Monthly Archives: Gennaio 2020

IL TUMORE ALLA VESCICA ANCHE ASSOCIATO ALLE ACQUE DI RUBINETTO

Da dottnet.it

In Europa uno su 20 sarebbe collegato a prodotti chimici presenti nell’acqua

LE PATOLOGIE UNGUEALI DI ORIGINE PROFESSIONALE


Le patologie professionali delle unghie sono alterazioni prodotte o aggravate dal lavoro, possono colpire lavoratori di ogni tipo, sesso ed età. Si tratta di segni frequenti anche se spesso non molto specifici.
A maggior rischio sono i lavoratori dell’industria manifatturiera, gli alimentaristi, gli edili, i metalmeccanici, i lavoratori dell’industria siderurgica, i tipografi e gli agricoltori.
Le patologie ungueali professionali possono essere schematicamente suddivise in base alle cause ossia meccaniche, chimiche, fisiche, infettive
Negli operai le malattie professionali delle unghie causate da agenti meccanici o chimici sono spesso conseguenza di traumi ripetuti a livello della matrice e/o della lamina ungueale. I sintomi solitamente sono presenti su una o più unghie.

Le patologie ungueali in cui deve essere sempre considerata una possibile eziologia professionale sono la coilonichia, perionissi, fragilità, alterazioni di colore, granulomi da corpo estraneo e fenomeno di Raynaud.

Coilonichia
La lamina ungueale si presenta a forma di cucchiaino, assottigliata, con aspetto concavo. E’ la conseguenza di microtraumi e/o contatti ripetuti con sostanze chimiche che ammorbidiscono la lamina ungueale quali oli minerali, alcali o acidi, solventi organici, cheratolitici. Più frequente al I, II e III dito della mano.

Più evidente alla
mano dominante. La coilonichia unghie dei piedi è rara, ed è causata dalla ripetuta pressione/attrito nelle persone che lavorano a piedi nudi (tiratori di rickshaw, operai che lavorano a piedi nudi nel fango alcalino – risaie)

Fragilità ungueale
Comune in lavoratori che si lavano spesso le mani (medici, infermieri, parrucchieri). Le donne sono maggiormente predisposte a sviluppare fragilità ungueale quando lavorano in ambienti umidi.


Altri lavoratori a rischio di fragilità ungueale sono: addetti alle pulizie, fotografi, imbianchini, parrucchieri, baristi e alimentaristi

Onicolisi


Una porzione più o meno estesa di lamina ungueale appare distaccata dai tessuti sottostanti. A livello delle mani le cause più frequenti sono meccaniche e irritanti. Puó essere complicata dalla penetrazione di corpi estranei sotto la lamina ungueale (parrucchieri e macellai).

Emorragie a scheggia/ematomi

Gli ematomi subungueali e le emorragie del I dito del piede colpiscono in particolar modo ballerini, tennisti, calciatori, giocatori di squash. Il Primo dito è coinvolto più frequentemente nei giocatori di tennis. Il secondo e il terzo nei calciatori, Il Quarto e il quinto nei maratoneti o nei corridori

Perionissi o Girodito


Affezione infiammatoria della piega ungueale ad andamento cronico recidivante che colpisce soprattutto donne adulte ed alimentaristi. Lo sviluppo della malattia è preceduto dalla distruzione della cuticola da parte di cause meccaniche o chimiche. Questo determina la penetrazione di microorganismi e particelle ambientali al di sotto della piega provocando una reazione infiammatoria.

Cause infettive
Batteriche/micotiche e Virali

Le unghie artificiali sono serbatoio di infezione infatti l’impiego di smalti ungueali scoraggia un energica detersione delle mani. Determinati batteri come la Serratia o l’Acinobacter si ritrovano unicamente nelle infermiere che indossano unghie artificiali.
Le onicomicosi sono favorite da scarpe occlusive e ambiente umido. E‘ aumentata la frequenza delle onicomicosi da dermatofiti delle unghie dei piedi nei nuotatori.
Le verruche periungueali si verificano particolarmente in macellai e pescivendoli. I noduli del mungitore ***si ritrovano in agricoltori e veterinari. Le infezioni erpetiche in medici e paramedici.

articolo di Antonella Tosti

Centro di Allergologia, Clinica dermatologica Alma Mater Studiorum, Università di Bologna

da SIDAPA

*** NODULI DEI MUNGITORI

Questi noduli sono causati dal virus paravaccinico, un parapoxvirus responsabile di lesioni mammarie nei bovini. L’infezione richiede un contatto diretto e causa macule che evolvono attraverso gli stadi di papule, flittene e noduli. Questa infezione ha 6 stadi, che sono simili a quelli dell’ectima contagioso. Febbre e linfoadenopatia sono rare.

