RISCHIO BIOLOGICO

COME AVVIENE IL CONTAGIO NEI LUOGHI CHIUSI

Il covid si trasmette per via aerea, soprattutto negli spazi chiusi.

Non ha la capacità infettiva del morbillo, ma gli scienziati ormai riconoscono esplicitamente il ruolo che gioca nella pandemia il contagio tramite aerosol, le minuscole particelle contagiose che esala un malato e che rimangono sospese nell’aria in ambienti chiusi. Come funziona questa modalità di contagio? E soprattutto, come possiamo bloccarlo?

Segnaliamo qui  un interessante articolo pubblicato su Repubblica relativo alle modalità di trasmissione del virus nei luoghi chiusi. La grafica ci permette di capire immediatamente come sia fortemente insidiosa la modalità di contagio

Ecco il link

https://lab.repubblica.it/2020/coronavirus/cosi-si-trasmette-il-contagio-in-un-salotto-un-bar-e-una-classe/

QUANDO L’ARIA CONDIZIONATA FA BENE CONTRO IL COVID

Da newsby.it

Dall’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma arriva uno studio che rivaluta il ruolo dell’aria condizionata, con gli opportuni filtri e trattamenti, nella prevenzione del Covid-19. La ricerca parte da una simulazione tridimensionale di un ambiente chiuso d’ospedale. Nel caso specifico si tratta di una sala d’aspetto di un pronto soccorso con diverse persone al suo interno, e parte da un colpo di tosse da parte di uno dei presenti, senza mascherina.

La ricerca del Bambino Gesù pubblicata su Environmental Research

La simulazione riproduce esattamente il movimento delle particelle biologiche nell’ambiente e l’impatto dei sistemi di aerazione sulla loro dispersione. Il risultato conferma che un efficace trattamento dell’aria condizionata può rivestire un ruolo importante nel prevenire la diffusione del coronavirus. La rivista scientifica Environmental Research ha pubblicato l’esito dello studio, condotto con lo spin-off universitario Ergon Research e la Società Italiana di Medicina Ambientale (SIMA).

Il punto d’avvio della simulazione, il cosiddetto spreader, è indicato in un colpo di tosse da parte di una persona senza mascherina. Questa, tossendo senza il dpi, sparge nell’aria migliaia di particelle contaminate. Con l’aria condizionata spenta, le persone più vicine alla persona che ha tossito respirano nel trenta secondi successivi al colpo di tosse l’11% di aria contaminata, con il fortissimo rischio di contrarre la malattia.

Come cambia l’impatto della contaminazione con l’aria condizionata attiva

Le cose però cambiano, in meglio, quando viene attivata l’aria condizionata. Considerando lo stesso lasso di tempo, a velocità standard le persone più vicine respirano il 2,5% dell’aria contaminata dal coronavirus e quelle più lontane lo 0,5%. A velocità doppia i più vicini al colpo di tosse respirano lo 0,3% di aria contaminata, i più lontani lo 0,08%. Non è una garanzia assoluta di prevenzione, tanto che l’utilizzo della mascherina non è minimamante messo in discussioneÈ comunque la testimonianza che il raddoppio della portata dell’aria condizionata in una stanza chiusa riduce la concentrazione delle particelle contaminate del 99,6%.

 

VADEMECUM SUI GIORNI DI QUARANTENA

Da il sole24ore.com

Mentre non si arresta il dibattito sull’opportunità o meno di sottoporre a tampone gli asintomatici, dopo la proposta delle Regioni di concentrarsi su chi manifesta sintomi al fine di rilanciare la macchina dei tracciamenti ingolfata dall’aumento dei contagi Covid, è opportuno fare il punto sulle regole della quarantena. A venirci incontro in questo senso è una circolare del 12 ottobre del ministero della Salute. Nell’individuare quattro tipologie di soggetti, il documento fornisce indicazioni sulla relativa quarantena e sull’opportunità di effettuare il tampone molecolare. Ecco le indicazioni ministeriali.

Le persone asintomatiche risultate positive possono rientrare in comunità dopo un periodo di isolamento di almeno dieci giorni dalla comparsa della positività, al termine del quale risulti eseguito un test molecolare con risultato negativo.

