio.

Leggi l’articolo OSHwiki sui DMS e le posture statiche da seduti 

Consulta l’articolo OSHwiki sui DMS e le posture statiche in piedi 

Studia le risorse sul lavoro sedentario nella banca dati di strumenti pratici e orientamenti 

COME MISURARE IL CONFORT INDOOR

Il comfort indoor percepito dalle persone all’interno di un edificio dipende da diversi fattori fisici, misurabili secondo quanto previsto dalla normativa di riferimento. Un’indagine attenta sulle condizioni interne, è fondamentale per intervenire nel modo migliore.

Comfort indoor: normativa, soluzioni e strumenti per il monitoraggio

Indice degli argomenti:

Il comfort interno indica il livello di benessere delle persone all’interno di un ambiente chiuso e può essere misurato attraverso la valutazione di alcuni parametri, come la temperatura, l’umidità o il livello di illuminamento. Ogni volta che si progetta e realizza un edificio, tra gli obiettivi principali dovrebbe esserci proprio l’ottenimento del massimo comfort interno possibile.

Il comfort incide anche sull’operatività delle persone, oltre che sul benessere- . Ad esempio, se la qualità dell’aria interna non è ottimale, la concentrazione delle persone ne risente.

Non è un caso che, per ogni tipologia di funzione come scuole, uffici, case di riposo e così via, si eseguano precisi studi per definire quali siano le migliori condizioni ambientali da realizzare.

Comfort indoor: cosa dice la normativa?

La disciplina di riferimento è la fisica tecnica ambientale, chiamata anche Indoor Environmental Quality (IEQ), che consiste nel verificare i requisiti relativi principalmente a quattro aree: il microclima interno, la qualità dell’aria, l’illuminamento e le condizioni acustiche di uno spazio chiuso. Oggetto di studio sono soprattutto gli ambienti di lavoro, quelli pubblici e quelli dedicati alla salute e alla cura, nei quali il benessere delle persone assume un rilievo ancor maggiore.

Comfort indoor: cosa dice la normativa

Per ciascuna delle 4 tematiche affrontate, la normativa definisce precisi requisiti e indicazioni per eliminare il più possibile rischi per la salute e sicurezza delle persone.

Le normative tecniche, infatti, individuano terminologie, parametri e modalità di calcolo, utili a valutare il comfort interno e a progettare ambienti adeguati alla permanenza delle persone.

Le norme e le leggi sono molte, ciascuna specifica per ogni ambito. Per fare degli esempi, nel caso degli ambienti di lavoro, è il Decreto Legislativo 81/08, nell’Allegato IV “Requisiti dei luoghi di lavoro” e nell’Allegato XXXIV “Videoterminali, requisiti minimi”, che affronta il tema. Più generali, la UNI EN 16798-1 e la UNI EN 16798, pubblicate recentemente (2019 e 2020) e ora riferimento per la qualità dell’aria, il comfort termico, l’illuminazione e l’acustica.

Per il comfort termoigrometrico, invece, ci sono ulteriori norme come la UNI EN ISO 7726:2002, sui parametri e la strumentazione necessaria a valutare il livello di comfort, o la UNI EN ISO 7730:2006, relativa al comfort percepito e al calcolo del PMV (Predicted Mean Vote) e del PPD (Predicted Percentage of Dissatisfied).

Per l’illuminazione si può fare riferimento alla UNI EN 12665:2018 o alla UNI EN 12464-1:2011 nel caso degli ambienti di lavoro. Anche per l’acustica l’elenco della normativa di riferimento non è breve e, tra i vari titoli- spiccano sicuramente il DPCM 5/12/97 Requisiti acustici passivi degli edifici, la Legge Quadro sull’inquinamento acustico (L. 447/1995) o norme tecniche come la UNI EN ISO 12354:2017 sulla valutazione delle prestazioni acustiche degli edifici e la UNI 11532, la cui seconda parte è specifica per il settore scolastico.

Come si misura il comfort?

Come anticipato, il comfort interno può essere misurato valutando differenti parametri fisici che concorrono al suo ottenimento.

Per farlo, si usano degli strumenti appositi, come termometri, centraline microclimatiche, sensori per la qualità dell’aria, anemometri, luxometri e fonometri.Testo 435 è lo strumento per la valutazione della qualità dell’aria ambiente Testo 435 è un anemometro, semplice da usare, per la valutazione della qualità dell’aria ambiente (IAQ) . Misura livello di CO2, umidità e temperatura dell’aria e valuta i parametri degli impianti di condizionamento e ventilazione.