La diagnosi dei noduli del mungitore si basa sull’anamnesi del contatto e sui reperti cutanei. La diagnosi differenziale varia in base alla morfologia, tuttavia può comprendere tubercolosi (un sifiloma che può svilupparsi nel sito dell’inoculazione della tubercolosi), sporotricosi, carbonchio e tularemia.

Nodulo del mungitore
Nodulo del mungitore
Le lesioni guariscono spontaneamente; non occorre alcun trattamento.( msdmanuals.com)

“SI VIAGGIARE” GUIDA SAIPEM ALLE MISSIONI ALL ‘ESTERO

L’applicazione SAIPEM SI VIAGGIARE è la versione interattiva aggiornata della quarta edizione del manuale Saipem approvato a cura dell’équipe medica (Nicosia, Consentino e Gialdi). Fornisce una serie di indicazioni e misure essenziali per preparare un viaggio all’estero e valuta le specificità della destinazione, il clima e tutti i possibili rischi di infezione. L’applicazione facilita la pianificazione in anticipo di misure sanitarie preventive (vaccinazioni, chemioprofilassi, certificati ecc.) E consente ai viaggiatori di registrare la loro frequenza e le date di scadenza.

Significa anche che i viaggiatori hanno a portata di mano informazioni critiche per viaggi in paesi in cui ogni ulteriore informazione potrebbe rendere il viaggio più sicuro prevenendo l’esposizione ai rischi per la salute.

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L’applicazione SAIPEM SI VIAGGIARE include una guida esaustiva ai rischi di viaggio, ai rischi climatici e ai rischi infettivi suddivisi per agenti patogeni, nonché informazioni vitali su vaccinazioni e chemioprofilassi con un pratico sistema di allerta per ricordare ai viaggiatori di ottenere le loro iniezioni o booster. L’applicazione include anche una serie di schede informative per i paesi di tutto il mondo, compresi fatti su religione, lingua, clima e misure sanitarie preventive, per non parlare di una ricca galleria di immagini uniche. Infine, la funzione “Intorno a me” consente ai viaggiatori di trovare informazioni geolocalizzate e c’è un divertente quiz per verificare le tue conoscenze di viaggio.

Ricordiamo  anche la consultazione sullo stesso argomento  la GUIDA NIOSH disponibile al link indicato nel nostro post al seguente

LINK http://www.tecomilano.it/tag/guida-viaggio-lavoro-estero-niosh/

 

 

 


		

PIOPPI CONTRO LA PLASTICA


I pioppi sono dei “mangiaplastica”: le loro radici sono infatti in grado di assorbire e accumulare i principali composti inquinanti, gli ftalati, eliminandoli dall’ambiente. Lo dimostra una ricerca tutta italiana pubblicata sulla rivista Environmental Science and Pollution Research e guidata Francesca Vannucchi, dell’Istituto di Scienze della Vita della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa. Lo studio pone le basi anche per approfondire il meccanismo con cui queste sostanze tossiche vengono degradate all’interno dei tessuti vegetali.

Gli ftalati sono microinquinanti dagli effetti decisamente negativi sul funzionamento degli ecosistemi e sulla salute umana. Si tratta di una famiglia di composti chimici usati nell’industria delle materie plastiche, in particolare nel Pvc, per migliorarne flessibilità e modellabilità, ma trovano impiego anche in profumi, pesticidi, smalti per unghie e vernici.

La ricerca, cui ha collaborato anche l’Istituto di Fisiologia Clinica del Consiglio Nazionale delle Ricerche (Cnr) di Pisa, ha dimostrato che il pioppo della specie Populus alba Villafranca, potrebbe essere il candidato adatto per ridurre gli impatti negativi dovuti alla persistenza di questi composti nell’ambiente: le sue radici, infatti riescono ad assorbire e immagazzinare gli ftalati, confermando la grande tolleranza di questa pianta alle sostanze inquinanti. Ulteriori studi saranno necessari per capire come i composti vengono poi smaltiti e utilizzati all’interno dei tessuti vegetali.