I contatti stretti di casi con Covid confermati e identificati dalle autorità sanitarie, devono osservare: un periodo di quarantena di 14 giorni dall’ultima esposizione al caso oppure un periodo di quarantena di dieci giorni dall’ultima esposizione con un test antigenico o molecolare negativo effettuato il decimo giorno.

Le persone sintomatiche risultate positive al virus possono rientrare in comunità dopo un periodo di isolamento di almeno dieci giorni dalla comparsa dei sintomi (non considerando anosmia e ageusia/disgeusia che possono avere prolungata persistenza nel tempo) accompagnato da un test molecolare con riscontro negativo eseguito dopo almeno tre giorni senza sintomi.

Le persone che, pur non presentando più sintomi, continuano a risultare positive al test molecolare per Sars-CoV-2, in caso di assenza di sintomatologia da almeno una settimana, potranno interrompere l’isolamento dopo 21 giorni dalla comparsa dei sintomi. Questo criterio potrà essere modulato dalle autorità sanitarie d’intesa con esperti clinici e microbiologi/virologi, tenendo conto dello stato immunitario delle persone interessate (nei pazienti immunodepressi il periodo di contagiosità può essere prolungato).

Nella circolare si raccomanda inoltre di eseguire il test molecolare a fine quarantena a tutte le persone che vivono o entrano in contatto regolarmente con soggetti fragili e/o a rischio di complicanze; prevedere accessi al test differenziati per i bambini; non prevedere quarantena né l’esecuzione di test diagnostici nei contatti stretti di contatti stretti di caso (ovvero se non vi sia stato nessun contatto diretto con il caso confermato), a meno che il contatto stretto del caso non risulti successivamente positivo ad eventuali test diagnostici o nel caso in cui, in base al giudizio delle autorità sanitarie, si renda opportuno uno screening di comunità. La circolare raccomanda anche di promuovere l’uso della App Immuni per supportare le attività di contact tracing.

«Credo che uscirà nei prossimi giorni un documento specifico sull’utilizzo dei test» per individuare la positività al coronavirus. Lo ha annunciato, durante l’audizione in Commissione igiene e sanità del Senato, il presidente dell’Istituto superiore di sanità Silvio Brusaferro. «La realtà dei test oggi è costituita dal gold standard – ha precisato – che è il tampone molecolare ma i test antigenici rapidi hanno risultati buoni e sono stati consigliati anche dal Ministero per un utilizzo in determinati contesti. Ma la ricerca tecnologica peró è molto rapida e nelle prossime settimane potremo disporre di ulteriori test più facili da utilizzare. Questo sarà certamente di grande aiuto».

QUALITA’ ARIA DELLE MASCHERINE COME NEI LOCALI CHIUSI

Da Dottnet.it

Uno studio dell’Agenzia per l’ambiente della Provincia di Bolzano sdogana le mascherine per quanto riguarda la qualità dell’aria respirata: il ricambio d’aria è sufficiente e l’anidride carbonica è come nei locali chiusi. Sotto la mascherina la temperatura sale di due gradi, causando a volte un certo disagio a chi la indossa. La concentrazione di anidride carbonica inalata indossando una mascherina è sui livelli di quella rilevata in molti ambienti di vita quotidiani chiusi, e risulta essere molto inferiore rispetto a quella espirata. “L’obiettivo dello studio era soprattutto quello di accrescere la consapevolezza della popolazione con informazioni il più possibile supportate da dati rilevati attraverso un approccio scientifico”, spiega l’assessore Giuliano Vettorato, facendo presente come lo studio sia uno fra i primi del genere realizzati in Italia. Nell’ambito delle analisi è stata quantificata la percentuale di Co2 re-inalata rispetto a quella espirata. A tal fine sono state prese in esame diverse tipologie di dispositivi di copertura naso-bocca: mascherina artigianale, mascherina chirurgica, FFP2 o KN95, visiera e fasce di stoffa.