Ciascuno di questi strumenti serve per misurare uno specifico parametro, come la temperatura dell’aria, l’umidità relativa, la CO2, la velocità dell’aria, l’illuminamento e la pressione sonora- . Per ottenere un buon livello di comfort è necessario che tutte le misure rilevate risultino entro certi range e risultati, secondo quanto indicato nelle specifiche normative di riferimento.

Questi parametri sono importanti perché non richiedono una stima indicativa, ma una vera e propria misura, ossia una valutazione oggettiva. Ciò non toglie che un’indagine accurata sul comfort interno di un ambiente, non possa comunque partire da un confronto con gli occupanti dello spazio stesso, che possono riferire percezioni e sensazioni utili.

Le soluzioni per migliorare il livello di comfort interno

Una volta effettuate tutte le misure, se necessario, si deve intervenire in modo puntuale per risolvere eventuali problematiche.

Generalmente, lo studio del comfort interno e dei relativi parametri fisici che lo determinano, si sovrappongono ad un’analisi dell’apparato impiantistico presente nell’edificio, perché ha un forte impatto sulle condizioni ambientali interne. Infatti, è sugli impianti che si dovrà intervenire per migliorare le performance rilevate. Quando si parla di impianti, si intendono i sistemi HVAC, ossia gli impianti per la climatizzazione dell’edificio, incluso anche il sistema di termoregolazione, per la ventilazione e per l’illuminazione.

Le soluzioni per migliorare il livello di comfort interno

Ad esempio, se la qualità dell’aria non è ottimale, è necessario verificare il funzionamento dell’impianto di ventilazione meccanica se presente o considerare l’installazione nel caso non lo sia. Potrebbe essere necessario sostituire il sistema di termoregolazione interno, ad esempio installando termostati smart in grado di offrire un controllo più puntuale e flessibile della temperatura. Un altro intervento importante è verificare la distribuzione e l’intensità dei punti luce, adeguandoli alle reali esigenze.

Agire sugli impianti, però, potrebbe non essere l’unica soluzione. Ad esempio, se un edificio non è adeguatamente isolato potrebbe vedere inficiato il comfort termoigrometrico e acustico al suo interno. In questo caso è bene provvedere con un intervento sulle strutture, valutando la posa di isolante termico e acustico o la sostituzione dei serramenti. Si tratta solo di esempi, in quanto i possibili interventi utili per migliorare il comfort interno degli edifici sono davvero molti.

Articolo dell’ arch. Gaia Mussi tratto dal sito:

infobuild.it

SMART WORKING: LAVORARE DA UNA SPIAGGIA

Lavorare dalla spiaggia, e vacanzeggiare durante le pause. In questo periodo di lockdown e smartworking compulsivo, in cui i viaggi sono un miraggio ma andare all’estero è consentito in un gran numero di nazioni, si sta facendo largo l’idea di trasferirsi in posti esotici, ben lontani dalle città e dalle sue regole. 

Aruba è stata la prima a lanciare l’idea offrendo ai visitatori la possibilità di rimanere fino a tre mesi per lavorare sulle sue spiagge di sabbia bianca. Poi sono arrivate le Maldive, con uffici da sogno fronte mare e pacchetti Workation con personal assistant disponibile h 24 e wifi. Dubai ha rilanciato con dei visti di lavoro a distanza che consentono alle persone di vivere nell’Emirato per un anno intero. Il nuovo programma consente agli ospiti a lungo termine anche di fare cose che solo i residenti potevano fare prima d’ora, come aprire un conto in banca e iscrivere i propri figli alle scuole locali. 

Smartworking dalla spiaggia: ecco come il sogno può diventare realtà

Barbados ha ideato un «timbro di benvenuto» che consente ai turisti di trascorrere 12 mesi in paradiso, lavorando a distanza. E anche Antigua e Barbuda cercano di attirare nomadi digitali offrendo un visto speciale di 2 anni, con accesso alle 365 spiagge dell’ex colonia britannica.

Altra idilliaca isola che si è aggiunta alla lista dei paradisi che corteggiano gli smartworker con fonti di reddito straniere, offrendo la libertà di lavorare da qualsiasi luogo, è Curacao, al largo della costa del Venezuela. Qui la temperatura tutto l’anno è di circa 28 gradi e la connettività 4G è ampiamente disponibile: il visto è di sei mesi, con possibilità di proroga di altri sei. 