 

da Repubblica.it

IL BURN OUT DEL PERSONALE SANITARIO


«È tardi. Arriva la mia ultima paziente. Dai suoi esami emergono cattive notizie. Il tumore è cresciuto. So come comportarmi in questi casi. Parlo piano, utilizzo le parole “giuste”. Lei crolla, gli occhi le si riempiono di lacrime. Arriva l’infermiere specializzata, le prende la mano. In questo vortice di emozioni, io non provo niente. Non piango, non sono triste. Spiego con calma quali dovranno essere i passaggi successivi, sperando disperatamente che lei non colga il vuoto che c’è dietro le mie parole».

Inizia così la lettera che la dottoressa Eileen Parkes, del reparto di oncologia dell’ospedale di Belfast, ha inviato al Guardian per denunciare un problema forse poco conosciuto, ma che colpisce molti medici e professionisti sanitari: il burnout, che causa «un’attenuazione delle emozioni, un sentimento di distacco», lo descrive la dottoressa. «Lo riconosco in me stessa e nel black humour dei miei colleghi. O in quella collega che si lamenta ad alta voce chiedendosi a quante persone ha rovinato la giornata», prosegue.

«Qual è la parte più difficile del mio lavoro? Chiedere scusa, ogni giorno, per cose su cui non ho alcun controllo. Scusi, la sua TAC è stata rimandata. Mi dispiace se l’antidolorifico non ha ancora fatto effetto. Scusi, il suo trattamento è stato cancellato. Scusi ma questa è la data disponibile più vicina. Mi scusi per averla fatta aspettare, quando ogni singolo minuto prezioso è contato e scorre via troppo velocemente per permetterci di far bene in un sistema sovraccaricato».

Un ruolo importante, secondo la dottoressa Parkes, quello giocato dal sistema sanitario in questa partita: «L’austerity ha contributo a creare questo sistema raffazzonato, questa apparente assistenza sanitaria. Il tempo da dedicare a pazienti con bisogni complessi è minimo. E se lo dilatiamo risultiamo inefficienti. Se proviamo a riorganizzare gli appuntamenti il management ci chiede perché sprechiamo così tanto tempo. L’umanità è rimossa, negata ai pazienti e prosciugata nei medici».

«Non sono ancora chiare le conseguenze di questa situazione – spiega la dottoressa -. Sicuramente il burnout è associato all’aumento della possibilità di commettere errori a livello medico. Ma ciò che è certo è che i pazienti ne soffrono per l’assenza di connessione, per non sentirsi compresi, ascoltati, o presi a cuore. E se si perde la fiducia del paziente a causa di appuntamenti ravvicinati ed un personale sanitario stressato, il costo del burnout è inestimabile».

«Anche i medici, oltre ai pazienti, sono trattati come numeri – continua -. Vengono spostati da A a B, ogni minuto della loro giornata lavorativa può essere messo in discussione, ci si aspetta che lavorino oltre le loro possibilità. La vita al di fuori del lavoro non ha alcun valore e il numero di suicidi dei medici è aumentato: la cultura e il sistema non sono riusciti a valorizzare il lavoro del medico».

«Quale risposta viene offerta? Flessibilità. Curare i medici e fare in modo che imparino a gestire il carico di lavoro. Non è ammissibile che quel carico di lavoro non sia gestibile. Non è il sistema ad essere criticato, ma sono i problemi caratteriali dei camici bianchi ad essere ritenuti la causa di questa epidemia di burnout. Continueremo a camminare sul filo, in perfetto equilibrio. Occhi fissi in avanti, piedi ben attaccati alla corda. Finchè la pressione aumenta, perché un collega ci scarica il suo lavoro, perché prendiamo velocemente una decisione che poi si rivela sbagliata, o perché un paziente scoppia a piangere alla fine di una giornata particolarmente intensa. Allora iniziamo a dondolare, le gambe vacillano, ma poi riusciamo a riconquistare l’equilibrio, e continuiamo a camminare. La pressione non diminuisce. La corda si fa più stretta. E si muove sempre di più, e richiede sempre più sforzo. Ogni tanto qualcuno cade, troppo esausto per continuare. Ma la colpa non è della corda – conclude la dottoressa Parkes -. È dell’incapacità di restare in equilibrio».

da sanitaonformazione

COME PROTEGGERSI DAI MICROINQUINANTI ALLA GUIDA

Gli inquinanti atmosferici tossici come l’anidride carbonica e l’ossido di azoto non sono presenti solo nell’aria esterna: anche  all ‘interno delle nostre auto possiamo inalare micro inquinanti che possono nuocere alla nostra salute.