L’aria che espiriamo – afferma Luca Verdi, direttore del Laboratorio Analisi e radioprotezione – contiene un’elevata concentrazione di anidride carbonica, circa 40.000 ppm, ovvero il 4%. Dallo studio è emerso che indossando un dispositivo di copertura naso-bocca si ha comunque un notevole ricambio d’aria che porta ad una consistente riduzione della concentrazione di Co2. Più precisamente la percentuale di anidride carbonica espirata che viene re-inalata varia da un minimo del 3% con la visiera, a un massimo del 14% con la mascherina artigianale”. Alla luce di questi dati, l’Agenzia provinciale per l’ambiente e la tutela del clima ribadisce che i locali in cui soggiornano più persone vanno ventilati frequentemente, come del resto già raccomandato da tutti gli esperti del settore. Oltre a caratterizzare la qualità dell’aria inspirata, lo studio ha voluto valutare una possibile fonte di disagio. “Con una termocamera abbiamo misurato la temperatura superficiale del viso, con e senza mascherina”, spiega Clara Peretti, consulente per il Laboratorio Analisi aria e radioprotezione nell’ambito del progetto europeo Qaes. “Dalla prova – rileva – è emerso che nella zona del viso coperta dal dispositivo di copertura la temperatura superficiale aumenta in media di 2 gradi. Innalzamento di temperatura e conseguente sudorazione possono creare una sensazione di fastidio”.

VACCINO OXFORD PER COVID ENTRO GIUGNO 2021?

Possiamo ipotizzare una disponibilità di dosi per tutti a giugno 2021“. Così a The Breakfast Club, su Radio Capital, Piero di Lorenzo, presidente della Irbm di Pomezia, l’azienda che insieme alla Oxford University sta mettendo a punto il vaccino anticovid.

“Se non ci saranno eventi avversi e novità negative, la sperimentazione terminerà entro la fine dell’anno, quindi entro dicembre in Europa arriveranno 20-25 milioni di dosi e quindi 2-3 milioni in Italia da destinare subito ai più fragili come gli ospiti di Rsa, ma anche forze dell’ordine e operatori sanitari”, ha detto Di Lorenzo.

“Il tempo necessario non solo per far arrivare le dosi ma per sottoporre a vaccinazione tutte le persone che vorranno si puo’ ipotizzare ragionevolmente entro giugno dell’anno prossimo“.

“L’Italia – ha aggiunto – ha prenotato 70 milioni di dosi che arriveranno entro giugno, noi siamo 60 milioni e circa un quarto, secondo statistiche Istat, non intende vaccinarsi, quindi penso che le dosi saranno più che sufficienti per vaccinare tutti quelli che lo desiderano entro maggio-giugno”.

Quanto ai controlli, Di Lorenzo immagina che “I dirigenti scientifici dell’Ema taglieranno tutti i tempi della normale burocrazia ovviamente senza penalizzare i controlli necessari per la sicurezza e l’efficacia del vaccino”.

Da agi

LE MASCHERINE RIDUCONO LA CARICA VIRALE DI 1000 VOLTE

Da Dottnet.it

Mascherine e distanziamento, misure centrali nel contrasto al nuovo coronavirus, potrebbero rivelarsi ancora più cruciali in questa seconda fase epidemica, sia al fine di contenere i contagi sia per ridurre la gravità della malattia. L’uso rigoroso delle mascherine e il rispetto del distanziamento fisico, infatti, abbassano di mille volte la carica virale del SarsCov2. A dimostrarlo è uno studio dell’IRCCS Ospedale Sacro Cuore Don Calabria di Negrar (Vr) pubblicato su Clinical Microbiology and Infection e condotto su circa 400 casi di COVID-19.  Si è evidenziato che al diminuire dell’esposizione al contagio, la carica virale dei pazienti arrivati in Pronto Soccorso si è man mano ridotta fino a essere mille volte inferiore rispetto a marzo; in parallelo, anche la gravità della malattia si è ridotta.