Da La Stampa

EFFETTI SUL FISICO DI 25 ANNI DI SMART WORKING

Obesi, con la gobba e gli occhi affaticati per il lavoro al computer. Così diventeranno le persone che lavorano da casa secondo l’elaborazione grafica di un modello fatta dalla piattaforma di ricerca del lavoro DirectlyApply. Con l’aiuto di esperti, la società ha creato Susan, smart worker del 2045, per sensibilizzare il pubblico sui problemi per la salute del lavoro da remoto, diventato una prassi per molti con la pandemia.

“Il tuo tragitto quotidiano per andare al lavoro, dal letto alla scrivania, ti può far guadagnare più tempo libero e indipendenza, ma le ripercussioni fisiche per la mente e il corpo sono molte. Ne varrà la pena per il futuro?”, scrivono i responsabili di DirectlyApply.

Vedere Susan fa piuttosto impressione. Molti smart worker che in questi mesi stanno facendo esperienza di una vita con solo cinquanta passi al giorno (quelli dalla camera alla cucina) e con pochissime interazioni sociali si scopriranno già sulla buona strada per diventare molto simili a Susan.

Immagine: DirectyApply

La mancanza di movimento può portare a una postura sbagliata, con la schiena curva e il collo allungato in avanti. La posizione sbagliata può provocare la sindrome del “tech neck”, con la cervicale infiammata e il doppio mento. Lo sguardo sempre fisso sul computer può far venire gli occhi rossi e nel lungo periodo avere effetti negativi sulla vista. In più stringere gli occhi per vedere meglio può far aumentare le rughe. Scrivere sulla tastiera per lungo tempo può portare dolori al polso e alle mani. La scarsa esposizione al sole può causare la mancanza di vitamina D e la conseguente perdita di capelli. Le occhiaie, quelle le conosciamo già tutti. A tutto questo si aggiungono pallore, obesità, stress. I pantaloni del pigiama non sono un problema di salute, ma mostrano la scarsa vita sociale di chi lavora da casa, che non è un fattore irrilevante per il benessere psico fisico.

Immagine: Directy Apply

Sono tutti problemi di cui soffre Susan e di cui finiranno per soffrire molti lavoratori da casa se non adottano alcune buone abitudini. DirectlyApply ne elenca alcune che vi riportiamo qui:

  • Mantenere una routine aiuta a gestire il tempo e a conservare la salute psicologica
  • Coltivare le relazioni social
  • Fare esercizio fisico, in particolare esercizi o discipline come lo yoga, per la postura corretta
  • Separare la vita privata da quella professionale (una, divisione difficile per molti) lavoratori da casa che da quando è cominciata la pandemia lavorano più ore del previsto, non riescono mai a staccare e arrivano sull ‘orlo del burn out).
  • Utilizzare con saggezza il proprio tempo libero
  • Collaborare con i colleghi, anche se a distanza

Da it.mashable.it

Immagine di copertina: DirectlyApply

C’È ANCHE BURNOUT DA SMART WORKING

Da huffingonpost.it

Pare che l’idillio sia finito. Lavorare da casa non è così bello come poteva sembrare all’inizio. E se prima ai piani alti ci si interrogava se fosse altrettanto produttivo, se il lavoratore facesse comunque il suo dovere anche lontano dall’ufficio, ora la questione è un’altra. Pare che da casa si sia esagerato, tanto da parlare di burnout.

Bloomberg ha fatto i conti: in media la giornata lavorativa dura da una a tre ore in più, si fanno più riunioni e si mandano anche più mail, almeno 8 al giorno fuori dall’orario di lavoro.
Secondo Forbes questo non è positivo neppure per i datori di lavoro: i manager dovrebbero preoccuparsi di alcuni piccoli segnali che si possono vedere nei team anche a distanza, nelle call o nelle chat.
Il primo campanello di allarme riguarda la gestione delle chiamate, delle mail. Chi non riesce mai ad arrivare in tempo al telefono, chi non risponde alle mail o rimanda sempre una consegna è probabilmente sopraffatto dal lavoro, è esausto. Se poi la qualità del lavoro è scesa, se non si accetta di aver fatto un errore e si tende a dare la colpa agli altri, in tutta probabilità si è entrati nella prima fase del burn out. Il passo successivo porta all’ “esaurimento” completo: il silenzio alle riunioni, la mancanza di pazienza, ma anche l’amarezza, la mancanza di orgoglio per i risultati ottenuti.
Un passo che purtroppo hanno fatto in molti. Secondo una ricerca di Monster.com soffrono di burn out due lavoratori su tre, ovvero il 69 per cento dei lavoratori, il 20 per cento in più rispetto ai mesi che hanno preceduto il lockdown.
Tutto nasce dall’incapacità di disconnettersi dal lavoro, di avere orari precisi come quando si andava in ufficio.