Esistono modalità preesistenti per filtrare l’aria della cabina della tua auto, in particolare con le impostazioni sul cruscotto della tua auto. La velocità della ventola, la modalità di ventilazione e le opzioni di ricircolo dell’aria in cabina possono proteggere la salute respiratoria, ma in questo caso non filtrano molte delle particelle più piccole e pericolose presenti nell’aria.

Una ricerca dell’Università della California, Riverside, sta studiando quali metodi potrebbero  filtrare al meglio l’aria della cabina e proteggere la salute respiratoria.

I filtri abitacolo sono stati originariamente progettati per rimuovere grandi particelle come polline e polvere dall’aria della tua auto. Di conseguenza, non sono funzionali a filtrare le particelle submicrometriche più piccole dalle emissioni dei veicoli come l’anidride carbonica (espirata dai passeggeri) e l’ossido di azoto (dalle emissioni dei veicoli). Questi gas, se inalati, possono provocare differenti  effetti negativi sulla salute

Altri fattori che possono influenzare o esacerbare il rischio di inquinanti nell’abitacolo sono il traffico intenso, la velocità della ventola di ventilazione, le sostanze inquinanti nell’aria esterna e il numero di passeggeri nell’auto.

I conducenti nelle città  più trafficate corrono un rischio particolarmente elevato di esposizione a microinquinanti . Nel corso di un lungo viaggio in auto, la cabina della tua auto può accumulare livelli di particolato e gas.

L’articolo sullo studio dell’Università della California spiega come questi particolati penetrino nella cabina della tua auto. Descrive la cabina dell’auto come una “scatola con piccoli fori per lo scambio di gas”. Ciò significa che la cabina “alla fine sarà ventilata o equilibrata, con l’aria esterna”. Questo può richiedere da un minuto a un’ora.

Inoltre, le auto si differenziano per la capacità di filtrare gli inquinanti atmosferici e mantenere la qualità dell’aria nella cabina pulita. Tuttavia, non esisteva un metodo o un indice di prova standard per quantificare queste tossine, fino ad ora.

Heejung Jung, professore di ingegneria meccanica per UC Riverside, studia come l’inquinamento esterno penetri all’interno delle auto e identifica i modi per migliorare la qualità dell’aria in cabina. Jung ha lavorato con la società di consulenza Emissions Analytics per sviluppare un metodo di prova standard per la qualità dell’aria nelle auto.

Il primo passo dello standard verso l’approvazione dell’agenzia di regolamentazione è stato nel corso di un seminario del Comitato europeo di normalizzazione nel novembre del 2019. Durante questo seminario, il team ha testato 100 veicoli e sta usando i dati per costruire un database che aiuterà i futuri conducenti a proteggere la loro salute respiratoria includendo la qualità dell’aria in cabina è un fattore identificabile che gli acquirenti possono considerare quando acquistano un’auto.

Il sistema più semplice per ridurre  il particolato nella cabina della tua auto è quello di chiudere i finestrini e scegliere l’impostazione di ricircolo del sistema di ventilazione dell’auto. Il ricircolo e una bassa ventilazione rimuovono la maggior parte delle nanoparticelle ultrafine  .

Tuttavia, questa impostazione contribuisce a una maggiore inalazione  di anidride  carbonica, un normale sottoprodotto della respirazione umana. Poche auto hanno la tecnologia per ridurre l’anidride carbonica.

Il gruppo di Jung ha studiato i modi per inclinare le alette di ricircolo in una certa direzione per controllare lo scambio tra aria di ricircolo e aria fresca. Questo metodo ha lo scopo di ridurre l’esposizione all’anidride carbonica e gestire i livelli di particolato.

Questo metodo, noto come “ricircolo d’aria frazionata”, è un’opzione praticabile per le case automobilistiche per migliorare i sistemi di filtrazione dell’aria che minimizzerebbero il particolato, l’anidride carbonica e l’ossido di azoto.

Tuttavia, fino a quando tale sistema non sarà incorporano nei  nuovi modelli di auto, i conducenti possono esclusivamente sperimentare questo metodo da soli. I conducenti possono regolare le modalità in base alla velocità con cui guidano, al numero di passeggeri, alla tenuta dei finestrini dell’auto e all’efficienza del sistema di filtraggio dell’aria della cabina dell’auto.  Jung e Emissions Analytics stanno preparando un database per dare indicazioni su oltre 2.000 modelli di auto.