Lo studio conferma dunque l’importanza di contenere l’esposizione al contagio: mantenere bassa la trasmissione del virus, avvertono i ricercatori, serve infatti anche a ridurre la carica virale con cui si può venire a contatto, diminuendo così la probabilità di comparsa di una malattia grave. Questo potrebbe rendere meno ‘pesante’ la seconda ondata di COVID-19, attutendo l’impatto sugli ospedali e i reparti di terapia intensiva. Lo studio è stato condotto su 373 casi di COVID-19 giunti nel Pronto Soccorso dell’ospedale Negrar fra il 1 marzo e il 31 maggio scorso. Per ciascun caso “è stato valutato il carico virale tramite tampone, quindi i pazienti sono stati seguiti per registrare la gravità dei sintomi e l’evoluzione della malattia – spiegano Dora Buonfrate e Chiara Piubelli, coordinatrici dello studio -. I dati raccolti indicano chiaramente che al diminuire della circolazione del Sars-Cov-2 grazie alle misure di contenimento, si è abbassata in parallelo e di ben mille volte la carica virale riscontrabile nei pazienti”. In altri termini, i casi arrivati in ospedale a maggio, quindi in un periodo di bassa esposizione al contagio, erano anche venuti a contatto con ‘dosi’ virali più basse e avevano meno Sars-Cov-2 in circolo nell’organismo, anche fino a mille volte meno rispetto ai pazienti ricoverati a marzo.

Questo ha portato i pazienti della tarda primavera a sviluppare COVID-19 in forma meno grave, come chiariscono Buonfrate e Piubelli: “A maggio i pazienti avevano in media sintomi di COVID-19 meno gravi e una minore probabilità di complicazioni; si è ridotta in parallelo la percentuale di malati che hanno avuto bisogno di terapia intensiva. Mantenere bassa la circolazione del virus e l’esposizione al contagio con l’uso di mascherine e il rispetto del distanziamento può perciò avere un impatto non solo sul numero assoluto di casi, ma anche indirettamente sulla severità dei casi stessi, contribuendo a mantenere i reparti COVID e quelli di terapia intensiva al di sotto della soglia critica di occupazione”. Gli sforzi per rispettare le norme anti-contagio, concludono le ricercatrici, “sono perciò fondamentali, perché possono realmente contribuire a rendere più gestibile la seconda ondata che stiamo vivendo, riducendo la pressione sul Sistema Sanitario Nazionale”.

 

fonte: Clinical Microbiology and Infection

L’UNIVERSITA’ DI BOLOGNA STUDIA UN INTEGRATORE ANTI-COVID

da ansa.it

Università di Bologna culla dell'atlantismo | Bye Bye Uncle Sam

Un integratore alimentare a base di ingredienti naturati alleato del sistema immunitario nella lotta al Coronavirus: a svilupparlo il progetto europeo ‘Spin’ (Spermidin and eugenol Integrator for contrasing incidence of coronavirus in Eu population), coordinato dall’Università di Bologna. L’iniziativa è promossa da Eit Food, la rete europea di imprese ed enti di ricerca e d’insegnamento che è tra i ‘bracci operativi’ dello European Institute for Innovation & Technology, e contribuisce in modo diretto alla risposta dell’Unione europea alla pandemia di Covid-19.

L’integratore, in via di sviluppo, punta ad aiutare l’azione del sistema immunitario nella lotta all’infezione da Coronavirus per la popolazione ad alto rischio: sarà ricco di spermidina, molecola ricavata dal germe del grano che ha un ruolo cruciale nel favorire l’autofagia, cioè il meccanismo grazie al quale si rimuovono i componenti cellulari danneggiati, e di eugenolo, un olio essenziale antivirale ad alto spettro che agisce diminuendo la capacità di replicazione dei virus. L’integratore è pensato come aiuto contro il Coronavirus finché non ci sarà un vaccino disponibile per tutti e anche in seguito, per mitigare la gravità dei sintomi e dei contagi attraverso un approccio antivirale naturale. Non avrà, sottolineano i ricercatori, il ruolo di potenziare o sostituire i vaccini in fase di sviluppo.

Il consorzio di studiosi è al lavoro per individuare le fonti di materie prime ad alto contenuto di spermidina e di eugenolo: le migliori fonti di principi attivi verranno elaborate per ottenere l’integratore.

GLI INTEGRATORI CHE RAFFORZANO IL SISTEMA IMMUNITARIO

Quali sono i cibi ‘amici’ che possono rafforzare le difese immunitarie e da preferire in questo periodo di emergenza sanitaria da coronavirus? Le risposte dell’esperta

Avere un sistema immunitario efficiente è fondamentale per difenderci dalle malattie e dalle infezioni. Questo vale sempre, ma ancora di più in un periodo di emergenza sanitaria come quella che stiamo vivendo.