David Burkus, psicologo del lavoro e delle organizzazioni, autore di 5 best seller, in un suo recente intervento per Tedx è partito proprio da questo aspetto per spiegare come si possa stare efficacemente alla larga dal burnout.

Il primo e più semplice consiglio è quello di organizzare la giornata secondo orari prestabiliti ed assicurarsi che vengano rispettati anche dagli altri. Non si accende il laptop mentre si guarda un film alla sera, e non si risponde neppure a mail o a messaggi dopo o durante la cena.
Per chiudere la giornata lavorativa Bukus consiglia di inserire un rituale, un’azione da compiere quasi in automatico, ogni sera. Come controllare la lista degli impegni dei prossimi giorni e verificare che ogni lavoro stia procedendo. Dopo di che, meglio cambiare stanza. E anche device. Si potrebbe usare il laptop solo per il lavoro e lo smartphone o il tablet solo per lo svago. Oppure cambiare utente. Così sul pc ci saranno due desk diversi a seconda delle attività e dei momenti della giornata. Infine l’azione più importante, quella che durante il lockdown abbiamo più desiderato: quando hai bisogno di una pausa, di un po’ di energia extra, non affidarti all’ennesima tazza di caffè ma esci. Fuori, in quartiere, al parchetto, poco importa, stare all’aria aperta sarà un’ottima soluzione contro lo stress.
Laurel Farrel, presidente della Remote Work Association e CEO della Distribute Consulting su Forbes suggerisce, quando compaiono i primi sintomi, di parlarne al più presto con il proprio capo e con il resto del team. Potrebbe essere utile anche agli altri ridistribuire gli incarichi, cambiare gli step di approvazione o le modalità di consegna della pratica.

Su come sono cambiate le modalità di lavoro è intervenuta Laura Vanderkam su Fortune: ha segnalato, tramite le testimonianze degli ascoltatori del suo podcast – The New Corner Office, dedicato proprio al lavoro da casa -, che in alcune società si è passati a fare una sorta di appello. Ogni giorno alle 9 in punto una chiamata per verificare che gli impiegati siano effettivamente al lavoro alla loro scrivania da casa. Una situazione che evidentemente ci riporta al punto di partenza, al dubbio che da casa si lavori di meno. Così crescono gli impiegati che non staccano mai, che rispondono al primo squillo, che non dimenticano le mail e che lavorano senza un orario. Sempre la Vanderkam, autrice anche di diversi libri sul tema dell’home working propone una semplice soluzione: prevedere anche una chiamata di saluti a fine giornata, un via libera a tutti fino al giorno dopo. Una chiamata – badate bene all’orario – che arrivi alle 16,45.

SMART WORKING BONUS SPESE coprirà bollette e buoni pasto

Anche al termine dell’emergenza sanitaria legata al Coronavirus, lo smart working potrebbe essere una modalità di lavoro a cui sempre più aziende e dipendenti ricorreranno. Proprio per questo motivo si sta pensando di introdurre un bonus spese che vada a sostituire i buoni pasto, gli straordinari e anche le spese per le utenze per chi aderisce al lavoro agile.

A febbraio potrebbe finire lo stato d’emergenza per il Coronavirus, anche se un’ulteriore proroga è tutt’altro che esclusa. Di conseguenza potrebbero cambiare anche le regole per lo smart working. Non più automatico con accordi tra imprese e sindacati, ma con la necessità di un accordo obbligatorio con il dipendente. La questione da risolvere riguarda il trattamento economico di chi lavora da casa e chi da ufficio o comunque sul posto di lavoro, considerando che deve essere identico per entrambi. Ma con il ricorso al lavoro agile si va inevitabilmente incontro a delle decurtazioni, come la perdita dei buoni pasto e degli straordinari e anche le maggiori spese per le utenze, che però potrebbero essere compensati dalle minori uscite per trasporti e spostamenti. Così ciò a cui si sta pensando, secondo quanto spiega la Repubblica, è un bonus spese per chi lavora da casa.