“Quando  ti imbatti in una strada congestionata con molti camion di fronte a te, scegli la modalità di ricircolo e regola la velocità della ventola. Il ricircolo completo con una bassa  velocità della ventola  non deve essere utilizzato per più di qualche minuto poiché l’anidride carbonica si accumula rapidamente all’interno della cabina “, ha dichiarato Jung.

Se è necessario mantenere attiva la modalità di ricircolo per più di qualche minuto, Jung consiglia di aumentare la velocità della ventola di ventilazione. Una velocità della ventola più elevata, sebbene rumorosa, può comportare un po ‘più di ventilazione rispetto alla bassa velocità. I produttori possono anche incorporare il ricircolo frazionario nei loro progetti di ventilazione.

“Questo principio si applica a tutti gli ambienti chiusi come aeroplani, autobus, treni, metropolitane ed edifici”, ha detto Jung. “Siamo in grado di ridurre significativamente l’esposizione agli inquinanti atmosferici in alcuni ambienti in cui le persone trascorrono più tempo con i sistemi di circolazione dell’aria che includono il ricircolo frazionario”.

da ohsonline liberamente tradotto ed adattato  da dott Alessandro Guerri medico specialista in medicina del lavoro

Disturbi muscoloscheletrici legati al lavoro: prevalenza, costi e dati demografici nell’UE

Da European Agency for Safety and health at work

I disturbi muscoloscheletrici legati al lavoro (DMS) rimangono il problema di salute legato al lavoro più comune nell’Unione europea e possono essere colpiti i lavoratori in tutti i settori e le professioni. Oltre agli effetti sui lavoratori stessi, comportano costi elevati per le imprese e la società. Quest’ultimo rapporto, a seguito delle precedenti ricerche dell’Agenzia, mira a fornire una panoramica aggiornata dell’attuale situazione europea in materia di MSD e una visione dettagliata delle cause e delle circostanze alla base degli MSD legati al lavoro.

La presente relazione riunisce e analizza i dati esistenti relativi agli MSD dalle principali indagini e dati amministrativi dell’UE. Questi dati sono completati e arricchiti con dati provenienti da fonti nazionali.

La relazione mira a fornire una base di prove fondata a sostegno dei responsabili politici, dei ricercatori e della comunità della sicurezza e della salute sul lavoro a livello dell’UE e nazionale nel loro compito di prevenire i DMS connessi al lavoro.

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DIGITALIZZAZIONE E LAVORO

Quali sono gli effetti della digitalizzazione sulla salute e sicurezza sul luogo di lavoro?

 

L’immenso potenziale delle tecnologie digitali sta cambiando il luogo di lavoro; ma quali sono le ripercussioni per la salute e la sicurezza dei lavoratori? La nostra nuova brochure fornisce una panoramica dei nostri lavori in corso sulla digitalizzazione – tra cui un recente progetto di previsione – e il suo impatto sulla salute e sicurezza sul lavoro (SSL).

L’opuscolo mette in evidenza come si potrebbe ridurre al minimo il potenziale negativo delle conseguenze della digitalizzazione in materia di SSL. Inoltre, mostra come si possono utilizzare le tecnologie digitali per migliorare la prevenzione sul luogo di lavoro.

Per saperne di più sull’effetto della digitalizzazione sulla SSL, leggi il nostro opuscolo

Leggi le versioni linguistiche della Sintesi – Prospettive in merito ai rischi nuovi ed emergenti in materia di salute e sicurezza sul lavoro correlati alla digitalizzazione nel periodo fino al 2025

Visita la nostra sezione sulla digitalizzazione per saperne di più circa il nostro progetto di previsione

Leggi la relazione «La natura mutevole del lavoro e delle competenze nell’era digitale », pubblicata dai servizi per la scienza e le conoscenze della Commissione europea.

da OSHA.europa.eu

COMPARTO LEGNO: I DATI INAIL SUGLI INFORTUNI NEGLI ULTIMI CINQUE ANNI

Il periodico curato dalla Consulenza statistico attuariale dell’Istituto dedica un articolato approfondimento a uno dei principali settori di attività del sistema manifatturiero italiano, con il 14,5% delle imprese, l’8,6% degli addetti e il 4,7% del fatturato

Legno e arredo, nel nuovo numero di Dati Inail l’identikit di una filiera ad alto rischio