Cosa si può fare per alzare le nostre difese immunitarie? Quali sono gli alimenti e le sostanze utili che non dovrebbero mancare nella nostra alimentazione?

Lo abbiamo chiesto alla dottoressa Claudia Delpiano, dietista e biologa nutrizionista del Centro per i disturbi alimentari del Policlinico San Pietro.

Echinacea | Benefici, Immunità, Bellezza della Pelle

Alimentazione e sistema immunitario: un legame molto stretto

“La più importante difesa che abbiamo contro i virus, in assenza di farmaci inibitori – spiega la dottoressa –  è il nostro sistema immunitario. È noto che la nutrizione svolge un ruolo essenziale nello sviluppo e mantenimento del sistema immunitario.

Da un lato, le carenze nutrizionali possono compromettere la risposta immunitaria e rendere la persona maggiormente esposta alle infezioni.

D’altro, un buono stato nutrizionale può prevenire la comparsa di malattie (non solo infettive) e l’immunodepressione”.

La funzione importante degli antiossidanti

“La resistenza alle infezioni (che possono essere causate da virus o batteri) – continua l’esperta – può essere migliorata fornendo all’organismo antiossidanti.

Gli antiossidanti sono molecole che aiutano a difendersi dall’attacco di agenti nocivi e dallo stato di stress ossidativo (processo che porta alla formazione di radicali liberi ovvero molecole dannose).

Essi, infatti, sono in grado di prevenire o riparare i danni prodotti dai radicali liberi.

Gli antiossidanti più potenti sono:

  • il Glutatione: prodotto dal nostro organismo, si trova anche in alcuni vegetali tra cui l’asparago, l’avocado, gli spinaci, le pesche e le mele. Ci sono poi alimenti in grado di stimolare la produzione di Glutatione tra cui quelli ricchi di Selenio: aringhe, sarde, tuorlo d’uovo e senape, aglio, cipolla, frutta e verdura di colore rosso, latte e carne;
  • la Vitamina C: le principali fonti sono coriandolo ed erba cipollina, uva, peperoni, peperoncino, ribes nero, timo fresco, prezzemolo, rucola, crucifere (cavolo, cime di rapa, verza, broccoli), kiwi e agrumi;
  • la Vitamina E: ne sono ricchi gli oli vegetali (arachidi, mais, girasole, olio extravergine di oliva), avocado, nocciole, arachidi, cereali integrali, semi di girasole, mandorle, curry, origano, avocado, kiwi;
  • la Vitamina D:  gli alimenti di origine animale più ricchi sono l’olio di fegato di merluzzo, i pesci grassi (sgombro, sardina, tonno e salmone), gamberi, tuorlo d’uovo, formaggi e burro. I funghi rappresentano l’unica fonte vegetale;
  • il B-Carotene (precursore della Vitamina A): si trova maggiormente nell’olio di fegato di merluzzo, fegato, peperoncino, carote, albicocche secche, zucca, prezzemolo, pomodori maturi, broccolo e cavolo verde”.

FITOTERAPIA - Dottor Vito Pipino

Gli altri alleati

Ci sono poi anche altri micronutrienti utili a mantenere il sistema immunitario efficiente e pronto a reagire alle “aggressioni” esterne, ovvero:

  • Vitamina B6 che si trova in cereali e farine integrali, avocado, spinaci, broccoli, frutta secca;
  • Vitamina B12 in uova, latte e formaggi, frutti di mare e pesci grassi;
  • Selenio e Zinco, metalli importanti per la loro attività antiossidante, si trovano in pesce e carne, grano e avena, legumi;
  • Ferro (in carne bovina, uova, lenticchie, acciughe, sarda, tonno) e Rame (contenuto nel fegato, funghi, lenticchie, mandorle) per la loro partecipazione all’immunità cellulare e alla produzione di anticorpi (cioè proteine prodotte dal sistema immunitario in grado di riconoscere e neutralizzare gli agenti estranei e pericolosi);
  • Glutammina: aminoacido indispensabile per la sintesi di Glutatione ( in uova, riso e latte);
  • Arginina: aminoacido che si trova nella frutta secca, uova, pesce, carne e legumi.

Probiotici e prebiotici per un intestino sano

Delle difese immunitarie forti passano anche da un intestino sano: “Non da ultimo – approfondisce la dottoressa –  è importante mantenere l’intestino in salute.