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I buoni pasto e gli straordinari sono previsti per un lavoro che prevede un orario rigido, diverso dal lavoro agile. Che, in teoria, dovrebbe essere incentrato soprattutto sugli obiettivi, quantomeno alla fine della fase di emergenza sanitaria. Motivo per cui l’idea che sta prendendo piede è quella di un rimborso forfettizzato delle utenze o un pacchetto di welfare che consideri i guadagni e le perdite valutandoli insieme a benefici di altro tipo.

LA DECURTAZIONE DEI PASTI IN SMART WORKING

L’erogazione dei buoni pasto in smart working è difficile da valutare, in quanto si tratta di un beneficio legato all’orario di lavoro e alla pausa pranzo. Il discorso cambierebbe completamente di fronte a un’organizzazione autonoma del lavoro. Florindo Oliverio, segretario Fp Cgil, spiega che “i buoni pasto valgono circa 160 euro al mese. Se si considerano anche gli straordinari si capisce perché ci sono stati lavoratori che avrebbero avuto diritto a continuare a lavorare in smart working da settembre e che hanno chiesto una certificazione speciale di buona salute pur di tornare in ufficio: non si potevano permettere uno stipendio decurtato”.
Il sistema dei buoni pasto ha un problema - Il Post

ILPROBLEMA DEGLI STRAORDINARI NELLA PA

Altra questione ritenuta critica è quella degli straordinari: nella pubblica amministrazione sono ritenuti difficili da calcolare con lo smart working, quindi si pagano solamente in caso di lavoro in una giornata non lavorativa, come domenica e festivi. Nel privato, infatti, esistono i forfait, ma nel pubblico serve l’effettivo svolgimento della prestazione, il che rende difficile introdurre questo meccanismo nel lavoro agile, più votato agli obiettivi. A questo si aggiunge un altro problema, quello dell’indennità di turno, che nella Pa vale in media 200 euro. Per tutte queste ragioni l’ipotesi ritenuta più facilmente percorribile dai sindacati è quella di un rimborso forfettario delle spese, che possa scavalcare questi ostacoli garantendo comunque un rimborso aggiuntivo ai lavoratori.

preso da: www.fanpage.it

COME SARA’ LA FORMAZIONE ED IL LAVORO POST COVID

Financialounge.it

A seguito della pandemia l’intero comparto EdTech, tutti quei servizi che si propongono di facilitare l’apprendimento tramite l’uso e la gestione di appositi processi tecnologici e risorse innovative, ha ricevuto uno straordinario impulso in termini sia di attenzione che di gradimento. “Con ogni probabilità, la pandemia accelererà lo sviluppo dell’EdTech e molte aziende del comparto anticiperanno gli investimenti in nuove funzionalità”, fa sapere il team di gestione di Credit Suisse (Lux) Edutainment Equity Fund.

PROMOSSO IL MODELLO DIDATTICO MISTO

Emerge infatti la convinzione che l’EdTech possa trasformare l’istruzione così come la conosciamo oggi alla luce del fatto che studenti, educatori, manager aziendali e famiglie, si sono resi conto che molte delle applicazioni di formazione e apprendimento online sono efficaci quanto la didattica tradizionale promuovendo il modello didattico misto, che non sostituisce ma piuttosto conferisce autorità agli educatori.

LE APP DI DIDATTICA DELL’EDTECH

“È probabile che quando gli studenti di tutto il mondo torneranno in classe, continueranno a utilizzare l’insieme più coinvolgente delle app di didattica dell’EdTech. Inoltre, una volta che gli studenti si avvalgono della flessibilità e dei vantaggi della didattica online, è probabile che molte di queste tecnologie diventino integrate nelle classi fisiche o nelle aule universitarie riservate ai seminari”, spiega il team del comparto di Credit Suisse.

CAMBIAMENTI RADICALI DELLA FORZA LAVORO

La “nuova normalità” che si delinea nel post Covid-19 potrebbe comportare anche profonde modifiche della forza lavoro. “La quota di lavoro flessibile è destinata ad aumentare e con essa la necessità di tecnologia e automazione. La crisi causata dalla pandemia ha provocato una grave recessione mondiale, con una conseguente importante perdita di posti di lavoro. Questo accelera l’esigenza di riqualificazione di coloro che vengono licenziati affinché possano essere reintegrati rapidamente nella forza lavoro. Assisteremo pertanto a un boom della domanda nel settore della formazione professionale e della certificazione online”, sottolineano i manager di Credit Suisse