ROMA – Frese, seghe elettriche, troncatrici, presse, piallatrici… È sufficiente fare l’elenco dei macchinari che un operatore del settore del legno utilizza quotidianamente per comprendere come in questo tipo di attività il rischio di subire un infortunio sul lavoro sia sempre in agguato. A scriverlo è l’ultimo numero del mensile Dati Inail, curato dalla Consulenza statistico attuariale dell’Istituto e dedicato alla filiera del legno-arredo, che in Italia rappresenta uno degli ambiti produttivi di maggiore consistenza del sistema manifatturiero, con il 14,5% del totale delle imprese, l’8,6% degli addetti e il 4,7% del fatturato, secondo per rischio di infortunio solo a quello della metallurgia.

Trenta casi mortali nel quinquennio 2014-2018. Gli infortuni sul lavoro denunciati nel solo settore del legno (taglio e fabbricazione di prodotti) nel 2018 hanno fatto segnare un lieve aumento (+0,7%) rispetto all’anno precedente, ma sono comunque in calo dell’8,7% rispetto alle denunce presentate nel 2014. Concentrando l’analisi sui casi riconosciuti dall’Inail, il decremento è ancora più rilevante. I 2.927 infortuni accertati nel 2018, infatti, sono in diminuzione del 4,3% rispetto ai 3.060 del 2017 e del 16,2% rispetto ai 3.493 del 2014. Nel quinquennio 2014-2018 i casi mortali riconosciuti sono stati 30.

Più infortuni nelle regioni settentrionali. Il 93,7% degli infortuni accertati si è verificato in occasione di lavoro e solo il restante 6,3% in itinere, nel tragitto di andata e ritorno tra la casa e il luogo di lavoro. A livello territoriale, i casi di infortunio si concentrano soprattutto al Nord e, in particolare, nel Nord-Est, con il 42,5% degli infortuni totali. Più di otto infortunati su 10 sono di nazionalità italiana, seguiti dai lavoratori provenienti da Marocco (2,7%), Romania e Albania (2,6% per entrambe).

In quasi un incidente su due sono le mani a subire lesioni. Le parti del corpo che subiscono principalmente le lesioni provocate dagli infortuni sono le mani (quasi il 47% dei casi totali), mentre la tipologia delle lesioni comprende ferite (38,9% dei casi), contusioni (20,3%) e lussazioni (15,9%). In più della metà dei casi l’infortunio è stato causato da un movimento scoordinato o dalla perdita di controllo di un utensile, mentre gli incidenti causati dal contatto con un agente materiale tagliente sono pari al 21,7%.

Il picco avviene nella seconda ora del turno di lavoro. Tra i giorni lavorativi, l’inizio della settimana risulta essere più a rischio. Tra il lunedì e il mercoledì, infatti, si è registrata una percentuale costante di infortuni del 20%, che scende al 18% il giovedì e il venerdì, con un residuo 4% il sabato. Gli infortuni si sono verificati in prevalenza all’inizio del turno lavorativo, con il picco nella seconda ora di lavoro (14,6%).

Ogni anno accertate 170 malattie professionali. Dall’analisi dei dati relativi alle malattie professionali nell’industria del legno – che comprende attività che vanno dal taglio e piallatura alla fabbricazione di porte, finestre, imballaggi e pavimentazione in parquet – emerge che le patologie di origine lavorativa riconosciute ogni anno dall’Inail sono circa 170. In sei casi su 10 si tratta di tratta di malattie osteomuscolari e del tessuto connettivo, in particolare i disturbi dei tessuti molli, favorite dall’utilizzo di strumentazioni spesso di tipo artigianale e manuale. Seguono con il 20% dei casi le patologie dell’orecchio, per il rumore prodotto dalle macchine, e quelle del sistema nervoso (14%). I tumori, pari al 3%, sono quasi esclusivamente quelli maligni dell’apparato respiratorio, causati dalle polveri inalate durante le operazioni di taglio del legname.