È nota da tempo la relazione tra l’efficacia di risposta del sistema immunitario e lo stato di salute del microbiota intestinale.

Per mantenere in equilibrio (eubiosi) l’intestino è necessario assumere regolarmente alimenti cosiddetti probiotici (microorganismi, soprattutto batteri, viventi e attivi).

Fonti naturali di probiotici sono:

  • lo yogurt e il kefir (si possono anche preparare in casa evitando così zuccheri e conservanti impiegati dall’industria alimentare);
  • crauti;
  • il tempeh;
  • la soia fermentata.

Per vivere e proliferare, i probiotici hanno bisogno di un corretto nutrimento, ovvero di prebiotici, fibre alimentari non digeribili (FOS), che si trovano in alcuni alimenti in particolare:

  • porro;
  • aglio;
  • cipolla;
  • fagioli; 
  • banane;
  • farina di frumento”.

La Papaya fermentata e l’Echinacea

“Infine – aggiunge la dietista – numerosi studi scientifici hanno dimostrato che alcuni principi attivi estratti dalle piante, come la Papaya fermentata e l’Echinacea possono modulare e stimolare le difese immunitarie.

L’Echinacea, inoltre, aumenta la flora batterica intestinale è può essere usata in sinergia con i probiotici in quanto ne potenzia l’efficacia”.

Quando ricorrere agli integratori

Spesso solo con l’alimentazione non si riesce ad assumere queste sostanze in quantità adeguate. Ecco allora che si ricorre agli integratori.

“Attenzione, però – avverte la Dottoressa Delpiano –  ogni supplementazione attraverso l’assunzione di integratori alimentari, soprattutto se finalizzata all’immunostimolazione, deve essere rigorosamente personalizzata e gestita da personale medico.

Nessun supplemento, infatti, potrà mai compensare uno squilibrio nutrizionale di fondo, soprattutto se si vuole ottenere un effetto rapido, e la vera prevenzione non potrà mai essere un trattamento generalizzato di massa.

Ogni persona è diversa dall’altra e presenta una capacità di risposta individuale molto variabile”.

TRATTO DA grupposandonato.it

GUIDA ALLE MASCHERINE CHIRURGICHE E FACCIALI

Le mascherine protettive sono purtroppo diventate in pochi mesi un accessorio comune a tutti ma imprescindibile. Tutti quanti e non solo gli operatori della sicurezza sanno ormai  del significato di “mascherina chirurgica” e di “mascherina ffp2” ma purtroppo molti comuni cittadini sono convinti che le mascherine chirurgiche siano un mezzo di protezione adeguato in tutte le situazioni. Invece le mascherine chirurgiche, proprio perché dispositivi medici nati peró per proteggere il paziente da infezioni e non tanto il medico, hanno evidenti limiti di protezione in situazioni critiche. Riportiamo uno schema per fare un po’ di chiarezza sperando di essere utili.

 

Maschere chirurgiche e di protezione devono necessariamente rispettare le normative e i regolamenti in vigore nel Paese.

MASCHERE CHIRURGICHE(PROTEGGONO PREVALENTEMENTE GLI ALTRI)

 

  • Maschere chirurgiche: queste maschere vengono testate nel senso dell’espirazione, ossia dall’interno verso l’esterno. I test valutano l’efficacia della filtrazione batterica e permettono di stabilire la conformità delle mascherine con le seguenti normative:
    • Normativa europea EN 14683: in base a questa normativa il livello di efficacia di una mascherina può essere di quattro tipi: tipo I, tipo II, tipo IR e tipo IIR.
      • Tipo I: efficacia di filtrazione batterica superiore al 95%.
      • Tipo II: efficacia di filtrazione batterica superiore al 98%.
      • Tipo R: la normativa europea prevede anche un test di resistenza alla proiezione, in base al quale le mascherine possono essere di tipo IR e IIR. Le mascherine IIR sono quelle più RESISTENTI. Noi consigliamo queste ultime
    • Negli Stati Uniti le maschere chirurgiche devono devono essere soddisfare gli standard previsti dalla normativa ASTM, la quale prevede tre livelli di protezione:
      • Livello 1: basso rischio di esposizione ai fluidi.
      • Livello 2: rischio moderato di esposizione ai fluidi
      • Livello 3: alto rischio di esposizione ai fluidi.
  • MASCHERE DI PROTEZIONE( PROTEGGONO L’OPERATORE E SE SENZA FILTRO GLI ALTRI) 

