COVID : DISPARITÀ NELLE REGOLE DI COMPORTO, MALATTIA, QUARANTENA, POSITIVITA’

19 Dicembre 2020

Da ilsole24ore

ARTICOLO Di P. DUI

I rapporti tra la disciplina della malattia Covid e quella del calcolo del periodo di comporto continuano a evidenziare lacune legislative, soprattutto in termini di un auspicato intervento normativo e/o amministrativo volto a correggere le evidenti disparità di trattamento tra i lavoratori, peraltro emerse già dai primi interventi emergenziali, che risalgono a marzo di quest’anno (si veda anche Il Sole 24 Ore del Lunedì del 24 agosto scorso).

Resta la discrasia nella disciplina del calcolo del periodo di conservazione del posto (comporto) che, sorprendentemente, esclude dal computo la quarantena fiduciaria e altre situazioni di rischio ben individuate (che non determinano malattia) includendo, invece, la malattia Covid e le possibili successive ricadute per esiti legati all’infezione contratta in passato, sulla base di una verificabile imputazione clinica alla malattia originaria.

La conservazione del posto

La disciplina della conservazione del posto di lavoro, con il divieto di licenziamento per il cosiddetto periodo di comporto, deriva dalla previsione dell’articolo 2110 del Codice civile e impedisce il licenziamento entro il termine stabilito dal contratto collettivo di riferimento, diversamente articolato nelle specifiche disposizioni settoriali e/o di comparto, potendo oscillare da periodi di 180 giorni a periodi molto più lunghi. Il calcolo è effettuato, generalmente, sulla base dei giorni di assenza per l’inabilità al lavoro derivante dalla malattia, come certificati dal medico curante, con specifici criteri di computo, disciplinati analiticamente dalla prassi amministrativa (Inps).

La tutela per la quarantena

La normativa speciale vigente stabilisce che i periodi trascorsi in quarantena con sorveglianza attiva o in permanenza domiciliare fiduciaria con sorveglianza attiva disposti per gli individui che hanno avuto contatti stretti con casi confermati di malattia infettiva diffusiva, e per coloro che hanno fatto ingresso in Italia da zone a rischio epidemiologico, come identificate dall’Organizzazione mondiale della sanità:

sono equiparati alla malattia ai fini del trattamento economico previsto dalla «normativa di riferimento»; il richiamo è da intendersi alla disciplina sia delle prestazioni previdenziali, sia delle diverse prestazioni economiche, anche integrative, previste dalla contrattazione collettiva e da ogni altra norma operante sul piano del rapporto di lavoro;

sono esclusi dal computo del periodo di comporto.

La tutela per i lavoratori fragili

Questa disciplina è stata integrata anche su fronti affini. Infatti:

i lavoratori dipendenti pubblici e privati con disabilità grave secondo l’articolo 3, comma 3, della legge 104/1992, possono assentarsi dal servizio;

i lavoratori dipendenti pubblici e privati, che hanno una certificazione rilasciata dai competenti organi medico legali, attestante una condizione di rischio derivante da immunodepressione o da esiti di patologie oncologiche o dallo svolgimento di relative terapie salvavita, in base all’articolo 3, comma 1, della legge 104/1992, possono assentarsi dal servizio.

Queste assenze dal lavoro sono equiparate, dal punto di vista giuridico ed economico, al ricovero ospedaliero o alla quarantena obbligatoria e non sono computabili ai fini del comporto, almeno per buona parte del 2020.

In effetti, secondo quanto esposto, la copertura Covid-19 opera per delle misure di contenimento, riferite alle fattispecie sopra elencate, il cui fattore comune è dato, come visto, dall’equiparazione alla malattia e dall’esclusione dal comporto.

Meno tutelati i potenziali Covid

In buona sostanza, le coperture di esclusione dal calcolo del comporto non operano per il contagio Covid-19, ma per l’esposizione a rischio di contagio, sulla base di situazioni selettive in funzione preventiva del rischio di contrazione della malattia e del connesso pericolo di vita.

Si badi bene: nessuno dei casi citati riguarda lavoratori costretti ad assentarsi dal posto di lavoro per aver contratto il Covid. Al contrario, la finalità della norma è quella di garantire una tutela economica ai soggetti che, pur non essendo malati, vengono costretti a casa da un provvedimento della Pubblica Autorità o a causa dell’elevato rischio alla vita e all’integrità fisica che correrebbero in caso di infezione. Resta ferma, però, la disparità di trattamento, che non trova alcuna giustificazione.

Le assenze e il relativo trattamento

1- La quarantena
Equiparazione alla malattia (ma fuori dal comporto)Le persone per le quali l’autorità competente abbia disposto l’obbligo di quarantena sono poste in isolamento fiduciario dall’azienda sanitaria territoriale. I periodi di assenza dal lavoro per quarantena fiduciaria sono considerati come malattia e non sono computabili ai fini del comporto. Lo ha disposto il decreto Cura Italia (articolo 26 del Dl 18/2020, in vigore dal 17 marzo), lo ha ribadito il decreto Rilancio (articolo 74 del Dl 34/2020, in vigore dal 19 maggio), e, infine, il decreto agosto (articolo 26 del Dl 104/20, in vigore dal 15 agosto).

2 – Lavoratori fragili e a rischio
Smart working dal 16 ottobre

I lavoratori pubblici o privati con disabilità grave certificata o ai quali sia stata certificata una condizione di rischio derivante da immunodepressione o da esiti di patologie oncologiche e delle relative terapie salvavita:Fino al 15 ottobre 2020 sono tenuti a casa su disposizione del medico curante, che deve riportare, sul certificato, gli estremi della certificazione del possesso dei requisiti della legge 104/1992. Fino al 15 ottobre 2020 i periodi di assenza dal lavoro sono equiparati al ricovero ospedaliero, ai fini economici. Sul comporto, fa fede quanto previsto dal Ccnl applicato sull’esclusione o meno dei periodi di ricovero dal computo. Dal 16 ottobre al 31 dicembre 2020 devono svolgere la prestazione in smart working e hanno diritto alla normale retribuzione

3 – I lavoratori colpiti dal covid
Trattamento comune della malattia I lavoratori malati di Covid-19 o asintomatici risultati positivi al tampone sono messi in malattia dal medico curante. A questi lavoratori si applica il trattamento economico previsto per la malattia e il computo del periodo di assenza ai fini del calcolo del comporto, come per qualsiasi altra malattia.

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