  • Dicembre 2019Argomenti
    La filiera legno-arredo – Bando isi 2019: un nuovo asse per il legno – Legno, un’attività ad alto rischio – Le malattie professionali nell’industria del legno – L’industria del legno nelle nuove tariffe dei premi
    (.pdf – 826 kb)

OPUSCOLO INAIL PER LE VITTIME DELL’ AMIANTO

Istituito nel 2008 per garantire una prestazione aggiuntiva ai lavoratori che percepiscono una rendita per patologie asbesto-correlate e ai loro eredi, dal 2015 prevede anche una misura assistenziale una tantum per i malati di mesotelioma non professionale causato da esposizione familiare o ambientale

Amianto, online il nuovo opuscolo sul Fondo Inail per le vittime

ROMA – È online sul sito dell’Inail l’edizione aggiornata dell’opuscolo dedicato al Fondo per le vittime dell’amianto. Istituito nel 2008 per garantire una prestazione aggiuntiva ai lavoratori che percepiscono una rendita per malattie asbesto-correlate o, in caso di morte, ai loro eredi, il Fondo dispone per il triennio 2018-2020 di una dotazione pari a 49 milioni di euro all’anno, di cui 27 milioni a carico del bilancio dell’Istituto. A partire dal 2015, inoltre, i suoi benefici sono stati estesi anche ai malati di mesotelioma non professionale, per esposizione familiare o ambientale, e ai loro superstiti, attraverso l’erogazione di una prestazione assistenziale una tantum pari a 5.600 euro.

In 10 anni la platea dei beneficiari è cresciuta del 40%. Nel periodo compreso tra il 2008 e il 2018, i beneficiari della prestazione aggiuntiva – tra titolari di rendita per malattia professionale asbesto-correlata e superstiti – sono aumentati di oltre il 40%, passando da 14.089 a 19.781. In particolare, a fronte della graduale riduzione dei tecnopatici, negli ultimi anni è aumentato sensibilmente il numero dei superstiti destinatari del contributo, che sono passati dagli 8.111 del 2008 ai 14.141 del 2018. La prestazione aggiuntiva prevista per ciascun anno è liquidata d’ufficio dall’Inail, mediante il versamento di due acconti e un conguaglio.

La prestazione una tantum è erogata su istanza dell’interessato o dei superstiti. La prestazione una tantum di 5.600 euro riservata ai malati di mesotelioma non professionale è invece erogata su istanza dell’interessato o dei suoi eredi. Come precisato nell’opuscolo, la domanda di accesso alla prestazione deve contenere l’indicazione dei periodi di residenza in Italia e la documentazione sanitaria con l’indicazione dell’epoca della prima diagnosi, per consentire la valutazione della compatibilità dei periodi di esposizione alle fibre di amianto con l’insorgenza della patologia. In caso di richiesta da parte degli eredi, la domanda deve essere presentata entro 90 giorni dalla data del decesso. I moduli necessari sono reperibili sul sito Inail.

A gestirlo è un Comitato formato da rappresentanti di istituzioni, parti sociali e associazioni. La gestione del Fondo spetta a un Comitato amministratore nominato con decreto del ministro del Lavoro e delle Politiche sociali, che dura in carica tre anni ed è composto da 16 membri, in rappresentanza delle istituzioni, delle organizzazioni sindacali e datoriali maggiormente rappresentative a livello nazionale e delle associazioni delle vittime dell’amianto più rappresentative nelle regioni con una maggiore incidenza di malattie asbesto-correlate.

Dalla prevenzione alla ricerca l’impegno dell’Istituto è a 360 gradi. Oltre alle prestazioni erogate attraverso il Fondo, il ruolo dell’Inail nella lotta all’amianto comprende la gestione delle problematiche negli ambiti della prevenzione, l’accertamento dell’esposizione qualificata, il sostegno economico ai piani di bonifica delle imprese e il controllo della situazione delle discariche, con politiche strategiche strutturali a breve, medio e lungo termine, che comprendono anche una costante attività di ricerca scientifica.

La sorveglianza epidemiologica è affidata al Renam. A questi ambiti di intervento si aggiunge la sorveglianza epidemiologica degli effetti sulla salute dell’esposizione a fibre aerodisperse di amianto, attraverso il Registro nazionale dei mesoteliomi (Renam), istituito presso il Dipartimento di medicina, epidemiologia, igiene del lavoro e ambientale (Dimeila) e articolato in un network territoriale costituito dai centri operativi regionali (Cor), i cui rapporti periodici sono pubblicati sul sito dell’Istituto. Come emerge dall’ultimo aggiornamento semestrale degli open data Inail, nel 2018 i casi di lavoratori affetti da patologie di origine professionale ai quali è stata riconosciuta una malattia asbesto-correlata sono stati 1.457, di cui 462 mortali.

Fonte :INAIL