  • Maschere di protezione: queste mascherine vengono testate nel senso dell’ispirazione, ossia dall’esterno verso l’esterno. I test a cui sono sottoposte valutano l’efficacia del filtro e la tenuta verso l’interno della mascherina.
    • Normativa europea EN 149:2001: in base a questa normativa gli apparecchi monouso di protezione delle vie respiratorie che sono in grado di filtrare le particelle si dividono in tre classi:
      • FFP1: filtrazione minima dell’80% e penetrazione all’interno non superiore al 22%. Si tratta di dispositivi utilizzati principalmente come maschere antipolvere (bricolage e altri lavori).
      • FFP2: filtrazione minima del 94% e penetrazione all’interno non superiore all’8%. Sono dispositivi utilizzati principalmente nell’edilizia, nell’agricoltura, nell’industria farmaceutica e dal personale sanitario contro i virus influenzali, l’influenza aviaria, la SARS, la peste polmonare, la tubercolosi e, più recentemente, il COVID-19, impropriamente chiamato “coronavirus”.
      • FFP3: filtrazione minima del 99% e penetrazione all’interno inferiore al 2%. Le maschere FFP3 sono quelle che offrono la migliore efficacia di filtrazione e proteggono anche contro particelle molto fini, come quelle di AMIANTO o virus. 
    • Normativa americana: negli Stati Uniti le maschere di protezione respiratoria devono rispettare i requisiti stabiliti dal NIOSH (National Institute for Occupational Safety and Health). Questa normativa prevede che le maschere vengano classificate in base al loro grado di resistenza all’olio, rappresentato, a seconda della classe, dalla lettera N, R o P. Il numero che segue queste lettere indica invece la percentuale di filtrazione delle particelle in sospensione. Le maschere di protezione, di conseguenza, possono essere suddivise in:
      • Classe N: nessuna resistenza all’olio. All’interno di questa classe, si possono distinguere mascherine di tipo N95, N99 e N100.
      • Classe R: resistenza all’olio non superiore a 8 ore. All’interno di questa classe, si possono distinguere mascherine di tipo R95, R99 e R100.
      • Classe P: resistenza totale all’olio. All’interno di questa classe, si possono distinguere mascherine di tipo P95, P99 e P100.

Mascherine chirurgiche:

  • EN 14683: Tipo I, tipo II, tipo R
  • ASTM: Livello 1, 2 e 3

Maschere di protezione:

  • EN 149: FFP1, FFP2, FFP3
  • NIOSH: Classe N, Classe R, Classe P

Quali sono le mascherine che proteggono contro le malattie contagiose e i virus?

Qualora rischino di entrare in contatto con persone affette da malattie contagiose, comprese quelle di origine virale, gli operatori sanitari devono indossare maschere che offrono loro un adeguato livello di protezione. Qui di seguito esaminiamo i casi specifici di tubercolosi, coronavirus, SARS e H1N1 e attacchi biologici.

  • Tubercolosi:
    • Paziente con tubercolosi in fase contagiosa: è necessario indossare una maschera chirurgica per evitare che le goccioline di saliva o le secrezioni delle vie aeree superiori proiettate durante l’espirazione contaminino l’ambiente e le persone che si trovano nelle vicinanze del paziente.
    • Operatori sanitari e visitatori: devono indossare almeno una maschera di protezione FFP1, oppure, in caso di tubercolosi multiresistente o di situazione ad alto rischio (intubazione, procedure di tosse, ecc.), una maschera di protezione FFP2.
  • CODIV-19  SARS2-Cov:
    • Paziente infetto: al minimo sospetto di contagio, il paziente dovrà iniziare ad indossare una maschera chirurgica.
    • Personale medico-sanitario: deve indossare come minimo una maschera di protezione di classe FFP2, oppure, qualora esista il rischio di un contatto con pazienti infetti o potenzialmente infetti, una mascherina FFP3 al fine di ottenere la massima filtrazione di particelle e aerosol.